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Concorso esterno: la Cassazione e la prevedibilità

La Corte di Cassazione si è pronunciata sui ricorsi di tre imputati condannati per reati di mafia, tra cui partecipazione e concorso esterno in associazione mafiosa. Due ricorsi sono stati dichiarati inammissibili per vizi di merito. Il terzo è stato rigettato, con la Corte che ha ribadito i criteri per la configurabilità del concorso esterno, affermando che il contributo, anche se occasionale, deve avere un’effettiva rilevanza causale per la conservazione o il rafforzamento del clan. La Corte ha inoltre escluso la violazione del principio di prevedibilità della legge penale, ritenendo la fattispecie sufficientemente definita dalla giurisprudenza.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso Esterno in Associazione Mafiosa: la Cassazione conferma i principi di prevedibilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla complessa figura del concorso esterno in associazione mafiosa, affrontando anche i reati satellite come il trasferimento fraudolento di valori e l’estorsione. La Corte, nel decidere sui ricorsi di tre imputati, ha colto l’occasione per consolidare l’orientamento giurisprudenziale sulla natura del contributo esterno al sodalizio criminale e sulla compatibilità della fattispecie con i principi europei.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’articolata indagine su una storica cosca mafiosa radicata a Catania. Tre individui sono stati condannati in appello per diversi reati.

Due di essi sono stati riconosciuti come partecipi a pieno titolo dell’associazione, con uno dei due, un anziano imprenditore, che svolgeva il ruolo di garante e liquidatore di investimenti finanziari storici dei vertici del clan, occupandosi anche di intimidazioni e trasferimenti fittizi di società. Il secondo, invece, era coinvolto in attività estorsive, agendo per conto del clan.

Il terzo imputato, un professionista, è stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il suo contributo, secondo i giudici di merito, consisteva nell’aver messo a disposizione i propri locali per incontri riservati tra i boss e nell’aver offerto la sua opera di geometra e mediatore per favorire operazioni immobiliari a vantaggio di esponenti di vertice del clan.

I Ricorsi in Cassazione

Contro la sentenza della Corte d’Appello, i tre imputati hanno proposto ricorso in Cassazione.

I due imputati condannati per partecipazione diretta al clan hanno sollevato motivi prevalentemente di merito, contestando la valutazione delle prove (intercettazioni, dichiarazioni di collaboratori di giustizia) e la ricostruzione dei fatti operata dai giudici. Hanno inoltre eccepito vizi di motivazione riguardo alla sussistenza delle aggravanti e alla confisca dei beni.

Il professionista condannato per concorso esterno in associazione mafiosa ha invece articolato difese più complesse. Ha sostenuto che il suo contributo non fosse penalmente rilevante, richiamando la superata teoria della “fibrillazione dell’associazione”, secondo cui l’aiuto esterno sarebbe punibile solo in momenti di crisi del clan. Soprattutto, ha invocato la violazione del principio di prevedibilità della legge penale (art. 7 Convenzione EDU), sostenendo che la fattispecie di concorso esterno fosse troppo indeterminata e frutto di un’evoluzione giurisprudenziale non prevedibile al momento dei fatti contestati.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi dei due partecipi al clan, ritenendo che le loro censure si risolvessero in una richiesta di nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica e coerente.

Di particolare interesse è la parte della sentenza che rigetta il ricorso del concorrente esterno. La Corte ha affrontato punto per punto le sue doglianze.

Il Superamento della Teoria della ‘Fibrillazione’

Gli Ermellini hanno ribadito che la giurisprudenza ha da tempo abbandonato la teoria della “fibrillazione” (risalente alla sentenza Demitry del 1994). L’orientamento consolidato (a partire dalla sentenza Mannino del 2005) stabilisce che ciò che rileva è l’individuazione di un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario che abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione. Non è necessario che il clan sia in difficoltà; è sufficiente che l’apporto dell’esterno sia funzionale alla vita e agli scopi del sodalizio, indipendentemente dal fatto che sia occasionale o continuativo.

La Prevedibilità del Concorso Esterno in Associazione Mafiosa

Il punto centrale della motivazione riguarda il principio di prevedibilità. La Corte ha respinto la tesi difensiva, affermando che la figura del concorso esterno in associazione mafiosa non viola l’art. 7 della Convenzione EDU. I giudici hanno spiegato che, a differenza di altri ordinamenti, il sistema penale italiano si basa su una clausola generale di concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.). Questa norma si combina con le singole fattispecie incriminatrici, come quella di associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.), estendendone la punibilità a chiunque contribuisca causalmente alla sua realizzazione, pur senza essere un membro interno.

La Corte ha specificato che l’evoluzione giurisprudenziale ha semplicemente delineato con maggiore precisione i contorni di una figura già insita nel sistema, rispettando i principi di legalità e tassatività. Le condotte ascritte al professionista (offrire luoghi sicuri per summit e consulenza per affari illeciti) sono state considerate pienamente rientranti nel paradigma del concorso esterno, in quanto hanno fornito un contributo tangibile e duraturo (dal 2013 al 2018) agli scopi del clan.

Le Conclusioni

Con questa pronuncia, la Corte di Cassazione consolida ulteriormente i pilastri giuridici del contrasto alla criminalità organizzata. La sentenza riafferma che chiunque, pur non essendo affiliato, fornisca un aiuto concreto e causalmente rilevante a un’associazione mafiosa, risponde di concorso esterno. Viene inoltre sancito con chiarezza che tale fattispecie, frutto della combinazione tra la norma sul concorso di persone e quella sul reato di mafia, è pienamente compatibile con il principio di prevedibilità della legge penale, garantendo così un solido fondamento giuridico alle azioni di contrasto contro le cosiddette “zone grigie” e le collusioni professionali con la mafia.

Cosa si intende per concorso esterno in associazione mafiosa secondo la Cassazione?
Si intende il contributo di una persona non affiliata al clan che, in modo consapevole e volontario, fornisce un apporto concreto e specifico (anche se occasionale) che abbia un’effettiva efficacia causale nel conservare o rafforzare l’associazione mafiosa. Non è necessario che il clan si trovi in un momento di difficoltà.

Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa è sufficientemente prevedibile secondo la legge?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che la fattispecie rispetta il principio di prevedibilità (art. 7 Convenzione EDU). La sua base giuridica si fonda sulla combinazione della norma generale sul concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.) con il reato specifico di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.), un meccanismo consolidato nell’ordinamento italiano.

Quando il reato di trasferimento fraudolento di valori (art. 512-bis c.p.) può essere considerato un reato a condotta plurima o frazionata?
Il reato, pur essendo istantaneo, può assumere natura di fattispecie a condotta plurima quando alla fittizia intestazione originaria seguono successive vicende societarie (es. modifica della compagine sociale, dell’oggetto, trasferimento di sede) che creano una nuova apparenza e consolidano l’assetto fraudolento, spostando in avanti il momento consumativo del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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