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Concorso esterno mafioso: la Cassazione annulla

La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio un’ordinanza di custodia cautelare per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte ha ritenuto viziata la motivazione del Tribunale del Riesame, poiché non era stato adeguatamente dimostrato come le condotte dell’indagato (tra cui veicolare messaggi di saluto per conto di un boss detenuto) avessero concretamente contribuito a rafforzare l’associazione criminale nel suo complesso, requisito essenziale per configurare tale fattispecie di reato.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso esterno in associazione mafiosa: quando l’aiuto al boss non basta

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21879 del 2024, torna a delineare i confini di una delle figure più complesse del nostro diritto penale: il concorso esterno in associazione mafiosa. La Suprema Corte ha annullato con rinvio un’ordinanza di custodia cautelare, sottolineando un principio fondamentale: per configurare il reato non è sufficiente dimostrare un rapporto di vicinanza e supporto a un singolo boss, ma è necessario provare che tale contributo abbia concretamente rafforzato l’intera associazione criminale.

I Fatti del caso: l’accusa di supporto al clan

Nel caso di specie, un individuo era stato sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di aver fornito supporto a un’articolazione territoriale di Cosa Nostra. Le condotte contestate erano diverse e articolate: avrebbe veicolato messaggi dal carcere per conto del capo clan detenuto, provveduto al sostentamento della sua famiglia, curato gli affari quale imprenditore ‘contiguo’ e garantito una diffusa ingerenza del potere mafioso sul territorio. Il Tribunale del Riesame aveva confermato la misura cautelare, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza.

La decisione della Cassazione e il concorso esterno in associazione mafiosa

La difesa ha impugnato l’ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. La tesi difensiva sosteneva che non fosse stato adeguatamente provato quale fosse stato il contributo effettivo dell’indagato al rafforzamento dell’associazione in quanto tale, e non solo al singolo leader detenuto. La Suprema Corte ha accolto questo motivo di ricorso, annullando il provvedimento e rinviando gli atti al Tribunale del Riesame per un nuovo giudizio.

L’importanza del contributo effettivo al sodalizio

Il punto cruciale della decisione risiede nella distinzione tra l’aiuto personale a un affiliato, anche se di spicco, e un contributo causale alla vita e all’operatività del clan. I giudici di legittimità hanno evidenziato come le azioni dell’indagato – come procurare riviste, partecipare a video-colloqui o inoltrare messaggi di saluto – fossero state considerate dal Riesame come potenzialmente espressive del reato, senza però una valutazione concreta del loro impatto sull’associazione.

Le Motivazioni: la ‘funzionalizzazione’ della condotta

La Cassazione ha rilevato una vera e propria ‘falla motivazionale’ nell’ordinanza impugnata. Il Tribunale, infatti, pur riconoscendo che il contenuto dei messaggi scritti non era stato ancora decifrato e che si trattava di semplici ‘saluti’, non aveva spiegato come e perché tali condotte avessero superato la soglia del mero supporto personale per diventare un elemento di consolidamento del potere mafioso. Per configurare il concorso esterno in associazione mafiosa, è indispensabile che la condotta dell’agente sia ‘funzionalizzata’ al rafforzamento delle capacità operative dell’associazione. Anche l’attività di ‘latore di messaggi’, per essere penalmente rilevante in questo contesto, deve riguardare comunicazioni idonee, per il loro contenuto, a porsi come elemento condizionante per la vita del sodalizio. Allo stesso modo, la posizione di imprenditore ‘amico’ del boss, che trae vantaggio dalla protezione mafiosa, non è di per sé sufficiente se non si dimostra una reciprocità di vantaggi per la cosca.

Le Conclusioni: implicazioni della sentenza

Questa pronuncia ribadisce il rigore probatorio richiesto per contestare il reato di concorso esterno. Non basta la vicinanza a un esponente mafioso o la prestazione di aiuti personali. L’accusa deve dimostrare, con elementi concreti e secondo una logica stringente, che il contributo dell”esterno’ abbia avuto un’efficacia causale reale nel conservare o rafforzare l’organizzazione criminale. La sentenza impone ai giudici di merito una valutazione attenta e approfondita, che vada oltre la mera apparenza dei rapporti personali per indagare la reale portata e finalità di ogni singola condotta, evitando presunzioni e garantendo che la responsabilità penale sia fondata su prove solide e non su semplici sospetti.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare?
La Corte ha annullato l’ordinanza per un ‘difetto di motivazione’. Il Tribunale del Riesame non ha spiegato in modo adeguato come le condotte dell’indagato, come inoltrare messaggi di saluto, avessero concretamente contribuito a rafforzare l’associazione mafiosa nel suo complesso, un requisito indispensabile per il reato di concorso esterno.

Aiutare un boss detenuto e la sua famiglia è sempre reato di concorso esterno mafioso?
No. Secondo questa sentenza, non è sufficiente. L’aiuto deve essere ‘funzionalizzato’, cioè deve avere lo scopo e l’effetto di conservare o rafforzare le capacità operative dell’associazione criminale. Un semplice aiuto personale, materiale o morale, non integra automaticamente il reato.

Quale tipo di contributo è necessario per configurare il concorso esterno in associazione mafiosa?
È necessario un contributo materiale che sia concreto, specifico, consapevole e volontario, e che si ponga come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento dell’associazione. Deve essere dimostrata la sua reale efficacia causale a beneficio del clan, non solo del singolo affiliato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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