Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9994 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9994 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Catanzaro nei confronti di NOME NOME COGNOME nato a Vibo Valentia il 19/01/1973
avverso l ‘ordinanza del 18/12/2024 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe indicato, il Tribunale di Catanzaro decidendo in sede di rinvio a seguito della sentenza n. 41543 emessa il 9 ottobre 2024 dalla Sez. 5 della Corte di cassazione – sostituiva, in riforma dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Vibo Valentia il 29 novembre 2023, alla misura della
custodia cautelare in carcere quella degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME imputato e condannato all’esito del giudizio di primo grado alla pena di sedici anni di reclusione per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, così derubricata l’originaria contestazione di partecipazione al reato associativo ex art. 416 bis cod. pen.
Ha presentato ricorso il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Catanzaro deducendo:
violazione di legge, in relazione agli artt. 274 e 275 cod. proc. pen., e vizio di motivazione per omissione e per manifesta illogicità, per avere il Tribunale assertivamente ritenuto affievolite le esigenze cautelari del pericolo di reiterazione nel reato e del pericolo di fuga nonostante la sopravvenuta sentenza di condanna alla pena di sedici anni di reclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, perché manifestamente infondato e generico.
Il thema decidendum – a seguito della sentenza rescindente -imponeva al Giudice, in sede di rinvio, di accertare la presenza di elementi ulteriori che potessero giustificare la persistenza delle originarie esigenze cautelari, dovendosi a tal uopo valutare l’avvenu ta ‘riqualif icazione dei fatti e la loro addotta remota datazione’ .
2.1. I Giudici di merito con il provvedimento che si impugna – muovendosi nel perimetro indicato in sede rescindente- hanno ritenuto che la misura inframoenia potesse adeguatamente fronteggiare le residuali esigenze cautelari ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen., in considerazione « dell’orizzonte temporale circoscritto» della condotta criminis e del tempo decorso.
Al cospetto di tale provvedimento, il Pubblico Ministero ricorrente, nel fondare le censure sulla sola pronuncia della sentenza di condanna, seppur ad una pena detentiva elevata e per fatti – reato oggettivamente gravi, non si è tuttavia confrontato nè con le statuizioni della sentenza rescindente né con l’apparato motivazionale, posto a fondamento del provvedimento impugnato e che di quei principi ha fatto corretta applicazione.
E’ il caso poi di rilevare c hea tenore dell’art. 275, comma 1bis , cod. proc. pen.- per stabilire se risulti taluna delle esigenze indicate nell’art. 274, comma 1, lett. b) e c), il Giudice, pur al cospetto di una sopravvenuta sentenza di condanna,
dovrà pur sempre tenere conto ‘anche’ dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti.
La precisazione che l’esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto “anche” dell’esito del procedimento richiede che lo stesso sia ‘combinato’ con altri elementi sintomatici del pericolo di fuga e/o di reiterazione delle condotte criminose.
Pertanto, la pronuncia di una sentenza di condanna in primo grado a pena elevata non può fondare un provvedimento di aggravamento della misura cautelare già in atto in modo automatico, ma solo all’esito di una valutazione congiunta ad altri e preesistenti elementi specificamente sintomatici del pericolo di fuga o di reiterazione del reato (così in motivazione cfr Sez. 6 n. 34691 del 7 luglio 2016, Rv. 267796).
3.1. La prospettazione accusatoria si fonda poi su un’esegesi non compatibile con il testo di cui al comma 3 dell’art. 275 cod. proc. pen. e con i principi fissati nella sentenza della Corte costituzionale n. 48/2015, secondo cui «il concorrente esterno è, per definizione, un soggetto che non fa parte del sodalizio: diversamente, perderebbe tale qualifica, trasformandosi in associato», sicché nei suoi confronti «non è, quindi, in nessun caso ravvisabile quel vincolo di adesione permanente al gruppo criminale che è in grado di legittimare, sul piano “empiricosociologico”, il ricorso in via esclusiva alla misura carceraria».
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso lo 04/03/2025