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Concorso extraneus bancarotta: dolo e consapevolezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19638/2025, ha rigettato il ricorso di un imputato accusato di concorso extraneus bancarotta. La Corte ha chiarito che, per la configurabilità del reato, è sufficiente che il concorrente esterno sia consapevole di contribuire a depauperare il patrimonio sociale, non essendo necessaria la specifica conoscenza dello stato di insolvenza della società. L’imputato, capofamiglia, aveva partecipato attivamente alle strategie aziendali di una società poi fallita, operando come procuratore speciale e contribuendo a un sistema volto a eludere le normative antiriciclaggio e di prevenzione.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso extraneus bancarotta: la Cassazione sul dolo del concorrente

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei reati fallimentari: la responsabilità di chi, pur non essendo amministratore, contribuisce alla bancarotta di una società. Il caso esaminato chiarisce quali elementi sono necessari per configurare il concorso extraneus bancarotta, con particolare attenzione all’elemento psicologico del dolo.

I fatti del processo

Il caso riguarda un’impresa familiare operante nel settore della manutenzione ferroviaria e dell’edilizia, dichiarata fallita dopo un tentativo di concordato preventivo. Secondo l’accusa, il dissesto è stato accelerato dall’applicazione di una misura interdittiva antimafia, che ha impedito alla società di ottenere appalti pubblici. Successivamente, le risorse aziendali sono state distratte a favore di un’altra società, gestita di fatto da un familiare e intestata alla moglie di quest’ultimo.

L’imputato, capofamiglia, pur non essendo amministratore di diritto, è stato ritenuto gravemente indiziato di aver partecipato ai delitti di bancarotta fraudolenta, emissione di fatture false e trasferimento fraudolento di beni. Il suo ruolo consisteva nel comparire come procuratore speciale negli atti di cessione di quote, nel partecipare alle strategie aziendali e nel gestire i rapporti con i clienti, contribuendo a un sistema volto a eludere le normative antiriciclaggio e di prevenzione.

Contro la misura degli arresti domiciliari, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e lamentando vizi di motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame.

La questione giuridica e il concorso extraneus bancarotta

Il cuore della questione giuridica verte sulla definizione del dolo nel concorso extraneus bancarotta. La difesa sosteneva che, per essere ritenuto colpevole, il concorrente esterno avrebbe dovuto avere la piena consapevolezza dello stato di decozione (insolvenza) della società. Inoltre, contestava il suo contributo causale alla distrazione patrimoniale, ritenuta di modesta entità (8.000 euro) e ininfluente sul dissesto.

La difesa ha anche sollevato questioni procedurali, lamentando che il Tribunale del riesame non avesse adeguatamente considerato le argomentazioni presentate in una memoria difensiva, e ha contestato l’applicazione del reato di trasferimento fraudolento di beni (art. 512-bis c.p.) in assenza di una qualifica di interposto o interponente.

L’analisi della Corte sul dolo nel concorso extraneus bancarotta

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, respingendo tutte le censure della difesa. In primo luogo, ha rilevato un vizio procedurale nel ricorso stesso: la mancata allegazione della memoria difensiva che si assumeva non scrutinata, violando così il principio di autosufficienza del ricorso.

Nel merito, la Corte ha ribadito i principi consolidati in materia di concorso extraneus bancarotta. Ha affermato che il dolo del concorrente esterno consiste nella volontarietà del proprio contributo alla condotta dell’amministratore (intraneus), con la consapevolezza che tale condotta determina un depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori. Non è richiesta, invece, la specifica conoscenza dello stato di dissesto della società.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda sull’orientamento giurisprudenziale, anche delle Sezioni Unite, secondo cui il dolo della bancarotta fraudolenta patrimoniale è generico. È sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia per le obbligazioni contratte, minando così la tutela dei creditori. Il reato è di pericolo e si perfeziona con la lesione dell’interesse patrimoniale della massa dei creditori, indipendentemente dal verificarsi di un pregiudizio effettivo.

Di conseguenza, pretendere che l’extraneus sia a conoscenza dello stato di dissesto – una consapevolezza non richiesta nemmeno all’amministratore – sarebbe una contraddizione e limiterebbe ingiustificatamente l’applicazione della norma. È sufficiente che il concorrente esterno sia consapevole di partecipare a un’operazione che impoverisce l’attivo della società.

Per quanto riguarda il reato di trasferimento fraudolento di beni, la Corte ha sottolineato che si tratta di un reato a forma libera. Il contributo dell’imputato, in qualità di capofamiglia che supervisionava le operazioni e partecipava alla creazione di una struttura societaria fittizia per eludere le misure di prevenzione, è stato ritenuto sufficiente a integrare il concorso nel reato.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: chi collabora con gli amministratori in operazioni che danneggiano il patrimonio di una società risponde di concorso in bancarotta, anche se non è un insider e non conosce nel dettaglio la situazione finanziaria dell’impresa. Ciò che conta è la coscienza e la volontà di contribuire a un’azione che, oggettivamente, mette a rischio gli interessi dei creditori. Questa decisione rafforza la tutela del ceto creditorio e ribadisce che la responsabilità penale si estende a tutti coloro che, con il loro apporto causale e volontario, partecipano al depauperamento del patrimonio sociale.

Cosa deve provare l’accusa per condannare un soggetto esterno per concorso in bancarotta fraudolenta?
L’accusa deve provare che il soggetto esterno (extraneus) ha fornito un contributo causale e volontario alla condotta di distrazione dei beni posta in essere dall’amministratore, con la consapevolezza che tale azione avrebbe impoverito il patrimonio della società a danno dei creditori.

Per essere colpevole di concorso in bancarotta, il concorrente esterno deve sapere che la società è in stato di insolvenza?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è necessaria la specifica conoscenza dello stato di dissesto o insolvenza della società. È sufficiente la consapevolezza di contribuire a ridurre la consistenza patrimoniale dell’impresa, mettendo a rischio la garanzia per i creditori.

Perché il ruolo di ‘capofamiglia’ è stato considerato rilevante nel caso di specie?
Il ruolo di capofamiglia è stato ritenuto rilevante perché l’imputato, in tale veste, seguiva tutte le operazioni dei familiari coinvolti, partecipava alle strategie aziendali, agiva come procuratore speciale e beneficiava delle distrazioni. Questo dimostra un coinvolgimento attivo e consapevole nel programma criminoso, al di là di un ruolo formale all’interno della società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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