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Concorso di persone: quando la presenza è reato?

Una donna viene condannata per concorso in tentato furto in un supermercato. La Corte di Cassazione annulla la sentenza, sottolineando che per il concorso di persone nel reato è necessaria la prova di un contributo attivo, materiale o morale, non bastando la mera presenza sul luogo del delitto (connivenza). La motivazione della Corte d’appello è stata ritenuta insufficiente e illogica, portando al rinvio del processo.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso di persone nel reato: Essere presenti non significa essere complici

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 13201/2024 offre un’importante lezione sul concorso di persone nel reato, tracciando una linea netta tra la complicità punibile e la semplice, ma non penalmente rilevante, presenza sul luogo del delitto. Questo caso, nato da un tentato furto di scarpe in un supermercato, dimostra come una condanna non possa basarsi su supposizioni, ma richieda la prova certa di un contributo attivo alla commissione del crimine.

I fatti di causa

Una donna veniva condannata in primo e secondo grado per concorso in tentato furto aggravato. L’accusa sosteneva che, insieme a un complice, avesse tentato di sottrarre tre paia di scarpe da un supermercato. La difesa dell’imputata, fin dal primo grado, aveva contestato la mancanza di prove circa un suo reale contributo, materiale o morale, all’azione delittuosa.

Secondo le sentenze di merito, la donna era stata sorpresa in compagnia del complice vicino alle casse, con la refurtiva nascosta in uno zaino. I giudici avevano ritenuto sufficiente il fatto che i due si muovessero e agissero insieme all’interno del negozio, come ripreso dalle telecamere di sorveglianza.

Il ricorso in Cassazione e il difetto di motivazione

La difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente motivato la sussistenza del concorso di persone nel reato. In particolare, si contestava che la sentenza impugnata fosse generica e incompleta, non specificando in cosa fosse consistito l’effettivo apporto dell’imputata. La motivazione si limitava a dire che i due “si muovevano insieme” e “agivano insieme”, senza chiarire chi portasse lo zaino, chi avesse nascosto la merce o quale condotta specifica avesse tenuto la donna per agevolare il furto.

Le motivazioni della Suprema Corte sul concorso di persone nel reato

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, definendo la motivazione della Corte d’Appello “manca” e “meramente illogica”. Gli Ermellini hanno ribadito un principio fondamentale del diritto penale: per aversi concorso di persone, non basta la mera presenza sul luogo del fatto, anche se consapevole (c.d. connivenza non punibile).

È necessario, invece, un contributo partecipativo positivo, che può essere:
* Materiale: un’azione che aiuta concretamente l’esecuzione del reato (es. fare da palo, fornire gli strumenti).
* Morale: un’azione che rafforza la volontà criminale dell’altro, ad esempio istigandolo o garantendogli un maggior senso di sicurezza con la propria presenza.

Nel caso specifico, la sentenza d’appello non era riuscita a spiegare quale di questi contributi fosse stato fornito dall’imputata. Non chiariva se fosse lei a portare lo zaino con le scarpe rubate né specificava altre condotte che potessero configurare un aiuto o un’istigazione. Affermare genericamente che i due “agivano insieme” è una formula vuota, che non soddisfa l’obbligo di motivazione e non permette di comprendere come si sia giunti all’affermazione di responsabilità penale. Questa carenza rende la motivazione “apparente”, cioè equivalente a una sua totale assenza.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna e ha rinviato il caso a una diversa sezione della Corte d’Appello per un nuovo esame. Questa decisione è cruciale perché riafferma il principio di personalità della responsabilità penale: ognuno risponde solo per le proprie azioni. Per condannare qualcuno per concorso di persone nel reato, è indispensabile che il giudice individui e descriva con precisione il contributo causale di ciascun concorrente alla realizzazione del fatto illecito. La semplice presenza, senza un ruolo attivo, non può mai essere sufficiente a fondare una condanna.

Essere presenti sul luogo di un reato è sufficiente per essere condannati per concorso?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera presenza passiva e consapevole sul luogo del delitto (connivenza) non è punibile. Per una condanna per concorso di persone nel reato è necessario dimostrare un contributo attivo, materiale o morale, alla realizzazione del crimine.

Cosa deve dimostrare l’accusa per provare il concorso di persone nel reato?
L’accusa deve provare un contributo partecipativo positivo alla condotta criminosa altrui. Questo può consistere sia in un’azione materiale che facilita il reato, sia in un supporto morale che rafforza l’intento del complice o gli assicura un maggiore senso di sicurezza, manifestando una chiara adesione alla condotta delittuosa.

Cosa significa ‘motivazione apparente’ in una sentenza?
Una motivazione è ‘apparente’ quando, pur essendo formalmente presente, è talmente generica, incompleta, illogica o contraddittoria da non spiegare in modo comprensibile le ragioni della decisione. Tale vizio è equiparato dalla giurisprudenza alla totale assenza di motivazione e comporta l’annullamento della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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