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Concorso esterno: misura cautelare da rivalutare

Un individuo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ha visto il suo ricorso accolto dalla Cassazione. La Suprema Corte ha annullato l’ordinanza che negava la sostituzione della custodia in carcere, poiché basata su una motivazione carente riguardo al ruolo dell’imputato. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame che tenga conto della debolezza del quadro accusatorio.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La valutazione del concorso esterno e le misure cautelari: una pronuncia chiave della Cassazione

La recente sentenza n. 11975/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nell’ambito delle misure cautelari applicate a soggetti accusati di concorso esterno in associazione di tipo mafioso. La decisione chiarisce come la valutazione dei presupposti per la detenzione debba essere strettamente legata alla solidità delle motivazioni della sentenza di merito, anche quando questa è stata annullata con rinvio.

I fatti del caso: dalla custodia in carcere al ricorso

Un imputato, inizialmente accusato di partecipazione a un’associazione mafiosa e di estorsione, si trovava in regime di custodia cautelare in carcere. In un secondo momento, la Corte d’Appello aveva ‘ridimensionato’ la sua posizione, escludendo la partecipazione diretta e riqualificando il fatto come concorso esterno. L’imputato, ritenendo insussistenti anche i presupposti per tale accusa, aveva proposto ricorso in Cassazione avverso la sentenza di merito. La Suprema Corte aveva accolto il suo ricorso, annullando la sentenza con rinvio per un nuovo giudizio.

Nel frattempo, l’imputato aveva richiesto la sostituzione della misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari. Il Tribunale del Riesame, tuttavia, aveva respinto l’istanza con una motivazione singolare: non essendo ancora note le ragioni dell’annullamento da parte della Cassazione, non si poteva escludere che il giudice del rinvio potesse peggiorare la sua posizione (reformatio in peius), tornando a contestare la più grave accusa di partecipazione all’associazione. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

L’errore del Tribunale del Riesame sulla valutazione del concorso esterno

L’errore fondamentale commesso dal Tribunale del Riesame, secondo la difesa, è stato quello di fondare il diniego su una mera ipotesi, ignorando il fatto che il ricorso originario mirava a dimostrare l’assoluta insussistenza dei presupposti anche per la più lieve accusa di concorso esterno. La decisione del Tribunale si basava su una presunzione irragionevole, ovvero che l’annullamento potesse derivare da motivi procedurali tali da riaprire completamente il giudizio a sfavore dell’imputato.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Nella motivazione della sentenza in esame, i giudici supremi chiariscono che, nelle more della decisione, erano state depositate le motivazioni del precedente annullamento (sentenza n. 36975/2023). Da queste emergeva chiaramente che l’annullamento era stato disposto proprio a causa di una grave carenza motivazionale della sentenza d’appello. Nello specifico, la Corte d’Appello non aveva adeguatamente individuato e spiegato i fatti specifici che avrebbero dovuto dimostrare il ruolo dell’imputato come collaboratore esterno dell’associazione mafiosa.

Di conseguenza, il ragionamento del Tribunale del Riesame è stato giudicato errato. Non si poteva presumere una possibile reformatio in peius quando l’annullamento stesso era dipeso dalla debolezza delle prove a sostegno dell’accusa di concorso esterno. La Suprema Corte ha quindi stabilito che il Tribunale del Riesame dovrà riesaminare la richiesta di sostituzione della misura, tenendo conto delle statuizioni della Cassazione e, quindi, della fragilità del quadro accusatorio.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione dei presupposti per una misura cautelare non può basarsi su speculazioni o su interpretazioni ipotetiche dell’esito del processo. Deve, al contrario, ancorarsi saldamente agli elementi concreti emersi, incluse le decisioni della Corte di Cassazione che evidenziano carenze motivazionali nelle sentenze di merito. L’annullamento per vizio di motivazione su un punto cruciale come la definizione del ruolo dell’imputato indebolisce il quadro indiziario e deve necessariamente incidere sulla valutazione della necessità e adeguatezza della più grave misura cautelare detentiva.

Perché la Cassazione ha annullato l’ordinanza del Tribunale del Riesame?
La Cassazione ha annullato la decisione perché il Tribunale del Riesame ha erroneamente basato il diniego della sostituzione della misura cautelare su una mera ipotesi di un possibile peggioramento della posizione dell’imputato (reformatio in peius), senza considerare che la sentenza di merito era stata annullata proprio per una motivazione carente riguardo al reato di concorso esterno.

Cosa significa che la posizione dell’imputato era stata ‘ridimensionata’ in appello?
Significa che la Corte d’Appello aveva modificato l’accusa originaria da partecipe a pieno titolo dell’associazione mafiosa a quella, meno grave, di concorrente esterno, ovvero un soggetto che, pur non essendo un membro, ha fornito un contributo all’associazione.

Quale sarà il prossimo passo per l’imputato?
Il Tribunale del Riesame di Bologna dovrà effettuare una nuova valutazione sulla richiesta di sostituzione della misura cautelare. In questa nuova analisi, dovrà obbligatoriamente tenere conto del fatto che la Cassazione ha riscontrato una debolezza nella motivazione che sosteneva l’accusa di concorso esterno, il che potrebbe portare a un esito diverso sulla necessità di mantenere la custodia in carcere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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