Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 21879 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 21879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARDINALE NOME COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 12/07/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di PALERMO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO che ha chiesto l’inammissibilital del ricorso udito il difensore, l’avvocato NOME COGNOME, che evidenzia la mancanza di motivazione dell’ordinanza impugnata e ne chiede l’annullamento
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale del Riesame di Palermo ha confermato l’ordinanza genetica del 14.6.2023, emessa dal GIP dello stesso tribunale, con cui NOME COGNOME è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, in relazione alla contestazione di concorso esterno nell’associazione mafiosa inscritta i RAGIONE_SOCIALE, articolazione territoriale corrispondente al mandamento cittadino di Pagliarelli, famiglia del Villaggio Santa Rosalia, per aver fornito supporto a NOME COGNOME, leader dell’articolazione mandamenitale mafiosa, detenuto, ed a suo figlio NOME, veicolando i messaggi dal carcere del primo agli altri sodali mediante la partecipazione a videocolloqui pur non essendovi espres.samente autorizzato; provvedendo al sostentamento della famiglia del capoclan ed alla cura delle esigenze materiali di questi, detenuto; curandone gli affari quale imprenditore contiguo ( particolare, interessandosi dell’apertura di attività commerciali riferibili al contro gruppo criminale), attraverso contatti costanti con altri componenti del gruppo criminale e garantendo una diffusa ingerenza del potere mafioso del sodalizio di riferimento su molte attività economiche del territorio; contribuendo a consolidare ed incrementare prestigio e influenza del capofamiglia e la capacità operativa del clan nel suo complesso. Il Riesame ha rigettato i motivi proposti sia in relazione al quadro indiziario che esigenze cautelari.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso la difesa dell’indagato, deducendo due diversi motivi.
2.1. Con il primo si denuncia violazione di legge e vizio di carenze di motivazione quant alla sussistenza di gravi indizi del reato di concorso esterno in 3ssociazione mafiosa carico del ricorrente. La tesi del ricorrente è che non sia stato specificato né tantome provato quale sia stato il suo contributo per il rafforzamento dell’associazione in quan tale (e non per il solo leader del sodalizio), necessario elemento per configurare fattispecie. Non sarebbero idonei elementi indiziari i contenuti dei colloqui con il capoc NOME COGNOME, detenuto, dal tenore neutro e riferito a banali esigenze di vita (ci giornali), che il ricorrente provvedeva a soddisfare, acquistando e spedendo cibo e altro in carcere. Anche le mail inviate a NOME COGNOME non provano alcuna contiguità, limitandosi a riportare saluti di amici e conoscenti.
2.2. Il secondo argomento di censura eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione quanto alle esigenze cautelari ed all’opzione cautelare per la custodia in carcere, scelt senza motivare sull’attualità del pericolo di reiterazione del reato – come invece impost dalla legge – bensì in ragione di una presunzione assoluta di adeguatezza non consentita in relazione al concorrente esterno del delitto di associazione manosa.
2.3. Il ricorrente ha depositato motivi aggiunti con i quali, oltre a reiterare i due di ricorso, aggiungendo argomenti che, quanto alla sussistenza dei gravi indizi del reato contestato, mettono in dubbio la stessa legittimità, nel nostro ordinamento, del concorso esterno nel delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen., pongono una terza eccezione, con c si denuncia la carenza motivazionale dell’ordinanza impugnata riguardo all’esclusione della possibilità di optare per il contenimento delle esigenze cautelari mediante la misu meno afflittiva degli arresti domiciliari con il dispositivo del braccialetto elettronic
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto al primo, assorbente motivo.
La giurisprudenza di legittimità ammette che possano rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa coloro i quali, estranei all’associazicne, offrano il pro contributo causale e volontario alla realizzazione dei fini del sodalizio criminale, nonc alla sua conservazione e rafforzamento, mediante collaborazione che si estrinseca nella trasmissione di “messaggi” utili al sodalizio, in molti casi provenienti dal leader del sodalizio detenuto, e diretti all’esterno, ad una serie di soggetti, per fini organiz interni del clan oppure con finalità specifiche e mirate (Sez. 2, n. 32076 del 28/1/202 Scola, Rv. 281959; Sez. 5, n. 45840 del 14/6/2018, M., Rv. 274180, in una fattispecie in cui l’imputato, infermiere in servizio presso un istituto penitenziario, svolgev funzione di “messaggero”, consentendo di mantenere i collegamenti tra gli associati in libertà e quelli ristretti, facendo entrare nell’istituto oggetti personali des componenti del sodalizio e partecipando a riunioni ed incontri con esponenti di altr cosche operanti nel medesimo territorio).
Tuttavia, già in altre occasioni si è ribadito che l’attività così prestata per il soda fini della configurabilità del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, de essere reiterata e non episodica – richiedendosi, invece, un carattere continuativo fiduciario di “veicolatore abituale di notizie” (Sez’ 5, n. 26306 del 16/3/2018, D’Agosti Rv. 273336) – o che l’intermediazione nella trasmissione di messaggi scritti tra un affili (magari in posizione di vertice detenuto, come nel caso di specie) ed altri associati libertà si riferisca a messaggi il contenuto dei quali sia stato identificato, per e attinente a fatti illeciti o altre iniziative criminali, anche indipendentemente circostanza che l’intermediario conosca o meno tale contenuto, purchè sia consapevole dell’aiuto illecito che sta apportando, con la finalità di permettere la circolazione informazioni e delle direttive provenienti dal carcere (Sez. 2, n. 7872 del 28/1/202 Pellicanò, Rv. 278425).
Ecco perché si è anche evidenziata la necessità di individuare il soggetto autore del messaggio, l’intermediario e colui che riceve l’informazione, poiché, in assenza di ta ultimo anello della catena di trasmissione, potrebbe non ricorrere una condotta idonea a rafforzare il sodalizio criminoso (cfr. ancora la sentenza n. 7872 del 2020).
Del resto, le Sezioni Unite, con la fondamentale pronuncia Sez. U, n. 33748 del 12/7/2005, Mannino, Rv. 231671), hanno da tempo disegnato il paradigma della responsabilità del concorrente esterno nel delitto associativo mafioso, stabilendo che assume tale ruolo il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativ dell’associazione e privo dell'”affectio societatis”, fornisce un concreto, specif consapevole e volontario contributo, sempre che questo esplichi un’effettiva rilevanza causale e, quindi, si configuri come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “RAGIONE_SOCIALE“, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazion territoriale) e sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso de medesima.
E poiché l’efficienza causale in merito alla concreta realizzazione del fatto crimino collettivo costituisce elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, d natura materiale o morale, le Sezioni Unite hanno specificato che non è sufficiente una valutazione “ex ante” del contributo, risolta in termini di mera probabilità di lesion bene giuridico protetto, ma è necessario un apprezzamento “ex post”, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, l’elevat credibilità razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante condotta atipica del concorrente.
2.1. Se questo è il quadro giurisprudenziale in cui il Collegio si muove, condividendone presupposti e conclusioni, non vi è dubbio che, ai fini di dare soluzione al motivo di rico proposto dalla difesa del ricorrente, debba essere apprezzata, da un lato, la completa significanza materiale del contributo fornito dall’indagato e, dall’altro, la sua capaci porsi quale elemento condizionante, consapevole e volontario, rispetto alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative dell’associazione mafiosa.
Ebbene, nel caso di specie, il Tribunale del Riesame non ha adeguatamente esplorato, anzitutto, il primo dei due citati poli di verifica obbligata, funzionale alla decision configurabilità del delitto ex artt. 110 e 416-bis cod. pen., ancorchè sul piano indizi proprio della fase cautelare.
Si è messa in luce, infatti, la disponibilità personale, continuativa nel tempo, da pa dell’indagato, nei confronti del capo del sodalizio mafioso denominato “Villaggio Santa Rosalia”, NOME COGNOME, giungendo alla conclusione che il ricorrente era divenuto un vero e proprio punto di riferimento per il leader mafioso, con ciò intendendo una sorta di “collaboratore” esterno del gruppo criminale.
Tuttavia, la conclusione non poggia su basi fattuali realmente adeguate, poiché i numerosi elementi emersi dalle indagini, sicuramente sintomatici di una cooperazione personale costante di COGNOME con COGNOME, non soltanto non bastano a far ritenere che la funzionalizzazione dell’agire del primo fosse quella di contribuire alla conservazion o al rafforzamento delle capacità operative dell’associazione o di un suo ramo essenziale di operatività, ma – a ben guardare – sono anche stati prospettati dal provvedimento impugnato come privi di contenuto in tal senso.
Ed infatti, rimangono senza una tale, necessaria finalizzazione, da parte dei giudici de riesame, le azioni messe in campo dal ricorrente per soddisfare le esigenze di vita, materiali e non, del leader mafioso, all’epoca dei fatti detenuto, e della sua famiglia: la copertura di spese di quotidiana necessità (ad esempio, risulta accertato che era solito procurare riviste al capo-mafia, anche sottoscrivendo e pagando per lui abbonamenti); la partecipazione abusiva ai videocolloqui dal carcere con NOME COGNOME (grazie ad un uso inspiegato ed illegittimo di tale strumento, novità introdotta dalla normati emergenziale da Covid-19), ubbidendo alle sue richieste di portare messaggi a svariati soggetti esterni al nucleo familiare; la fitta corrispondenza epis’olare con il capo-c ancora una volta diretta a portare messaggi di saluto a svariati soggetti (alcuni dei qua coindagati e colpiti dalla medesima ordinanza cautelare).
Si tratta di condotte potenzialmente espressive del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, come si è già messo in luce, soprattutto con riguardo all’attività latore di messaggi da parte del capo-mafia detenuto ai suoi uomini, in qualsiasi forma (epistolare o diretta, nel corso delle videochiamate).
Ma tale espressività va colorata da parte del giudice di merito – in questo caso, il giud cautelare – che è tenuto ad evidenziare, su di un piano logico-argomentativo, ed alla luce della giurisprudenza di legittimità richiamata, se e per quali ragioni concret messaggi comunicati siano stati effettivamente idonei, per il loro contenuto, a contribui alla vita dell’associazione mafiosa nell’interesse della quale essi sono stati recapitati.
Nell’ordinanza impugnata, invece, si mette in risalto la mera circostanza dell’av recapitato detti messaggi, indicati solo come “di saluto”; anzi, in un passagg argomentativo, si sottolinea esplicitamente che i messaggi scritti nelle lettere recapit al ricorrente non sono stati ancora decriptati nel loro contenuto, poiché bisognevoli “approfondimenti investigativi”.
Tale indicazione, posta all’esito dell’esame degli elementi indicativi del contributo este concorsuale (cfr. pag. 8 dell’ordinanza impugnata), rappresenta una vera e propria falla motivazionale.
Ed invero, il “saluto” del capo-mafia di per sé, anche quando ricambiato, come accaduto nel caso di specie e risultante dalle missive, può essere sintomatico dell’ostensione e de riconoscimento di un’autorità mafiosa, come hanno evidenziato i giudici palermitani.
Tuttavia, tale dato non è stato sufficientemente esaminato, nè collegato, nel provvedimento impugnato, agli altri indicatori rinvenuti nei dati indiziari funzionalizzato rispetto alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operativ dell’associazione mafiosa, oltre che riferito alla volontaria e consapevole condotta d latore dei messaggi dal carcere per conto del capo-clan.
Per come è stato prospettato dall’ordinanza impugnata, anche l’ulteriore elemento costituito dall’avere il ricorrente portato avanti alcuni affari, beneficiando “protezione mafiosa” quale imprenditore “amico” di NOME COGNOME (in particolare, interessandosi dell’apertura di attività commerciali con l’ausilio implicito del po mafioso, data la nota sua vicinanza a COGNOME), dimostra soltanto che l’indagato ha tratto utilità dalla vicinanza personale con il leader mafioso, ma non attesta la reciprocità dei vantaggi con la cosca, essenziale perché un imprenditore possa definirsi “colluso” e rispondere del reato di concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa (cfr., tra molte, Sez. 6, n. 32384 del 27/3/2019, Putrino, Rv. 276474; Sez. 1, n. 47054 del 16/11/2021, Coppola, Rv. 282455).
D’altro canto, il provvedimento impugnato avrebbe potuto confrontarsi meglio, e non l’ha fatto, con la parte di imputazione relativa proprio alla quota di concorso esterno rife alla condotta di imprenditore colluso ed alla contestata apertura di attività commercia sotto il controllo del sodalizio mafioso, che rappresentano comunque temi aperti, da sviluppare eventualmente nel giudizio di rinvio, che – come si dirà di seguito – si impon nel caso di specie.
2.2. Ed infatti, in accoglimento del primo motivo di ricorso, l’ordinanza impugnata dev essere annullata, per difetto di motivazione, con rinvio al Tribunale del Riesame d Palermo per nuovo giudizio.
Nell’esaminare gli elementi di fatto, il giudice del rinvio, alla luce di quan sintetizzato, si atterrà ai principi di diritto enunciati e, più specificamente, si ev che, ai fini della configurabilità del concorso esterno in associazione mafiosa, l’attivi latore di messaggi dal carcere nell’interesse del sodalizio mafioso deve essere reiterata e non episodica, nonché riferita a messaggi il contenuto dei quali sia idoneo a porsi qual elemento condizionante, consapevole e volontario, rispetto alla conservazione o al rafforzamento delle capacità operative dell’associazione mafiosa; e ciò anche indipendentemente dalla circostanza che l’intermediario conosca o meno tale contenuto, purchè sia consapevole dell’aiuto illecito che sta apportando, con la finalità di permette la circolazione delle informazioni e delle direttive provenienti dal carcere (e, nella spe dal leader del sodalizio mafioso detenuto).
Il secondo motivo di ricorso e la parte dei motivi aggiunti dedicata alle esigen cautelari sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo di impugnazione, che apre alla rivalutazione della stessa gravità indiziaria.
3.1. Quanto alle censure contenute nei motivi aggiunti e relative all’ammissibilità, n nostro sistema ordinamentale, dell’ipotesi di reato di concorso esterno in associazione mafiosa, derivata dalla combinazione degli art. 110 e 416-bis cod. pen., valga solo ricordare che la Corte di cassazione ha da tempo avuto modo di escludere la plausibilità di simili obiezioni, anche esaminandole alla luce di canoni interpretati costituzionalmente orientati.
Si COGNOME è COGNOME affermata, COGNOME così, COGNOME la COGNOME manifesta COGNOME infondatezza COGNOME della COGNOME questione COGNOME di legittimità costituzionale, sollevata rispetto a tale combinazione di norme, per asser contrasto con gli artt. 25, comma secondo, e 117 della Costituzione, quest’ultimo in riferimento all’art. 7 della Convenzione EDU, e violazione del principio di legalità, n parte in cui le due disposizioni di legge ordinarie attribuiscono rilevanza penale a fattispecie di “concorso esterno” in associazioni di tipo mafioso, poichè quest’ultima no costituisce un istituto di creazione giurisprudenziale, bensì conseguenza della generale funzione incriminatrice dell’art. 110 cod. pen., e la sua configurabilità trova una confer testuale nella disposizione di cui all’art. 418, comma primo, cod. pen. (Sez. 2, n. 1813 del 13/4/2016, COGNOME, Rv. 266908; Sez. 2, n. 34147 del 30/4/2015, COGNOME, Rv. 264624; Sez. 5, n. 2653 del 13/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265926).
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Palermo competente ai sensi dell’art. 309, co.7, c.p.p.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14 febbraio 2024.