Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 18830 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 18830 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BASSANO DEL GRAPPA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Il primo motivo, nelle sue varie articolazioni, è nel suo complesso infondato.
Secondo la condivisa giurisprudenza di questa Corte, concorre in qualità di extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a quest’ultimo consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso (Sez. 5, n. 18677 del 08/02/2021, COGNOME, Rv. 281042 – 01).
In tale cornice di riferimento si è mossa la ricostruzione della Corte d’appello che, attraverso una compiuta analisi critica delle risultanze probatorie, ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che il COGNOME fosse stato il consapevole ideatore, nella sua qualità di consulente degli altri imputati, del disegno distrattivo delle risorse della società RAGIONE_SOCIALE in favore di altra società attraverso la quale sarebbe proseguita l’attività imprenditoriale. Conferma del ruolo attivo dell’imputato nella realizzazione del progetto è stata colta nell’attività di cancellazione – poco importa se operata direttamente o su indicazione da parte del COGNOME stesso -, eseguita all’indomani della perquisizione avvenuta presso il coimputato NOME COGNOME, della cartella informatica contenente i dati della contabilità della RAGIONE_SOCIALE, che sarebbero successivamente stati recuperati solo per effetto della ricostruzione informativa eseguita nel corso del procedimento. Il carattere eloquente delle conversazioni intercettate, quanto alla predisposizione, da parte del NOME, di una versione di comodo da rendere agli inquirenti per giustificare la cancellazione dei dati, rappresenta una razionale conferma della partecipazione attiva del primo al perfezionamento dei delitti, evidentemente orientati, in una situazione di dissesto della RAGIONE_SOCIALE, a pregiudicare gli interessi dei creditori. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rispetto al percorso argomentativo che sorregge siffatta ricostruzione in fatto, le critiche del ricorso risultano del tutto generiche e assertive.
Il secondo motivo è privo di specificità, in quanto la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata, nella sentenza impugnata, con motivazione esente da manifesta illogicità, che si sottrae, pertanto, al sindacato di questa Corte (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419), anche considerato il principio, espressione della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione
tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli att ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244).
Il ricorrente assume che la sentenza impugnata, nel richiamare le conformi valutazioni del giudice di primo grado, avrebbe attribuito negativo rilievo alle scelte difensive dell’imputato. E, tuttavia, in tal modo viene eluso il cuore della questione, posto che la sentenza di secondo grado, a fronte del motivo di appello sul punto, ha semplicemente sottolineato l’assenza di elementi positivi idonei a giustificare l’attenuazione della pena, in tal modo, nella sostanza, confinando la condotta di negazione dell’imputato ad un dato neutro, nel senso che da esso non possono essere tratti dati suscettibili di giungere all’auspicata mitigazione del trattamento sanzionatorio.
Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 04/04/2024