Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20524 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20524 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato ad Avellino il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2023 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore dell’imputato, avvocato NOME COGNOME, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Napoli confermava la decisione dibattimentale di primo grado, che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole di concorso nei reati di detenzione e porto illegali di materiale esplodente e di arma comune da sparo, di cui al capo a) della rubrica, nonché di concorso in incendio e danneggiamento aggravato, contestati nei capi b) e c), e, riconosciuta la continuazione, aveva condannato l’imputato alla pena principale di cinque anni di reclusione e 7.800 euro di multa.
Oggetto dell’incendio e del danneggiamento risultava l’automobile di NOME COGNOME, il quale, il 13 dicembre 2020, aveva sporto denuncia-querela rappresentando che, poco dopo l’una del mattino, mentre dormiva nella sua abitazione di Brusciano, era stato svegliato da un forte rumore, proveniente dall’esterno. COGNOME si era quindi affacciato alla finestra, avvedendosi che il veicolo era in fiamme a causa dell’esplosione, nella vicina INDIRIZZO, di un ordigno di fattura rudimentale.
L’ordigno era in realtà diretto contro la famiglia COGNOME, residente nella medesima via. Il balcone dell’abitazione di costoro, nei momenti immediatamente precedenti l’esplosione, era stato raggiunto da una serie di colpi di pistola, sparati da tre uomini, scesi da due autovetture, una Fiat Panda di colore bianco e una Fiat 500. Il sopraggiungere delle vetture e gli spari erano stati ripresi da un sistema di videosorveglianza. Analoghe telecamere, circa mezz’ora prima, avevano filmato, in piazza COGNOME, la fase preparatoria, mostrando un gruppo di persone intente a camuffare le targhe di una Fiat Panda di colore bianco e di una Fiat Punto, e a caricare sulla Panda l’ordigno esplosivo.
Quest’ultima videoregistrazione, temporalmente anteriore, metteva capo all’identificazione dell’odierno imputato, NOME COGNOME, riconosciuto nelle immagini dal personale di polizia giudiziaria operante, al quale l’uomo era noto; al riguardo, avevano deposto in dibattimento i testimoni NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in servizio presso l’RAGIONE_SOCIALE. E la stessa Corte di appello aveva provveduto, in camera di consiglio, alla visione delle videoriprese.
Ai fini della responsabilità concorsuale di COGNOME rispetto a tutti i reati addebitati non era necessario, per la Corte di appello, assumere necessariamente la sua presenza sul luogo degli spari e della deflagrazione. COGNOME aveva in ogni caso fornito un rilevante contributo preparatorio all’azione complessiva, avendo personalmente provveduto all’alterazione delle targhe del
veicolo (lo stesso da lui abitualmente utilizzato), al cui interno i complici, presenza, avevano collocato l’ordigno esplosivo, nella piena consapevolezza d quanto sarebbe poi accaduto.
Quanto all’imputazione di cui al capo b), ricorreva per la Corte del grava il delitto di incendio, e non quello di danneggiamento seguito da incendio (o relativo pericolo). Il fuoco appiccato aveva le caratteristiche dell’incen senso tecnico e la volontà colpevole si era diretta, a scopo intimidatorio, i precisa direzione (non si voleva solo danneggiare).
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME ricorre per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia.
Il ricorso è articolato in sei motivi, che qui si riassumono ai sensi de 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen..
4.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine suo riconoscimento per il tramite del sistema di videosorveglianza di pia COGNOME, da cui è derivata l’affermazione della sua colpevolezza.
Le contestazioni difensive, al riguardo, avrebbero meritato maggior attenzione e considerazione.
Il testimone COGNOME, in effetti, aveva in udienza dichiarato di av operato il riconoscimento, nonostante la persona apparsa nelle immagini foss «travisata» e avesse «un berrettino da baseball e il cappuccio alzato», sulla delle caratteristiche fisiche, del modo di camminare, delle movenz dell’abbigliamento indossato (una tuta di colore scuro e un berrettino nero) e particolare tipo di occhiali. Il testimone COGNOMECOGNOME COGNOME:ore dell’ul riconoscimento, aveva invece dichiarato, in successiva udienza, che l’uomo no aveva «nessuna mascherina», né altro «che potesse alterarne il volto», e fo dunque perfettamente riconoscibile, essendosi trovato, in un determinat momento, sotto l’illuminazione dei fari dell’automobile lampeggianti all’apert delle portiere. COGNOME aveva anch’egli parlato dei particolari occhiali a spe nonché della tuta e del berrettino neri.
Questo secondo dichiarante, nel corso dell’esame dibattimentale, aveva anche fatto capire di essere a conoscenza del narrato del primo testimon quantunque non avesse assistito alla relativa escussione. La circostanza desta sconcerto, sottintendendo che il secondo operante si fosse confrontato con primo per rendere una versione che fosse il più possibile aderente a quella acquisita. Rimaneva, comunque, una insuperata discrasia con riferimento al dat del travisamento.
Nelle dichiarazioni predibattimentali dei testimoni non vi era, poi, riferim alcuno né al particolare tipo di occhiali, né al dettaglio delle luci lampeggian
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avrebbero illuminato il volto. Quanto agli occhiali, non si era tentato di risalire alla loro marca e al modello, al fine di un migliore confronto. Il lampeggiamento dei fari sarà durato una frazione di secondo e non si vede come possa avere illuminato in modo adeguato il volto della persona da riconoscere. «Tratti somatici», «modo di camminare» e «movenze» sarebbero caratteristiche evocate in modo indeterminato. COGNOME, peraltro, era stato sempre controllato dalle forze dell’ordine in condotte di guida, tali da non permettere di risalire alle «movenze».
L’imputato possedeva, è vero, una vettura Fiat Panda (l’accostamento era stato effettuato dal teste COGNOME), ma trattasi di una vettura assai comune. Non essendo rilevabile, dai filmati, la targa di quella coinvolta nei crimini, il da indiziario perdeva di valore, anche perché la stessa videoregistrazione mostrava che l’uomo, identificato per COGNOME, fosse poi salito a bordo della Punto. E alla guida della Panda fu controllata, in seguito, altra persona, ciò dimostrando che l’automobile non era nella disponibilità esclusiva dell’imputato.
4.2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine al ritenuto suo concorso nei reati contestati.
Quand’anche l’imputato fosse veramente l’uomo che armeggiava con le targhe, la circostanza non proverebbe la compartecipazione criminosa. COGNOME non avrebbe preso parte ad alcuna altra attività, né avrebbe interagito o interloquito con gli altri soggetti coinvolti, né si sarebbe a posteriori interessato alla vicenda.
4.3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine alla negata derubricazione del reato di cui al capo b) nella fattispecie di cui all’art. 424, primo comma, cod. pen.
Lo scopo dell’azione sarebbe stato solo il danneggiamento, e le fiamme non avevano neppure raggiunto il grado di diffusività richiesto per integrare tecnicamente la fattispecie dell’incendio.
4.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordine alla negata concessione dell’attenuante della partecipazione di minima importanza.
La condotta dell’imputato sarebbe stata di natura solo preparatoria e dal carattere pienamente fungibile, risultando non indispensabile.
4.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce violazione di legge in ordine al diniego delle attenuanti generiche, illegittimamente opposto per la s mancanza di collaborazione, pentimento o reticenza.
4.6. Con il sesto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione in ordi alla dosimetria della pena. La gravità dell’occorso sarebbe stata desunta dal
collegamento ad una conflittualità tra gruppi rivali di criminalità organizzat cui non vi sarebbe tuttavia evidenza alcuna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla contestazione d riconoscimento dell’imputato come coautore delle condotte serventi, preordinat alla consumazione, è infondato.
Secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, il riconoscimento video fotografico, operato in sede di indagini di polizia giudiziaria, e riportato com in dibattimento, non è espressamente regolato dal codice di rito e costituisce accertamento di fatto, utilizzabile in giudizio in base ai principi di non tass dei mezzi di prova e del libero convincimento del giudice (Sez. 5, n. 22612 d 10/02/2009, COGNOME, Rv. 244197-01). L’affidabilità della prova discende, in t caso, dall’attendibilità accordata alla deposizione di chi ha comp l’individuazione (Sez. 6, n. 17103 del 31/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv 275548-01), che può essere misurata in base alla univocità e precisione degli elementi identificativi, alla veste professionale del dichiarante e ad ogni circostanza in grado di assegnare valore alla dichiarazione confermativa (Sez. n. 23090 del 10/07/2020, COGNOME, Rv. 279437-01).
Nella specie, il riconoscimento è avvenuto ad opera di plurimi e qualifica operatori di polizia giudiziaria, che se ne sono detti certi a seguito di di pregressa conoscenza personale del soggetto ripreso e hanno fornito elementi d estremo dettaglio a sostegno dell’individuazione operata, favorita dalle esist condizioni di luce di cui è stata fornita, del pari, accurata illustrazione.
I testimoni non sono incorsi in contraddizione alcuna e non vi sono ragion concrete per ipotizzare errori o, quel che è peggio, la collusione o il mendacio
Il recepimento giudiziale del riconoscimento è dunque esente da criticità i questa sede rilevabili.
2. Il secondo motivo neppure è fondato.
Il pieno coinvolgimento dell’imputato sia nell’attività di falsificazione targhe dell’automobile da impegnare nella spedizione punitiva, sia n caricamento a bordo dell’ordigno esplosivo, disvela la piena consapevolezza i capo a lui del disegno criminoso complessivo, in uno con il fattivo contribu materiale fornito alla sua realizzazione.
Ad escludere la sua responsabilità penale concorrente non vale, dunque, l’eventuale mancata partecipazione alla fase esecutiva finale. Il contri rilevante ai sensi dell’art. 110 cod. pen. è infatti, in caso di azione col
quello COGNOME comunque COGNOME espressivo COGNOME dell’avvenuta COGNOME condivisione COGNOME dell’evento, accompagnata da manifestazioni esteriori, anche diverse dalla condotta tipica, idonee a semplificare o agevolare l’ideazione o l’esecuzione del reato (Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, Dell’Aquila, Rv. 282620-01).
3. E’ inammissibile il terzo motivo.
I criteri di identificazione della fattispecie di cui all’art. 423 cod. pen., cui Corte di merito si è attenuta, sono all’evidenza corretti.
Si ha incendio, ai fini della legge penale, quando il fuoco divampi irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo la incolumità di un numero indeterminato di persone (in senso conforme è orientata la costante giurisprudenza di legittimità: Sez. 1, n. 14263 del 23/02/2017, COGNOME, Rv. 269842-01; Sez. 4, n. 43126 del 29/10/2008, COGNOME, Rv. 242459-01; Sez. 4, n. 2805 del 06/12/1988, dep. 1989, Bambina, Rv. 180588-01).
Tali sono giustappunto le caratteristiche che, con riferimento alla condotta di appiccamento del fuoco di cui al capo b), e alle sue conseguenze, sono state oggetto di giudiziale riscontro. Quest’ultimo è stato argomentato in modo logico ed esauriente, e le confutazioni del ricorrente sul punto sono generiche e di puro merito.
La Corte territoriale ha, infine, inappuntabilmente motivato in punto di dolo – che è l’elemento discriminante rispetto alla contigua fattispecie di cui all’art. 424, secondo comma, cod. pen. (Sez. 5, n. 1697 del 25/09/2013, dep. 2014, Cavallari, Rv. 258942-01 – e al riguardo non è stata sviluppata alcuna reale censura.
Sono infine inammissibili il quarto, quinto e sesto motivo.
Al di là della estrema genericità di formulazione, le doglianze in essi svolte sono manifestamente infondate.
L’attenuante della partecipazione di minima importanza, ex art. 114 cod. pen., postula l’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso (Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, P., Rv. 274037-01; Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, dep. 2013, Modafferi, Rv. 254051-01), e in tutta evidenza tali caratteristiche non si attagliano all’apporto compartecipativo dell’imputato, apprezzabilmente intervenuto nella fase cruciale di allestimento dei mezzi necessari per la consumazione.
Ineccepibile appare la sentenza impugnata in ordine alla negazione delle attenuanti generiche, sostanziatasi in un giudizio di fatto che, in quanto
compiutamente motivato con riferimento alle gravi modalità di condotta e all negative note di personalità, appare insindacabile in sede di legittimità (Se n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269-01; Sez. 2, n. 3896 d 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826-01; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899-01).
La pena, infine, si è attestata in prossimità del minimo edittale, si riferimento alla pena base per il più grave reato di esplosivi, sia con riferi agli aumenti per la continuazione (come consta dal calcolo contenuto nell sentenza di primo grado, ribadito in appello), e non residua alcun concre margine di doglianza al riguardo.
Il ricorso deve essere conclusivamente respinto, alla stregua de considerazioni che precedono.
A tale esito consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 23/01/2024