Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 24278 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 24278 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FORLI’ il 09/05/1949
avverso la sentenza del 24/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del Procuratore Generale presso la Corte di cassazione, dr. NOME COGNOME che le ha anticipate per iscritto, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile ricorso;
udito il difensore,
l’avvocato NOME COGNOME che si riporta ai motivi di ricorso e alla memoria di replica depositata a mezzo PEC il 30/05/2025 e insiste nell’accoglimento dei motivi.
Ritenuto in fatto
1.COGNOME NOME ha promosso ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna del 24 settembre 2024, che ha confermato quella resa nel rito abbreviato dal g.u.p.
presso il medesimo Tribunale, che ne aveva affermato la responsabilità per il delitto di cui artt. 110 cod. pen., 216 comma 1 n. 1 e 223 comma 1, 219 comma 1 r.d. n. 267 del 1942, per aver concorso, quale extraneus, con l’amministratore COGNOME COGNOME, nella distrazione della somma di euro 330.000 di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita il 3 agosto 2010.
2.11 ricorso, a firma di difensori abilitati, si è affidato a due motivi, di seguito enunciati di stretta necessità di cui all’art. 173 comma 1 disp. att. cod. proc. pen..
2.1.11 primo motivo, agganciato ai vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) e lett. c) cod pe ., dopo un’ampia premessa, ha sostanzialmente dedotto la nullità della sentenza della Corte d’appello, che, senza motivazione, non avrebbe risposto ai pur specifici motivi di gravame persino travisati nel significato – e non avrebbe valorizzato le prove a discarico offerte difesa, con particolare riferimento ai contenuti della consulenza tecnica del dr.COGNOME L’appellante aveva posto il tema della scrittura privata del marzo 2007 tra l’imputato e NOME, in proprio e quale amministratore della fallita e delle vicende successive; il consule in particolare, avrebbe fornito idonea spiegazione dei contenuti e delle finalità della scr privata del marzo 2007. Non rileverebbe, segnatamente, il valore del natante indicato nel contratto di leasing (verosimilmente “gonfiato” a piacimento di COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE interessati ad ottenere un finanziamento maggiore dalla società di leasing), che non teneva conto della svalutazione del mezzo nautico, che si sarebbe prodotta sin dal momento della stipula del contratto. Il “valore di mercato del mezzo usato…era e sarebbe sempre stato inferiore al residuo credito vantato dalla società di leasing”. Il vero e giusto prezzo dell’AICON 56, insomma, sarebbe stato di euro 758.000 circa, in linea con quanto concordato tra COGNOME. COGNOME, poi, sarebbe stato solito adottare il medesimo “modus operandi”, ovvero d vendere o permutare imbarcazioni oggetto di contratto di leasing; e ancora, la difesa avrebbe provato che COGNOME e la moglie ben avrebbero potuto disporre di cospicua liquidità e non sarebbe dunque inverosimile che essa fosse utilizzata “alla bisogna”, anche a distanza di tempo; non sarebbe rilevante, ancora, la mancata conservazione di documenti a sostegno della versione difensiva di COGNOME, perché costui si fidava di COGNOME, erano amici e quando le operazioni sono s compiute la società era in bonis. L’atto ricognitivo di debito del 19 marzo 2007, insomma, “andava a sostituire la vendita/permuta dell’AICON 56 con subentro incrociato nei contratti d leasing del 4 febbraio 2007”. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2.11 secondo motivo ha lamentato la sussistenza dei vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. ed e) cod. proc. pen. a riguardo dell’affermazione di reità dell’imputato quale concorren extraneus nell’illecito altrui. COGNOME ha patteggiato la pena per questa ed altre imputa similari, caratterizzate da modalità analoghe, tutti gli altri imputati – tranne COGNOME – so assolti. Illogicamente sarebbe stata tenuta in non cale la compiuta ricostruzione alternat fornita dall’imputato, a dimostrazione che la somma contestata come oggetto di distrazione corrisponderebbe a una restituzione di denaro dopo l’intervenuta risoluzione del contratto d
permuta-cessione già citato. Non sarebbe altrimenti spiegabile la ragione, non chiarita i sentenza, per la quale COGNOME abbia versato quell’importo in denaro a Pizzo.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1.I due motivi, strettamente connessi, a tratti generici per inidoneo confronto c l’articolazione della sentenza impugnata, vagliata in uno con il corredo espositivo di quella primo decidente, non sono consentiti in sede di legittimità.
1.1.La giurisprudenza di questa Corte, nell’ipotesi di doppia conforme, è radicata n riconoscere il principio della reciproca integrazione motivazionale delle sentenze di primo e secondo grado, ammettendosi cioè che la sentenza di appello si saldi con quella precedente, per formare un unico complessivo corpo argomentativo, quando le due decisioni di merito concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento del rispettive decisioni e, ancor più, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elemen nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate e ampiamente chiarite nell sentenza di primo grado (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, COGNOME, Rv. 191229; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; da ultimo v. Sez. 6, n. 8309 del 14/01/2021, COGNOME, non mass.).
1.2.Inoltre, specie in presenza di una “doppia conforme” sulla responsabilità, come nel caso di specie, il giudice di appello, nella motivazione della sentenza, non è tenuto a compie un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamen ogni risultanza processuale, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale, egli spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente i fatti decisivi che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima (Sez. 2, n. 46261 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277593 – 01; Sez. 5, n. 5123 del 16/01/2024).
1.3. I motivi di ricorso offrono, di tutta evidenza e senza celarne l’obbiettivo ricostruzione alternativa dei rapporti finanziari intercorsi tra l’imputato e COGNOME precipuamente fondata sull’interpretazione della scrittura privata datata 19 marzo 2007 e sull rielaborazione affidata alla consulenza di parte, allegata in copia al ricorso per cassazione.
1.4.La sentenza del primo giudice, il cui ragionato percorso è stato fatto proprio da que impugnata, ha osservato che “dall’esame della contabilità di Rimini RAGIONE_SOCIALE è emerso che nei confronti di COGNOME furono emessi quattro assegni circolari, i primi tre tratti su un corrente acceso presso il Credito di Romagna, il quarto presso Banca Etruria, dell’importo
rispettivamente di 175.000 (il 20.06.2008), di 85.000 (il 30.10.2008), di 65.000 (il 30.1.20 e di 5.000 euro, somme non connesse ad alcuna operazione annotata in contabilità, né altrimenti documentata”. La prima pronuncia non si è sottratta alla compiuta disamina degli elementi di prova presentati a discarico e ne ha apprezzato l’inconsistenza ai fini de ricomposizione storica della vicenda, sull’essenziale presupposto dell’inesistenz dell’indispensabile, oggettivo conforto documentale, a riguardo – a titolo esemplificativo – d speculari, cruciali riscontri annotativi nell’impianto contabile della fallita; del provenienza delle somma contante che i coniugi COGNOME avrebbero versato, in conto prezzo, a COGNOME per l’acquisto di un’imbarcazione di proprietà altrui e dell’anomalia dello iato temp intercorso tra l’ipotetico “accumulo” della liquidità contante e la decisione di utilizzar parte nell’ambito dell’allegata operazione commerciale; della documentazione relativa alle addotte “migliorie”, nemmeno riepilogate e dunque non verificabili, che COGNOME avrebbe apportato al natante AICON 56, a lui dato “in uso” in vista dell’acquisto, secondo la t difensiva, da COGNOME NOME e per le quali avrebbe sborsato cifre considerevoli; di documentazio relativa alla presunta risoluzione consensuale del contratto di vendita dell’imbarcazione AICON 56, esito di un “ripensamento” dell’imputato (cfr. anche pag.8 sent. di appello), dinanzi quale COGNOME, che pure avrebbe potuto contare sull’obbligazione ex adverso assunta, non avrebbe mosso alcuna obiezione. Non solo, perché le riflessioni della sentenza di primo grado si sono soffermate anche sui profili di scarsa verosimiglianza degli accordi che si sostengon intervenuti con la scrittura “novativa”, priva di data certa, del marzo 2007. Più precisamente giudicante di prima istanza, con calcolo aritmetico puntuale, ha soppesato l’incongruenza economica di un accordo negoziale il cui adempimento avrebbe condotto il presunto venditore – Rimini RAGIONE_SOCIALE – ad incassare dal presunto, futuro compratore – COGNOME – una somma (euro 450.000) notevolmente inferiore a quella che RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto elargire alla società di leasing, a titolo di residui canoni di locazione, per ottenere il subentro del contratt 780.000, corrispondenti alla differenza tra il dovuto, euro 1.141.540,56, e l’introito di q pagato da COGNOME fino a quel momento, ovvero, in tesi difensiva, euro 364.000). Il conteggi eseguito in sentenza (pag.18, v. poi pag.21), ha trovato conforto nelle stesse determinazion della consulenza COGNOME che ha quantificato “il valore residuo del leasing”, alla data d marzo 2007, in euro 758.742,29, importo assai prossimo ai “780.000” indicati dal giudice. I giudice di prime cure ha poi analizzato, nel dettaglio, le diverse ipotesi opzionali pervenuto a soluzione conforme a quella dell’accusa: non ha valutato significativo il riferimen alla permuta del mezzo nautico denominato RAGIONE_SOCIALE, acquisito in leasing da COGNOME, che non avrebbe potuto disporre di un veicolo non suo; nel contesto della scrittura del marzo 2007 d’altro canto – al punto 2 – tale natante è stato indicato come destinato a vendita, non p permuta ; in ogni caso, giudice ha ritenuto che, anche a prescindere dal poco perspicuo tenore dell’atto negoziale Corte di Cassazione – copia non ufficiale
dell’eventuale “reciproca successione nei contratti di leasing” non vi è conforto documental ha reputato irragionevole che “COGNOME potesse acquistare in parte per contanti un’imbarcazione di cui COGNOME non era proprietario”, perché l’AICON 56 era di proprietà della RAGIONE_SOCIALE e, comunque, perché l’art. 1478 cod. civ. prevede l’obbligo per il venditore di cosa altru “procurarne l’acquisto al compratore”, clausola non prevista nell’accordo (che, anzi, stabil che l’imbarcazione AICON 56 sarebbe rimasta “per motivi personali intestata alla RAGIONE_SOCIALE che, senza limiti alcuno” si impegnava a riconoscerne la proprietà in capo a COGNOME medesimo). Al robusto compendio di indicatori di intima inaffidabilità dello scritto, così univoca valorizzati, la sentenza di primo grado ha affiancato l’esito della disamina dell’app dichiarativo fornito in altro procedimento penale, i cui atti fanno parte del fascicolo del gi dalla figlia del COGNOME, NOME (pag. 20 e seg.), che ha riferito di comportamenti vessatori COGNOME, in suo danno, a che non “facesse la spia” in relazione alla falsificazione di documen singole imbarcazioni, pena ritorsioni nei confronti dei suoi genitori; che il padre non e conoscenza che il contratto di leasing dell’AICON 56 non fosse intestato a COGNOME; che il pad aveva rinunciato all’acquisto del bene non per sopraggiunte difficoltà finanziarie, ma a causa una sopravvenuta, forte depressione.
1.5. Ebbene, alla Corte di cassazione sono precluse la rilettura degli elementi di fatto pos fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibi dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; sez. U n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507), così come non è sindacabile in sede di legittimità, salvo il controllo sulla congruità e logicità della moti la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibil fonti di prova, circa contrasti testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpreta fatti (Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME e a., Rv. 271623; Sez. 2, n. 20806 de 05/05/2011, COGNOME, Rv. 250362). Ed ai sensi dell’art. 606, lett. e) cod. proc. pen., la mancan e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare dal testo del provvedimen impugnato, sicché dedurre tale vizio in sede di legittimità significa dimostrare che il test provvedimento è manifestamente carente di motivazione e/o di logica, e non già opporre alla logica valutazione degli atti effettuata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, ma altrettanto logica (sez. U 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205621). Sul punto, vale l pena ancora rammentare che è inammissibile il motivo del ricorso per cassazione con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e comma 1, lett. e), stesso codice – come avvenuto nel caso di specie – per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 6 comma 1, lett. e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui al
lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservan delle norme processuali stabilite a pena di nullità (sez. U n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, 280027; principio già affermato da sez. U n. 5 del 26/02/1991, Bruno, Rv. 186998).
1.6. Quanto, poi, all’esigibilità di un vaglio meditato, adeguatamente esplicitato, riflessioni della consulenza della parte privata, il collegio condivide l’indirizzo giurisprud da tempo radicato, secondo il quale “il giudice, se ha indicato esaurientemente le ragioni d proprio convincimento, non è tenuto a rispondere in motivazione a tutti i rilievi del consul tecnico della difesa, in quanto la consulenza tecnica costituisce solo un contributo tecnico sostegno della parte e non un mezzo di prova che il giudice deve necessariamente prendere in esame in modo autonomo” (sez. 2, n. 15248 del 24/01/2020, COGNOME, Rv.279062; sez. 5, n.42821 del 19/06/2014, COGNOME e altri, Rv.262111).
Non si rinvengono, nell’apparato logico-enunciativo delle conformi sentenze di merito, l aporie variamente denunciate dal ricorrente, perché i refusi certamente presenti nella sentenza della Corte territoriale (riguardanti, per lo più, il riepilogo dei motivi di gravame) no influito sul nucleo essenziale del tessuto giustificativo che si è coerentemente allineato a qu di primo grado, con particolare riferimento all’insussistenza di un rapporto sottosta all’emissione di assegni di cospicuo valore tra la società fallita e il beneficiario e all’ine di un corredo documentale idoneo a convalidare la prospettazione difensiva. Va invero condiviso il principio esegetico, da tempo elaborato da questa Corte, secondo il quale gli erro logici e di fatto da cui sono inficiati alcuni degli argomenti enunciati in una sentenz valgono a determinare l’annullamento della stessa quando altre ragioni ed argomenti incensurabili ed autonomi rispetto a quelli viziati giustificano in modo adeguato la decisi (sez.1, n. 604 del 02/05/1967, Solejam, Rv. 105773).
E’ invece di immediato risalto come le proposizioni dell’atto di ricorso siano orientat precipuamente sulla scorta del parere di un consulente – a sollecitare una chiave interpretativ della vicenda semplicemente differente rispetto a quella, ispirata ad appropriati criteri di l inferenziale, prescelta dalle argomentazioni della doppia conforme. In tale solco possono inscriversi, agevolmente, le considerazioni – che, peraltro, evitano di misurarsi attentamen con i circostanziati rilievi dei provvedimenti del duplice grado – sull’intendimento di L fornire alla società di leasing ; sull’obbiettivo da lui perseguito ” concordare il prezzo” con la società di leasing , sostanzialmente convenendo, con questi ultimi, un prezzo apparentemente appetibile ed “inferiore” rispetto alla somma residua dovuta alla società di leasing. E meritano analoga critica le notazioni di dissenso che investo il rapporto “amicale” e di fiducia, che intercorreva tra COGNOME e COGNOME – invero compatibile concertazione di un’operazione distrattiva di ragguardevoli risorse di proprietà della fallit
cui procedura concorsuale ha sofferto di una profonda voragine debitoria – la dimostrazione, fornita da un secondo consulente, delle ampie disponibilità economiche di COGNOME e della moglie; che COGNOME potesse opinare, in buona fede, che il denaro ricevuto non provenisse dalla società fallita ma da COGNOME, personalmente.
1.7. Sotto il profilo della prova dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudol distrattiva, sulla quale si è speso il secondo motivo di ricorso, deve essere ricordato, in p luogo, che esso è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio creditori, né – correlativamente – l’intento specifico di conseguire un profitto econo personale, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte (sez. U n. 22474 d 31/03/2016, COGNOME, Rv. 266805; sez. 5, n. 3229/13 del 14/12/2012, COGNOME, Rv. 253932; conf., ex plurimis, sez. 5, n. 21846 del 13/02/2014, COGNOME, Rv. 260407; sez. 5, n. 44933 del 26/09/2011, COGNOME, Rv. 251214) e in definitiva la consapevolezz dell’incidenza dell’atto distrattivo sulle prospettive di soddisfacimento concorsuale dei cred (sez. 5, n. 17819 del 24/03/2017, Rv. 269562); e, in secondo luogo, che il dolo de concorrente “extraneus” nel reato proprio dell’amministratore consiste nella volontarietà della propria condotta di apporto a quella delrintraneus”, con la consapevolezza che essa determina un depauperamento del patrimonio sociale ai danni dei creditori, non essendo, invece, richiesta la specifica conoscenza del dissesto della società che può rilevare sul piano probatorio qual indice significativo della rappresentazione della pericolosità della condotta per gli interes creditori (sez.5, n. 4710 del 14/10/2019, COGNOME, Rv. 278156); la prova dell’elemen soggettivo dell’extraneus ben può essere ricavata dalle obbiettive caratteristiche della transazione commerciale, come la natura stessa dell’atto distrattivo (in motivazione, sez.5, 26501 del 31/03/2021, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 281555). A quest’ultimo proposito, con sillogismo persuasivo ed immune da censure in sede di legittimità, la sentenza impugnata ha osservato che dall’esame dell’estratto conto relativo al rapporto bancario su cui tali asse furono negoziati l’imputato ha potuto facilmente avvedersi che i titoli erano stati tratti RAGIONE_SOCIALE e non da COGNOME Giulio (pag.8). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Sicchè non rileva, per un verso, che non siano stati descritti, in sentenza, l'”interesse “tornaconto” perseguito da COGNOME con il compimento dell’operazione di depauperamento delle disponibilità finanziarie della società; mentre, per altro verso – ed anche al di là dissertazioni che le pronunce di merito hanno dedicato all’inattendibilità della versi difensiva del ricorrente – la cognizione dell’imputato di incamerare ingenti importi in den provenienti da una società nei cui confronti, per sua medesima ammissione negli atti di impugnazione, non vantava credito alcuno, rappresenta prova appagante della coscienza e volontà di fornire un significativo apporto causale al perfezionamento dell’attività di ind spoliazione delle sue risorse.
Né ha rilievo, infine, che gli originari coimputati siano stati prosciolti dai rispettiv dalla sentenza di primo grado, emergendo in proposito che le singole posizioni – non comuni a
quella del ricorrente – siano state differenziate per ragioni attinenti alla specifica con ciascuno attribuita, a lui non estensibili.
2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del r conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non
potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento dell somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 05/06/2025
Il congigliere estensore
Il Presidente