Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 20977 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 20977 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a TARANTO il 28/08/1991
avverso la sentenza del 03/12/2024 della Corte di appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette la memoria del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 3 dicembre 2024 la Corte di appello di Lecce, sez. distaccata di Taranto, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Taranto, previo riconoscimento della continuazione con i reati giudicati con altra sentenza emessa in data 8 agosto 2018, ha condannato NOME COGNOME alla pena di anni 2 e mesi 9 di reclusione ed euro 9.000,00 di multa, per avere ceduto sostanza stupefacente del tipo hashish.
1.1. Più in particolare, i giudici di merito, valorizzando le dichiarazioni di NOME COGNOME hanno ritenuto provata la cessione, in favore di quest’ultimo, di 1,26 grammi di hashish, qualificando il fatto, consumato il 24 maggio 2018, ai sensi del comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge con riguardo all’art. 649 cod. proc. pen.
Si osserva, al riguardo, che per i fatti per cui si procede il ricorrente è stato giudicato e condannato con la sentenza emessa in data 8 agosto 2018, nel procedimento scaturito dal suo arresto in flagranza, avvenuto in data 8 giugno 2018.
D’altra parte, nel separato giudizio veniva ritenuta la contestuale detenzione di hashish e cocaina, accertata pochi giorni dopo i fatti per cui oggi è processo.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio della motivazione con riguardo alla affermazione di responsabilità.
Si osserva al riguardo che già il Tribunale aveva escluso la condotta di cessione della cocaina, che il Sallahedine, assuntore di stupefacenti, si era procurato prima di recarsi dal Preite; per le medesime ragioni, quindi, i giudici di merito avrebber 4r4rQ dovuto ritenere che anche l’hashish, sequestrato il 24 maggio 2018,U acquistato dal Sallahedine prima di recarsi dal Preite.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta < e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
All'analisi dei motivi è utile premettere che, secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, in data 24 maggio 2018 personale di polizia giudiziaria sottopose a controllo Dahir Sallahedine, da poco uscito dalla porta dell'immobile in cui, al secondo piano, era ristretto in regime di arresti domiciliari NOME COGNOME
In esito alla perquisizione personale fu rinvenuto stupefacente del tipo cocaina ed hashish.
Sentito nell'immediatezza, il COGNOME dichiarò di aver acquistato l'hashish (non la cocaina) dal COGNOME.
Dopo qualche giorno, e precisamente in data 8 giugno 2018, nel corso di una perquisizione, nel domicilio in cui era ristretto il Preite fu rinvenuta sosta stupefacente del tipo hashish e cocaina.
Tratto in arresto, il COGNOME è stato poi condannato con sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo è inammissibile, poiché manifestamente infondato, oltre che reiterativo di analoga censura già disattesa dalla Corte di appello.
Pur volendo sostenere che lo stupefacente ceduto dal COGNOME fosse parte di quello da lui detenuto e rinvenuto al momento (successivo) in cui fu tratto in arresto, giudici di merito hanno escluso che possa ravvisarsi "contiguità temporale" tra la condotta di cessione per cui si procede, e quella (diversa) di detenzione, per cui si è proceduto separatamente.
Come evidenziato dalla Corte territoriale, facendo corretta applicazione di consolidati insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, poiché l'art. 73 d.P.R. ottobre 1990, n. 309 ha natura di norma a più fattispecie, deve escludersi il concorso formale di reati quando un "unico fatto concreto" integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuità dal medesimo soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (cfr., Sez. 3, n. 8999 del 05/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278418 – 01; Sez. 4, n. 9496 del 31/01/2008, COGNOME, Rv. 239259 – 01).
Le diverse condotte previste dal citato art. 73 perdono quindi la loro individualità, con conseguente esclusione del concorso formale per effetto dell'assorbimento, solo se costituiscono manifestazione di disposizione della medesima sostanza e risultano poste in essere contestualmente o, comunque, senza apprezzabile soluzione di continuità, in funzione della realizzazione di un unico fine (Sez. 3, n. 23759 del 10/02/2023, El Khaddach, Rv. 284666 – 01).
Invece, se le differenti azioni tipiche (detenzione, vendita, offerta in vendit cessione ecc.) sono distinte sul piano ontologico, cronologico, psicologico e funzionale, esse costituiscono più violazioni della stessa disposizione di legge e, quindi, distinti reati, eventualmente unificati nel vincolo della continuazione (Sez.
n. 22549 del 28/03/2017, COGNOME Rv. 270266 – 01; Sez. 6, n. 2411 del 30/06/1998,
COGNOME, Rv. 211264 – 01), come appunto ritenuto dalla Corte di appello.
2.2. Il secondo motivo è inammissibile, poiché aspecifico.
Il ricorso non si confronta affatto con la circostanza per cui la prova della cessione dello stupefacente del tipo hashish, da parte del Preite, è stata affermata in
ragione delle dichiarazioni dell'acquirente (p. 2 sentenza ricorsa); dichiarazioni la cu valenza probatoria non è in alcun modo censurata.
Il fatto poi che le stesse dichiarazioni siano state utilizzate per affermare che i
Preite cedette l'hashish, ma non la cocaina, non introduce affatto nella motivazione alcun profilo di contraddittorietà o di illogicità, tantomeno manifesta, come invece
sostiene, in termini intrinsecamente aspecifici, il ricorrente.
3. Stante l'inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 7 giugno
2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro
tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 20 maggio 2025
Il GLYPH
sigliere estensore
Il P/esidente