Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 4519 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 4519 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato il 20/12/1966 a Bocchigliero avverso la sentenza del 10/11/2023 della Corte di appello di Catanzaro;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita’ la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procu generale NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; udito l’avv. NOME COGNOME il quale si è riportato ai motivi di ricorso, rich la documentazione allegata e ha chiesto disporsi l’annullamento della sente impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Catanzaro confermato la sentenza del Tribunale di Crotone del 9 dicembre 2020 con cu NOME COGNOME:
è stato ritenuto responsabile del reato di concorso esterno in associazio tipo mafioso ai sensi degli artt. 110, 416-bis cod. pen. – così riqualificat di partecipazione ad associazione di tipo mafioso di cui al capo 1) e riten esso assorbito il reato di cui all’art. 378 cod. pen. indicato al capo 2) – n reati di cui agli artt. 326 e 328 cod. pen. aggravati ai sensi dell’art. 416pen., contestati ai capi 2) e 3) della rubrica e, esclusa la circostanza ag di cui al comma 6 dell’art. 416-bis cod. pen., riconosciuto il vincol continuazione, è stato condannato alla pena di anni tredici di reclusione;
sono state applicate nei suoi confronti le pene accessorie dell’interdi perpetua dai pubblici uffici e dell’interdizione legale durante l’esecuzione del detentiva;
è stata ordinata la sottoposizione alla misura di sicurezza della libertà per la durata di tre anni, da eseguirsi a pena espiata;
è stata disposta la confisca del denaro in sequestro.
La sentenza impugnata ha confermato l’impianto di quella di primo grado. V sono ricostruite le condotte con cui NOME COGNOME, maresciallo comandante dell Stazione dei carabinieri forestali di Cava di Melis, nel comune di Longobuc favoriva le imprese di NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, ed affi alla ‘ndrina di San Giovanni in Fiore, le quali avevano assunto in agro sila ruolo egemone nel settore del taglio boschivo, dando vita con altre ad un “cart che si assicurava la sistematica aggiudicazione degli appalti, anche con a concorrenza sleale e mediante il ricorso al metodo mafioso, in ciò venendo favo dal locale di Cirò, facente capo a NOME COGNOME, legato alla associazione Fa COGNOME.
Alla cassa comune del sodalizio (c.d. bacinella) le imprese aggiudicata degli appalti riversavano parte dei proventi, lucrando in special modo dai abusivi eseguiti sui medesimi lotti di terreno.
Secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, COGNOME avrebbe effettuato controlli mirati e strumentali nei confronti di imprese esterne al di gestione illecita della cosca cirotana ed avrebbe invece omesso controlli d nei confronti delle imprese del “cartello”, denunciando gli COGNOME quando poteva esimersi dal farlo, o limitandosi a deferirli per meri illeciti amminist
Sono poi state attribuite al ricorrente specifiche condotte di omissio atti di ufficio (capi 2 e 3) ovvero rivelazioni di segreti inerenti all’ufficio
Ha proposto ricorso l’imputato, con atto del proprio difensore, in cui articolati tredici motivi, di seguito sintetizzati conformemente al disposto d 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 238-bis e 192 cod. proc. e vizio di motivazione per avere la sentenza omesso di motivare con riferimen alla esistenza della c.d. “mafia dei boschi”, che è stata ritenuta sulla sco sole dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, sebbene supportate da riscontri estrinseci quanto a: a) l’esistenza del monopolio del boschivo garantito originariamente da NOME COGNOME, caratterizzato da creazione di un “cartello” di imprenditori silani; b) la sistematica turbati gare di appalto da parte dell’impresa degli COGNOME, asseritamente subentra COGNOME; c) il condizionamento che sarebbe stato esercitato dagli stessi COGNOME sugli imprenditori che intendevano operare nel medesimo territorio.
La vicenda processuale degli COGNOME, imputati nel procedimento denominato “Stige”, ma mai destinatari di misure di prevenzione, non si è anco definita con sentenza irrevocabile e, degli imprenditori che farebbero part cartello guidato dai predetti, sono stati assolti, NOME COGNOME dal reato di aff al sodalizio mafioso, NOME COGNOME e NOME COGNOME da due episodi di turbat di gara.
Nessun elemento avvalorativo delle dichiarazioni di COGNOME si desume d quelle dei collaboratori NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME.
2.2. Vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. comma 3, e 238-bis e cod. proc. pen., per avere la sentenza omesso di motiva in relazione alle censure mosse dalla difesa alle dichiarazioni di NOME COGNOME il quale ha in altri giudizi accusato persone che sono state prosciolte genericità delle sue dichiarazioni, quali NOME COGNOME dal reato associa ex art. 416 bis cod. pen. e NOME COGNOME, a sua volta indicato come partecip sistema monopolistico nel settore boschivo.
Anche il meccanismo di computo della percentuale che gli imprenditori avrebbero dovuto versare alla cassa del clan (c.d. bacinella) denota la s credibilità intrinseca del propalante, posto che, detratti tali versamen sarebbero residuati, per le imprese, margini di profitto sufficienti a coprire
2.3. Violazione di legge ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen. e vizi motivazione, per avere la sentenza omesso di motivare in relazione al contest giudizio di attendibilità di NOME COGNOME quanto alla responsabilità di NOME COGNOME con riguardo ai seguenti profili del suo narrato: a) la limitate patrimonio conoscitivo di COGNOME tratto in arresto nel 2011 e la tardivi chiamata nei confronti del ricorrente, risalente al 2017 e, peraltro, di successiva alla redazione del verbale illustrativo dei contenuti della collabora b) l’erroneo riconoscimento fotografico del ricorrente da parte del collabora peraltro indotto da una domanda suggestiva del Pubblico Ministero; l’attribuzione al ricorrente di un nomignolo (“Carrninuzzo”) con cui lo stesso
era mai stato appellato; d) la mancata indicazione nominativa, da parte collaboratore, dei comandanti delle altre stazioni dei Carabinieri Forestali, COGNOME avrebbe esercitato pressioni, al fine di indurli a non effettuare contro tagli abusivi; e) la mancanza di captazioni che attestino condotte crimin benché COGNOME sia stato a lungo sottoposto ad attività intercettiva, nonché di s di osservazione significativi al riguardo.
2.4. Violazione di legge ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen. e vizio motivazione, per avere la Corte omesso di motivare in relazione al censura giudizio di attendibilità estrinseca di NOME COGNOME quanto alla responsa di NOME COGNOME
Non offrirebbe alcun riscontro oggettivo alle accuse di COGNOME rinvenimento, nel 2018, presso l’abitazione di NOME COGNOME, zia del ricorrente danaro in contanti che è stato sottoposto a confisca, mancando ogni nesso derivazione di tali importi da condotte risalenti ad otto anni prima, men conversazioni telefoniche che avrebbero supportato, secondo i Giudici di merito, narrato del collaboratore quanto ai rapporti tra COGNOME e gli COGNOME sono individualizzanti, ovvero di tenore equivoco o si riferiscono alle indagini NOME COGNOME stava conducendo su una dipendente della Regione Calabria, NOME COGNOME arrestata per il reato di induzione indebita di cui all’a quater cod. pen., vicenda in relazione alla quale NOME COGNOME aveva assunt il ruolo di confidente.
2.5. Violazione di legge ex art. 192, comma 3, cod. proc. pen. e vizi motivazione, per avere la sentenza omesso di motivare o illogicamente motivato ai fini del giudizio di attendibilità intrinseca di NOME COGNOME in o rapporti di Greco con gli imprenditori COGNOME, COGNOME e COGNOME, rite legati al cartello degli COGNOME, dediti al taglio abusivo, dei quali i primi stati assolti dal reato associativo e dai reati fine con sentenza irrevocabile
In ogni caso, la Corte di merito non ha tenuto conto dei risco all’informativa, redatti dai Carabinieri del ROS, depositati in allegato memoria prodotta in data 15 giugno 2023, richiamati nei motivi aggiunti alleg al ricorso, da cui risulta che i controlli nei confronti di COGNOME riten forma”, erano mere attività amministrative di pre-collaudo dei lavori di t boschivo appaltati dal Comune di Longobucco, delegate alla sua Stazione e h inopinatamente svalutato le segnalazioni a carico degli imprenditori per i abusivi.
Analoghe omissioni motivazionali si registrano: a) quanto ai rapporti COGNOME e l’imprenditore COGNOME, pure destinatario di attività di precoll comunque estraneo al sodalizio “mafia dei boschi”; b) quanto ai rapporti tra Gr
e l’imprenditore COGNOME che era peraltro munito di regolare autorizzazion taglio.
2.6. Vizi di motivazione e violazione di legge processuale ex art. 192, comm 3, cod. proc. pen., per avere la sentenza omesso di motivare o illogicame motivato, ai fini del giudizio di attendibilità estrinseca di NOME COGNOME ordine ai rapporti di Greco con imprenditori legati agli RAGIONE_SOCIALE. Violazion legge con riguardo alla ordinanza della Corte di appello del 14 marzo 2023.
I rapporti di COGNOME con gli COGNOME, ritenuti in sentenza consolida risalenti al 2011, riguardano solo i fratelli NOME e NOME e sono e dall’attività tecnica solo a partire dalla fine dell’anno 2017, be intercettazioni fossero state avviate nel 2013, mentre non consta che NOME ab mai conosciuto NOME COGNOME.
Tra le attività di favoreggiamento indiretto reso agli COGNOME, inconfere è la vicenda di NOME COGNOME (rivoltasi a una impresa estranea al “cartello”), che il colloquio valorizzato dalla Corte di appello è intercorso tra il med COGNOME – estraneo alla indagine “Stige” – e COGNOME.
La Corte ha disatteso la richiesta di rinnovazione della istrut dibattimentale, con riguardo all’esame dei soggetti assunti in sede di investiga difensive, avendo erroneamente ritenuto che i loro nominativi fossero già inse nella lista testi della difesa e che la sopravvenuta rinuncia alla loro audizio dibattimento di primo grado, fosse indicativa della superfluità della testimonianza.
2.7. Violazione di legge processuale in relazione all’art. 192, comma 3, c proc. pen. e vizi di motivazione per avere la sentenza omesso di motivar illogicamente motivato, ai fini del giudizio di attendibilità estrinseca di NOME COGNOME, in ordine ai rapporti di Greco con gli COGNOME.
Le vicende relative ai terreni COGNOME, COGNOME e COGNOME sono state sbrigativamente liquidate dalla Corte, che le ha ritenute integrative de di cui ai capi b) e c), a fronte di una serie di rilievi evidenziati nei motivi in cui la difesa si era doluta del travisamento in cui era incorso il primo Giu
2.8. Violazione di legge ex artt. 110 e 416-bis cod. pen. ed omes motivazione in ordine alla integrazione del reato di concorso esterno associazione mafiosa.
I fatti riferiti da COGNOME sono anteriori al 2011 – epoca a partire dall è contestata la condotta riqualificata in sentenza nel reato di concorso ester art. 416-bis cod. pen. – ed inconferenti sono gli episodi risalenti al 2017, per i rilievi formulati sub paragrafo 2.7.
Il collaboratore non ha espresso un contributo dotato di rilevanza caus rispetto alla conservazione del sodalizio di Belvedere COGNOME, facente ca COGNOME, mentre gli COGNOME erano solo collusi con tale gruppo.
I fatti oggetto dei capi 2) e 3) non hanno alcuna rilevanza dimostrativ quanto la vicenda in località Li Russi non concerne neppure un taglio abusivo neppure può essere enfatizzato il contributo agevolativo di Greco al taglio abu di 15.000 piante in località Macchia Di Pietro – pur se effettivamente riferibi COGNOME – in quanto il ricorrente risulta essere intervenuto in loco un solo giorno.
La Corte non ha tuttavia vagliato i motivi aggiunti con riguardo a: – le dichiarazioni accusatorie di COGNOME – a sua volta indagato per il reato all’art. 328 cod. pen. – valorizzate dalla Corte di merito, senza consider attestati di encomio rilasciati al ricorrente per le ordinarie attività di pre e repressione dei reati;
la deposizione del brigadiere COGNOME enfatizzata dai Giudici di merito s considerare le annotazioni di servizio dimostrative della regolarità delle a ispettive compiute dal ricorrente (par. n. 12 dei motivi aggiunti)
2.9. GLYPH Violazione di legge ex artt. 110 e 416-bis cod. pen., e vizi motivazione, per avere la Corte omesso di motivare o apparentemente motivato in ordine all’elemento psicologico del reato di concorso esterno in associaz mafiosa.
Quand’anche avesse adiuvato gli COGNOME, COGNOME non era a conoscenza del patto criminale stretto da costoro con le imprese del preteso cartello fa dalla mafia cirotana, né poteva esserlo per il suo ruolo di investigatore, in non è stato mai delegato a svolgere indagini di mafia.
A parte il colloquio in cui NOME COGNOME aveva affermato che NOME era “nostro”, la prova che egli fosse a libro paga del sodalizio sarebbe stata d solo dal numero e dal taglio delle banconote rinvenute presso l’abitazione d zia.
Quanto alle deposizioni del brigadiere COGNOME, del carabiniere COGNOME e carabiniere COGNOME, la sentenza è silente sui motivi aggiunti, in cui si era com avesse negato che COGNOME potesse favorire gli COGNOME e che i predetti mili avevano solo riferito di notizie giornalistiche. In ogni caso, il colloquio re tra COGNOME e COGNOME su questi temi non sarebbe utilizzabile, in quan intercettazioni erano state autorizzate limitatamente ai colloqui di cui sa stato partecipe COGNOME.
2.10. Violazione di legge ex artt. 110 e 416-bis, comma 4, cod. pen. e v di motivazione, per avere la Corte omesso di motivare o apparentemente motivato in ordine all’aggravante del carattere armato dell’associazione, senza richiam titoli giudiziari che fondano tale assunto.
2.11. Violazione di legge ex artt. 326, 328, 378 e 416-bis.1 cod. pen Vizi di motivazione, per avere la sentenza omesso di motivare contraddittoriamente motivato in ordine alla configurabilità dei reati di cui a 2) e 3).
Viene fatto rinvio, sul punto, al par. 2.7. in quanto di tratta degli ste costitutivi della condotta di concorso esterno. Tali reati avrebbero dovuto e ritenuti assorbiti in quello di cui al capo 1), al pari del favoreggiamento, in estrinsecazioni della stessa condotta di concorso esterno.
Nella vicenda NOME COGNOME COGNOME non diffuse alcuna notizia coperta da segret nel contattare gli COGNOME, essendosi limitato a chiedere notizie da per informate dei fatti al fine di avviare una successiva attività investigativa.
2.12 Violazione di legge ex art. 62-bis cod. pen. e vizi di motivazione, per avere la sentenza apparentemente ed illogicamente motivato con riferimento all mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il diniego, fondato sulla considerazione che i fatti risultano comme nell’esercizio e con approfittamento delle funzioni di pubblico ufficiale, tiene della sola gravità del fatto e non invece di tutti i parametri enunciati dall cod. pen. e, in ogni caso, non è coerente con l’irrogazione di una pena pros al minimo edittale.
2.13. Violazione di legge ex artt. 240, 240-bis cod. pen., 199 e 181 cod. proc. pen., per avere la Corte – anche attraverso prove inutilizzabili o travis loro contenuto – illogicamente motivato con riferimento alla ricorrenza presupposti della confisca.
La tesi accusatoria, fondata sulle dichiarazioni del collaboratore NOME non può trovare riscontro nel rinvenimento degli importi di 7.000,00 eur sequestrati presso la sua abitazione, e di 60.000,00 euro, sequestrati p l’abitazione di NOME COGNOME, in esito ad attività perquirente, nel 2018, in qu propalante si è riferito a condotte tenute fino al 2011, dunque ad e notevolmente anteriore a quella dei sequestri.
Il teste COGNOME ha escluso di avere rilevato alcun tipo di sproporzione gestione patrimoniale della famiglia COGNOME (come specificato a pag. 213 e ss. de memoria) e anche la consulenza prodotta dalla difesa ha dato conto della congrui di tali importi con la situazione patrimoniale del ricorrente e della moglie.
Il ricorrente ha spiegato la genesi dell’accumulo ed indicato ragi plausibili della tenuta di danaro contante in casa (necessità di acquisto di un di nozze per la cognata; programmato viaggio in Albania), assertivamente sconfessate dalla Corte con riferimento al mancato riferimento a tale causale colloquio carcerario intercettato ed ai limiti di tracciabilità del danaro cont caso di espatrio.
Quanto alle somme rinvenute presso la abitazione da NOME COGNOME risultano patologicamente inutilizzabili le plurime e contradditorie giustificazioni dalla rese, in quanto provenienti da prossimo congiunto dell’indagato senza il pre avvertimento di cui all’art. 199 cod. proc. pen.
Le consulenze prodotte hanno poi dimostrato come la stessa COGNOME avesse chiuso i conti e prelevato i saldi, per una cifra superiore a quella ca sequestro, mai riversata su alcun conto bancari, e che, quanto alle uscite, l’a donna ed il marito erano estremamente parsimoniosi, ovvero dediti ad un “risparmio estremo”.
Di nessuna valenza dimostrativa, quanto alla promiscuità di patrimonio tr zia e nipote, può ritenersi il contenuto delle frasi intercettate presso il car NOME COGNOME aveva detto alla moglie “se trovano i soldi fanno lo scoop”; ed ancora “se ti serve una cosa, vai e li prendi”.
Il Sostituto Procuratore generale ha concluso nei termini di cu epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che di seguito si espongono.
Va premesso, al fine di evitare inutili ripetizioni, che i motivi da laddove deducono vizio di violazione di legge in relazione all’art. 192, comma cod. proc. pen., con riguardo alla chiamata in correità del collaboratore NOME sono inammissibili.
E’ principio costante di questa Corte di legittimità che la rego valutazione probatoria codificata da tale disposizione, sulla necessità di ele confermativi dell’attendibilità del chiamante, non è prevista a pena di nu inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, sicché non è configura l’inosservanza di cui all’art. 606, comma 1, lett. c, cod. proc. pen. (in ta Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-04, in motivazione; Sez. n. 4119 del 30/04/2019, dep. 2020, Romeo Gestioni S.p.a., Rv. 278196-02).
Con riguardo ai residui vizi di motivazione, il primo motivo verte sul chiamata del collaboratore COGNOME con riferimento alla esistenza della c.d. dei boschi “affermata attraverso le dichiarazioni di NOME COGNOME“.
Al di là del fatto che, sia pure non dichiaratamente, le censure tendon contestare l’esistenza stessa del sodalizio – tema non devoluto in appello e p
inammissibile – va osservato quanto segue a proposito del giudizio di attendibilità del collaboratore.
La difesa lamenta la mancata effettuazione della verifica c.d. “a tre tempi”, secondo i principi affermati dalle Sezioni Unite, assumendo che le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia non siano state esaminate secondo i parametri della credibilità soggettiva, della attendibilità intrinseca e dell riscontrabilità oggettiva (v. Sez. U, n. 20804 del 29/11/201, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255145 – 01 e, in epoca recente, Sez. 4, n. 34413 del 18/06/2019, Khess, Rv. 276676 – 01).
In realtà, più che evidenziare la violazione di una scansione valutativa, che le stesse Sezioni Unite Aquilina hanno precisato non essere rigida, giacché l’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non detta una stringente sequenza logico temporale, la difesa lamenta che lo stesso sia sfornito di riscontri estrinseci.
Invero, quanto alla esistenza del sodalizio, sono stati analiticamente individuati dalla Corte i seguenti profili di convergenza:
a) le dichiarazioni accusatorie dei collaboratori di giustizia, COGNOME, COGNOME e COGNOME: al riguardo, le deduzioni difensive sul contenuto non individualizzante dei riscontri non hanno pregio. L’esistenza, riferita da COGNOME, di cointeressenze di NOME COGNOME con la famiglia di ‘ndrangheta Grande COGNOME, avente una diversa zona elettiva di influenza rispetto a San Giovanni in Fiore, non esclude che, anche secondo il narrato di questo collaboratore, COGNOME aveva operato numerosi disboscamenti (in Cutro) grazie alle amicizie con i forestali, di cui riusciva ad evitare i controlli. Egualmente è a dirsi per dichiarazioni di COGNOME e COGNOME, i quali hanno riferito della posizione dominante acquisita nel taglio dei boschi dagli COGNOME, i quali erano collegati ai vari clan di ‘ndrangheta operanti sotto la cupola dei Farao-Marincola.
Del resto, fermo restando che costituisce riscontro qualsiasi elemento o dato probatorio corroborativo della chiamata, sia rappresentativo che logico, e che non è necessario che abbia le connotazioni di una prova “autosufficiente” del fatto, anche perché, diversamente, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata stessa (tra le moltissime, Sez. 2, n. 35923 del 11/07/2019, COGNOME, Rv. 276744 – 01), non può pretendersi una perfetta sovrapponibilità tra le chiamate, specie quando il tema di prova sia, non la condotta di partecipazione del singolo, quanto l’esistenza di una realtà multiforme e complessa quale una associazione per delinquere. In tal caso, ove le diverse ricostruzioni evidenzino un nucleo di caratteri comuni, non ha neppure senso ricercare un contenuto individualizzante dei riscontri.
Ne consegue che privo di alcun pregio è il rilievo che le ulteriori chiamate riscontrano quelle di COGNOME per il fatto che esse non si diffondono sulle mo di condizionamento delle gare di appalto.
le dichiarazioni rese dall’imprenditore NOME COGNOME il quale ha rif del coinvolgimento degli COGNOME in attività illecite legate allo sfruttamen settore boschivo, della costituzione di un cartello di imprese fiancheggiatrici ‘ndrangheta, dello sfruttamento della forza di intimidazione derivante dalla appartenenza al contesto criminale al fine di assicurarsi le gare di appalto ambito con il massimo profitto e ha infine narrato delle azioni intimidatorie egli aveva subito in prima persona per essersi discostato dagli accordi raggi con gli COGNOME;
una ponderosa mole di captazioni riportate alle pagg. 142 e ss. della sente di primo grado, richiamate per relationem nella sentenza impugnata;
i plurimi episodi (emblematica la vicenda COGNOME) che, nella senten impugnata, denotano l’esistenza di un cartello di imprese capace di interferir mercato dei tagli boschivi.
Deve poi considerarsi che le due pronunce di merito, tra loro conformi, si integ a formare un unitario corpo argomentativo, sicché ulteriori elementi corroborat si evincono dalle sentenze richiamate dal Tribunale, germinate dall’indag “Stige”, delle quali è divenuta definitiva quella nei confronti di NOME COGNOME di NOME COGNOME, condannati, il primo in quanto vertice del locale di Cir secondo per il ruolo di collettore delle estorsioni riscosse dagli impren boschivi silani destinate a confluire nella c.d. bacinella del clan di COGNOME ( Sez. 2, n. 34126 del 05/06/2024, COGNOME, Rv. 286921 – 05).
Il secondo motivo, sempre inerente al contenuto delle dichiarazioni re da COGNOME relativamente alla esistenza del sodalizio “mafia dei boschi infondato.
4.1. A fronte del composito compendio dimostrativo delineato al paragrafo che precede, la Corte di merito ha congruamente argomentato che non rilevano, al fine di disarticolare il giudizio di credibilità del collaboratore, le as relative a reati di turbativa di gara, ovvero la riqualificazione di tal contestati agli imprenditori COGNOME, COGNOME e COGNOME – nel senso esclusione dell’aggravante del metodo e/o della agevolazione mafiosa – att che, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa, non è dato evincere da epiloghi processuali il completo dissolvimento della rete di imprese costituen cartello ‘ndranghetistico che aveva monopolizzato il settore boschivo in Sila.
Peraltro, la genericità delle allegazioni difensive sulle ragioni pronunce non permette di argomentare la mancanza di credibilità intrinseca de
collaboratore, che mai potrebbe dedursi dal contenuto generico delle s dichiarazioni (sottolineato dal difensore) o dalla mancanza di risco individualizzanti delle sue chiamate.
4.2. Tra i profili, ripetutamente enfatizzati dalla difesa anche in ul motivi del ricorso, al fine di disarticolare il ragionamento probatorio, vi distanza geografica tra i luoghi di operatività della impresa degli COGNOME, i Giovanni in Fiore, e Belvedere COGNOME, ove imperava il sodalizio facente cap Oliverio, ma anche i limiti di competenza territoriale del comando stazione guida dal maresciallo COGNOME.
Per converso, le sentenze di merito hanno ricostruito, con argomentazioni diffuse ed esaurienti: 1) l’intreccio di rapporti tra il clan di Belvedere e consorterie che ad esso facevano riferimento, compresa la ‘ndrina di San Giovann in Fiore, e i loro legami con il gruppo di COGNOME COGNOME, e ciò in un con criminale che, come emerge anche dalla sentenza COGNOME, sopra citata, connotato da sostanziale unitarietà del sodalizio ‘ndranghetista, benché ripa al suo interno in articolazioni strutturate secondo criteri territoriali e g (crimine, locali, ‘ndrine); 2) l’operatività “in rete” delle diverse Staz carabinieri forestali, che spesso interagivano in forza di meccanismi di deleg avevano un comune coordinamento nel Comando provinciale, il quale disponeva operazioni congiunte (v. vicenda Massa Li Pietro).
In ogni caso, pare evidente che, attraverso il dedotto vizio di motivazio le doglianze difensive tendono a sovrapporre una alternativa lettura d risultanze processuali, non compatibile con i limiti ontologici del giudiz legittimità. E’ appena il caso di richiamare al riguardo, il principio, sedimentato, per cui sono precluse alla Corte di cassazione sia la rilettura elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sia l’autono adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei f sebbene indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di u migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito moltissime, Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 0 Sez. 6, n. 47204, del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
4.3. Sotto altro profilo, alcun deficit di credibilità di COGNOME emerge dal meccanismo di computo della percentuale che gli imprenditori avrebbero dovuto versare alla bacinella, detraendola dai profitti, come dallo stesso collabor descritto, né la sentenza evidenzia omissioni valutative al riguardo.
A pag. 138 e ss. della sentenza di primo grado, la cui strutt motivazionale integra – come detto – quella della sentenza impugnata, è spiega compiutamente, senza alcuna aporia logica, come il risparmio conseguito dall imprese sul prezzo di aggiudicazione degli appalti boschivi, attraverso
sottostima del valore dell’appalto e l’imposizione ai partecipanti alle gare ( sul sistema “a rialzo”, in quanto finalizzate primariamente alla vendita legname) di margini di rialzo ristrettissimi, confluisse per larga parte nella comune, come contropartita delle aggiudicazioni, che venivano propiziate dall interferenze degli ‘ndranghetisti sulle procedure ad evidenza pubblica; ed è alt spiegato come i più ampi margini di guadagno per le imprese aggiudicatarie derivassero dai tagli abusivi che venivano perpetrati nei lotti aggiudicati permettevano di acquisire considerevoli quantità di legname a costo zero.
Conclusivamente, sul tema della esistenza e modus operandi della “mafia dei boschi”, il ricorso ripropone una soggettiva considerazione delle risult istruttorie che non vale a scalfire le motivazioni diffuse, e tuttavia organ scevre da illogicità, dei Giudici di merito.
Il terzo motivo, relativo alla mancanza di credibilità intrinseca dichiarazioni accusatorie di COGNOME, con riferimento al giudizio di responsabili NOME COGNOME per il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso pone una serie di questioni che vanno trattate secondo criteri di ordine logico
5.1. La difesa ha dedotto che i Giudici di merito abbiano ignorato il rili che il patrimonio conoscitivo di COGNOME risulta temporalmente circoscritto agli del 2011, epoca del suo arresto e da cui daterebbe la condotta di concorso ester sicché tutti gli elementi valorizzati nelle sentenze di merito, relativi successivi al 2011, sarebbero inidonei a riscontrarne il propalato.
Osserva il Collegio che il perimetro temporale della contestazione soprattutto quando si tratti di un reato permanente – non determina alcu preclusione a riferire su circostanze fattuali, anche diacroniche, che abb comunque attinenza con il tema di prova. Neppure ha pregio la prospettazione difensiva secondo la quale avrebbe dovuto procedersi a modifica dell contestazione a norma dell’art. 521 cod. proc. pen., essendo il fatto acce diverso da quello contestato. Di contro, non vi è alcuna diversità, per quel riguarda il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, posto nell’anno 2011 l’atto di imputazione individua non l’esordio della condotta, b la data di accertamento e, nel 2017, l’ultima manifestazione della condotta.
5.2. Deve pure escludersi che siano inutilizzabili, perché tardive, dichiarazioni rese da COGNOME oltre il termine di centottanta giorni, previsto redazione del verbale informativo dei contenuti della collaborazione, in quan l’invocata sanzione processuale che, a norma dell’art. 16 -quater, come modificato dall’art. 14 della legge 13 febbraio 2001, n. 45, attinge le dichiarazioni che rese dal collaboratore di giustizia oltre tale finestra temporale, trova applic solo con riferimento alle dichiarazioni rese fuori del contraddittorio e non a q
rese nel corso del dibattimento (in tal senso, Sez. 2, n. 34240 del 10/07/2018, COGNOME, Rv. 273454 – 01).
Deve invece ritenersi che il consistente iato temporale tra il momento in cui il collaboratore ha riferito i fatti e taluni episodi di riscontro imponga di procede ad una valutazione improntata a criteri di maggiore prudenza delle dichiarazioni accusatorie, che tenga anzitutto conto delle ragioni della loro intempestività.
In tal senso, questa Corte ha già avuto modo di affermare – sia pure con riferimento alla emissione di una misura cautelare personale – che sono utilizzabili le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia oltre il termine di centottant giorni dalla manifestazione della volontà di collaborare, ma il giudice, nella motivazione, è tenuto a svolgere una valutazione particolarmente penetrante circa l’attendibilità delle stesse, che non può essere limitata alla mera ricerca dei c.d. “riscontri esterni” alla propalazione, ma deve investire anche le ragioni della tardività (Sez. 6, n. 2632 del 14/12/2021, COGNOME, Rv. 282744 – 01).
A tal riguardo la Corte di appello ha ricostruito una progressione dichiarativa lineare e priva di significative discontinuità, posto che il collaborator ha riferito: sin dal 2012, ossia a ridosso dell’avvio del percorso collaborativo, risalente al 3 febbraio 2012, della collusione di guardie forestali che consentivano i tagli abusivi con i clan locali; nel verbale del 22 ottobre 2014, del controllo degl appalti relativi ai tagli boschivi e dei meccanismi di funzionamento, sempre con riguardo all’operato di guardie forestali che non espletavano i controlli sulle imprese del cartello, mentre controllavano quelle che non stavano ai patti; nel 2017, di avere appreso dell’esistenza di guardie giurate che, dietro la corresponsione di uno stipendio mensile, evitavano di controllare i boscaioli alle dipendenze di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, descrivendo specifici episodi di taglio abusivo. Dunque, le dichiarazioni del 2017 costituirebbero mere specificazioni di quelle pregresse, fermo restando che, in tutte le ricostruzioni, il nucleo centrale del racconto è rimasto, nella sostanza, invariato.
I Giudici di merito hanno fatto, dunque, corretta applicazione del principio per cui la confessione e la chiamata di correo possono, senza necessariamente divenire inattendibili, attuarsi in progressione e ispessirsi nel tempo, specialmente quando i nuovi dati forniti dal chiamante non risultino in netta contraddizione con quelli in precedenza offerti, ma ne costituiscano un completamento e un’integrazione ( Sez. 6, n. 324 del 01/02/1994, COGNOME, Rv. 197150 – 01).
5.3. Altra questione che conviene, per ragioni di ordine logico, qui anticipatamente trattare, in quanto in grado di disarticolare, se accolta, l’intero costrutto accusatorio, riguarda il difetto o la illogicità della motivazione quanto alla identificazione del ricorrente da parte del collaboratore.
I dubbi prospettati dalla difesa sono stati adeguatamente dissolti in sentenza.
Intanto, va precisato che l’erroneo riconoscimento fotografico di NOME è circoscritto all’esame dibattimentale, nel corso del quale il collaboratore ha riconosciuto il COGNOME nella foto n. 54 – ritraente, invece, NOME COGNOME – salvo correggersi in seguito alla contestazione formulata dal Pubblico Ministero.
La Corte di appello, in linea con il Tribunale, ha ritenuto che l’errore non fosse tale da inficiare la tenuta del propalato, sulla base di argomentazioni che appaiono congrue e coerenti.
Alle pagg. 26-29 della sentenza è spiegato come, in fase predibattimentale, il collaboratore avesse riferito di una pluralità di soggetti collusi, tra foresta guardaboschi, coinvolti nella vicenda del cartello ‘ndranghetistico del settore boschivo: alcuni egli aveva visto presso il INDIRIZZO riceversi la mazzetta; di altri, tra cui il COGNOME, aveva appreso essere percettori di compensi in relazione alle medesime attività, nell’ordine anche di duemila euro mensili, per quanto gli era stato riferito da COGNOME e COGNOME. Il Greco stesso egli avrebbe visto nel piazzale, senza parlargli. Dunque, l’iniziale confusione in cui NOME è incorso durante il proprio esame, ragionevolmente spiegata dai Giudici di merito in funzione del tempo decorso, è stata poi superata dal dichiarante, mentre la rivisitazione di quanto inizialmente affermato, limitatamente all’avere assistito ad una dazione di danaro in favore di Greco presso il piazzale della impresa boschiva degli COGNOME, è stata ritenuta non significativa di intenti calunniatori, in quanto riduttiva delle accuse. La contestazione avrebbe dunque assolto alla funzione, che le è connaturata, di sollecitazione della memoria.
E’ poi reiterativa la doglianza di assenza di genuinità del riconoscimento. Le sentenze di merito hanno linearmente motivato, escludendo che possa ritenersi suggestiva la domanda posta dal Pubblico Ministero – non riportata nel verbale in ragione dell’inciso “per come mi chiedete” contenuto nella risposta, e ciò per avere il collaboratore fornito anche l’appellativo del soggetto ed altri particolari che non potevano già appartenere al patrimonio conoscitivo degli inquirenti.
E’ parimenti reiterativa la questione della non corrispondenza del soprannome, indicato dal collaboratore in “COGNOME” in luogo di “COGNOME“, differenza che non può essere enfatizzata trattandosi, all’evidenza, di una minima variazione fonica del medesimo vezzeggiativo che – ha spiegato la Corte di appello – è stato declinato in vario modo nel rivolgersi al Greco anche nei colloqui oggetto di captazione.
5.4. In relazione alla questione della capacità di NOME di interferire sull’attività di altri comandi stazione – proposta ai fini del giudizio di credibil intrinseca del collaboratore – non appare di decisiva rilevanza la mancata
identificazione nominativa dei comandanti che sarebbero stati contattati ai fini controlli.
A riscontrare il narrato del propalante, quanto alla riferita capacit ricorrente Greco di interfacciarsi con altri comandi stazione e di influire sui co da eseguire anche da parte di stazioni del corpo forestale dei comuni dell’ silano, sono stati valorizzati dai Giudici di merito plurimi elementi di risc desunti dall’attività captativa e dalle testimonianze acquisite.
Di particolare rilievo la telefonata n. 264 del 23 novembre 2013, in c Greco chiedeva al forestale NOME COGNOME della stazione di San Pietr Guarano, con riferimento ad una parte del territorio soggetta a rimboschiment di far lavorare “NOME” (COGNOME, imprenditore pregiudicato), almeno per durata di una settimana; seguita dall’accertamento che COGNOME portava compimento il taglio di un bosco abusivo.
Analoga modalità operativa NOME avrebbe tenuto in favore di NOME COGNOME adiuvato per il caso intervenissero segnalazioni relative a tagli boschivi illec
Quanto ai controlli che, invece, COGNOME avrebbe deliberatamente omesso, significativa è la intercettazione del 9 dicembre 2013, riscontrata dal teste relativa ad un accertamento eseguito dal corpo forestale dello Stato – Stazion Caloveto, a carico dell’impresa “Il Tronco”, riconducibile agli imprenditori COGNOME, in cui lo stesso COGNOME aveva preannunciato a quest’ultimo. che avrebb detto ai forestali di non vedere alcunché di rilevante: “Dico qua non si vede nie poi glielo descrivo io”.
Nel procedere alla disamina degli ulteriori motivi, vertenti sui sin elementi di riscontro estrinseci, appare opportuno precisare alcuni crite metodo che il Collegio seguirà.
6.1. I motivi, numerosi ed articolati, tendono a realizzare frammentazione del ragionamento probatorio, con scissione dei singoli elementi indizianti e con il tentativo di confutare la valenza dimostrativa di ciascuno d
Tale tentativo si scontra con le consolidate regole valutative della pr indiziaria che ne impongono, invece, un apprezzamento unitario.
Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte, in presenza di un articolato compendio probatorio, non è difatti consentito limitarsi ad valutazione atomistica e parcellizzata dei singoli elementi, né procedere ad mera sommatoria di questi ultimi, ma è necessario, preliminarmente, valutare singoli elementi indiziari per verificarne la certezza (nel senso che deve tra di fatti realmente esistenti e non solo verosimili o supposti) e l’intrinseca dimostrativa (di norma possibilistica) e successivamente procedere ad un esame globale dei dati certi, per accertare se la astratta e relativa ambiguità di c
di essi isolatamente considerato, possa, in una visione unitaria, risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio” e cioè, con un alto grado di credibilità razionale, che sussiste anche nel caso in cui le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali o estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana ( in tal senso, tra le molte, Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, S., Rv. 280605 – 02; Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, COGNOME, Rv. 266941; Sez. 1, n. 44324 del 18/04/2013, Stasi, Rv. 258321).
6.2. Si è voluta sollecitare, in diversi casi, con rilievi di carattere meramente confutativo, una rivalutazione anche in fatto di singoli segmenti dell’istruttoria che appaiono, invece, correttamente interpretati in sede di merito. Come detto, non potranno essere considerate, perché ontologicamente non compatibili con il sindacato di legittimità, le deduzioni che, pur formulate come vizio di motivazione, si risolvono nella prospettazione di una versione alternativa dei fatti processuali.
6.3. Sempre in relazione ai vizi motivazionali, deve invero considerarsi che la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ha ritenuto tali da determinare una diversa decisione, ma non inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo – lo si ripete – l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione ( Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988 – 01).
Tanto premesso, il quarto motivo è aspecifico e di tenore confutativo.
7.1. La negazione della valenza di riscontro del sequestro operato presso la abitazione di NOME COGNOME per 59.750,00 euro, in danaro contante, sol perché lo stesso risulta intervenuto in epoca di molto posteriore alla chiamata, non appare fondata.
In disparte ogni valutazione ai fini della legittimità della confisca, stante i protrarsi della permanenza del reato associativo non sussiste il rilevato scollamento temporale tra la chiamata e il rinvenimento delle somme, tale che possa ritenersi eliso – per ciò solo – il nesso di derivazione di detti importi dal reat stesso. Se è stato contestato al Greco di essere stato a libro paga del sodalizio e di avere percepito mensilmente una retribuzione, il rinvenimento di tale importo non è elemento che possa essere ritenuto neutro rispetto alla chiamata.
La sentenza ha dato difatti ampio risalto, con argomentazioni logiche e complete, alla implausibilità della appartenenza di tali importi a NOME COGNOME alla luce della limitata capacità reddituale di lei, delle modalità di conservazione, valutate anomale in rapporto alla titolarità da parte della stessa di rapporti di conto corrente, ai continui flussi di danaro tra la stessa e il nipote, per cui la prim riversava mensilmente, con operazione bancaria, la somma di 1000,00 euro, mentre lo stesso faceva uso sistematico della carta bancomat della zia.
7.2. Delle conversazioni telefoniche che avrebbero supportato, secondo i Giudici di merito, il narrato del collaboratore quanto ai rapporti tra COGNOME e gli COGNOME, sebbene risulti all’evidenza di tenore non individualizzante quelle in cui NOME COGNOME riferisce a NOME COGNOME di essere “a mangiare con quelli della forestale”, è stata invece valorizzata la significatività del colloquio carcerario del 12 maggio 2018 di NOME COGNOME con i suoi congiunti, in cui all’indomani del suo arresto, aveva definito Greco “un santo”, “dei nostri”, indicandolo come colui che avrebbe potuto contribuire a scagionarlo.
La spiegazione di tali espressioni offerta dalla difesa, che le ricollega ai rapporti che COGNOME intratteneva con COGNOME per la vicenda COGNOME, pone una questione non consentita in questa Sede. Va invero ribadito il principio costantemente affermato a partire da Sez. U n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 01, per cui, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità; sicché, quando la sentenza impugnata abbia interpretato – come nel caso che occupa fatti comunicativi, l’individuazione del contesto in cui si è svolto il colloquio e d riferimenti personali in esso contenuti, onde ricostruire il significato d un’affermazione e identificare le persone alle quali abbiano fatto riferimento i colloquianti, costituisce attività censurabile in sede di legittimità solo quando si sia fondata su criteri inaccettabili o abbia applicato tali criteri in modo scorretto (i termini, più d recente, Sez. 1, n. 25939 del 29/04/2024, L., Rv. 286599 – 01).
8. Il quinto motivo risulta, invece, fondato.
La difesa lamenta omissioni valutative nella motivazione del provvedimento impugnato che non appaiono, alla luce della prospettazione di cui in ricorso, prive di rilevanza.
Anzitutto, la Corte di merito non avrebbe tenuto conto dei contenuti della memoria difensiva depositata presso la cancelleria della Corte di appello in data
15 giugno 2023 e dei relativi allegati, comprensivi degli esiti dei riscontri alla informativa di polizia giudiziaria redatti dai Carabinieri del ROS.
I temi in essa posti attengono alla entità dei controlli nei confronti dell’imprenditore COGNOME, ritenuti in sentenza solo “pro-forma”, e che sarebbero invece consistiti in mere attività amministrative di pre-collaudo dei lavori di taglio boschivo, al pari di quelli nei confronti di COGNOME, ovvero alla causale della omissione dei controlli nei confronti di COGNOME, che si assume essere ai tempi munito di regolare autorizzazione.
In relazione a tale memoria, è stata omessa ogni specifica valutazione, sia pure in termini di irrilevanza o di necessità di verifica dei relativ allegati nel contraddittorio dibattimentale.
Vero è che l’omessa valutazione di una memoria difensiva non si riverbera ex se in vizio di nullità della sentenza – come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza di questa Corte – e tuttavia non può negarsi che essa abbia attitudine ad influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive (tra le molte, v. Sez. 1, n. 26536 del 24/06/2020, Cilio, Rv. 279578 – 01).
La centralità del tema relativo ai rapporti intrattenuti dal Greco con gli imprenditori legati agli COGNOME ha dato luogo ad una lacuna motivazionale che appare necessario colmare.
Parimenti fondato è il sesto motivo, nella parte in cui il ricorrente censura l’ordinanza reiettiva della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale pronunciata dalla Corte di appello in data 14 marzo 2023.
In disparte i casi di riforma in peius della sentenza di primo grado, su cui vi è stata un’amplissima elaborazione giurisprudenziale delle Sezioni Unite a partire da Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267487, e di escussione di una prova sopravvenuta o scoperta dopo il giudizio di primo grado fattispecie regolata dall’art 603, comma 2, cod. proc. pen. – la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello è un istituto di carattere eccezionale, attes la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266820 – 01).
Ne consegue che il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice di appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire,
ma deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato (in termini, tra le molte, Sez. 3, n. 34626 del 15/07/2022 Grosso Rv. 283522 – 01).
Nel caso di specie, l’integrazione istruttoria richiesta atteneva alla vicenda COGNOME (proprietaria boschiva che per il taglio delle piante si era rivolta ad una impresa estranea al “cartello”). L’esame di soggetti assunti in sede di investigazioni difensive avrebbe consentito – secondo la prospettazione difensiva – di lumeggiare i rapporti tra COGNOME e il mediatore COGNOME ed avere notizie sulla identità dell’ impresa outsider
Ciò posto la Corte di appello ha correttamente evidenziato come non potessero acquisirsi, al di là dei documenti, le dichiarazioni testimoniali raccolte in sede di investigazioni difensive ai sensi dell’art. 391-ter cod. proc. pen., dovendo procedersi mediante l’audizione diretta dei dichiaranti in contraddittorio, secondo i criteri e i limiti specificamente previsti per la formazione della prova.
Di contro, la motivazione sulla non essenzialità della audizione dei medesimi testi risulta di tenore assertivo laddove si afferma che essa sia evincibile ictu ocu/i, senza alcuna ulteriore specificazione, e non è corretta giuridicamente laddove, invece di esprimere una valutazione di decidibilità “allo stato degli atti” che è il parametro indicato dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen. – la Corte territoriale valuta superflua l’integrazione in ragione della rinuncia ai medesimi testi, operata dal difensore nel corso del dibattimento di primo grado, prima della condanna.
Anche con riferimento a tale aspetto, si impone un’ulteriore valutazione, previo annullamento della ordinanza impugnata.
10. Il settimo e l’undicesimo motivo, incentrato il primo su omissioni valutative della sentenza impugnata quanto ai rapporti di Greco con gli COGNOME, l’altro sulla configurabilità dei reati di cui ai capi 2 e 3, sono strettamente connessi e possono essere trattati in successione. Essi sono parzialmente fondati.
Sono versate esclusivamente in fatto le questioni sollevate dalla difesa a proposito della vicenda COGNOME, più volte richiamata, e del taglio di oltre 400 piante operato dalla ditta di NOME COGNOME presso un terreno dell’arciconfraternita di Longobucco, posto che la difesa si è limitata a fornire una alternativa – e non consentita – lettura delle finalità per cui COGNOME avrebbe offerto il proprio interessamento.
Sotto altro profilo, la sentenza ha ritenuto che COGNOME abbia agevolato gli COGNOME nell’acquisizione di un ruolo egemone nel settore boschivo in Sila e ha valorizzato a tal fine i rapporti diretti intrattenuti dal ricorrente con gli COGNOME ritenendo gli stessi consolidati e risalenti al 2011.
A fronte delle deduzioni difensive per cui i contatti telefonici con i predetti imprenditori sarebbero emersi per lo più dall’attività tecnica del 2017, la Corte di appello ha ritenuto particolarmente qualificanti, valorizzandole quali elementi di riscontro al narrato del collaboratore, le vicende accadute:
in località INDIRIZZO (in cui si imputa a COGNOME di avere tenuto un colpevole contegno ostruzionistico, che aveva consentito agli COGNOME, impegnati in una imponente operazione di taglio boschivo abusivo, di sottrarsi al controllo programmato dal Comando Provinciale e di avere avvertito NOME COGNOME);
in località Li Russi (in cui si imputa al Greco di avere avvisato gli COGNOME che ivi stavano operando, dopo aver ricevuto segnalazione dalla centrale operativa di un taglio boschivo illecito, al fine di garantire agli stessi l’impunità);
in località Ramunno (in cui si imputa al Greco di avere attivato una segnalazione puramente strumentale, al fine di distogliere i colleghi della polizia territorialmente competente dallo svolgere accertamenti in relazione alla operazione Li Russi di cui al punto che precede).
La Corte di appello non ha tuttavia preso posizione su una serie di questioni sollevate dalla difesa proprio in relazione ai tre episodi – che integrano l’oggettività dei reati di cui ai capi 2) e 3) – non essendosi confrontata con i motivi aggiunti proposti dalla difesa e con la produzione di documenti, richiamati alle pagg. da 79 a 89 del ricorso (tabulati telefonici e relazioni di servizio, quanto alla vicenda COGNOME; autorizzazione al taglio in favore di COGNOME ed accertamento di assenza di sconfinamenti da parte del Nucleo Investigativo di Reggio Calabria, quanto alla vicenda COGNOME; verbale di accertamento redatto dal ricorrente nei confronti dei F.NOME COGNOME e contenuto di una intercettazione ambientale in carcere in cui NOME COGNOME aveva commentato l’episodio, in relazione alla vicenda COGNOME).
La Corte non ha dato riscontro ai motivi aggiunti (sviluppati alle pagg. 87 – 93 ), quanto alla deposizione del brigadiere COGNOME il quale ha riferito del contegno poco ortodosso del Greco, soprattutto in relazione alla vicenda COGNOME, senza porli in comparazione con le annotazioni di servizio dimostrative della regolarità delle attività ispettive compiute dal ricorrente.
Alla stregua di quanto precede, la motivazione risulta certamente carente nell’apprezzamento di elementi di riscontro cui era stata attribuita sicura valenza dimostrativa ai fini della integrazione dei reati in addebito, imponendosi, anche in relazione a tale profilo, l’annullamento con rinvio, per nuova valutazione.
11. L’ottavo motivo, avente ad oggetto la integrazione del reato di concorso esterno in associazione mafiosa di cui al capo 1, nei suoi requisiti di struttura oggettivi, è strettamente correlato al motivo che precede ed è in parte fondato.
11.1. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno radicato il principio per cui è configurabile il concorso cd. esterno nel reato di associazione di stampo mafioso in capo alla persona che, priva della affectio societatis e non inserita nella struttura organizzativa del sodalizio, fornisca un contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purché detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente se ne rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso (Sez.U, n. 22327 dei 30/10/2002, dep. 2003, Carnevale, Rv. 224181 – 01 in cui la Corte ha precisato che la prova del concorso esterno nel reato associativo deve avere ad oggetto gli elementi costitutivi della fattispecie delittuosa e che i riscontri relativi alle chiamate in reità o correità debbono avere carattere individualizzante).
Il concorso esterno è necessariamente ancorato, dunque, ad un modello «causalmente orientato» che presuppone: a) un requisito negativo, ossia il non inserimento del soggetto nel gruppo; b) un requisito positivo, dato dalla «ricostruzione di una condotta capace di realizzare un incremento tangibile del macro-evento rappresentato dalla esistenza e permanenza della associazione» (tra le molte, Sez. n. 49744 del 07/12/2022, COGNOME, Rv. 283840 – 01, la quale ha anche precisato che la verifica, da operare “ex post”, del contributo causale riconducibile alla condotta atipica del concorrente esterno deve essere apprezzata in relazione alle finalità tipiche dell’associazione, prescindendo dalle condizioni di eventuale “fibrillazione” o crisi strutturale che rendono ineludibile l’intervento esterno per la prosecuzione dell’attività; Sez. 6 n. 8674 del 24.1.2014, Rv. 258807).
Di seguito, Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231671 – 01 hanno ulteriormente puntualizzato come l’efficienza causale, in merito alla concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo, costituisca elemento essenziale e tipizzante della condotta concorsuale, di natura materiale o morale, di tal che non è sufficiente una valutazione ex ante del contributo, risolta in termini di mera probabilità di lesione del bene giuridico protetto, ma è necessario un apprezzamento ex post, in esito al quale sia dimostrata, alla stregua dei comuni canoni di “certezza processuale”, l’elevata credibilità razionale dell’ipotesi formulata in ordine alla reale efficacia condizionante della condotta atipica del concorrente.
11.2. Tanto premesso, allo stato non è identificabile in modo chiaro, alla luce dei materiali cognitivi sin qui sinteticamente richiamati e delle carenze
motivazionali enucleate nel paragrafo che precede, se la “contiguità compiacente” del Greco verso gli COGNOME, ove pure costoro risultassero tutti esponenti di spicco del gruppo ‘ndranghetista, si sia tradotta in un contributo dotato di rilevanza causale in termini di rafforzamento e di conservazione del gruppo stesso, secondo una verifica che va effettivamente operata ex post.
Detto altrimenti, non è dato cogliere dalla motivazione della sentenza impugnata se la condotta tenuta nel corso del tempo da NOME COGNOME – ossia gli omessi controlli nei confronti delle imprese del cartello o quelli strumentalmente operati per dissuadere le imprese concorrenti – abbia avuto una effettiva incidenza causale sulla conservazione del sodalizio, permettendo effettivamente agli COGNOME di rafforzare l’egemonia delle loro imprese nel settore boschivo.
Così come non è stata spiegata l’appartenenza degli imprenditori che COGNOME avrebbe favorito al cartello del comparto boschivo, non essendo stati acquisiti elementi dimostrativi di una loro intraneità alla ‘ndrina di san Giovanni in Fiore (e, anzi, le assoluzioni intervenute, seppur non definitive, sembrano dimostrative del contrario).
12. Il decimo motivo è fondato.
12.1.Ai fini della configurabilità dell’elemento psicologico del reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, per orientamento giurisprudenziale consolidato, occorre che l’agente, pur in assenza dell “affectio societatis” e, cioè, della volontà di far parte dell’associazione di stampo mafioso, sia consapevole dell’esistenza della stessa e del contributo causale recato dalla propria condotta alla sua conservazione o al suo rafforzamento; che agisca cioè con la volontà di fornire un apporto per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio. Deve, al contrario, escludersi la sufficienza del dolo eventuale, inteso come mera accettazione, da parte del concorrente, del rischio del verificarsi, insieme ad altri risultati intenzionalmente perseguiti, dell’evento, ritenuto invece solamente probabile o possibile (Sez. 5, n. 26589 del 23/02/2018, V., Rv. 273356 – 01).
12.2. Anche con riferimento a tale profilo, quand’anche dovessero essere emendate le lacune motivazionali di cui ai paragrafi che precedono, e dovesse ritenersi dimostrata la rilevanza causale della condotta di concorso esterno ai fini del rafforzamento del sodalizio, dovrebbe anche spiegarsi se COGNOME abbia agito con la consapevolezza del patto criminale stretto dagli COGNOME con le imprese del preteso cartello e con la mafia cirotana e, dunque, con la consapevolezza di favorire il sodalizio; ovvero se egli abbia agito a beneficio degli imprenditori COGNOME, pur conoscendo genericamente l’esistenza di rapporti collusivi degli stessi con la criminalità organizzata, ma nell’ambito di un rapporto di natura
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essenzialmente sinallagmatica, esclusivamente proiettato verso il conseguimento di una contropartita economica – la retribuzione che avrebbe mensilmente percepito – per sé.
Ed invero, la nnafiosità degli COGNOME, stante l’epoca recentissima della condanna nei loro confronti, peraltro divenuta definitiva a carico di uno solo di essi ed in epoca successiva alla condanna, non può presumersi nota al ricorrente in ragione dei soli rapporti collusivi che essi avevano intrattenuto, né può razionalmente evincersi dall’assunzione del ruolo di confidente da parte di NOME COGNOME in relazione alla vicenda COGNOME.
In sentenza, la prova dell’elemento psicologico è stata argomentata: – dalle acquisizioni della informativa COGNOME (prodotta con il consenso della difesa), nel corso della quale furono captate conversazioni a partire dal dicembre 2013 tra COGNOME e l’allora comandante provinciale COGNOME il quale gli aveva partecipato una delega della DDA di Catanzaro, trasmessagli dal ROS, riguardante le ditte boschive di COGNOME, COGNOME e COGNOME
della deposizione del brigadiere COGNOME che avrebbe riferito della mafiosità, nota ai suoi colleghi, degli COGNOME e del loro collegamento con NOME COGNOME, boss di Mesoraca;
dalle deposizioni dei carabinieri COGNOME e COGNOME, militari che operavano presso la Stazione di Cava Di Melis, dei quali, il primo riferiva che, parlando con COGNOME, dopo che si erano incontrati con COGNOME laddove era in atto un taglio boschivo, avrebbe appreso dalle stesse parole del ricorrente che gli COGNOME si rivolgevano a lui per avere protezione, perché NOME e l’altro fratello appartenevano alla criminalità organizzata, circostanze che COGNOME aveva confermato.
La Corte è rimasta tuttavia silente, a fronte delle censure difensive, sviluppate nell’ambito dei motivi aggiunti e suffragate da documentazione, per cui:
il carabiniere COGNOME ebbe a negare che COGNOME potesse avere favorito taluno degli COGNOME, precisando di avere appreso da fonti giornalistiche quanto aveva in precedenza dichiarato.
l’intercettazione del colloquio tra COGNOME e COGNOME era stata autorizzata limitatamente ai colloqui in cui era parte anche COGNOME, come da decreto autorizzativo (all. 6 del ricorso), sicché deve ritenersi inutilizzabile il relat contenuto.
E’ vero che la difesa non si è confrontata con la motivazione della sentenza nella parte in cui fa riferimento alla delega di indagini della DDA di Catanzaro, ma si tratta di un passaggio motivazionale della decisione impugnata assolutamente stringato e poco esplicativo.
Alla stregua di tutto quanto precede, permangono lacune nel percorso ricostruttivo della decisione impugnata, quanto alla affermazione di responsabilità del ricorrente, che impongono l’annullamento della decisione con rinvio alla Corte di appello per nuova valutazione, da compiere nel rispetto delle direttrici sopra indicate.
Restano assorbiti gli ulteriori motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catanzaro Così deciso il 9/10/2024