Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 38764 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 38764 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME, nato in Siria il DATA_NASCITA
Avverso la sentenza del 14/03/2024 della Corte di assise di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile; udite le conclusioni del difensore, avvocato NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di assise di appello di Milano, in sede di rinvio, in parziale riforma della sentenza emessa dalla Corte di assise di Como il 11/02/2022, ha riqualificato il fatto contestato a NOME COGNOME, riconducendolo
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alla fattispecie di cui agli artt. 110-416 cod. pen, e ha ridotto la pena a lui infli a mesi cinque di reclusione ed euro 900 di multa.
2 Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in riferimento all’art. 110 cod. pen.
In primo e in secondo grado il ricorrente è stato condannato quale partecipe di una associazione a delinquere operante in ambito transazionale, costituita allo scopo di commettere un numero indeterminato di reati di prestazione abusiva di servizi di pagamento, mediante il sistema della cd. hawala. La seconda Sezione di questa Corte, con sentenza n. 49977 del 2023, ha annullato la sentenza della Corte di assise di appello e ha rinviato ad altra Sezione della medesima Corte affinché verificasse «la sussistenza di indici sintomatici della partecipazione consapevole dell’imputato al sodalizio» e rendesse «idonea motivazione in ordine alla prospettazione difensiva di un eventuale concorso esterno del predetto».
In sede di rinvio, la Corte di assise di appello ha escluso la partecipazione al sodalizio e ha ritenuto che la condotta tenuta dall’imputato sia qualificabile come concorso esterno nel reato associativo, senza però adeguatamente motivare in ordine al contributo effettivo e concreto da lui fornito all’associazione né alla sua rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione. La condotta ascrivibile al ricorrente, infatti, si riduce al contenuto di t conversazioni telefoniche in cui si informa in merito alla fattibilità di u trasferimento di denaro verso il Libano, la Giordania, l’Oman e Dubai. Poiché, però, tali operazioni non si sono realizzate, la sua condotta non ha superato la soglia del mero proposito. Priva di motivazione, poi, è la sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di difetto di motivazione in riferimento alla misura della riduzione della pena, effettuata a seguito della riqualificazione giuridica del fatto, non essendo stati esplicitati i criteri in base quali essa è stata quantificata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Va preliminarmente rilevato che il reato è oggi prescritto (termine di prescrizione, tenuto conto della sospensione dal 24/06/2021 al 08/7/2021: 2 gennaio 2024) ma la circostanza è irrilevante alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione anche per manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare l’estinzione del reato per prescrizione a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266; Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, COGNOME, Rv. 219531; Sez. U n. 6903 del 27/05/2016, Aiello Rv. 268966).
3. La vicenda processuale può essere così ricostruita:
la Corte di assise di Como, con sentenza del 11/02/2022, ha dichiarato il ricorrente responsabile del delitto di associazione a delinquere contestatogli e, ritenuta la continuazione tra tale reato e quelli definiti con sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como del 27/07/2017, lo ha condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 1000 di multa, in aumento sulla pena inflitta con la suddetta sentenza.
La sentenza ha ricostruito l’operatività di una estesa e ramificata associazione per delinquere finalizzata alla commissione, tra gli altri, di una serie indeterminata di reati di esercizio abusivo di servizi di pagamento (art. 131-ter T.U.B) attuato nelle forme della cd. hawala, che consiste in un sistema informale di trasferimento di denaro, fondato su rapporti fiduciari, per mezzo del quale è possibile trasferire somme anche ingenti in maniera anonima e non tracciabile, a fronte del pagamento di modeste commissioni. Il soggetto che intende trasferire una somma di denaro ad altro soggetto, di norma residente in un diverso Paese, contatta un broker intermediario (c.d. hawaladar) e gli versa la somma da inviare; l’intermediario locale contatta quindi un suo omologo nel Paese ricevente, dandogli ordine di pagare al soggetto destinatario la somma indicata e trattenendo una commissione. Il denaro viene trasferito “virtualmente” o meglio viene trasferito solo il “valore” del denaro, senza “trasportare” la somma dal mittente al destinatario, da un Paese all’altro e i rapporti tra i due intermediari vengono regolati attraverso un sistema di compensazioni;
la Corte di assise di appello di Milano, con sentenza del 11/01/2023, ha confermato la sentenza di primo grado;
la sentenza di appello è stata impugnata con ricorso per cassazione per due motivi, relativi, il primo, all’identificazione dell’imputato e, il secondo, all’assen di motivazione in ordine alla deduzione difensiva con cui era stata invocata la qualificazione della condotta come concorso esterno nel reato associativo anziché
come partecipazione all’associazione. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 49977 del 15/11/2023, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, ha annullato la sentenza impugnata nei confronti del ricorrente rinviando ad altra sezione della Corte di assise di appello di Milano per nuovo giudizio;
la Corte di assise di appello di Milano, con sentenza del 14/03/2024, in parziale riforma della sentenza della Corte di assise di Como dell’11/02/2022, previa riqualificazione del fatto come concorso esterno nel reato associativo (artt. 110416 cod. pen.), ha condannato il ricorrente alla pena di mesi cinque di reclusione ed euro 900 di multa, in aumento sulla pena inflitta dal Tribunale di Como il 27/07/2017.
3.1. La Corte ha accolto il secondo motivo di impugnazione e ha, conseguentemente, annullato la condanna demandando al giudice di rinvio di verificare la sussistenza di indici sintomatici della partecipazione consapevole dell’imputato al sodalizio e di rendere idonea motivazione in ordine alla prospettazione difensiva di un eventuale concorso esterno del predetto. In altri termini, nella sentenza rescindente la Corte di cassazione si è limitata a investire il giudice di rinvio del compito di verificare se il fatto di reato potesse qualificar in termini di concorso esterno in associazione a delinquere anziché di partecipazione al sodalizio.
Ciò significa che l’oggetto del giudizio di rinvio era unicamente la riconducibilità della fattispecie concreta alla prima o alla seconda delle due fattispecie astratte di reato individuate dalla Corte e nell’ambito di tale perimetro si è mantenuto l’esame del giudice di rinvio, che, con adeguata motivazione, ha ritenuto di qualificare il fatto come concorso esterno (artt. 110-416 cod. pen.).
Sul punto ritiene il Collegio di confermare il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui, nel caso di annullamento con rinvio, è precluso al giudice del rinvio l’esame delle questioni non attinte dalle censure formulate con il ricorso per cassazione, perché non sottoposte al vaglio del giudice di legittimità o perché non rientranti tra i motivi da questo dichiarati assorbiti dalla questione sollevata e decisa (Sez. 5, n. 42329 del 20/10/2022, Russo Rv. 283877; Sez. 3, n. 27120 del 05/03/2015, COGNOME, Rv. 264033).
Nel caso di specie, solo con il nuovo ricorso per cassazione la difesa pone, per la prima volta, il problema della responsabilità, che non era stato devoluto in precedenza al giudice di legittimità, non rientrano tra i motivi di ricorso, sicché al giudice del rinvio era precluso il loro esame.
Conseguentemente il motivo deve essere dichiarato inammissibile.
Anche il secondo motivo di impugnazione, afferente la dosimetria della pena, non supera il vaglio di ammissibilità.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, non è censurabile in sede di legittimità la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, Lakrafy Rv. 284096).
La pena applicata al ricorrente, per effetto della riqualificazione, è stata ridotta in misura «molto contenuta» da mesi sei di reclusione ed euro 1000 di multa a mesi cinque di reclusione ed euro 900 di multa, per la «minore gravità intrinseca» del reato per cui è intervenuta condanna. Le ragioni di tale limitata riduzione sono evincibili dal tessuto argomentatiyo della sentenza, che ha dato implicitamente conto dell’impossibilità di addivenire ad una ulteriore mitigazione della pena inflitta in considerazione della gravità della condotta dell’imputato che, pur non facendo parte dell’associazione, non solo era perfettamente a conoscenza della sua organizzazione e delle sue complesse ed estese ramificazioni, ma si avvaleva ordinariamente dei suoi servizi, tanto da essere definito un suo «cliente abituale» (pag. 9).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue l’obbligo al pagamento delle spese processuali e la condanna al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/09/2024