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Concorso di persone: violenza e ruolo del correo

Due detenuti ricorrono in Cassazione contro una condanna per violenza a un agente di Polizia Penitenziaria. Uno dei due sostiene di non aver partecipato all’aggressione fisica, avendo solo forzato una porta. La Corte Suprema rigetta il ricorso, stabilendo che nel concorso di persone è sufficiente fornire un contributo materiale all’azione criminosa complessiva, anche senza un contatto diretto con la vittima. La Corte ha ritenuto che forzare la porta fosse un’azione essenziale per il compimento del piano criminoso condiviso. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso di persone: la Cassazione chiarisce il ruolo del correo senza contatto diretto

Il principio del concorso di persone nel reato è un pilastro del diritto penale e stabilisce che chiunque contribuisca alla commissione di un illecito ne risponde penalmente. Ma cosa succede se un individuo partecipa al piano criminoso senza però prendere parte all’azione violenta finale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21227/2025, offre una risposta chiara, confermando che anche un contributo indiretto, ma essenziale, è sufficiente a fondare la responsabilità penale.

I fatti del caso: un’aggressione pianificata in carcere

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda due detenuti condannati in primo e secondo grado per il reato di violenza a pubblico ufficiale, ai sensi dell’art. 336 del codice penale. Secondo la ricostruzione, i due, insieme ad altri, avevano pianificato di aggredire un altro detenuto. Per raggiungere il loro obiettivo, hanno prima forzato una porta e, una volta superata, hanno usato violenza contro un agente della Polizia Penitenziaria per impossessarsi delle chiavi che davano accesso alla sala dove si trovava la loro vittima designata.

Il concorso di persone secondo la tesi difensiva

Uno dei due ricorrenti ha basato la sua difesa su un punto cruciale: egli si sarebbe limitato a forzare la prima porta, senza mai entrare in contatto fisico con l’agente di polizia. A suo dire, questa circostanza escluderebbe la sua partecipazione, ovvero il suo concorso di persone, nel reato di violenza contro il pubblico ufficiale. La sua azione, secondo la difesa, non era strumentale alla violenza sull’agente, ma solo all’aggressione, poi fallita, verso l’altro detenuto. Di conseguenza, non vi sarebbe stata la prevedibilità della commissione di un reato diverso da quello voluto (c.d. concorso anomalo ex art. 116 c.p.).

La decisione della Corte sul concorso di persone

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e quindi inammissibili, confermando la condanna.

Le motivazioni

I giudici hanno smontato la tesi difensiva, definendola generica e basata su una visione parziale dei fatti. La Corte ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente valutato la situazione, riconoscendo che l’azione del ricorrente (forzare la porta) era parte integrante di un’unica e più ampia azione materiale realizzata dai concorrenti. Il fatto di non aver avuto un contatto fisico diretto con l’agente è stato ritenuto irrilevante. L’azione del singolo è stata vista come un contributo causale necessario all’intero piano criminoso, che prevedeva di superare ogni ostacolo per raggiungere la vittima, incluso l’agente di polizia che ne custodiva l’accesso. La violenza contro l’agente non era un evento imprevedibile, ma una conseguenza diretta e logica del piano concordato.
Inoltre, la Corte ha respinto anche le richieste di riconoscimento delle attenuanti generiche per entrambi gli imputati. I giudici di merito avevano già motivato adeguatamente il diniego, evidenziando la gravità della condotta, la superiorità numerica degli aggressori e l’approfittamento della minorata difesa dell’agente.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di concorso di persone: per essere considerati corresponsabili di un reato non è necessario compiere materialmente ogni singola parte dell’azione illecita. È sufficiente fornire un contributo consapevole e rilevante, anche in una fase preparatoria o comunque strumentale, al raggiungimento del fine criminoso comune. La decisione chiarisce che la responsabilità penale si estende a tutti i partecipanti che, con le loro azioni coordinate, hanno reso possibile la commissione del reato, indipendentemente dal ruolo specifico ricoperto nell’esecuzione finale.

Per essere condannati per concorso di persone in un reato di violenza, è necessario avere un contatto fisico con la vittima?
No. Secondo la sentenza, non è necessario un contatto fisico diretto. È sufficiente fornire un contributo materiale consapevole e rilevante all’azione criminosa complessiva, come forzare una porta per permettere ai complici di raggiungere e aggredire la vittima.

Cosa si intende per contributo concorsuale in un reato?
Si intende qualsiasi azione, anche preparatoria o strumentale, che sia parte di un piano criminoso condiviso e che contribuisca causalmente alla sua realizzazione. Nel caso di specie, forzare la prima porta è stato considerato un contributo essenziale al piano complessivo.

Quando può essere negato il riconoscimento delle attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche possono essere negate quando il giudice valuta la particolare gravità della condotta. In questo caso, il diniego è stato motivato dalla superiorità numerica degli aggressori e dall’aver approfittato della minorata difesa in cui si trovava l’agente della Polizia Penitenziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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