Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29605 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29605 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
SESTA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME NOME
Sent. n. sez. 740/2025 UP – 23/05/2025 R.G.N. 7098/2025
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Potenza il 04/05/1951
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
– la condanna di Pace al risarcimento del danno non patrimoniale in favore della parte civile costituita NOME COGNOME da liquidare in separato giudizio, oltre spese ed accessori di legge.
Non vi sono elementi probatori che dimostrino la partecipazione di Pace al reato associativo.
Gli indici rivelatori di intraneità non sono esaustivi.
3.3. Terzo motivo
ii) la sentenza impugnata non ha riscontrato le censure difensive in ordine alla mancanza di un apporto fattivo dato dal COGNOME alla conservazione e al rafforzamento delle capacità operative dell’associazione.
4.2. Secondo motivo
Violazione di legge in relazione agli articoli 81 cpv. e 416bis cod. pen. e vizi di motivazione per il mancato riconoscimento della continuazione tra il reato giudicato con la sentenza impugnata e il delitto di cui all’articolo 416bis cod. pen. oggetto della sentenza del Giudice dell’udienza preliminare di Melfi del 9 Febbraio 1993, irrevocabile il 9 maggio 1994.
Il motivo Ł nella sostanza sovrapponibile al terzo motivo del ricorso Pace.
La Corte di appello ha contraddittoriamente ritenuto che COGNOME si sia reimpiegato nel nuovo sodalizio in un’«ottica di continuità criminale, diversa da quella associativa».
La sentenza di primo grado ha ritenuto una continuità dell’organismo, sia pure diversamente denominato in passato (clan COGNOME–COGNOME), ciò che suffraga la medesimezza del disegno criminoso.
5. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha concluso nei termini riportati in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono nel complesso infondati per le ragioni che di seguito si espongono.
2. Motivi comuni
Ad evitare inutili appesantimenti, Ł opportuno anteporre la disamina delle doglianze comuni prima di vagliare quelle specificamente attinenti allesingole posizioni dei ricorrenti.
2.1. Il primo motivo, comune ad entrambi i ricorsi, attiene alla configurabilità della compagine associativa mafiosa di cui al capo 1).
La difesa pone il tema della mancanza di esteriorizzazione della vis intimidatrice nascente dal vincolo associativo, determinativa delle condizioni di assoggettamento e di omertà nel territorio di riferimento, l’una e le altre costituenti indefettibili elementi di struttura dell’associazione di stampo mafioso, secondo il paradigma delineato dall’art. 416bis cod. pen.
2.2. Le conformi sentenze di merito si diffondono, con esaustiva motivazione (v. in particolare le pagg. da 12 a 213 della sentenza di primo grado), sulla esistenza del sodalizio COGNOME–COGNOME, dal nome dei promotori e dirigenti NOME COGNOME e NOME COGNOME, operante nella provincia di Potenza e con proiezioni in quella materana e nell’intero territorio nazionale.
Viene tratteggiato un gruppo criminale, avente una struttura organizzativa definita, con una base logistica e ripartizione di compiti tra gli affiliati, i quali erano sostenuti con rimesse economiche rivenienti dalla cassa comune quando erano detenuti.
Un gruppo, avente la disponibilità di armi e munizionamenti, dedito a commettere una serie indeterminata di delitti soprattutto di natura estorsiva ai danni di imprese aggiudicatarie di appalti pubblici, che si Ł infiltrato nella provincia potentina in vari comparti economici, che praticava il prestito usurario, con le connesse attività di illecito recupero dei crediti, nonchØ il narcotraffico, anche per quantità consistenti di stupefacenti.
Gli episodi riassunti nei dieci punti nella sentenza di primo grado, su cui si appuntano le censure difensive, sono prospettati, con argomentazioni plausibili e del tutto razionali, come estrinsecazione della vis intimidatrice promanante dal sodalizio, laddove le contrarie deduzioni difensive, di tenore meramente confutativo, si limitano a sollecitarne un differente apprezzamento, oltre i limiti connaturati al giudizio di legittimità.
Si tratta di fatti che attengono a diversi ambiti: dalle scommesse legate al gioco del calcio; al recupero forzoso di crediti; alla gestione degli apparecchi videopoker; alle truffe finalizzate all’ottenimento di prestiti e finanziamenti e si sostanziano in condotte intimidatorie o in aggressioni fisiche da ascriversi al gruppo, spesso attuate con l’uso di armi, anche rivolte a testimoni e parti civili di procedimenti giudiziari, per indurli a ritrattare o a revocare la costituzione di parte civile nei confronti di esponenti del sodalizio.
«Plateali ostentazioni pubbliche della mafiosità», tali da non lasciare residuare dubbi sulla riferibilità alla consorteria di una connotazione mafiosa, sono stati ritenuti, piø in dettaglio: il prelevamento di persone da ‘assoggettare’ alla pretese dell’organizzazione, che erano portate al cospetto dell’apicale COGNOME, presso la centrale operativa dallo stesso gestita; l’invio di ‘pizzini’ minatori recapitati dai vertici del sodalizio, quando erano ristretti in carcere, mediante intermediari; il ricorso ad agguati con l’uso di armi, successivamente rivendicati come promananti dal collettivo e non dal singolo suo esponente.
Le deduzioni difensive tendono, poi, a parcellizzare e sminuire le dichiarazioni di NOME
COGNOME, collaboratore di giustizia, il quale, da un osservatorio privilegiato in quanto già in possesso della ‘formula di affiliazione’ e figlio del capo della consorteria, ha fornito un resoconto dettagliato di alcuni delitti commessi, riferendo dei rapporti dei sodali con le associazioni fuori regione, tra le quali Grande Aracri, articolazione della ‘ndrangheta calabrese, grazie alla quale il gruppo potentino aveva potuto inserirsi nel mercato degli stupefacenti, realizzare estorsioni e rilevare, al fine di trarne profitto, società in stato di decozione.
Tali legami extraterritoriali con una mafia storica, emersi anche dal propalato dei collaboratori COGNOME, COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME, corroborano ancor piø, in capo alla associazione sub 1), la sussistenza dei requisiti – forza intimidatrice e potere di assoggettamento – tipici della metodologia mafiosa.
L’episodio di cui al capo 24) in danno di NOME COGNOME, quale esempio di risoluzione di conflitti privati per vie ‘paragiurisdizionali’, Ł sicuramente emblematico al riguardo.
Conclusivamente, l’esistenza del sodalizio mafioso COGNOME–COGNOME, avente connotazioni mafiose innovative rispetto a quelle dell’aggregazione criminale oggetto delle precedenti pronunce irrevocabili, Ł stata motivata alla stregua di plurimi elementi, dai quali si desume altresì la stretta interdipendenza con le cosche calabresi.
2.2. Tali i dati fattuali acquisiti, non può fondatamente disconoscersi la ricorrenza di indicatori significativi di una vis intimidatrice diffusa promanante dal sodalizio – e non da singoli suoi esponenti – e della correlata capacità di condizionamento del contesto territoriale di riferimento.
Come già evidenziato da questa Corte, ove una nuova formazione di tipo criminale ponga in essere attività dirette ad esigere dagli operatori commerciali operanti in un determinato territorio forme di pagamento di somme di denaro a titolo di “pizzo” per permettere la prosecuzione pacifica delle attività, avendo posto in essere azioni inequivocabilmente dirette ad esercitare il controllo delle attività economiche ed a conseguire vantaggi ingiusti, tale entità viene ad assumere natura essenzialmente mafiosa, proprio perchØ il potere intimidatorio Ł stato diretto ad assicurarsi uno degli scopi tipici richiamati dallo stesso terzo comma dell’art. 416bis cod. pen. (Sez. 2, n. 24901 del 17/05/2024, COGNOME, Rv. 286689 – 01, in motivazione).
Del resto, il reato previsto dall’art.416bis cod. pen. Ł configurabile anche in relazione ad organizzazioni diverse dalle mafie cosiddette “tradizionali”, in particolare nei confronti di sodalizi costituiti da un ridotto numero di partecipanti, che tuttavia impieghino il metodo mafioso per ingenerare, sia pur in un ambito territoriale circoscritto, condizioni di assoggettamento ed omertà diffuse (Sez. 6, 57896 del 26/10/2017, Fasciani, Rv. 271724 01); le “nuove” associazioni possono, poi, rientrare nella previsione dell’art.416bis cod. pen. qualora presentino le caratteristiche tipiche delle “mafie storiche”, sia pur dando luogo ad una riproduzione del fenomeno in scala ridotta.
Si Ł condivisibilmente affermato che si ascrive alla fenomenologia mafiosa anche il c.d. “gruppo mafioso a soggettività differente”, ossia il sodalizio composto – come nella vicenda in esame, con riferimento alle persone di COGNOME e COGNOME – da soggetto già condannato, in via definitiva, per la partecipazione ad una determinata associazione di tipo mafioso che, scontata la pena, abbia ripreso le attività delittuose, e da altri individui, originariamente estranei a fattispecie associative di tal genere, che si siano aggregati al pregiudicato mafioso, intraprendendo, insieme a quest’ultimo, attività criminali diffuse sul territorio (Sez. 2, n. 24901 del 17/05/2024, De Cotiis, Rv. 286689 – 01).
La costituzione di un gruppo formalmente nuovo all’interno di un territorio già controllato
da cosche mafiose non vale, invero, ad escludere la configurabilità del reato associativo allorchØ il nuovo sodalizio riproduca struttura e finalità criminali del “clan” storico, realizzi la stessa tipologia di reati, sfruttando la notorietà del primo per mantenere lo stato di assoggettamento intimidatorio nella popolazione del territorio di pertinenza, in modo da far percepire una sorta di continuità tra le azioni del gruppo originario e le proprie (Sez. 2, n. 20926 del 13/05/2020, COGNOME, Rv. 279477 – 01).
Conclusivamente, non Ł dato affermare – come risulta congruamente argomentato in sentenza, alla luce di quanto precede – che il ruolo da protagonista assunto da COGNOME, del tutto coerente con il ruolo di vertice della consorteria, denoti la riconducibilità della forza intimidatrice esclusivamente alla sua persona.
2.3. Il terzo motivo del ricorso COGNOME e il corrispondente secondo motivo del ricorso COGNOME sono infondati.
I Giudici del merito hanno negato il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati con la sentenza impugnata e quelli di cui alla sentenza del Giudice dell’udienza preliminare di Melfi in data 9 febbraio 1993 sulla base di una motivazione stringata, ma lineare e plausibile. Viene ribadita la diversità ontologica fra i due sodalizi criminali dei quali la difesa ha rivendicato – a questi soli fini – la continuità, senza fornire elementi diretti a suffragare tale richiesta. Ciò per la diversità delle compagini, dei vertici e degli ambiti operativi spazio-temporali, posto che l’intervenuto giudicato di condanna si riferisce alla partecipazione di Pace e Quaratino ad una associazione facente capo a NOME COGNOME e NOME COGNOME, operante nel solo territorio di Melfi dal 1991.
Alla luce di tale discontinuità, si Ł ragionevolmente ritenuto essere intervenuta una sorta di osmosi tra le compagini delle due associazioni, quanto ai partecipi, che tuttavia non depone per la unicità del loro momento ideativo, che costituisce il presupposto della medesimezza del disegno criminoso.
D’altra parte, non sono stati addotti dalla difesa specifici elementi a sostegno della continuità tra i due organismi.
3. Ricorso Pace
Il secondo motivo del ricorso Ł reiterativo e aspecifico.
Gli elementi che hanno indotto a ritenere la affiliazione di COGNOME non si esauriscono nella partecipazione all’episodio di estorsione tentata pluriaggravatadi cui al capo 24) e sono analiticamente illustrati nella sentenza impugnata. Attengono all’interessamento per un recupero forzoso di crediti di 30.000 euro, perorato su sollecitazione di un imprenditore presso il capoclan NOME COGNOME; alla partecipazione alla soluzione di conflitti tra il proprio nipote e il sodale NOME COGNOME al ruolo di referente della consorteria nei confronti di NOME COGNOME; alla cooperazione prestata alle condotteestorsive poste in essere da NOME COGNOME e dagli esponenti del clan in relazione alla sottrazione di mezzi da cantiere (cosiddetti cavalli di ritorno).
Con tale compendio, dimostrativo di un ruolo attivo assunto dal ricorrente nella consorteria, la difesa non si confronta ed anzi ne svilisce la valenza attraverso una indebita atomizzazione e sulla base di rilievi di carattere puramente oppositivo, che sollecitano una alternativa e, in sede di legittimità, non consentita lettura dei fatti.
Per converso Ł stato fatto buon governo del principio in forza del quale, con riferimento al reato di cui all’art. 416bis cod. pen. la mera “contiguità compiacente”, ossia i rapporti di ‘vicinanza’ o ‘contiguità’ del singolo verso un determinato apparato mafioso o verso i partecipi o i capi del gruppo non costituiscono comportamento sufficiente a integrare la condotta di partecipazione all’organizzazione, ove non sia dimostrato che la vicinanza a
soggetti mafiosi si sia tradotta in un vero e proprio contributo, avente effettiva rilevanza causale, alla conservazione o al rafforzamento della consorteria (Sez. 5 n. 12753 del 17/01/2024, Marino; Sez. 6, n. 40746 del 24/06/2016, COGNOME,268325 – 01; Sez. 1, n. 25799 del8/1/2015, COGNOME, Rv. 2639359).
Le pronunce di questa Corte sul tema si allineano alla impostazione delle Sezioni Unite COGNOME, per cui la condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell’agente nella struttura organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua ‘messa a disposizione’ in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, COGNOME, Rv. 281889). Tale arresto, in piena adesione a quanto già avevano ritenuto Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670 – ha dunque ribadito che ‘la condotta di partecipazione Ł riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, piø che uno ” status ” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Ebbene, con riferimento al Pace, sebbene non siano stati acquisiti dati probatori idonei a provare una affiliazionerituale – di per sØ inessenziale, come precisato dalle stesse Sezioni Unite Modaffari – la condotta di partecipazione non si Ł limitata al solo rapporto di prossimità con COGNOME, ma si Ł tradotta in un contributo attivo, causalmente rilevante, alla operatività della consorteria.
L’omessa menzione da parte del collaboratore di giustizia NOME COGNOME delPace nell’organigramma del clan, ha valenza non necessariamente escludente e comunque non scalfisce la pluralità di elementi a carico, così come i fatti non confluiti in specifica contestazione valgono comunque ad inquadrare la sua intraneità al sodalizio.
4. Ricorso Quaratino
4.1. Il primo motivo (seconda parte), relativo alla non integrazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, Ł infondato.
4.1.1. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno radicato il principio per cui tale fattispecie Ł configurabile in capo alla persona che, priva della affectio societatis e non inserita nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisca un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purchØ detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente se ne rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso (Sez. U, n. 22327 del 30/10/2002, dep. 2003, Carnevale, Rv. 224181 – 01).
Nel solco di una interpretazione giurisprudenziale costituzionalmente orientataverso un diritto penale del fatto e non dell’autore, il concorso esterno Ł poi necessariamente ancorato ad un modello «causalmente orientato» che presuppone: a) un requisito negativo, ossia il non inserimento del soggetto nella consorteria; b) un requisito positivo, dato dalla «ricostruzione di una condotta capace di realizzare un incremento tangibile del macroevento rappresentato dalla esistenza e permanenza della associazione» (tra le molte, in epoca recente,Sez. 1, n. 49744 del 07/12/2022, COGNOME, Rv. 283840 – 01, che ha precisato come la verifica, da operare “ex post”, del contributo causale riconducibile alla condotta atipica del concorrente esterno debba essere apprezzata in relazione alle finalità tipiche dell’associazione, prescindendo dalle condizioni di eventuale “fibrillazione” o crisi strutturale che rendono ineludibile l’intervento esterno per la prosecuzione dell’attività; Sez. 6, n. 8674
del 24/01/2014, COGNOME, Rv. 258807 – 01).
Quanto al primo requisito, va puntualizzato che la distinzione tra la condotta di partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno non ha natura meramente quantitativa, ma si collega alla qualità del rapporto tra il singolo e la consorteria, per cui deve essere qualificato come contributo di partecipazione quello del soggetto ‘organico’, cui sia stato attribuito un ruolo nel sodalizio,mentre, al contrario, va qualificato come contributo concorsuale “esterno” quello dell'” extraneus “, sulla cui disponibilità il sodalizio non può contare, che abbia tenuto determinate condotte agevolative, concordate sulla base di autonome determinazioni ( in tal senso, Sez. 2, n. 35185 del 21/09/2020, Cangiano, Rv. 280458 – 02).
In ordine al secondo requisito, deve rammentarsi, in linea con quanto affermato da Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231671 – 01, che l’efficienza causale, rispetto alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo, costituisce elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, di tal che non Ł sufficiente una valutazione ex ante del contributo, risolta in termini di mera probabilità di lesione del bene giuridico protetto, ma Ł necessario un apprezzamento ex post , in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, l’elevata credibilità razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale portata condizionante della condotta atipica del concorrente.
4.1.2. Alle tracciate coordinate interpretative si sono ispirate le sentenze di merito.
La figura del ricorrente Ł delineata alle pagg. 268 e ss. della sentenza di primo grado, alla stregua della attività intercettiva, delle dichiarazioni dei collaboratori NOME COGNOME (intraneo alla ‘ndrina COGNOME, parte della locale di Cinquefondi) e NOME COGNOME.
In plurime occasioni COGNOME metteva a conoscenza i sodali delle attività investigative svolte dalla polizia giudiziaria e, in particolare, del collocamento di microspie; notiziava Pace dell’acquisizione di videoregistrazioni da parte della Guardia di Finanza; impartiva direttive allo stesso COGNOME e a COGNOME su come sottrarsi ai controlli tecnici e su come bonificare telefoni ed auto, anche invitando il primo ad usare un linguaggio criptico e, all’occorrenza, cifrato, per le comunicazioni telefoniche; si adoperava efficacemente per agevolare i contatti tra NOME e COGNOME; intermediava tra i derubati e gli autori dei furti per consentire il recupero della refurtiva con la tecnica del c.d. cavallo di ritorno, venendo informato dei relativi esiti dai sodali; interloquiva di preferenza con NOME, ma spesso facendo riferimento a suoi colloqui con COGNOME; «passava i soldi» alla moglie di quest’ultimo quando lo stesso era detenuto.
Non Ł privo di rilievo che NOME COGNOME abbia inquadrato il ricorrente quale braccio destro di NOME COGNOME – che era in procinto di uscire dal carcere – spiegando che, suo tramite, aveva conosciuto anche NOME COGNOME, boss di Potenza.
La sentenza impugnata (v. pagg. 30 e ss.) ha poi riscontrato tutte le specifiche deduzioni difensive, che tendono, a ben vedere, ad una alternativa ricostruzione delle emergenze istruttorie, in questa sede di legittimità non consentita
¨ dunque identificabile in modo chiaro, alla luce dei materiali cognitivi raccolti, che la ‘contiguità compiacente’ del COGNOME, rispetto ad alcuni dei sodali, si Ł tradotta in un contributo eziologicamente rilevante in termini di rafforzamento e di conservazione del gruppo stesso, secondo una verifica operata ex post.
Pur in mancanza di sufficienti evidenze dimostrative di un organico inserimento del ricorrente nella struttura, egli – già condannato in via definitiva per l’appartenenza al sodalizio criminoso degli anni 1990 – ha assunto iniziative -idonee a tutelare l’organismo sub iudice da
attività investigative potenzialmente pregiudizievoli per la sua esistenza in vita.
4.2. Quanto all’elemento psicologico del reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, deve ribadirsi l’orientamento giurisprudenziale consolidato, per il quale, ai fini della sussistenza del dolo, occorre che l’agente, privo di ” affectio societatis “, ossia della volontà di far parte dell’associazione di stampo mafioso, sia consapevole dell’esistenza della stessa e del contributo causale recato dalla propria condotta alla sua conservazione o al suo rafforzamento; che agisca cioŁ con la volontà di fornire un apporto per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio; mentre deve, al contrario, escludersi la sufficienza del dolo eventuale, inteso come mera accettazione, da parte del concorrente, del rischio del verificarsi, insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti, dell’evento, ritenuto invece solamente probabile o possibile (Sez. 5, n. 26589 del 23/02/2018, V., Rv. 273356 – 01).
Come emerge dal compendio intercettivo, COGNOME era al corrente delle condotte delittuose dell’associazione (in particolare della vicenda COGNOME e delle estorsioni attuate con la tecnica del c.d. cavallo di ritorno), tant’Ł che nel settembre 2020 riferiva a COGNOME dell’esistenza di soffiate e della pressione degli inquirenti, che «stanno guardando»; forniva ai sodali chiare indicazioni per sottrarsi alla pressione investigativa.
Tali elementi ed il precedente specifico, per partecipazione ad associazione mafiosa, comprovano i rapporti di contiguità con il clan e la caratura delinquenziale del ricorrente, tal che alcun dubbio Ł dato insinuare sulla piena consapevolezza dei suoi metodi operativi e dei suoi fini, come diffusamente spiegato nelle sentenze di merito.
4.3. Ulteriore tema posto dal ricorso riguarda la qualificazione giuridica del fatto in addebito, che si assume vada ricondotto nell’alveo applicativo dell’art. 378 cod. pen.
La decisione sul punto assunta dalla Corte di appello Ł corretta, ma alla stessa deve tuttavia pervenirsi sulla base di una motivazione in parte diversa da quella adottata.
I giudici di merito hanno richiamato l’orientamento tradizionale secondo il quale il reato di favoreggiamento personale non sarebbe configurabile in presenza di un reato presupposto di natura permanente, quale Ł l’associazione per delinquere di stampo mafioso, posto che la struttura della norma incriminatrice di cui all’art. 378 cod. pen. richiede che si sia già verificata la cessazione di detto reato, nella specie costituita dallo scioglimento del sodalizio, ricorrendo altrimenti, ed in via alternativa, la condotta di partecipazione ex art. 416bis cod. pen. o il concorso esterno ex artt. 110, 416bis cod. pen., a seconda che risulti o meno dimostrato lo stabile inserimento del soggetto nella struttura associativa (Sez. 2, n. 17347 del 26/01/2021, COGNOME, Rv. 281217 – 07, con riferimento a fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto esente da censure la condanna per concorso esterno con riferimento alla condotta costante di bonifica dei luoghi da eventuali microspie, prestata a favore del capo dell’associazione, ancora in essere, ritenuta indicativa di una disponibilità qualificata a vantaggio del sodalizio).
Ritiene di contro il Collegio che meriti condivisione il piø recente indirizzo interpretativo, per cui Ł possibile prospettare il delitto di favoreggiamento personale con riguardo ad un’associazione per delinquere la cui permanenza sia in atto, sempre che il reato presupposto abbia raggiunto una soglia minima di rilevanza penale (Sez. 6, n. 33753 del 25/05/2023, Bulla, Rv. 285152 – 01).
Si Ł precisato, secondo tale linea ricostruttiva, che la distinzione tra i reati poggia essenzialmente sull’elemento soggettivo-finalistico della condotta: Ł configurabile il delitto di favoreggiamento personale in corso di consumazione del delitto associativo di cui all’art. 416 -bis cod. pen., nel caso in cui la condotta dell’agente sia sorretta dall’intenzione di aiutare
il partecipe ad eludere le investigazioni dell’autorità e non dalla volontà di prendere parte, con “animus socii”, all’azione criminosa (Sez. 1, n. 48560 del 04/07/2023, COGNOME, Rv. 285461 – 01, fattispecie in cui si Ł ritenuto sussistente il delitto di favoreggiamento personale a fronte di una condotta consistita nel recupero e nella consegna di una microspia in favore di partecipe a una consorteria mafiosa). In tale linea ricostruttiva si collocano gli arresti per i quali (Sez. 1, n. 33243 del 07/05/2013, COGNOME, Rv. 256987 – 01) il delitto di partecipazione ad associazione mafiosa si distingue da quello di favoreggiamento, in quanto, nel primo, il soggetto interagisce organicamente e sistematicamente con gli associati, quale elemento della struttura organizzativa del sodalizio criminoso, anche al fine di depistare le indagini di polizia volte a reprimere l’attività dell’associazione o a perseguirne i partecipi, mentre nel secondo egli si limita ad aiutare in maniera episodica un associato, resosi autore di reati rientranti o meno nell’attività prevista dal vincolo associativo, ad eludere le investigazioni della polizia o a sottrarsi alle ricerche di questa.
Ne segue che, pur essendo astrattamente ipotizzabile una condotta favoreggiatrice nei confronti dei sodali diuna associazione per delinquere ancora operativa, nondimeno nella specie il ricorrente non si Ł limitato a prestare occasionalmente ausilio ad uno o piø affiliati, resisi autori di reati rientranti o meno nell’attività prevista dal vincolo associativo, ad eludere le investigazioni della polizia o a sottrarsi alle ricerche di questa, come richiesto dalla fattispecie incriminatrice del favoreggiamento, ma ha offerto il proprio apporto – a piø riprese – anche, ma non solo, al fine di depistare le indagini di polizia volte a reprimere l’attività dell’associazione o a perseguirne i partecipi, condividendone pienamente le logiche.
L’azione di COGNOME si Ł all’evidenza protratta nel tempo e ha supportato l’attività associativa sotto plurimi profili.
Al di là delle condotte rivelatrici ed ai suggerimenti/istruzioni agli affiliati per consentire loro di eludere i controlli di polizia, Ł ampiamente significativo il ruolo di raccordo che egli ha assunto con i calabresi, come pure il sostentamento economico offerto alla moglie di COGNOME quando questo era detenuto; sicchØ, pur in assenza di sufficienti elementi significativi di intraneità, correttamente i Giudici di merito hanno ravvisato in tali apporti, eziologicamente idonei a preservare l’associazione, gli estremi del concorso esterno, piuttosto che del favoreggiamento personale.
5. Al rigetto dei ricorsi, che discende da tutto quanto precede, consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 23/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME