Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43195 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43195 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 10/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Pubblico ministero presso il Tribunale di Catanzaro NOME, nato ad Amaroni il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 7/3/2024 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udita la requisitoria del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, concluso chiedendo di rigettare il ricorso;
uditi l’AVV_NOTAIO e l’AVV_NOTAIO, quale sostituto processu dell’AVV_NOTAIO, difensori del ricorrente, che hanno chies dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 marzo 2024 il Tribunale di Catanzaro ha annullato il provvedimento emesso il 19 febbraio 2024 dal Giudice per le indagini preliminari della stessa città, con cui a NOME COGNOME era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere per il reato di cui agli artt. 110, 416 bis cod. pen.
Avverso l’ordinanza del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico ministero presso il Tribunale di Catanzaro, che ha dedotto l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge nonché vizi della motivazione, per non avere il menzionato RAGIONE_SOCIALE dato il giusto rilievo ai circuiti relazional dell’indagato e per aver trascurato che dagli atti era emerso che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE continuamente contattava NOME COGNOME, per fargli tenere determinate condotte agevolative, concordate sulla base di autonome determinazioni. Nello specifico, come riferito dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME, l’indagato si sarebbe reso sempre disponibile a fare da tramite tra le imprese estorte e i vertici del sodalizio e a favorire tra loro gli incontri, mettendo a disposizione il propri capannone che, in quanto sede di un viavai di acquirenti e fornitori della ditta NOME, rappresentava un presidio sicuro, che verosimilmente non avrebbe destato sospetti nelle Forze dell’ordine. Inoltre, dai dialoghi captati del cugino NOME COGNOME sarebbe emersa la contiguità dell’indagato con la consorteria di RAGIONE_SOCIALE, nota anche a estranei, tanto da avere partecipato, in rappresentanza della RAGIONE_SOCIALE, a matrimoni di appartenenti ad altri sodalizi. Dai dialoghi sarebbe emerso anche che NOME COGNOME riteneva il cugino un affiliato, di guisa da avergli suggerito di lasciare la Calabria e godersi la famiglia, pena la possibilità di avere problemi con la giustizia e, di conseguenza, perdere la libertà personale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il 30 settembre 2024 è pervenuta una memoria a firma degli AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, i quali hanno chiesto di dichiarare inammissibile o rigettare il ricorso, in quanto teso a sollecitare una non consentita rivalutazione degli elementi emersi dagli atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 – 01; Sez. 6, n. 11194 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01).
Correlativamente, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, il vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del RAGIONE_SOCIALE, a questa Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbi dato adeguatamente conto delle ragioni della decisione e di controllare la congruenza della motivazione rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto, che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Alla luce di siffatte coordinate ermeneutiche deve rilevarsi che l’ordinanza impugnata resiste alle censure tl.L.teaskkaat PZA-A-· fr hl e 42 ” A44
3. Dalla lettura del provvedimento in disamina, infatti, risulta che il Tribunale ha passato in rassegna tutti gli elementi valorizzati nell’ordinanza genetica e, attraverso un percorso argomentativo esente da vizi, ha sovvertito la decisione del Giudice per le indagini preliminari, non avendo ravvisato elementi idonei ad affermare una qualificata probabilità di colpevolezza a carico dell’indagato per l’ipotesi di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, in qualità di imprenditore colluso.
In particolare, il RAGIONE_SOCIALE ha evidenziato che le dichiarazioni di NOME COGNOME, cugino dei fratelli NOME e intraneo all’omonimo sodalizio, erano attendibili ma generiche, non avendo il collaboratore di giustizia indicato con sufficiente precisione le fonti delle informazioni riferite o, comunque, le imprese coinvolte, i periodi e le circostanze in cui l’indagato avrebbe beneficiato, quale tornaconto del suo appoggio alle iniziative criminose della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e nell’ottica di un rapporto sinallagmatico, di un’indebita intromissione nello svolgimento delle gare pubbliche tramite il meccanismo del subappalto.
Il Tribunale ha osservato che – fermo restando il difetto di specificità delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, il quale non aveva individuato alcuna specifica operazione commerciale interessata dal meccanismo della sovrafatturazione (che prevede l’indicazione, nelle fatture emesse, di importi superiori rispetto a quelli realmente corrisposti, per dissimulare il versamento predatorio, con vantaggio anche per lo stesso committente, che può inserire in bilancio costi maggiori di quelli effettivamente sostenuti) – era emersa anche l’assoluta mancanza di riscontri contabili, acquisibili attraverso l’esame della documentazione bancaria afferente al fatturato delle imprese edili dei fratelli COGNOME.
NOME COGNOME aveva riferito anche che, durante il periodo in cui NOME COGNOME, cugino di NOME, aveva ricoperto la carica di sindaco del Comune di Amaroni (da giugno 2009 a gennaio 2015), i lavori pubblici erano stati prevalentemente assegnati all’impresa edile di NOME COGNOME, di fatto riconducibile, secondo l’impianto accusatorio, al fratello NOME COGNOME. Tale specifica circostanza, tuttavia, era confutata dalle risultanze documentali in atti, da cui si evinceva che su quattordici gare pubbliche, espletate nel relativo periodo, soltanto tre erano state aggiudicate all’impresa di NOME COGNOME, mentre numerosi lavori erano stati appaltati ad altre imprese del circondario. Anche nell’ambito dell’affidamento dei lavori di somma urgenza, che consentono il ricorso a procedure semplificate, la predetta ditta aveva ricevuto appena quattro assegnazioni su ventisei. Questi dati numerici, tratti dalle acquisizioni documentali della Polizia giudiziaria, confutavano il generico propalato del collaboratore, il quale aveva descritto un sostanziale monopolio di fatto di COGNOME nella gestione degli appalti pubblici presso il Comune di Amaro ne.
Per di più, il collaboratore aveva fatto riferimento anche a una somma pagata dall’indagato a titolo estorsivo.
Quanto agli esiti dei servizi di intercettazione telefonica e telematica nei confronti di NOME COGNOME, cugino dell’indagato, che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero confortato che quest’ultimo era un concorrente esterno, operante a favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale ha affermato che, invece, ciò che era emerso dalle captazioni era una nutrita serie di commenti circa la contiguità di NOME COGNOME ad ambienti criminali, da cui il cugino lo aveva invitato ad allontanarsi per preservare la sua serenità personale. La frase, pronunciata da NOME COGNOME, valorizzata nel corpo del compendio indiziario (“sui lavori NOME devi dare la metà alla mafia”), letteralmente intesa indicava con alto grado di verosimiglianza uno stato di soggezione dell’imprenditore, piuttosto che il frutto di un paritario accordo lecito con la consorteria. Peraltro, le esternazioni di NOME COGNOME erano consistite in lamentele ed espressioni anche di acceso rammarico per le conoscenze del cugino ed erano verosimilmente state originate dalla particolare esposizione istituzionale e mediatica cui lo stesso era sottoposto in qualità di Presidente della RAGIONE_SOCIALE presso la Regione Calabria.
Dagli ulteriori dialoghi, secondo il RAGIONE_SOCIALE della cautela, era emersa una forma di sottomissione di NOME COGNOME alle superiori volontà e, del resto, lo stesso NOME COGNOME non aveva ipotizzato contestualmente una vera e propria contiguità o appartenenza al sodalizio, avendo sottolineato con particolare enfasi la vicinanza personale del cugino con il solo NOME COGNOME ed esternato anche il timore che NOME COGNOME venisse coinvolto suo malgrado in situazioni più pericolose.
Secondo il Tribunale, anche la circostanza fondata sull’intercettazione del dialogo avvenuto tra l’indagato e COGNOME il 14 dicembre 2020 (secondo cui, in passato, il primo aveva recato messaggi o ambasciate ad altri imprenditori per conto di COGNOME e COGNOME, qualificati, nel capo di imputazione provvisorio n. 16, rispettivamente come reggente e organizzatore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) rivestiva carattere ambivalente, non comprendendosi chiaramente se l’attività dell’indagato fosse stata frutto di imposizione minatoria o di una libera scelta utilitaristica, volta all’ottenimento di vantaggi personali tramite l’instaurazione d cointeressenze illecite.
3.1. A fronte di tali analitiche argomentazioni, con cui il Tribunale ha dato conto di avere effettuato una valutazione complessiva e non atomistica degli elementi emersi, che ha ritenuto non idonei, sia pure nei termini richiesti dall’art. 273 cod. proc. pen., a delineare la figura dell’indagato come imprenditore colluso, che avesse instaurato con la RAGIONE_SOCIALE in regime di parità un rapporto foriero di reciproci vantaggi, deve osservarsi che il ricorrente non ha individuato passaggi o punti della decisione atti a disarticolare la complessiva tenuta della motivazione del provvedimento impugnato, limitandosi a richiamare le deduzioni e osservazioni esposte nell’ordinanza genetica e a sottoporre all’attenzione di questa Corte una serie di elementi assertivamente prospettati come rilevRAGIONE_SOCIALE per l’individuazione del compendio probatorio. Il che non soddisfa gli indispensabili requisiti di una critica specifica, che deve permeare di sé l’intero atto di impugnazione. Si è sollecitata, così, questa Corte a effettuare una diversa valutazione degli elementi indiziari ma ciò è incompatibile con la natura del giudizio di legittimità, poiché pretende di imporre una inammissibile rivisitazione di tipo alternativo, ovvero una rilettura di merito, del complesso delle emergenze probatorie.
Trattandosi di Parte pubblica ricorrente, alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non conseguono le pronunce di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Così deciso il 10 ottobre 2024.