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Concorso esterno: la Cassazione sulla presunzione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, confermando la custodia cautelare in carcere. La sentenza chiarisce che, pur non applicandosi la presunzione assoluta di adeguatezza del carcere, permane una presunzione relativa sulle esigenze cautelari. Spetta alla difesa fornire prove concrete per superare tale presunzione, dimostrando l’assenza del pericolo di reiterazione del reato. La Corte ha inoltre respinto la censura sulla mancanza di autonoma valutazione da parte del giudice del riesame, ritenendola generica.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso esterno: la Cassazione sulla presunzione cautelare

Una recente sentenza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale della procedura penale: l’applicazione delle misure cautelari per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. La pronuncia offre importanti chiarimenti sulla cosiddetta ‘doppia presunzione’ di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p., delineando i confini dell’onere probatorio a carico della difesa. Analizziamo i dettagli del caso e le conclusioni dei giudici di legittimità.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Napoli nei confronti di un soggetto indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e per reati finanziari aggravati dal metodo mafioso. Secondo l’accusa, l’indagato fungeva da custode e gestore dei capitali di un noto clan camorristico, tenendone la contabilità per conto dei vertici dell’organizzazione.

Le indagini, basate su attività di osservazione e intercettazioni, avevano fatto emergere un grave quadro indiziario. L’indagato avrebbe partecipato a riunioni riservate per la ‘verifica’ della contabilità del clan e avrebbe gestito la consegna di ingenti somme di denaro ai capi dell’organizzazione. Tali flussi finanziari venivano mascherati attraverso una società di costruzioni, formalmente intestata ai figli dell’indagato, utilizzando escamotage contabili come il pagamento per la ristrutturazione di un appartamento di proprietà di uno dei boss o per le spese del matrimonio della figlia.

Il Tribunale del riesame confermava la misura cautelare, ritenendo sussistenti sia i gravi indizi di colpevolezza sia le esigenze cautelari, in particolare il pericolo di reiterazione del reato, data la professionalità dimostrata e la fitta rete di conoscenze a disposizione.

La Decisione della Corte di Cassazione e il concorso esterno

L’indagato proponeva ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi: la nullità dell’ordinanza per mancata autonoma valutazione da parte del giudice e l’erronea applicazione della presunzione di adeguatezza della custodia in carcere. La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti precisazioni su entrambi i punti.

Primo Motivo: La Mancanza di Autonoma Valutazione

La difesa sosteneva che il giudice del riesame non avesse compiuto una valutazione autonoma degli elementi, limitandosi a riprendere le argomentazioni del GIP. La Cassazione ha ritenuto questa censura generica e infondata. I giudici hanno ribadito il principio secondo cui chi denuncia tale vizio ha l’onere di indicare specificamente quali aspetti, se valutati autonomamente, avrebbero portato a una conclusione diversa. Inoltre, la Corte ha chiarito che ‘valutazione autonoma’ non significa ‘edizione originale’. Un giudice può legittimamente richiamare atti o provvedimenti precedenti, anche con la tecnica della redazione ‘per incorporazione’, a condizione che dal provvedimento emerga una reale conoscenza degli atti e una rielaborazione critica degli elementi.

Secondo Motivo: La Presunzione Cautelare nel Concorso Esterno

Questo è il punto giuridicamente più rilevante della decisione. La difesa sosteneva che la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere non fosse estensibile al concorso esterno in associazione mafiosa. La Cassazione, pur condividendo in parte la premessa, è giunta a una conclusione diversa.

Richiamando un proprio precedente (sent. Fiore, n. 10946/2021), la Corte ha confermato che per il concorso esterno è esclusa la presunzione assoluta di adeguatezza della sola misura carceraria. Tuttavia, ciò non elimina la presunzione relativa circa la sussistenza delle esigenze cautelari. In altre parole, per questo reato si presume ancora che esista un pericolo concreto (di fuga, inquinamento probatorio o reiterazione), ma il parametro per vincere tale presunzione è meno severo rispetto a quello previsto per i membri interni al clan.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su una distinzione sottile ma fondamentale. La regola della ‘doppia presunzione’ (presunzione di esigenze cautelari e presunzione di adeguatezza del carcere) viene attenuata per il concorrente esterno. Cade la seconda presunzione, quella relativa all’adeguatezza del carcere, ma rimane in piedi la prima, quella sull’esistenza delle esigenze cautelari. Di conseguenza, spetta alla difesa l’onere di fornire elementi di prova concreti e specifici idonei a dimostrare l’assenza di un pericolo di recidiva. Nel caso di specie, il Tribunale aveva correttamente evidenziato la professionalità dell’indagato nelle operazioni finanziarie e la sua rete di contatti, elementi che fondavano un concreto pericolo di reiterazione. La difesa non aveva offerto elementi sufficienti a superare questa presunzione relativa, rendendo legittima la conferma della custodia in carcere.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di reati connessi alla criminalità organizzata. Le conclusioni pratiche sono significative: chi è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa non può beneficiare della stessa presunzione ‘assoluta’ applicata agli affiliati, ma è comunque gravato da una presunzione relativa di pericolosità sociale. Per ottenere una misura meno afflittiva del carcere, la difesa deve attivarsi per fornire al giudice elementi specifici e convincenti che dimostrino l’assenza del rischio di reiterazione del contributo alla consorteria criminale. La pronuncia, quindi, bilancia le garanzie individuali con le esigenze di prevenzione, ponendo un onere probatorio qualificato in capo all’indagato.

Cosa si intende per ‘autonoma valutazione’ del giudice nelle misure cautelari?
Significa che il giudice deve esaminare criticamente gli elementi del procedimento e non può limitarsi a copiare le conclusioni di altri (es. del pubblico ministero o del GIP). Tuttavia, può richiamare altri atti, a condizione che dal suo provvedimento emerga una reale conoscenza e una rielaborazione critica dei fatti e delle questioni giuridiche.

La presunzione di custodia in carcere si applica al reato di concorso esterno in associazione mafiosa?
In parte. La sentenza chiarisce che non si applica la presunzione assoluta di adeguatezza della sola custodia in carcere. Tuttavia, rimane una presunzione relativa sull’esistenza delle esigenze cautelari (come il pericolo di reiterazione del reato). Ciò significa che si presume la pericolosità, ma la difesa può provare il contrario.

A chi spetta l’onere di provare l’assenza di esigenze cautelari in un caso di concorso esterno?
L’onere spetta alla difesa. Poiché opera una presunzione relativa di pericolosità, l’indagato deve fornire al giudice elementi di prova concreti e specifici che siano in grado di dimostrare l’assenza del pericolo di reiterazione del suo contributo all’associazione criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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