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Concorso di reati stupefacenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20977/2025, ha stabilito che la cessione di stupefacenti e la successiva detenzione di altra sostanza, anche a distanza di pochi giorni, configurano un concorso di reati stupefacenti e non un’unica condotta criminosa. Il ricorso dell’imputato, che sosteneva il principio del ‘ne bis in idem’, è stato dichiarato inammissibile perché le due azioni sono state ritenute distinte sul piano ontologico, cronologico e funzionale.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso di reati stupefacenti: la Cassazione decide

Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su una questione cruciale in materia di droga: quando la vendita e la successiva detenzione di stupefacenti costituiscono reati separati? La Corte ha fornito criteri precisi per distinguere un’unica condotta da un concorso di reati stupefacenti, confermando che azioni distinte nel tempo e nel contesto, anche se ravvicinate, devono essere giudicate separatamente.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in appello per aver ceduto una piccola quantità di hashish (1,26 grammi) il 24 maggio 2018. Pochi giorni dopo, l’8 giugno 2018, nel corso di una perquisizione domiciliare, lo stesso soggetto veniva trovato in possesso di ulteriore sostanza stupefacente (hashish e cocaina) e arrestato in flagranza, fatto per cui era già stato condannato con una precedente sentenza.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo la violazione del principio del ne bis in idem (divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto). Secondo la sua difesa, la cessione del 24 maggio e la detenzione accertata l’8 giugno facevano parte di un’unica, continuata attività di spaccio, e quindi dovevano essere considerate come un solo reato.

La Questione Giuridica e il Concorso di Reati Stupefacenti

Il nodo centrale della questione era stabilire se le due condotte – la cessione e la successiva detenzione – potessero essere assorbite in un unico reato, oppure se configurassero due distinti illeciti. L’articolo 73 del D.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti) è una norma a più fattispecie, che punisce diverse azioni come la detenzione, la vendita, l’offerta, ecc.

La difesa puntava a dimostrare che lo stupefacente ceduto fosse parte della stessa scorta poi rinvenuta e sequestrata, cercando di unificare i due episodi in un’unica violazione. Se accolta, questa tesi avrebbe impedito una seconda condanna. La Procura Generale, invece, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, ritenendo le due condotte nettamente separate.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno chiarito che, sebbene l’art. 73 punisca diverse condotte, queste perdono la loro individualità e vengono assorbite in un unico reato solo se rappresentano fasi di un singolo e concreto fatto, poste in essere senza un’apprezzabile soluzione di continuità.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che per aversi un reato unico, le diverse azioni devono essere contestuali o strettamente conseguenti, e devono riguardare la medesima sostanza stupefacente. Nel caso di specie, i giudici hanno escluso la sussistenza di una “contiguità temporale” tra la cessione del 24 maggio e la detenzione accertata l’8 giugno. Si tratta di due episodi distinti sul piano:

* Ontologico: sono due azioni diverse (vendere e detenere).
* Cronologico: avvengono in due date differenti.
* Psicologico e Funzionale: rispondono a logiche potenzialmente diverse.

Di conseguenza, la Corte ha stabilito che si tratta di due violazioni distinte della stessa disposizione di legge. Questi reati possono essere unificati solo sotto il vincolo della continuazione, che prevede un aumento di pena per il reato più grave, ma non possono essere considerati come un unico fatto. La tesi difensiva è stata quindi respinta come manifestamente infondata.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale nella giurisprudenza sugli stupefacenti: la pluralità di azioni come la vendita e la detenzione, se non contestuali e legate alla medesima partita di droga, dà luogo a un concorso di reati stupefacenti. Ogni episodio criminoso mantiene la sua autonomia e può essere perseguito e sanzionato separatamente. La decisione offre un importante chiarimento per operatori del diritto e cittadini, delineando con precisione i confini tra reato unico e pluralità di reati in un ambito di grande rilevanza sociale e giuridica.

Vendere droga e detenerne altra in un momento successivo sono lo stesso reato?
No. Secondo la Cassazione, si tratta di due reati distinti se le azioni sono separate nel tempo e nel contesto, anche se di pochi giorni. Non costituiscono un “unico fatto concreto” e quindi possono essere giudicate separatamente.

Quando più condotte legate agli stupefacenti vengono considerate un reato unico?
Solo quando le diverse azioni (es. acquisto, detenzione e vendita) costituiscono la manifestazione di un’unica disposizione della medesima sostanza stupefacente, senza una apprezzabile interruzione temporale e funzionale tra di esse.

Cosa significa che il ricorso è stato dichiarato “inammissibile”?
Significa che la Corte di Cassazione ha respinto l’impugnazione senza esaminarla nel merito, poiché l’ha ritenuta manifestamente infondata e basata su argomentazioni già correttamente respinte nei precedenti gradi di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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