Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44309 Anno 2024
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44309 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/10/2024
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PARTINICO il 10/03/1958
avverso la sentenza del 18/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, avvocato COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 18 novembre 2023, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 17/07/2019 che aveva dichiarato la penale responsabilità penale di NOME COGNOME per il reato di ricettazione di una pistola Beretta cal. 9 smarrita da NOME COGNOME; ha rideterminato la pena complessiva, a seguito del riconoscimento della continuazione tra il predetto reato e quello oggetto della sentenza della Corte di appello di Roma in data 13/12/2016, irrevocabile dal 05/07/2018, in anni due, mesi sette di reclusione ed € 900,00 di multa.
Ha rigettato conseguentemente l’appello incidentale del Procuratore della Repubblica di Roma che aveva lamentato l’inadeguatezza della pena rispetto alla gravità del fatto.
Il 23/12/2015, durante un’irruzione in una palazzina in INDIRIZZO a Roma, gli operanti erano entrati in un appartamento dal quale una persona si era data alla fuga e avevano ricevuto dall’inquilino, identificato in NOME COGNOME, una busta di nylon contenente l’arma di cui all’imputazione.
I giudici di merito avevano ritenuto inattendibili le giustificazioni addotte dall’imputato, che sosteneva che l’arma era stata lasciata di corsa dall’uomo in fuga, e avevano respinto l’eccezione di violazione del divieto di doppia incriminazione, addotta in riferimento ad un giudizio direttissimo nel
quale COGNOME era stato giudicato per il reato di detenzione di arma, perchØ tale condotta era in concorso materiale con quello di ricettazione.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME e ha articolato quattro motivi
2.1 Con il primo motivo lamenta l’improcedibilità dell’azione penale e quindi la violazione di legge in relazione all’art. 649 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione sull’accertamento dei presupposti per l’applicazione di tale norma. L’acquisto dell’arma di provenienza illecita costituisce il momento necessario e insostituibile per determinare la condotta di detenzione; l’ineluttabile progressione della condotta rende illegittima la duplicazione delle condanne e peraltro sul piano processuale la difesa evidenzia che già al momento in cui si stava procedendo per il reato di detenzione illegale dell’arma erano pervenuti al P.M. gli esiti investigativi che consentivano di accertare gli elementi del reato di ricettazione.
2.2 Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 606, comma 1 lettere b) ed e) per mancanza di motivazione in ordine agli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 648 cod. pen.
La Corte sarebbe incorsa in illogicità e travisamento dei fatti laddove ha ritenuto non credibile la versione dell’imputato perchØ difforme da quanto descritto dagli operanti, che erano giunti alcuni istanti dopo il fatto e avevano potuto notare solo la fuga di colui il quale aveva lasciato la pistola dentro casa di Scaglione. In ogni caso la decisione non ha accertato alcuna condotta positiva di acquisizione volontaria, consapevole e precedente alla detenzione.
2.3 Il terzo e il quarto motivo sono strettamente connessi e denunciano la violazione dell’art. 606, comma 1 lett. c), in relazione agli artt. 597, commi 3 e 4 cod. proc. pen. ed in relazione all’art. 591, coma 1 lett. c) e agli artt. 585, comma 1 lett. c), e 581, comma 1, cod. proc. pen.
La Corte di appello, dopo aver rideterminato la pena complessiva a carico di COGNOME in anni due, mesi sette di reclusione ed € 900,00 di multa in ragione del riconoscimento della continuazione con la precedente condanna, ha rigettato l’appello quoad poenam del P.M.
Ma tale impugnazione non poteva essere qualificata come incidentale perchØ proposta ai sensi dell’art. 570 cod. proc. pen. e perchØ l’appello incidentale può essere proposto solo dall’imputato; essa doveva essere dichiarata inammissibile perchØ presentata fuori termine e priva dei requisiti essenziali richiesti. SicchŁ la pena stimata congrua in anni due di reclusione Ł stata illegittimamente innalzata ad anni due e mesi quattro di reclusione ed euro 700,00 di multa come pena base ed Ł stata poi ulteriormente aumentata di mesi quattro e giorni quindici di reclusione ed euro 300,00 di multa, poi ridotta di un terzo per il rito.
Il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, mentre il difensore dell’imputato ha insistito nel ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł parzialmente fondato e va accolto nei limiti appresso specificati.
Deve essere preliminarmente respinta la prima censura che lamenta il mancato riconoscimento dell’identità del fatto contestato in questo procedimento (ricettazione della pistola Beretta calibro 9 denunciata smarrita da NOME COGNOME) e quello oggetto della sentenza della Corte di appello di Roma in data 13/12/2016, irrevocabile dal 05/07/2018 (reati di cui agli artt. 2 e 7 l.n. 895/67 e 23, comma 3, l.n. 110/75, aventi ad oggetto la medesima arma).
La giurisprudenza di legittimità ha affermato costantemente fino in tempi recenti la piena
configurabilità del concorso materiale tra i delitti di ricettazione e di detenzione illegale di arma comune da sparo «attesa la diversità delle due fattispecie sia sul piano materiale e psicologico che su quello cronologico dei momenti di consumazione» (Sez. 1, n. 17415 del 28/03/2019, Rv. 275251).
L’art. 648 cod. pen. incrimina quali condotte distinte ma tutte sottoposte alla stessa sanzione, se sorrette dalla finalità di trarre profitto, l’acquisto, la ricezione e l’occultamento di cose provenienti da un qualsiasi delitto.
Con il termine “acquisto” l’art. 648 cod. pen. intende riferirsi a qualsiasi accordo con terzi, anche tacito o per comportamenti concludenti, comunque idoneo a far conseguire il possesso della cosa, pur se non seguito dalla sua materiale consegna.
La ricezione, condotta illecita distinta dall’acquisto, si identifica in qualsiasi azione che faccia ottenere all’agente il possesso della cosa proveniente da reato e quindi ne consenta il trasferimento nella sua sfera patrimoniale (Sez. 1, n. 8245 del 11/05/1987, COGNOME, Rv. 176392; sez. 4, n. 14424 del 2/12/2012, Rv. 253302).
Ognuna di queste condotte, quindi, vale ad integrare, anche da sola, l’illecito previsto dall’art. 648 cod. pen., reato istantaneo, che si consuma nel momento in cui l’oggetto materiale di provenienza criminosa entra nella sfera di disponibilità e controllo dell’agente.
Il successivo uso del bene acquisito, irrilevante ai fini dell’integrazione della fattispecie di ricettazione, può integrare – ricorrendone gli elementi – un’altra ipotesi di reato. E poichØ l’illecito di cui all’art. 648 cod. pen. si perfeziona con il conseguimento del possesso della cosa di provenienza delittuosa sorretto dall’intenzione di trarre da essa profitto, allorchŁ il soggetto attivo commetta, per realizzare il profitto che si Ł proposto, un secondo delitto, tale ultimo reato non Ł assorbito nel primo, che Ł già perfetto, ma concorre materialmente con esso (così sez. 2, n. 12870 del 09/03/2016, COGNOME, Rv. 266659, in motivazione Sez. U, n. 22225 del 19/01/2012, COGNOME, Rv. 252455, sez. 5, n. 2098 del 14/01/1997, NOME COGNOME, Rv. 206998 in riferimento alla detenzione per la vendita di prodotti col marchio contraffatto, condotta incriminata dall’art. 474 cod. pen.; sez. 2, n. 367 del 07/03/1966, COGNOME, Rv. 101566 in riferimento al compimento di una truffa quando con artifizi e raggiri il ricettatore inganni colui al quale ceda il bene ricevuto circa la sua reale origine; sez. 2, n. 969 del 01/10/1981, dep. 1982, Bonn, Rv. 151918 in riferimento all’estorsione quando l’agente pretenda un compenso per la restituzione al suo proprietario del bene ricettato, in precedenza sottrattogli).
Lo stesso principio vale per il caso del mantenimento del possesso di un’arma di provenienza illecita senza denunciarla da parte di chi l’abbia ottenuta con una condotta di ricettazione. Deve considerarsi una successiva e autonoma condotta quella accertata in forza di situazione di fatto indicativa di una stabile relazione del soggetto con la cosa, che renda apprezzabile l’autonoma disponibilità del bene da parte dell’agente, in grado di farne uso secondo le proprie determinazioni (sez. F, n. 33609 del 30/08/2012, COGNOME, rv. 253425; sez. 3, n. 46622 del 27/10/2011, Z., rv. 251967).
Alla luce di queste premesse, Ł stato ritenuto ammissibile dalla giurisprudenza consolidata il concorso tra il delitto di ricettazione e quello di detenzione di arma clandestina, oppure provento di precedente sottrazione al legittimo proprietario nella forma del furto o della rapina (così già sez. 1, n. 39223 del 26/02/2014, COGNOME, rv. 260347; sez. 6, n. 45903 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257387; sez. 2, n. 41464 del 29/09/2009, Zara, rv. 244951; sez. 2, 19/2/2008, COGNOME, rv. 239769; sez. 2, n. 23/3/2004, Divano, rv. 230051).
La difesa del ricorrente nel proporre la censura avverso il provvedimento impugnato non si confronta con questo costante orientamento nØ propone argomenti idonei a giustificarne una rivalutazione.
E’ infondato il secondo motivo che lamenta illogicità e travisamento dei fatti nella motivazione della sentenza della Corte di appello, nella parte in cui ha ravvisato discordanza tra la testimonianza degli ufficiali di polizia giudiziaria operanti e le dichiarazioni dell’imputato, secondo il quale l’arma sarebbe stata gettata dentro la sua abitazione d’improvviso e senza il suo consenso da un uomo in fuga. Ciò perchØ gli operanti non avrebbero potuto assistere a quanto accaduto pochi istanti prima all’imputato.
Con la medesima censura il ricorrente lamenta che il giudice di merito, limitandosi ad affermare l’inattendibilità delle dichiarazioni dell’imputato, non aveva ricostruito la condotta di acquisizione volontaria, consapevole e precedente dell’arma di provenienza illecita.
Tali censure mirano in realtà ad una rivalutazione dei medesimi elementi già esaminati dalla Corte di appello e propongono mere critiche argomentative alle valutazioni contenute nel provvedimento impugnato.
Occorre ricordare che «il vizio di “contraddittorietà processuale” (o “travisamento della prova”) vede circoscritta la cognizione del giudice di legittimità alla verifica dell’esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, per evidenziarne l’eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di “fotografia”, neutra e avalutativa, del “significante”, ma non del “significato”, atteso il persistente divieto di rilettura e di reinterpretazione nel merito dell’elemento di prova» (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370 01).
La Corte territoriale ha fornito una spiegazione sorretta da rigoroso percorso logico nella ricostruzione dei fatti, ritenendo del tutto incongrua la versione di COGNOME sulle modalità con le quali l’arma sarebbe giunta fino in casa sua; oltre alla complessiva inverosimiglianza del racconto, Ł stato sottolineato che gli operanti avevano assistito da non molto lontano alla fuga dello sconosciuto dalle scale e quindi avrebbero dovuto sentire le urla con le quali, a dire dell’imputato, l’uomo prima di lasciargli l’arma in una busta di nylon si sarebbe messo ad imprecare (‘le guardie, le guardie’), e avrebbero anche dovuto vedere l’anomala manovra del lancio dell’oggetto dall’esterno verso l’interno.
E invece gli operanti descrivono un mero movimento di fuga.
Non vi Ł stato quindi alcun travisamento ma una plausibile valutazione delle risultanze processuali.
Infondata anche la doglianza circa la mancata compiuta ricostruzione della condotta di ricezione dell’arma visto che «il presupposto del delitto della ricettazione non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale, poichØ la provenienza delittuosa del bene posseduto può ben desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso» (sez. 1, n. 29486 del 26/06/2013, Rv. 256108 – 01; così anche piø di recente sez. 1, n. 46419 del 18/09/2019, Rv. 277334 – 01).
E’ invece fondata la doglianza in ordine alla violazione del divieto di reformatio in pejus .
4.1 Va in via preliminare sul punto disattesa la censura in ordine alla statuizione di rigetto dell’appello incidentale del Pubblico ministero che aveva impugnato la sentenza di primo grado con riguardo al trattamento sanzionatorio, ritenuto inadeguato.
Il ricorrente deduce che l’appello incidentale del Pubblico ministero doveva essere dichiarato inammissibile, perchØ tale strumento di impugnazione era precluso alla parte pubblica per le doglianze che hanno ad esclusivo oggetto la commisurazione della pena alla luce della disposizione di cui all’art. 593, comma 1, cod. proc. pen. e in ogni caso l’appello incidentale, ai sensi dell’art. 595 cod. proc. pen., era consentito solo all’imputato.
Tuttavia, pur offrendo tali pertinenti richiami normativi, il ricorrente non fa emergere quale interesse processuale sorregga la sua richiesta di modifica della statuizione, già a lui favorevole, di rigetto dell’appello incidentale del Pubblico ministero, posto che dalla soluzione prospettata, quella della declaratoria di inammissibilità, non deriva alcuna concreta conseguenza favorevole per l’imputato.
SicchŁ la censura deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse.
4.2 La doglianza sulla violazione del divieto di reformatio in pejus invece deve essere accolta ed Ł ammissibile per ragioni che prescindono dalla statuizione relativa all’appello del Pubblico ministero.
E difatti la Corte di appello ha riconosciuto la sussistenza del vincolo della continuazione tra il fatto oggetto del presente procedimento e quelli di cui sentenza della Corte di appello di Roma in data 13/12/2016, irrevocabile dal 05/07/2018.
Ha ritenuto reato piø grave quello di cui al presente procedimento, cioŁ la ricettazione.
Il giudice di primo grado aveva commisurato la pena per il reato di ricettazione in anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa.
Il venir meno dell’appello incidentale comporta che il trattamento sanzionatorio per il reato di ricettazione non poteva essere determinato in misura superiore a quella già fissata dal giudice di primo grado.
Invece la Corte di appello, quando ha dovuto stabilire la pena base per il reato piø grave, cioŁ la ricettazione, non ha preso le mosse da quella già determinata dal giudice di primo grado, come tale non piø modificabile in pejus , ma l’ha stabilita in quella piø elevata della reclusione pari ad anni due e mesi quattro di reclusione e della multa pari ad euro 700,00.
L’aumento di mesi quattro e giorni quindici di reclusione ed euro trecento di multa, poi ridotto di un terzo per il rito, Ł stato quindi applicato su una pena base illegittima.
A tale vizio si deve riparare e, non essendo necessari ulteriori accertamenti e potendosi rideterminare la pena sulla base delle stesse statuizioni del giudice di merito, vi si può procedere, ai sensi dell’art. 620, lett. l), cod. proc. pen., ripristinando la pena base del reato piø grave nella misura già fissata dal giudice di primo grado pari ad anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa e conseguentemente rideterminando la complessiva pena da infliggere in anni due, mesi tre di reclusione ed euro 800,00 di multa.
Nel resto il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena base, che ridetermina in anni due di reclusione ed euro 600,00 di multa e, per effetto, ridetermina la pena complessiva in anni due, mesi tre di reclusione ed euro 800,00 di multa. Rigetta nel resto il ricorso.
Così Ł deciso, 08/10/2024
Il Consigliere estensore
COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME