Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 13565 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 13565 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 23/08/1965
avverso la sentenza del 10/06/2024 della Corte d’appello di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio quanto al reato sub A, perché estinto per intervenuta prescrizione, e l’inammissibilità del ricorso nel resto con rideterminazione della pena nella misura di mesi 10 di reclusione. letta la memoria di replica del difensore che insiste nella declaratoria di prescrizione d entrambi i reati.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 10/06/2024, la Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma con la quale l’imputato era stato condannato, alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, in relazione ai reati di cui all’art. 5 d.lg marzo 2000, n. 74, quale amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE in relazione all’omessa presentazione della dichiarazione Iva per l’anno di imposta 2011, commesso il 31/12/2012, (capo A) e di cui all’art. 10 del d.lgs. 10 marzo del 2000, n. 74 in relazion all’occultamento delle scritture contabili obbligatorie in modo da non consentire la
ricostruzione dei redditi e del volume degli affari (capo B), accertato in Roma il 07/10/2014.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi, enunciati nei limit strettamente necessari per la motivazione, come espressamente previsto ex art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione all’art. 178, 179 e 97 cod.proc.pen. art. 24 e 111 Cost.
Argomenta il ricorrente che la corte territoriale avrebbe disatteso le congiunte richieste di declaratoria di non doversi procedere per prescrizione dei reati, con un procedimento lesivo del diritto di difesa. Dapprima la corte territoriale aveva rilevato un errore materiale contenuto nel decreto di citazione a giudizio in appello, ed aveva rinviato l’udienza per emendare l’errore contenuto nel decreto di citazione in appello, con notificazione unicamente del verbale di udienza alle parti; poi avrebbe rinviato nuovamente l’udienza di appello per l’acquisizione del fascicolo processuale n. 61550/2014, omettendo la notifica del rinvio al difensore, pervenendo, così, alla decisione, all’udienza del 10 giugno 2024, sulla scorta di atti non facenti parte del fascicolo processuale. La mancata comunicazione al difensore di fiducia dei rinvii disposti dalla corte territoriale e dell’ordinanza con cui si disponeva l’acquisizione di at configurerebbe una nullità assoluta per violazione del diritto di difesa.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’affermazione della responsabilità penale per il reato di cui al capo A), fondata su elementi indiziari e presunzioni legali, avendo operato la corte territoriale una inversione dell’onere della prova e fondato il giudizio su presunzioni tributari non applicabili a processo penale.
Violazione di cui all’art. 606 comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen. in relazione all’omessa dichiarazione di improcedibilità per divieto di doppio giudizio in relazione al capo B) per essere l’imputato già stato giudicato per gli stessi fatti avendo già riportato condanna per bancarotta documentale.
Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio quanto al reato sub A, perché estinto per intervenuta prescrizione, e l’inammissibilità del ricorso nel resto con rideterminazione della pena nella misura di mesi 10 di reclusione.
La difesa ha depositato memoria di replica con cui ha insistito nell’accoglimento del ricorso e nell’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché entrambi i reati sono estinti per prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta infondato sulla base delle seguenti ragioni.
Il primo motivo di ricorso che denuncia la violazione della legge processuale è manifestamente infondato.
Rileva il Collegio che il procedimento di appello si è svolto con il rito cartolare, e art. 23 della legge n. 176 del 2020.
Alla prima udienza in data 01/12/2023, la corte territoriale, verificata la regolare costituzione delle parti e il pervenimento delle conclusioni delle stesse, rilevava, tuttavia un errore materiale contenuto nel decreto di citazione per il giudizio di appello (conteneva l’aggiunta di un timbro “al solo fine di dichiarare la prescrizione del reato”) e disponeva la rinnovazione del decreto di citazione a giudizio “emendato” e la notificazione alle parti. La notificazione all’imputato si era perfezionata con il ricevimento, in data 08/01/2014 “a mani proprie” della raccomandata. Il difensore di fiducia avv. NOME COGNOME la notifica avveniva mediante invio di pec. La notifica comprendeva il verbale di udienza e il decreto emendato e l’indicazione della data del rinvio del processo cartolare all’udienza del 25/01/2024.
All’udienza del 25/01/2024, la corte territoriale, dichiarava l’assenza dell’imputato e ritenuta la necessità di acquisire gli atti del proc. pen. n. 61550/2014, al fine del calco della prescrizione in presenza di sospensione per irreperibilità, rinviava il processo all’udienza del 06/03/2024.
Il verbale di udienza veniva notificato tramite pec, in data 12/02/2024, al difensore di fiducia avv. NOME COGNOME Seguiva altro rinvio in attesa del pervenimento degli atti richiesti e poi la corte d’appello pronunciava il dispositivo di sentenza in da 10/06/2024.
Così ricostruita la sequenza procedimentale, risulta smentita, in fatto, la censura difensiva: il decreto di citazione a giudizio di appello “emendato” e il verbale di udienza contenente la data del rinvio sono stati notificati alle parti (imputato e difensore), a successiva udienza del 25/01/2024 è stata dichiarata l’assenza dell’imputato e, rilevata la necessità di acquisizione degli atti, è stata disposta l’acquisizione e di questa è stat notiziata la parte (notificazione del verbale di udienza al difensore mediante pec ). L’imputato, assente nel giudizio cartolare e rappresentato dal suo difensore, a cui era stato dato avviso della disposta acquisizione documentale di atti (atti del G.I.P.) è stato messo in condizioni di esercitare il diritto di difesa sull’oggetto dell’acquisizione, mediant facoltà di deposito di memoria nel processo cartolare, sicchè la dedotta censura di nullità risulta del tutto infondata.
Il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato e anche privo della specificità estrinseca là dove non si confronta con la decisione impugnata lamentando in via del tutto generica la violazione di legge per inversione dell’onere della prova e l’errata valutazione delle dichiarazioni del curatore del fallimento.
Occorre premettere che risultano pronunziate nei confronti del ricorrente due sentenze conformi, per cui opera in questa sede il principio per cui «le sentenze di primo e di secondo grado si saldano tra loro e formano un unico complesso motivazionale qualora i giudici di appello abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai fondamentali passaggi logico-giuridici della decisione e, a maggior ragione, quando i motivi di gravame non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione impugnata» (cfr. Sez. 3, n.13926 del 01/12/2011 Rv.252615 COGNOME; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 Argentieri). E, per il rilievo che assume nel caso concreto, deve altresì aggiungersi che «in tema di integrazione delle motivazioni tra le conformi sentenze di primo e di secondo grado, se l’appellante si limita alla riproposizione di questioni di fatto o di diritto già adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure prospetta critiche generiche, superflue o palesemente infondate, il giudice dell’impugnazione ben può motivare per relationem e l’altrettanto pacifico principio secondo cui «in tema di ricorso in cassazione ai sensi dell’art. 606, comma primo lett. e), la denunzia di minime incongruenze argomentative o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto, ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto argomentativo della motivazione. (cfr. Sez. 2, n. 9242 del 08/02/2013, Reggio, Rv. 254988; Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017 Rv. 271227 M e altri). L’emersione di una criticità su una delle molteplici valutazioni contenute nella sentenza impugnata, laddove le restanti offrano ampia rassicurazione sulla tenuta del ragionamento ricostruttivo, non può comportare l’annullamento della decisione per vizio di motivazione, potendo lo stesso essere rilevante solo quando, per effetto di tale critica, all’esito di una verifica su completezza e sulla globalità del giudizio operato in sede di merito, risulti disarticolato uno degli essenziali nuclei di fatto che sorreggono l’impianto della decisione (Sez. 1, n. 46566 del 21/02/2017 cit.) Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Passando all’esame del motivo di ricorso che censura unicamente l’affermazione della responsabilità per il reato di cui al capo A), la corte territoriale è pervenuta al conferma della sentenza di primo grado, richiamando le dichiarazioni del curatore del fallimento, che trovavano conferma negli accertamenti dell’Agenzia delle entrate quanto al superamento della soglia di punibilità, non essendo in contestazione l’omessa presentazione della dichiarazione a fini Iva. Accertamenti genericamente contestati, da
cui risultava che, quanto all’anno 2011, la GIF Trasporti risultava, sulla scorta delle dichiarazioni fiscali a fini Ires e Iva, avere avuto ricavi per C 8.602.437, nonché operazioni passive per C 59.603,00, da cui il superamento della soglia di punibilità. Consegue che nessuna inversione dell’onere probatorio risulta essere stata compiuta, né tanto meno la condanna si fonda su presunzioni di natura tributaria, bensì sul portato delle dichiarazioni del curatore del fallimento e sugli accertamenti della Agenzie delle entrate su base documentale.
Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui è configurabile il concorso tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all’art. 216, comma 1, n. 2), legge fall. e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall’art. 10 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, che sono, tra loro, in rapporto di specialità reciproca, in ragione della diversità dell’oggetto materiale, del soggetto attivo, dell’oggetto del dolo specifico e dell’effetto lesivo delle condotte di reato (Sez. 3, n. 24255 del 14/02/2024, Palagano, Rv. 286557 – 01).
Il ricorso va, conclusivamente, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Rileva, il Collegio, che non è matura la prescrizione dei reati per effetto dell’applicazione degli art. 17 comma 1 bis d.lvo 74 del 2000 e per effetto della sospensione, di anni uno e giorni tredici, ai sensi dell’art. 159 cod.pen., dichiarata dal GUP perché l’imputato era irreperibile, oltre alle ulteriori sospensioni del corso della prescrizione per un totale di anni 1, mesi 1 e giorni 26, sicchè il reato di cui al capo A), commesso il 31/12/2012 si prescrive il 07/03/2025 e il reato di cui al capo B), accertato il 07/10/2014, si prescrive il 17/12/2026, in epoca successiva alla decisione del presente ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 18/02/2025