Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27189 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27189 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/04/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a SAN GIOVANNI LA PUNTA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/09/2020 del TRIBUNALE di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che, con sentenza del Tribunale di Catania emessa in data 28 settembre 2020, gli imputati erano stati condannati alla pena – sospesa per il COGNOME – di €4.200,00 di ammenda, per i reati di cui agli artt. 110 cod. pen., 54 e 1161 del r.d. n. 327 del 1942, perché, in concorso tra loro, in assenza delle autorizzazioni prescritte dalla legge, eseguivano innovazioni non autorizzate su area demaniale marittima e, segnatamente, lo spianamento, mediante apposizione di malta cementizia, di una superficie di circa mq 17 della scogliere sita sul INDIRIZZO Ciclopi, nonché per quelli di cui agli artt. 110 cod. pen., 19 e 30, comma 1, della legge n. 394 del 1991, per avere eseguito le opere di cui al capo A su un’area ricadente in zona demaniale e marittima protetta e di interesse paesaggistico;
rilevato che, avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto, tramite difensore e con unico atto, ricorsi per cassazione con cui lamentano: a) la violazione dell’art. 81, primo comma, cod. pen., per avere la sentenza impugnata configurato un concorso formale di reati anziché un concorso apparente di norme, così determinando l’irrogazione di una pena illegittima; b) la manifesta illogicità della motivazione, relativamente all’accertamento della responsabilità penale dell’imputato COGNOME, sul rilievo che – essendo stato costui privo di documenti al momento della identificazione – la pubblica accusa non avrebbe dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che il soggetto qualificatosi come COGNOME NOME, fosse in realtà l’odierno imputato e non un qualunque altro soggetto dichiaratosi tale.
Considerato COGNOME preliminarmente COGNOME che COGNOME l’impugnazione COGNOME deve COGNOME dichiararsi inammissibile;
che il primo motivo di doglianza è manifestamente infondato, dal momento che l’oggettività giuridica delle norme in contestazione è diversa;
che, nello specifico, gli artt. 54 e 1161 cod. nav. sono volti a tutelare il demanio marittimo da occupazione abusive, sanzionando l’arbitraria occupazione del demanio marittimo che ne impedisca l’uso pubblico ovvero le innovazioni ivi apportate in assenza di specifica autorizzazione;
che, all’opposto, gli artt. 19 e 30, comma 1, della legge n. 394 del 1991, nel disciplinare la gestione delle aree protette marine, vietando le attività che possono compromettere la tutela delle caratteristiche dell’ambiente oggetto di protezione e delle finalità istitutive dell’area e, in particolare, l’alterazione dell’ambie geofisico e delle caratteristiche chimiche ed idrobiologiche delle acque, offrono tutela al bene pubblico dell’ambiente;
che risulta dunque diversa la descrizione delle condotte incriminate dalle norme in esame, tanto che ben può verificarsi un’indebita alterazione geofisica pur
in assenza di un’occupazione abusiva o di un’innovazione non autorizzata, e viceversa;
che il secondo motivo di ricorso è inammissibile, giacché basato su censure meramente fattuali, dirette a sollecitare una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di un’alternativa “rilettura” del quadro probatorio, già adeguatamente valutato dai giudici di merito, con coerenti e conformi argomentazioni, laddove si è affermato che l’identificazione è avvenuta senza l’esibizione dei documenti, ma è comunque avvenuta con certezza;
che è principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello per cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609, comma 2, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ma non rilevata né eccepita in quella sede e neppure dedotta con i motivi di ricorso (Sez. U., n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818);
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 05 aprile 2024.