Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34653 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34653 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PROCURATORE DELLA REPUBBLICA presso il TRIBUNALE DI NAPOLI Nel procedimento a carico di COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA a NAPOLI avverso l’ordinanza in data 20/02/2024 del TRIBUNALE DI NAPOLI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME e la nota dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che hanno concluso per l’inammissibilità o per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli impugna l’ordinanza in data 20/02/2024 del Tribunale di Napoli, che ha accolto l’istanza di riesame proposto da NOME, così annullando l’ordinanza in data 08/01/2024 del G.i.p. del Tribunale di Napoli, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere in relazione al reato di tentativo di estorsione aggravata dall’agevolazione mafiosa e lesioni. In particolare, il tribunale ha ritenuto insussistente il requisito dei gravi indizi di colpevolezza.
Deduce:
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Violazione di legge, vizio di motivazione omessa o manifestamente illogica.
Il pubblico ministero, dopo avere riportato le imputazioni, sostiene che COGNOME avanzava la richiesta minacciosa di somme di denaro nei confronti di COGNOME NOME non solo al fine di recuperare il credito vantato da COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, ma anche perché mossi dall’interesse personale di intascare una parte di quanto ricevuto, da devolvere alle casse delle cosche COGNOME.
Il pubblico ministero precisa che il tribunale ha escluso la compartecipazione all’azione delittuosa ritenendo la condotta di COGNOME neutra e che tale conclusione viene raggiunta avendo riguardo al contenuto di una conversazione intercettata e alla mancata indicazione da parte della persona offesa di una condotta attiva realizzata dall’indagato.
Si deduce, dunque, la contrarietà delle conclusioni raggiunte dal tribunale rispetto all’orientamento della giurisprudenza di legittimità che esclude il concorso soltanto nell’ipotesi di una condotta meramente passiva, senza iniziative e in quanto tale inidonea ad apportare alcun contributo alla commissione del reato.
Sottolinea come la condotta di accerchiamento cui ha contribuito anche COGNOME costituisca un contributo partecipativo alla condotta minacciosa realizzata insieme ai coindagati.
Espone gli elementi che si ritengono dimostrativi del pieno e consapevole coinvolgimento di COGNOME alla richiesta estorsiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. Anzitutto, va premesso che il fatto è stato ricostruito nel senso che segue, riportato nelle parti rilevanti ai fini dell’odierno giudizio.
Il 19/04/2023 l’imprenditore edile NOME NOME viene aggredito a opera di alcune persone che -qualificatisi quali appartenenti al RAGIONE_SOCIALE– lo hanno minacciato di morte e lo hanno colpito con pugni e calci per costringerlo a consegnare 30.000 euro, in restituzione delle somme da lui percepite da COGNOME NOME e di ulteriori 3.500,00 euro in restituzione delle somme da lui ricevute da COGNOME NOME. Il Tribunale -pur evidenziando che sullo sfondo della vicenda di intravvedevano questioni relative alla realizzazione di opera edilizie e ai relativi contenziosi- confermava la matrice estorsiva e mafiosa dell’episodio.
Il Tribunale rimarca come la difesa si sia -ovviamente- limitata a negare il coinvolgimento di COGNOME alla vicenda estorsiva, per la quale sono stati ritenuti i gravi indizi di colpevolezza rispetto a quasi tutti i partecipi all’aggressione in danno dell’imprenditore.
Da ciò consegue che l’impugnazione del pubblico ministero riguarda
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esclusivamente il profilo del consapevole concorso di COGNOME alla vicenda estorsiva realizzatasi con l’aggressione e non involge altri aspetti correlati alla vicenda processuale, estranei ai temi devoluti con il ricorso in esame.
1.2. Ciò premesso, il G.i.p. aveva ritenuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di COGNOME sulla base del contenuto di una conversazione telefonica intercorsa il 19/04/2023, immediatamente prima dell’aggressione, tra il coindagato COGNOME e un interlocutore rimasto anonimo. Tale contenuto viene così sintetizzato dallo stesso tribunale: «prima di recarsi sul luogo dell’appuntamento COGNOME riferisce ad un soggetto rimasto ignoto che sarebbe ritornato a cercare un certo NOME, non avendolo trovato, gli interlocutori fanno poi riferimento a COGNOME NOME detto “NOME“».
Il RAGIONE_SOCIALE aveva altresì valorizzato le dichiarazioni rese dalla persona offesa, che -con assoluta certezza- aveva riconosciuto COGNOME tra i presenti al momento dell’aggressione e aveva che quello aveva partecipato all’accerchiamento e gli aveva impedito di fuggire nel mentre subiva i calci e i pugni degli altri indagati.
1.3. Il Tribunale, al contrario, ha escluso la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza -in ciò accogliendo le doglianze difensive- ritenendo che il riferimento a COGNOME nella conversazione fosse priva di collegamenti con l’aggressione e che le dichiarazioni di COGNOME nei confronti dell’odierno ricorrente fossero connotate da genericità, non consentendo «di individuare con chiarezza una condotta idonea a rafforzare o consolidare l’azione violenta dei coindagati. La condotta descritta, invero, secondo il tribunale, poteva risultare compatibile con una presenza passiva, da spettatore, magari anche connivente, ma non partecipante».
1.2. Il pubblico ministero, però, ha correttamente osservato che la motivazione si mostra in palese contraddizione con quanto evidenziato dallo stesso Tribunale, là dove rileva che la persona offesa, dopo averlo riconosciuto fotograficamente -con assoluta certezza- riferiva che COGNOME: “aveva avuto un ruolo attivo durante la mia aggressione; questi mi ha circondato impedendomi di fuggire…”.
Va, dunque, ricordato quanto già affermato da questa Corte, nel senso che «ai fini della configurabilità del concorso di persone nel delitto di estorsione è sufficiente anche la semplice presenza, purché non meramente casuale, sul luogo della esecuzione del reato, quando sia servita a fornire all’autore del fatto stimolo all’azione o maggior senso di sicurezza nel proprio agire, palesando chiara adesione alla condotta delittuosa. (Fattispecie in cui l’imputato, presente sul luogo dell’incontro fissato dall’estorsore con la persona offesa per la consegna del denaro, aveva intrattenuto il soggetto che aveva accompagnato la persona offesa all’appuntamento)., (Sez. 2 – , Sentenza n. 28895 del 13/07/2020, COGNOME, Rv.
279807 – 01; più di recente, non massimate: Sez. 2, sentenza n. 50031 del 14/11/2023, COGNOME; Sez. 2, Sentenza n. 47624 del 17/10/2023, COGNOME).
Il tribunale ha disatteso tale insegnamento, facendo ricorso a un convincimento del tutto soggettivo a fronte di un pregnante e indiscusso dato indiziario costituito dalle dichiarazioni della persona offesa che -senza incertezze e con precisione- ha indicato un ruolo non meramente passivo dell’indagato (accerchiare e impedire la fuga), tale da fare emergere un contributo “attivo” (per come riferito dalla stessa persona offesa) causalmente rilevante rispetto alla condotta estorsiva asseritamente posta in essere, nella sua materialità, da terzi.
Condotta che, per di più, risulta realizzata in occasione di un appuntamento con la vittima -pacificamente- organizzato con il reclutamento di una pluralità di persone da coinvolgere alla prevista aggressione in danno NOME che, infatti, riferiva che dopo avere raggiunto il luogo dove lo aveva convocato NOME, trovava ad attenderlo una pluralità di individui che lo circondavano e lo percuotevano.
In un tale contesto, anche il contenuto della conversazione intercettata assume significato indiziario, ove collocata nell’ambito dell’attività di reclutamento delle persone da coinvolgere nell’agguato ordito in danno dell’imprenditore.
Tali elementi dotati di oggettività vengono superati dal tribunale con una mera ipotesi astratta, secondo cui «la condotta descritta, potrebbe anche risultare compatibile con una presenza passiva, da spettatore, magari connivente, ma non partecipante».
Un tale convincimento, però, andava supportato dall’indicazione della regola di esperienza di cui esso costituisce il corollario ovvero da un qualche elemento di concretezza in forza utile a dimostrare che -nel caso concreto- la condotta di accerchiamento e quella di impedire la fuga dovevano ritenersi realizzate da un mero spettatore, non partecipe della condotta incriminata.
In mancanza di tale indicazione, il ricorso, come nel caso di specie, a valutazioni soggettive prive di un sostrato di oggettività, configura il vizio di manifesta illogicità della motivazione, che si presenta ogni qual volta il ragionamento del giudice non sia fondato realmente su una massima di esperienza (cioè su un giudizio ipotetico a contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi), e valorizzi piuttosto una congettura (cioè una ipotesi non fondata sullo id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica), od anche una pretesa regola generale che risulti priva, però, di qualunque e pur minima plausibilità (in tal senso, cfr. Sez. 1 – , Sentenza n. 16523 del 04/12/2020 Ud., dep. il 2021, COGNOME, Rv. 281385 – 01; Sez. 4, Sentenza n. 23093 del 02/02/2017, Rappisi, Rv. 269998 01; Sez. 6, Sentenza n. 36430 del 28/05/2014, COGNOME, Rv. 260813 – 01).
Tanto conduce all’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al
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tribunale per nuovo giudizio, nel quale si terrà conto di quanto esposto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen..
Così deciso il 27 giugno 2024
La Presidente
Il Consigliere estensore