Concorso di reati tra ricettazione e uso illecito di bancomat: la Cassazione fa chiarezza
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande attualità: la qualificazione giuridica della condotta di chi, dopo essere entrato in possesso di una carta di pagamento rubata, la utilizza indebitamente. La questione centrale riguarda la possibilità di un concorso di reati tra la ricettazione (art. 648 c.p.) e l’uso indebito di strumenti di pagamento (art. 493-ter c.p.). La Suprema Corte ha confermato il proprio orientamento consolidato, escludendo l’applicazione del principio di assorbimento.
I fatti di causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata, condannata in appello per i reati di ricettazione e di uso indebito di una tessera bancomat di provenienza furtiva. La difesa della ricorrente aveva impugnato la sentenza, sostenendo principalmente tre motivi: la necessità di assorbire il reato di uso indebito in quello, più grave, di ricettazione; la richiesta di derubricare la ricettazione in furto; e infine, la contestazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche e sull’eccessività della pena.
Analisi dei motivi del ricorso e il concorso di reati
L’analisi della Corte si è concentrata sui tre distinti profili sollevati dalla difesa. Il primo, e più rilevante, motivo riguardava il rapporto tra le due fattispecie di reato contestate. Secondo la difesa, l’uso della carta bancomat non sarebbe altro che la naturale conseguenza della sua ricezione, e pertanto la relativa condotta avrebbe dovuto essere considerata assorbita nel reato di ricettazione.
Il secondo motivo mirava a una riqualificazione del fatto, sostenendo che l’imputata non fosse una mera ricettatrice, ma l’autrice del furto della carta stessa. Tale distinzione è cruciale, poiché il furto è punito meno severamente della ricettazione.
Infine, il terzo motivo lamentava un’eccessiva severità della pena inflitta, legata al diniego delle attenuanti generiche, considerate ingiustificato dalla difesa.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi di doglianza con argomentazioni chiare e in linea con la giurisprudenza precedente.
In primo luogo, i giudici hanno ribadito con forza il principio secondo cui il delitto di ricettazione e quello di indebito utilizzo di strumenti di pagamento danno vita a un concorso di reati. Le due norme, infatti, tutelano beni giuridici diversi e descrivono condotte differenti sia sul piano strutturale che su quello cronologico. La ricettazione si consuma nel momento in cui si riceve o si acquista la cosa di provenienza illecita (la carta bancomat). L’uso indebito, invece, costituisce una condotta successiva e autonoma, che lede un interesse diverso, legato alla sicurezza delle transazioni commerciali e alla fede pubblica. Non può, quindi, parlarsi di assorbimento.
In merito al secondo motivo, la Corte ha osservato che la difesa non ha fornito alcun elemento concreto per dimostrare la riconducibilità diretta della detenzione della carta al furto. La richiesta di derubricazione è stata quindi giudicata come una mera riproposizione di argomenti già correttamente disattesi dalla Corte d’Appello, in assenza di prove che dimostrassero un coinvolgimento diretto dell’imputata nella sottrazione materiale della carta.
Per quanto riguarda, infine, il trattamento sanzionatorio, la Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte territoriale congrua e logica. Il diniego delle attenuanti generiche era stato giustificato sulla base di elementi ostativi concreti, quali la gravità della condotta e i precedenti penali specifici della ricorrente, rendendo la decisione del giudice di merito incensurabile in sede di legittimità.
Le conclusioni della Suprema Corte
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: ricevere e utilizzare una carta di credito o bancomat rubata sono due azioni distinte che integrano due reati separati. La conseguenza pratica di questa interpretazione è significativa: l’autore di tali condotte sarà chiamato a rispondere di entrambi i reati in concorso di reati, con un conseguente aumento della pena complessiva. Questa decisione rafforza la tutela del patrimonio e della sicurezza dei sistemi di pagamento, sanzionando in modo distinto sia la circolazione di beni di provenienza illecita sia il loro successivo impiego fraudolento.
Chi riceve e usa un bancomat rubato commette uno o due reati?
Secondo la Corte di Cassazione, commette due reati distinti: ricettazione (per aver ricevuto la carta rubata) e uso indebito di strumenti di pagamento (per averla utilizzata). Le due condotte configurano un concorso di reati e vengono punite separatamente.
Perché il reato di uso indebito di bancomat non viene “assorbito” da quello di ricettazione?
Perché le due fattispecie descrivono condotte diverse sia dal punto di vista strutturale (ricevere vs. utilizzare) sia cronologico (l’uso è successivo alla ricezione). Pertanto, non sussiste un rapporto di specialità che possa giustificare l’assorbimento di un reato nell’altro.
In quali casi la detenzione di una carta rubata può essere considerata furto anziché ricettazione?
Può essere considerata furto solo se la difesa fornisce elementi di prova concreti che dimostrino una “immediata” riconducibilità della detenzione al momento della sottrazione. In altre parole, si deve provare che chi possiede la carta è anche colui che l’ha materialmente rubata, e non un soggetto che l’ha semplicemente ricevuta da altri in un secondo momento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36841 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36841 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SCHIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/01/2025 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia che ha confermato l’affermazione di responsabilità dell’imputata e il trattamento sanzionatorio inflitto per i delitti di ricettazione ed uso indebito di una tessera bancomat di provenienza furtiva;
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta il mancato assorbimento del reato di cui all’art. 493-ter cod. pen. in quello ex art. 648 cod. pen., risulta manifestamente infondato in quanto la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio di diritto secondo cui il delitto di ricettazione e quello di indebito utilizzo di strumenti di pagamento diversi dai contanti concorrono tra loro, atteso che le predette fattispecie incriminatrici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un rapporto di specialità (Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001, Tiezzi, Rv. 21887201; Sez. 2, n. 46652 del 18/09/2019, COGNOME, Rv. 277777 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso con cui si prospetta il vizio di motivazione in ordine alla mancata derubricazione del reato di ricettazione in quello di furto della carta bancomat è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale con una motivazione che non presta il fianco a censura per congruenza logica e conformità all’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, Kebe, Rv. 270120; n. 43427 del 07/09/2016, Ancona, Rv. 267969), non avendo la difesa fornito alcun elemento effettivamente dimostrativo della “immediata” riconducibilità della detenzione delle cose di provenienza illecita al furto:
osservato, infine, che il terzo motivo di ricorso, precluse le generiche doglianze in punto di recidiva in quanto non devolute in appello, è manifestamente infondato nella parte in cui deduce la violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche e all’eccessività della pena irrogata in quanto la Corte territoriale ha posto a base del suddetto diniego una congrua motivazione, in linea con l’orientamento di questa Corte, richiamando in senso ostativo la gravità della condotta e i precedenti specifici di cui risulta gravata l’odierna ricorrente;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il giorno 10 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presi nte