Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2076 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2076 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nata in Tunisia il 13/8/1985
avverso la sentenza emessa il 16 gennaio 2024 dalla Corte di Assise di appello di Roma;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale
NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza di primo grado la Corte di Assiste di Roma ha condannato NOME COGNOME per il reato di cui agli artt. 110 e 270-bis (capo A), nel quale è stato ritenuto assorbito il reato di cui agli artt. 270-quinquies e sexies cod. pen. contestato al capo C, nonché del reato di cui agli artt. 414, ultimo comma, e 270-sexies cod. pen. e, ritenuta la continuazione, l’ha condannata alla pena di anni cinque e mesi tre di reclusione.
In sintesi, COGNOME è stata ritenuta responsabile del concorso “esterno” nel reato di partecipazione all’associazione terroristica denominata “RAGIONE_SOCIALE“, nonché dell’istigazione alla commissione di delitti di terrorismo, attuata diffondendo materiale di propaganda dello “Stato islamico”, inneggiando alla jihad, al martirio e all’uso della violenza indiscriminata, con l’aggravante di avere posto in essere tale condotta mediante l’uso di strumenti informatici.
Con la sentenza impugnata la Corte di assise di appello di Roma ha parzialmente riformato in punto di pena la decisione di primo grado, riducendo il trattamento sanzionatorio ad anni tre e mesi sei di reclusione.
3anet COGNOME ricorre per cassazione e, con un unico motivo di ricorso, chiede l’annullamento della sentenza, deducendo la manifesta illogicità della motivazione in relazione al contrasto tra il giudizio di responsabilità quale concorrente esterno dell’associazione e la parte in cui si esclude che la ricorrente fosse un membro operativo dell’ISIS, essendo emerso dall’istruttoria dibattimentale che la stessa non ha mai avuto alcun contatto con i suoi membri.
Nel corpo del motivo, che sostanzialmente attinge il solo capo A dell’imputazione, si censura, inoltre, l’ordinanza di rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale attraverso una perizia finalizzata ad accertare «eventuali tracce dell’accesso forzoso sui device» della ricorrente. Si rileva, a tal fine, che il numero delle applicazioni (4529) e dei contatti (1397) rinvenuti sul suo telefono cellulare sono maggiori di quelli che la ricorrente ricordava di avere (50 circa) e che, nonostante la perquisizione a casa della ricorrente sia stata effettuata alle ore 05,30 del 17/12/2020, il suo ultimo accesso su whatsapp risale alle 06,50 dello stesso giorno, quando, ormai, la stessa non aveva più la disponibilità del dispositivo.
Il Procuratore Generale ha depositato una requisitoria in cui, nel concludere per il rigetto del ricorso, ha rilevato che le conclusioni in punto di responsabilità sono conformi alla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite (si richiama Sez. U, COGNOME) ed ha, a tal fine, sottolineato che la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato sulla “riconoscibilità” esterna del contributo fornito dalla ricorrente, che non si è limitata a manifestare la propria adesione alla azione terroristica dell’ISIS, ma ha interagito con soggetti a questa contigui.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato con riferimento alle censure relative alla ritenuta responsabilità della ricorrente quale concorrente esterno dell’associazione terroristica.
2.11 tema che il ricorso pone attiene alla sufficienza o meno, ai fini della configurabilità del concorso esterno nell’associazione di cui all’art. 270-bis cod. pen. o, più in generale, in altro reato associativo, della mera adesione unilaterale del concorrente, che si sia manifestata in un contributo funzionale alla realizzazione delle finalità del sodalizio.
Va, infatti, considerato che i Giudici di merito hanno qualificato la condotta tenuta dalla ricorrente come concorso esterno, anziché come partecipazione, sulla base di due ordini di ragioni.
In primo luogo, si è considerato che dal compendio probatorio non è emersa alcuna prova di suoi rapporti con soggetti certamente intranei all’organizzazione terroristica, elemento, questo, che, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, è necessario ai fini della configurabilità della partecipazione all’associazione di cui all’art. 270-bis cod. pen. (ISIS o analoghe organizzazioni di matrice jihadista che propongono una formula di adesione “aperta”). A tal fine, si richiede, infatti, non solo la volontà del soggetto di aderire e dare il proprio concreto supporto alla realizzazione degli obiettivi del sodalizio, ma anche la consapevolezza, sia pur mediata o indiretta, di tale adesione da parte del gruppo (Sez. 6, n. 5471 del 17/11/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280835; Sez. 6, n. 40438 del 23/2/2018, COGNOME, Rv. 274217). Si è, infatti, affermato che l’accertamento della partecipazione del singolo a tale struttura organizzata, nonostante la sua struttura fortemente disarticolata, non può non implicare la verifica della “bilateralità” della relazione, cioè della volontà del soggetto di aderire e di dare il proprio concreto supporto alla realizzazione degli obbiettivi del
sodalizio, da un lato, e della consapevolezza da parte del gruppo criminale – anche mediata, riflessa e indiretta – di tale adesione e della disponibilità del singolo a realizzare gli scopi terroristici, dall’altro (così, testualmente, Sez. 6, n. 5471 de 2021).
Sotto altro profilo, esclusa la configurabilità della partecipazione della ricorrente all’associazione terroristica, si è giunti a ravvisarne un concorso esterno, facendo applicazione del principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218525, in forza del quale, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro.
Sulla base di tale principio di diritto si è, pertanto, ritenuta sufficiente, ai f della configurabilità del concorso esterno della ricorrente, la sola rilevanza della condotta tenuta rispetto alle finalità dell’associazione, pur non essendovi alcuna prova di una relazione tra COGNOME e i membri del sodalizio.
Ad avviso del Collegio la soluzione adottata dai Giudici di merito non può essere condivisa.
Va, innanzitutto, premesso che il tema della configurabilità del concorso esterno nei reati associativi è stato analizzato e risolto positivamente dalla giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite, con riferimento al reato di associazione di stampo mafioso, ponendo l’accento sul contenuto qualificante il concorso “eventuale” e sulla diversità del ruolo del partecipe rispetto a quello del concorrente esterno.
Si è, infatti, affermato che la condotta di partecipazione all’associazione mafiosa implica la conclusione di un “pactum sceleris” fra il singolo e l’organizzazione criminale, in forza del quale il primo viene a trovarsi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno “status” di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato “prende parte” al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione dell’ente per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670). Di contro, il concorrente esterno è estraneo al vincolo associativo, ma fornisce all’associazione un contributo che, per essere inquadrato nel modello legale del concorso eventuale (art. 110 cod. pen.), deve
essere concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, e, soprattutto, deve essere dotato di effettiva rilevanza causale, configurandosi come condizione necessaria per la conservazione o il rafforzamento delle capacità operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “RAGIONE_SOCIALE“, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazione territoriale), ed essere diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231671; Sez. U, n. 22327 del 30/10/2002, dep.2003, Carnevale, Rv. 224181).
L’efficienza causale del contributo rispetto alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo è stata, dunque, reputata quale elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, da apprezzare, non “ex ante”, in termini di mera probabilità di lesione del bene giuridico protetto, ma “ex post”, alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale” (cfr., da ultimo, Sez. 1, n. 49744 del 7/12/2022, COGNOME, Rv. 283840).
Si è, inoltre, aggiunto che la particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa nei momenti della rappresentazione e della volizione tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica, essendo necessario che l’agente si rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità del suo contributo per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso.
La distinzione tra le due figure è stata inquadrata nei medesimi termini anche dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 48 del 2015 in cui il Giudice delle leggi, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, ha affermato che la differenza tra il partecipante “intraneus” all’associazione mafiosa e il concorrente esterno risiede, nel fatto che il secondo, sotto il profilo oggettivo, non è inserito nella struttura criminale, pur offrendo un apporto causalmente rilevante alla sua conservazione o al suo rafforzamento, e, sotto il profilo soggettivo, è privo dell’«affectio societatis», laddove invece rintraneus” è animato dalla coscienza e volontà di contribuire attivamente alla realizzazione dell’accordo e del programma criminoso in modo stabile e permanente.
Da ultimo, questa Corte ha ulteriormente chiarito che la distinzione tra la condotta di partecipazione ad associazione mafiosa ed il concorso esterno non ha natura meramente quantitativa, ma è collegata alla organicità del rapporto tra il singolo e la consorteria, per cui deve essere qualificato come contributo di partecipazione quello del soggetto cui sia stato attribuito un ruolo nel sodalizio, anche se lo stesso non abbia mai avuto occasione di attivarsi, mentre, al contrario, va
qualificato come contributo concorsuale “esterno” quello dell -extraneus”, sulla cui disponibilità il sodalizio non può contare, che sia stato più volte contattato per tenere determinate condotte agevolative, concordate sulla base di autonome determinazioni (Sez. 2, n. 35185 del 21/9/2020, Cangiano, Rv. 280458-02).
Dall’analisi della giurisprudenza sul tema non emerge, in termini diretti, una risposta alla questione posta dal ricorso.
Va, tuttavia, considerato che le Sezioni Unite, con la sentenza n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231671, hanno chiarito che la configurabilità dell’autonoma fattispecie di concorso eventuale o “esterno” nei reati associativi postula che sussistano tutti i requisiti strutturali che caratterizzano il nucleo centrale del concorso di persone nel reato, ovvero, da un lato, che siano realizzati, nella forma consumata o tentata, tutti gli elementi del fatto tipico di reato descritto dalla norma incriminatrice e, dall’altro lato, che il contributo atipico del concorrente esterno, di natura materiale o morale, diverso ma operante in sinergia con quello dei partecipi interni, abbia una reale efficacia causale, ovvero sia stato condizione necessaria, secondo lo schema della condicío sine qua non proprio delle fattispecie a forma libera e causalmente orientate, per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico protetto.
Sviluppando ulteriormente tale argomento, ritiene il Collegio che, coerentemente con la struttura del reato associativo, ai fini della configurabilità del concorso esterno sono necessari: 1) la realizzazione del fatto tipico e, dunque, l’esistenza di un consorzio di persone, organizzato ed avente, a seconda del tipo di associazione, determinate finalità e modalità operative, come descritto dalla norma incriminatrice; 2) una relazione o, comunque, una interazione tra il sodalizio ed il concorrente nell’ambito della quale il sodalizio si rivolge all’extraneus per lo svolgimento di specifici compiti, alcuni dei quali, per le loro caratteristiche, ne richiedono l’affidamento (anche continuativo) proprio a soggetti non associati (cfr. Sez. 1, n. 49744 del 07/12/2022, COGNOME, Rv. 283840, in motivazione); 3) un contributo cosciente e volontario del concorrente, che esplichi una efficacia causale rispetto alle finalità tipiche dell’associazione.
Il contributo “esterno” deve, dunque, necessariamente inserirsi nel contesto di una relazione bilaterale con il sodalizio criminoso, non potendosi sanzionare a titolo di concorso eventuale delle condotte che, pur rilevanti rispetto all’attuazione del programma criminoso, si risolvono in mere manifestazioni unilaterali di condivisione delle finalità e delle modalità operative del sodalizio. Come affermato dalle Sezioni
Unite con la citata sentenza COGNOME, ciò che conta non è la mera disponibilità dell’extraneus a conferire il contributo richiestogli dall’associazione, bensì l’effettività di tale contributo, e cioè che «a seguito di un impulso proveniente dall’ente criminale il soggetto si è di fatto attivato nel senso indicatogli».
Il concorrente esterno nell’associazione, nazionale o internazionale, sia essa mafiosa, finalizzata al narcotraffico o, come nel caso di specie, al terrorismo, è, dunque, un soggetto che, pur non essendo legato da un rapporto organico al sodalizio, entra in relazione con questo, rispondendo a specifiche esigenze e richieste, funzionali alla realizzazione del programma criminoso, attraverso un contributo che, a seconda dei casi, potrà essere aggiuntivo o di supporto rispetto a quello svolto dagli intranei all’associazione.
In conclusione, dunque, il contributo del concorrente esterno nel reato associativo, al pari di quello del partecipe, non ha una natura monosoggettiva in quanto la realizzazione di una condotta che abbia le caratteristiche sopra specificate non può fondarsi su una mera adesione unilaterale, ma postula una relazione bilaterale con il gruppo criminale nell’ambito della quale il contributo dell’extraneus va a soddisfare una specifica esigenza del sodalizio.
Le considerazioni sopra esposte non si pongono in contrasto, ma integrano, con riferimento alla peculiare categoria dei reati associativi, il principio di diritt affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, COGNOME, Rv. 218525.
Va, infatti, considerato che il caso esaminato dal Supremo Consesso riguardava una fattispecie di concorso nel reato di concussione. Un concorso in reato monosoggettivo, dunque, in relazione al quale le Sezioni Unite si sono limitate a ribadire la non necessità del previo accordo tra i concorrenti, senza aggiungere ulteriori argomentazioni al riguardo né riflessioni in merito alla estensibilità del principio anche al concorso eventuale nei reati associativi, all’epoca già ritenuto configurabile da Sez. U, n. 16 del 05/10/1994, Demitry, Rv. 199386. Va, peraltro, considerato che solo con la successiva sentenza delle Sezioni Unite Carnevale (Sez. U, n. 22327 del 30/10/2002, dep. 2003, in motivazione) è stata definitivamente superata la concezione monosoggettiva della partecipazione all’associazione per delinquere, in particolare di natura mafiosa, ed affermata la natura dei reati associativi quali fattispecie plurisoggettive proprie, sottolineandosi che «l’inclusione di taluno in un’associazione non può dipendere solo dalla volontà di colui che
all’associazione intende aderire, ma richiede anche quella di tutti gli altri associati o di coloro che li rappresentano».
Il principio affermato dalle Sezioni Unite Sormani deve, dunque, essere letto in relazione alla peculiarità della fattispecie di reato esaminata dal Supremo Consesso ed allo stato della evoluzione giurisprudenziale dell’epoca in cui la Corte ebbe a pronunciarsi. Pertanto, per le ragioni appena esposte e la carenza di alcuna argomentazione relativa ai reati associativi, non può essere applicato in modo generalizzato senza considerare gli elementi strutturali della fattispecie tipica.
Tale principio, peraltro, è stato successivamente ribadito dalle Sezioni semplici sempre in relazione a fattispecie in cui si poneva la questione della configurabilità o meno del concorso di persone in reati monosoggettivi. Ed è in relazione a tali categorie di reati che si è esclusa la necessità del previo accordo diretto alla causazione dell’evento, ben potendo il concorso esplicarsi in un intervento di carattere estemporaneo sopravvenuto a sostegno dell’azione altrui, ancora in corso, quand’anche iniziata all’insaputa del correo (cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 28794 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 276820; Sez. 6, n. 1271 del 05/12/2003, dep. 2004, Misuraca, Rv. 228424).
6. A conferma della soluzione ermeneutica qui affermata, va anche considerato che, proprio con riferimento alla molteplicità di condotte oggettivamente funzionali al consolidamento e/o all’operatività di un’associazione con finalità di terrorismo internazionale o di eversione dell’ordine democratico, il legislatore ha materialmente differenziato, attraverso la previsione di autonome fattispecie di reato (artt. 270-ter, 270-quater, 270-quater.1, 270-quinquies e 270-quinquies.1 cod. pen.), le condotte “partecipative”, punite dall’art. 270-bis cod. pen., da tutte le altre condotte (quali, ad esempio, l’assistenza agli associati, l’attività di addestramento o di finanziamento) che, pur correlate alle finalità associative, non rientrano necessariamente in un contesto associativo, ben potendo il soggetto agire (ad esempio, come arruolatore o addestratore) individualmente e, comunque, al di fuori dei casi di vera e propria adesione ad una associazione con finalità di terrorismo.
Anche sotto tale profilo, va, dunque, evidenziato come la soluzione affermata dai Giudici di merito si pone in contrasto con il principio di legalità, sanzionando come concorso esterno nell’associazione di cui all’art. 270-bis cod. pen. delle condotte difformi dalla fattispecie tipica, in quanto connotate da una condotta (per lo più riconducibile alla diffusione di istruzioni sull’uso di materiale esplodente, armi da
fuoco e altro) posta in essere dalla ricorrente uti singulus, al di fuori di qualsiasi provata forma di interazione con il sodalizio.
E’, invece, complessivamente infondata l’ulteriore questione dedotta dalla ricorrente.
La decisione di rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale non appare, infatti, affetta da alcun vizio logico o giuridico. La Corte territoriale, coerentemente con quanto disposto dall’art. 603 cod. proc. pen., ha sottolineato che la richiesta, oltre ad essere intempestiva, in quanto non formulata in alcuna fase del giudizio di primo grado (nel corso del quale la difesa ha acconsentito all’acquisizione di tutti gli atti di indagine), aveva una finalità meramente esplorativa, essendo fondata su una mera ipotesi, priva di alcun riscontro negli atti del processo. Come premesso, si tratta di una decisione che sfugge a censure di illogicità o di illegittimità, dovendosi, al riguardo, ribadire che, nel giudizio di appello, la presunzione di tendenziale completezza del materiale probatorio già raccolto nel contraddittorio di primo grado rende inammissibile la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale che si risolva in una attività “esplorativa” di indagine, finalizzata alla ricerca di prove anche solo eventualmente favorevoli al ricorrente (Sez. 3, n. 47293 del 28/10/2021, Rv. 282633; Sez. 3, n. 42711 del 23/06/2016, Rv. 267974; Sez. 3, n. 23058 del 26/04/2013, Duval, Rv. 256173).
Alla luce di quanto sopra esposto, va disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli artt. 110 e 270-bis cod. pen. perché il fatto non sussiste. In assenza di impugnazione del Pubblico Ministero, deve, inoltre, considerarsi preclusa in questa Sede, ogni diversa valutazione in merito al ritenuto assorbimento del reato di cui all’art. 270-quinquies cod. pen., contestato al capo C, nel concorso esterno nel reato associativo, qui escluso, in quanto ciò comporterebbe una violazione del divieto di reformatio in peius,
Il ricorso va rigettato nel resto e va, infine, disposta la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte di Assise di appello di Roma per la rideterminazione della pena in relazione al residuo reato di cui al capo B).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli artt. 110 e 270-bis cod. pen. perché il fatto non sussiste e rigetta nel resto, disponendo
la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte di Assise di appello di Roma pe la rideterminazione della pena in relazione al residuo reato. Visto l’art 624 cod. pr pen. dichiara irrevocabile la sentenza in ordine alla responsabilità della ricorrente il reato di cui agli artt. 414 ult. comma e 270 sexies cod. pen.
Così deciso il 9 ottobre 2024
Il Consigliere estensore
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