Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 14050 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 14050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Rocca di RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/07/2023 del Tribunale del riesame di Catanzaro letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore di NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza in epigrafe con al quale il Tribunale del riesame di Catanzaro ha confermato quella emessa il 7 giugno 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, applicativa della misura degli arresti domiciliari per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Con unico articolato motivo denuncia la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione per non avere il Tribunale considerato che la funzione di raccordo ascritta al ricorrente tra il NOME, il NOME e l’COGNOME è connaturata a tipo di lavoro svolto e che in tale contesto egli subiva le imposizioni dell’COGNOME uomo della cosca NOME, come, peraltro, risulta dalla conversazione del 23 settembre 2019 riportata nell’ordinanza. Proprio tale colloquio dimostra che anziché favorire la cosca NOME, il ricorrente ne subiva le imposizioni, ma il Tribunale ha ignorato la sottomissione del ricorrente all’COGNOME e l’impossibilità di considerarlo portavoce della cosca, anche alla luce della insofferenza per il controllo mafioso manifestata nel colloquio del 22 settembre 2019 con il NOME con il quale concordava di affrancarsene in futuro. Erroneamente il Tribunale ha ritenuto che il ricorrente abbia spalleggiato l’COGNOME, piegando alle ragioni della cosca il COGNOME, trascurando che il ricorrente temeva ripercussioni anche sul piano fisico a causa dei ritardi nella consegna del denaro dovuto dal COGNOME alla cosca. In qualità di dipendente dell’imprenditore austriaco agiva nell’interesse di questi e temeva l’ingerenza dell’COGNOME, cosicché è illogico ritenerlo un intermediario e un concorrente esterno, specie per mancanza di dolo, non essendo compatibile il timore rivelato dalle intercettazioni con la volontà di contribuire agli scopi illeciti perseguiti dalla cosca.
CONSIDERATO IN DIRITTTO
1. Il ricorso è inammissibile perché il motivo è generico nonché proposto per motivi non consentiti.
Precisato che in materia cautelare questa Corte non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, essendo il controllo limitato alla congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828), non è consentito il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono, come nel caso di specie, nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976).
Il ricorso propone, infatti, una lettura alternativa del compendio indiziario e della posizione del ricorrente, che l’ordinanza qualifica come concorrente esterno dell’associazione mafiosa facente capo al NOME in base ad una coerente e logica valutazione delle risultanze probatorie, costituite prevalentemente da intercettazioni.
2. L’ordinanza dà atto che dai colloqui intercettati emerge pacificamente che il ricorrente è dipendente della RAGIONE_SOCIALE facente capo all’imprenditore austriaco COGNOME, che esporta i prodotti coltivati dall’RAGIONE_SOCIALE su terreni di COGNOME NOME, uomo della cosca di COGNOME; che entrambe le attività sono controllate dalla cosca di ‘ndrangheta facente capo a COGNOME NOME, che le gestisce in modo occulto e dalla collaborazione con l’imprenditore straniero trae notevoli profitti, accrescendo il proprio potere economico e di controllo del territorio; che il ricorrente è interlocutore entrambi gli esponenti mafiosi ed è dagli stessi considerato rappresentante dell’imprenditore austriaco e incaricato di veicolare le loro disposizioni.
Dalle conversazioni intercettate, riportate nell’ordinanza, in primo luogo, risulta la posizione di favore garantita all’imprenditore straniero – grande distributore di prodotti ortofrutticoli, in temporanea situazione di difficol economica che dall’attività di esportazione intrapresa in Calabria otteneva notevoli guadagni (“ricavi per 340 mila euro a fronte di una spesa di 100 mila euro per le coltivazioni”, pag. 5 ordinanza); risulta che il COGNOME aveva anche ottenuto prestiti e agevolazioni dalla cosca, doveva restituire il danaro e corrispondere alla cosca interessi e parte dei profitti secondo gli accordi stabiliti (v. pag. 8 e 9) e che, nonostante i ritardi nei pagamenti, la collaborazione doveva continuare per volere del COGNOME, a riprova della natura del rapporto che garantiva reciproci vantaggi. Emerge, inoltre, chiaramente che sia il COGNOME che il COGNOME rimettevano ai vertici della cosca la soluzione dei problemi verificatisi o delle questioni sorte nel corso del rapporto commerciale. Altrettanto nettamente risulta che l’imprenditore austriaco evitasse di parlare direttamente con i vertici mafiosi, delegando il ricorrente (“come siamo messi con lo zio? Ma tu non puoi parlare con lo zio?” in merito a danni cagionatigli dall’COGNOME, v. pag.7) incaricandolo anche della consegna delle somme dovute al NOME, versandole direttamente sul suo conto (pag.8). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ma, a differenza di quanto prospettato nel ricorso, dai colloqui intercettati non emerge affatto un ruolo meramente esecutivo del ricorrente, invece correttamente ritenuto pienamente consapevole del ruolo svolto, diretto interlocutore dell’COGNOME e del NOME e persino in grado di suggerire all’COGNOME di incontrare direttamente il suo datore di lavoro per trovare una composizione degli interessi economici, risolvendo il contrasto tra COGNOME e il COGNOME. Come evidenziato nell’ordinanza, i colloqui dimostrano la chiara consapevolezza del ricorrente dell’ingerenza della cosca nell’attività economica, ma anche della utilità sul piano economico-finanziario dell’intervento del sodalizio (“non mi posso lamentare..” fino ad ora pare che non ci manca niente”, pag. 9).
Risulta, quindi, indubbio il ruolo di intermediario svolto dal ricorrente e l’essenzialità del contributo fornito al pari della consapevolezza del controllo della
cosca e della utilità dell’intervento della stessa nell’attività commerciale per garantirne la prosecuzione, consapevole delle pretese mafiose e delle possibili ritorsioni in caso di violazione degli accordi, tollerate a fronte dei vantagg derivanti all’RAGIONE_SOCIALE da cui dipendeva. Le indagini hanno infatti rivelato l’esistenza di una stretta collaborazione tra il COGNOME, che metteva a disposizione le proprie strutture per l’esportazione dei prodotti e si interfacciava sistematicamente con i papaniciari, il NOME, alla cui impresa consentiva di lavorare in regime di forte monopolio, e i vertici della cosca, che per il loro tramite gestivano una proficua attività che consentiva notevoli guadagni sia nella coltivazione che nella commercializzazione dei prodotti all’estero.
Ne deriva che il prospettato dubbio sul dolo non è ravvisabile, neppure per la coesistente finalità perseguita di garantire il proprio posto di lavoro, essendo prioritaria nel ricorrente la consapevolezza di prestare il proprio contributo alla cosca per consentirne l’ingerenza e il controllo del settore imprenditoriale della coltivazione dei prodotti ortofrutticoli e della successiva commercializzazione.
La contestazione difensiva risulta, pertanto, del tutto infondata, avendo i giudici fatto corretta applicazione del principio secondo il quale “è configurabile i concorso esterno nella condotta della persona che, pur priva dell’affectio societatis e non inserita nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisca un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, purché questo abbia apprezzabile rilevanza causale, ai fini della sua conservazione del suo rafforzamento e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del suo programma criminoso (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231673; Sez. 1, n. 49790 del 14/09/2023, COGNOME, Rv. 285654; Sez. 6, n. 542 del 10/05/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv. 238242 / ove si afferma che nella fattispecie di concorso esterno nell’associazione di tipo mafioso l’evento del reato è integrato dalla conservazione, agevolazione o rafforzamento di un organismo criminoso già operante e lo stesso deve essere posto in diretta relazione eziologica con la condotta attuata dal concorrente, la cui verifica è praticabile soltanto in virtù di un accertamento postumo dell’idoneità causale di quest’ultima che, in rapporto alla vita e all’operatività del sodalizio criminoso).
Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 15 febbraio 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente