Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 36413 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 36413 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Cessalto il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 20 settembre 2022 della Corte d’appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Reggio Calabria, confermando la condanna pronunciata in primo grado, ha ritenuto NOME COGNOME responsabile del reato di concorso esterno in bancarotta
fraudolenta patrimoniale, per aver distratto un autocarro, una centrale di betonaggio e una pala meccanica, tentando, dopo averli ricevuti da NOME COGNOME, amministratore della società fallita, di spedirli in Afghanistan presentandoli, per l’imbarco, allo scalo marittimo di Trieste.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si compone di tre motivi d’impugnazione.
2.1. Il primo, formulato sotto i profili della violazione di legge e inosservanza di norma processuale, attiene alle modalità attraverso le quali è stato notificato il decreto di citazione in appello.
La difesa deduce di aver inizialmente nominato quale difensore l’AVV_NOTAIO, presso il quale aveva eletto domicilio e di aver affiancato, successivamente, prima della celebrazione dell’udienza preliminare, a quest’ultimo, anche l’AVV_NOTAIO, allegando all’atto di appello nuova nomina fiduciaria con la quale conferiva espressamente incarico al primo per l’impugnazione della sentenza di primo grado. L’atto di appello veniva depositato il 13 dicembre 2013 ed il successivo 27 luglio 2016 l’AVV_NOTAIO decedeva. Tanto, sostiene la difesa, avrebbe imposto di notificare il decreto di citazione non già presso lo studio del codifensore (come in concreto avvenuto, in applicazione della previsione di cui al comma 8-bis dell’art. 157 cod. proc. pen.), ma personalmente all’imputato, secondo le indicazioni degli artt. 157 e 159 del codice di procedura penale.
2.2. Il secondo deduce violazione di legge (in relazione all’art. 216 I. fall.) e connesso vizio di motivazione ed attiene alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato.
Sostiene la difesa che le circostanze evidenziate dalla Corte al più possono dimostrare di come il COGNOME abbia agito con scarsa cautela, ma non certo che lo stesso fosse consapevole dei fini del COGNOME, amministratore della società fallita. Sotto tale profilo, continua la difesa, la circostanza che le fatture di vendit fossero false, in quanto emesse da un soggetto che non era il legittimo proprietario dei beni compravenduti, non è dato sufficiente per ritenere provato che il COGNOME (che non aveva mai avuto rapporti con il COGNOME, ma con il solo COGNOME) sapesse se e quali società fossero allo stesso riconducibili; tanto più che il COGNOME non era l’acquirente dei beni in questione, ma il semplice intermediario nell’operazione commerciale.
2.3. Il terzo deduce violazione di legge (in relazione agli artt. 216 I. fall. e 521 cod. proc. pen.) e connesso vizio di motivazione ed attiene alla sussistenza di un’effettiva condotta di distrazione imputabile al ricorrente. La difesa sostiene, infatti, che l’attività di depauperamento si era già compiutamente realizzata con il
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trasporto dei beni presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per cui il successivo acquisto da parte della società turca, con l’intermediazione del COGNOME, e il successivo tentativo di trasporto all’esterno sarebbe condotte estranee al perimetro normativo delineato dall’art. 216 della legge fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è, complessivamente, infondato.
2. Il primo motivo è infondato.
L’imputato, fin dalle iniziali fasi del procedimento penale, è stato assistito da due difensori, l’AVV_NOTAIO, domiciliatario, e l’AVV_NOTAIO, codifensore, nominato pima della celebrazione dell’udienza preliminare.
AVV_NOTAIO, dopo aver proposto appello, muore e il decreto di citazione a giudizio risulta notificato a mezzo pec (il 13 aprile 2022), ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen., all’AVV_NOTAIO, codifensore di fiducia dell’imputato.
Ciò considerato, il decesso del difensore di fiducia domiciliatario determina, logicamente, un’ipotesi di impossibilità sopravvenuta derivante da una situazione impeditiva non ricollegabile al comportamento del destinatario della notificazione. E, in questi casi, come correttamente rilevato dalla stessa difesa, qualora non risulti dagli atti, né sia altrimenti desumibile, che l’imputato fosse a conoscenza del decesso, non sono applicabili le disposizioni di cui alla prima parte dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., bensì quelle di cui agli artt. 157 e 159 cod. proc. pen. (richiamate nell’ultimo periodo del predetto comma 4 dell’art. 161), non potendosi ritenere che l’imputato sia stato nell’effettiva condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto (Sez. 6, n. 13417 del 08/03/2016, COGNOME, Rv. 266739; Sez. 2, n. 14947 del 11/02/2020, COGNOME, Rv. 278836).
Ma, in concreto, la notifica è avvenuta non già presso il difensore d’ufficio all’uopo nominato dopo il decesso del difensore di fiducia (come nelle fattispecie oggetto delle decisioni richiamate dalla difesa), ma presso l’AVV_NOTAIO, codifensore di fiducia dell’imputato; e il rapporto fiduciario esistente tra le parti, gli obblighi professionali del difensore e l’onere di prendere contatti con quest’ultimo gravante sull’assistito, pur non realizzando una acritica equiparazione della notificazione eseguita presso il difensore a quella da eseguirsi presso il domicilio eletto, costituiscono indizio di effettiva conoscenza dell’atto, imponendo al difensore l’onere di allegazione delle circostanze particolari impeditive di tale conoscenza (Sez. 4, Sentenza n. 2416 del 20/12/2016, dep. 2017, Zucchi, Rv. 268883).
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Il secondo e il terzo motivo, invece, sono indeducibili in quanto si risolvono: a) nella pedissequa reiterazione delle censure già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte territoriale e, quindi, omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838); b) nella prospettazione di una diversa ricostruzione storica dei fatti e rilevanza e attendibilità delle prove, attività preclusa a questa Corte, che non può sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 2 ottobre 2025
Il Ce sigliere este ore