Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20075 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20075 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BUSTO ARSIZIO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a COMO il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a FAGGETO LARIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il AVV_NOTAIO conclude per l’inammissibilità di tutti i ricorsi.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento dello stesso.
L’avvocato COGNOME NOME, riportandosi ai motivi di ricorso, insiste per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata o, in subordine, per l’annullamento con rinvio della stessa.
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Milano riformava in senso favorevole agli imputati, limitatamenl:e alla determinazione dell’entità del trattamento sanzionatorio, la sentenza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di RAGIONE_SOCIALE, in data 11.3.2021, decidendo in sede di giudizio abbreviato, aveva condannato COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, ciascuno alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato di cui agli artt. 81, cpv., 110, 117, 476, 477, 479, c.p., loro in rubrica ascritto al capo n. 2) dell’imputazione, per avere, il COGNOME, nella sua qualità di funzionario dirigente responsabile della Direzione RAGIONE_SOCIALE, i COGNOME quali concorrenti nel reato, formato una serie di atti pubblici falsi (verbale d’esame del 5.1.2017; certificazione falsa del 10.1.2017; apposizione sulla patente nautica già in possesso della COGNOME NOME, della qualifica di “pilota motorista autorizzato, qualifica mai conseguita per mancanza del requisito di legge del raggiungimento dell’età anagrafica prevista del compimento del ventunesimo anno d’età e, comunque, in assenza di qualsiasi prova pratica di guida.
Avverso la sentenza della corte RAGIONE_SOCIALE, di cui chiedono l’annullamento, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione ciascuno degli imputati, attraverso autonomi atti di impugnazione.
2.2. In particolare il COGNOME, nel ricorso a firma del suo difensore di fiducia, COGNOME AVV_NOTAIO. COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME, NOME lamenta: COGNOME 1) COGNOME illogicità e contraddittorietà della motivazione sentenza in ordine alla ricostruzione dei fatti e, in particolare, al mancato svolgimento della prova pratica, in quanto, se, come affermato dai giudici di merito, non vi fosse stata l’intenzione di svolgere la prova pratica il cui superamento era necessario per ottenere l’indicata qualifica, non si comprende per quale ragione l’imputata si sia recata a svolgere la suddetta prova per poi non effettuarla, finendo sulla banchina del porticciolo del lago di RAGIONE_SOCIALE, piuttosto che rimanere presso la RAGIONE_SOCIALE o andare altrove, senza tacere, da un lato, che i rilievi effettuati sulla correttezza della prova teorica, con riferimento al rinvenimento nell’ufficio dell’esaminatore di un’anomala lista di domande o alla presenza della segretaria all’esame, non assumono rilevanza penale, dall’altro, l’assenza di carica offensiva
delle condotte, posto che l’esaminatore, ingegnere civile, avrebbe dovuto esaminare la figlia di un cantierista nautico, “nata sulle barche”; 2) vizio di motivazione sulla prova della consapevolezza da parte dell’imputato circa l’assenza dei requisiti anagrafici della COGNOME, apparendo quanto meno controverso che il COGNOME fosse consapevole che l’attribuzione di pilota motorista fosse errata, in assenza di rilievi da Parte del funzionario addetto alla gestione della pratica di rilascio.
2.2. COGNOME NOME e COGNOME NOME, nel ricorso a firma del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, lamentano: 1) vizio di motivazione con riferimento al ritenuto concorso dei due imputati nel reato proprio del pubblico ufficiale COGNOME, in quanto, in mancanza della dimostrazione di un preventivo accordo tra tutti gli imputati, preordinato alla perpetrazione del falso, la corte RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto di poter desumere l’esistenza di un consapevole contributo positivo fornito dai COGNOME all’illecita condotta del pubblico ufficiale, da una serie di elementi di fatto, ritenuti, con motivazione inconsistente, illogica e contraddittoria, sintomatici della consapevolezza di questi ultimi di concorrere nella commissione del falso, in quanto deve attribuirsi un significato del tutto neutro alla circostanza che fu la COGNOME NOME a presentare la domanda per ottenere la patente, coadiuvata dal padre, per il tramite dell’agenzia del parente COGNOME NOME; non risulta in alcun modo dimostrato che i COGNOME fossero stati preventivamente a conoscenza delle modalità anomale con cui si svolse la prova orale ovvero che ne fossero in qualche modo coinvolti o avessero avuto percezione dell’anomalo svolgimento dell’esame e della procedura amministrativa in generale; i COGNOME solo a cose fatte, vale a dire dopo la consegna della patente, quando il reato di falso si era già consumato, avevano avuto contezza del mancato svolgimento della prova pratica, da attribuirsi a una scelta unilaterale del COGNOME, avendo creduto, nel corso del pranzo svoltosi subito dopo la prova orale, tra loro, il COGNOME e il COGNOME, che la prova pratica era stata solo rinviata; 2) vizio di motivazione, con riferimento alla ricostruzione alternativa dei fatti fornita dalla difesa, volta a contestare la tesi della corte di appello, secondo cui il beneficiario di un illecito deve necessariamente concorrere nella relativa commissione, evidenziando come i COGNOME abbiano fornito del tutto involontariamente e inconsapevolmente al COGNOME l’occasione
per la perpetrazione di un reato, riconducibile esclusivamente a una scelta arbitraria, nemmeno programmata e del tutto estemporanea di quest’ultimo; ricostruzione alternativa, che trova puntuali elementi di riscontro nelle dichiarazioni della COGNOME e del COGNOME, sentiti in sede di indagini difensive, e del COGNOME, sentito in qualità di persona informata dei fatti; nell’assenza di un movente, in quanto, la COGNOME, una volta ottenuta la patente, non avrebbe potuto utilizzarla, poiché, in caso di eventuale controllo, sarebbe stata scoperta la mancanza in capo all’imputata del richiesto requisito anagrafico, essendo emerso al riguardo, come riferito dalla COGNOME e dal COGNOME, che gli imputati fossero già convinti che la patente in questione avrebbe unicamente consentito la possibilità del successivo conseguimento dell’abilitazione necessaria per la conduzione di imbarcazioni tipo taxi e noleggio con conduc:ente e solo al raggiungimento del ventunesimo anno di età, nonché a seguito del superamento di apposito esame e della conseguente iscrizione al relativo albo; nel carattere del tutto estemporaneo della condotta del pubblico ufficiale, che ha deciso da solo di non far svolgere la prova pratica, per ragioni esclusivamente personali; 3) vizio di motivazione in punto di concorrente responsabilità della COGNOME, che si è in definitiva completamente affidata al padre e alle indicazioni ricevute da quest’ultimo per ottenere il rilascio della patente; 5) vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; 5) violazione di legge e vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’a-t. 114, c.p.
3. I ricorsi vanno dichiarati inammissibili per due ordini di ragioni.
Da un lato, infatti, i ricorrenti tutti non tengono nel dovuto conto che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (cfr. Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
In questa sede di legittimità è precluso il percorso argomentativo seguito dai ricorrenti, che si risolve in una mera e del tutto generica lettura alternativa rivalutazione del compendio probatorio, posto che, in tal caso, si demanderebbe alla Cassazione il compimento di un’operazione estranea al giudizio di legittimità, quale è quella di reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, persistendo il divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito degli elementi di prova (cfr. ex plurimis, Sez. VI, 22/01/2014, n. 10289; Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273217; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, Rv. 277758; Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, Rv. 283370).
Dall’altro, non può non rilevarsi che i temi prospettati dagli imputati sono già stati affrontati con congrua motivazione dalla corte RAGIONE_SOCIALE, sicché l’inammissibilità dei motivi di impugnazione si apprezza anche sotto il profilo della genericità, posto che le censure consistenti nella semplice reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, con la cui motivazione sul punto i ricorrenti non si confrontano realmente, devono considerarsi non specifiche, ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Rv. 277710).
Orbene, come correttamente rilevato dalla corte RAGIONE_SOCIALE, con motivazione connotata da intrinseca coerenza logica, premesso che già Io svolgimento dell’esame teorico era stato caratterizzato da alcune anomalie, che, pur non integrando fatti penalmente rilevanti, rilevavano un particolare rapporto tra il COGNOME, direttore dell’ufficio della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, presente in qualità di esaminatore, la COGNOME NOME, unica candidata, e il COGNOME NOME, padre di quest’ultima, presente all’espletamento della suddetta prova, quel che rileva è che pacificamente l’iter concorsuale non si è concluso secondo l’iter normativamente prescritto, in quanto la prova pratica, che avrebbe dovuto seguire la prova teorica, non si è effettivamente svolta.
In questo senso depongono, come evidenziato dai giudici di merito, le dichiarazioni di una serie di soggetti sentiti nel corso del procedimento.
E invero, COGNOME NOME, impiegata della RAGIONE_SOCIALE, non solo ha dichiarato di non avere presenziato alla prova scritta, perché congedata
dal COGNOME, dopo la conclusione della prova orale, ma ha anche precisato di nutrire “forti dubbi nel riconoscere come propria la firma presente nella parte” retrostante del verbale d’esame, sottoposto a sequestro, vale a dire nella parte “dove erano riportate le domande”, affermando, al tempo stesso “che sicuramente la parola assistente”, contenuta nel verbale, non era stata riportata da lei e “di non avere mai visto ….i fogli – sequestrati in un fascicolo informale trovato nell’ufficio di COGNOME contenenti le domande e risposte relative a quiz nautici”.
Il COGNOME NOME, funzionario della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, responsabile del settore nautico, ha rivelato, che, quando gli venne restituito dal COGNOME, il verbale d’esame non conteneva alcun riferimento allo svolgimento e all’esito della prova pratica, ma solo alla prova teorica, carenza che, segnalata dal funzionario al dirigente, venne sanata successivamente dal COGNOME, il quale, nella stessa mattinata, aveva ritirato il suddetto verbale per poi riconsegnarlo al COGNOME, quesl:a volta con l’indicazione anche dell’esito della prova pratica.
Il COGNOME, inoltre, ha precisato come fosse assolutamente inusuale e mai da lui riscontrata la “predisposizione di riepiloghi di domande e risposte”, di cui, come si è visto, la stessa COGNOME aveva negato qualsiasi conoscenza, disconoscendo espressamente “la propria paternità relativamente al provvedimento di conferimento – recante la qualifica di “pilota motorista autorizzato” – e alla medesima iscrizione conteruta nel libretto di navigazione “, rilasciato alla COGNOME, circostanza su cui si tornerà in seguito.
COGNOME NOME, infine, titolare dell’autoscuola presso la quale l’imputata aveva frequentato lezioni teoriche, invitato dal COGNOME e dal COGNOME a partecipare al pranzo organizzato per festeggiare il conseguimento del titolo abilitativo da parte della RAGIONE_SOCIALE, ha rivelato come il COGNOME, in quell’occasione gli avesse riferito che quest’ultima aveva sostenuto solo la prova teorica, replicando, alle rimostranze avanzate dal COGNOME al riguardo, “che non sarebbe stato necessario svolgere l’esame pratico, poiché la ragazza guidava meglio di lui”, e come, qualche tempo dopo, lo stesso COGNOME gli avesse manifestato le sue preoccupazioni “circa l’esame nautico della COGNOME, poiché questo era stato svolto irregolarmente”.
Una volta accertato, con congrua motivazione /il mancato svolgimento della prova pratica, che, peraltro COGNOME NOME e COGNOME NOME nemmeno contestano con specifici rilievi, va sottolineato come l’avvenuto rilascio in favore della COGNOME della patente nautica riportante l’abilitazione per “pilota motorista autorizzato”, che le avrebbe consentito la guida di un taxi nautico, il trasporto di persone e il noleggio conducente, sia avvenuto in difetto dei necessari presupposti, in quanto, da un lato, il titolo abilitativo è stato rilasciato alla RAGIONE_SOCIALE, senza che sia stata correttamente espletato il relativo iter concorsuale, in difetto dello svolgimento della prova scritta; dall’altro, l’imputata, all’atto dell’istanza presentata alla RAGIONE_SOCIALE, era priva dei requisiti anagrafici per poter ottenere il riconoscimento della qualifica di “pilota motorista autorizzato” (che presuppone il compimento del ventunesimo anno d’età), ma era in possesso del requisito anagrafico (compimento del diciottesimo anno d’età), per ottenere solo il riconoscimento della diversa qualifica di “pilota motorista”.
Tale circostanza era stata rilevata dal COGNOME, incaricato dell’istruzione della pratica relativa all’istanza formulata dall’imputata, il quale ha dichiarato che, proprio per tale ragione, aveva sbarrato la dicitura “AUTORIZZATO”, riportata nella predetta istanza, predisponendo poi, una volta ricevuto dal COGNOME il verbale d’esame integrato con il riferimento alla prova scritta, il conferimento in favore della COGNOME non della qualifica di “pilota motorista autorizzato”, alla quale l’imputata non poteva aspirare, per mancanza dell’età richiesta, ma della meno estesa qualifica di “pilota motorista”, conferimento che il COGNOME aveva fatto firmare al COGNOME, per poi provvedere a iscriverlo al registro matricola.
In considerazione della specifica competenza professionale posseduta dal COGNOME, non appare certo manifestamente illogico né contraddittorio ritenere, come argomentato dalla corte RAGIONE_SOCIALE, che egli fosse perfettamente in grado di rilevare l’insussistenza in capo alla COGNOME dei requisiti per conseguire la qualifica di “pilota motorista autorizzato”, segnalata dal COGNOME nell’istruttoria della pratica, per cui l’avvenuto rilascio ad opera dell’imputato della patente munita di tale abilitazione dimostra la volontà di quest’ultimo di far conseguire alla prevenuta una qualifica per la quale non era legittimata.
Sotto questo profilo la corte RAGIONE_SOCIALE ha sicuramente fatto buon governo del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la prova dell’elemento soggettivo del reato può desumersi dalle concrete circostanze e dalle modalità esecutive dell’azione criminosa, attraverso le quali, con processo logico-deduttivo, è possibile risalire alla sfera intellettiva e volitiva del soggetto, in modo da evidenziarne la cosciente volontà e rappresentazione degli elementi oggettivi del reato (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n, 30726 del 09/09/2020, Rv. 279908; Sez. 6, 6.4.2011, n. 16465, Rv. 250007).
L’epilogo decisorio cui sono giunti i giudici di merito appare, peraltro, del tutto conforme ai principi da tempo elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato non occorre la prova del previo concerto tra i concorrenti, ma è necessario dimostrare che ciascuno di essi abbia agito per una finalità unitaria con la consapevolezza del ruolo svolto dagli altri e con la volontà di agire in comune (cfr. Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Rv. 268177).
Ai fini dell’accertamento del concorso di persone nel reato, infatti, il giudice di merito non è tenuto a precisare il ruolo specifico svolto da ciascun concorrente nell’ambito dell’impresa criminosa, essendo sufficiente l’indicazione, con adeguata e logica motivazione, delle prove sulle quali ha fondato il libero convincimento dell’esistenza di un consapevole e volontario contributo, morale o materiale, dato dall’agente alla realizzazione del reato, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti (cfr., ex piurimis, Sez. 2, n. 48029 del 20/10/2016, Rv. 268177; Sez. 4, n. 1236 del 16/11/2017, Rv. 271755).
Nel caso in esame, in fatti, coerentemente la corte RAGIONE_SOCIALE ha desunto il concorso dei COGNOME nella condotta del COGNOME dalle modalità dei fatti, rilevando l’esistenza di un loro specifico interesse, determinato dalle maggiori opportunità che ne sarebbero derivate per la ricorrente, a ottenere il rilascio del titolo con l’abilitazione per “pilota motorista autorizzato”, che la COGNOME aveva conseguito, senza che lei e il padre formulassero alcun rilievo, sulla base di una procedura avviata, come si è visto, dalla stessa COGNOME con la presentazione dell’istanza a ciò specificamente finalizzata, nella consapevolezza che il titolo non poteva
esserle rilasciato per motivi di età e che l’esame non si era svolto regolarmente, come plasticamente rappresentato dal COGNOME nel corso del pranzo al quale presero parte anche i COGNOME, apparendo del tutto illogico, come correttamente rilevato dalla corte RAGIONE_SOCIALE, che il COGNOME si sia determinato a commettere il reato per cui si procede di sua iniziativa e in modo del tutto autonomo, in mancanza di una plausibile giustificazione.
Al riguardo si osserva che, come sottolineato dal Supremo Collegio nella sua espressione più autorevole, in tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro. (cfr. Sez. U., 22.11.2000, n. 31, rv. 218525), per cui è del tutto legittimo il concorso morale nell’altrui condotta, che si manifesti in itinere, senza la necessità di un preventivo accordo, vale a dire nel corso della fase esecutiva, mediante una condotta adesiva, che rafforzi o agevoli la realizzazione dell’altrui proposito criminoso.
La volontà di concorrere, invero, non presuppone necessariamente un previo accordo, in quanto l’attività costitutiva del concorso può essere rappresentata da qualsiasi comportamento esteriore che fornisca un apprezzabile contributo, in tutte o alcune fasi di ideazione, organizzazione od esecuzione, alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso, talché assume carattere decisivo l’unitarietà del “fatto collettivo” realizzato che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui (cfr. Sez. II, 15.1.2013, n. 18745, rv. 255260).
La responsabilità di chi coopera ad un fatto criminoso, in ultima analisi, non presuppone la convergenza psicologica sull’evento finale perseguito da altro dei concorrenti, essendo sufficiente che il suo apporto sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo
agevolandola, alla verificazione del fatto criminoso, (cfr. Sez. I, 9.12.2014, n. 15860, rv. 263089).
E tale appare, quanto meno, l’apporto fornito dai COGNOME alla condotta del COGNOME.
Assolutamente generica e versata in fatto appare la critica d fensiva sull’asserita inoffensività della condotta contestata al COGNOME, che non tiene conto, peraltro, del fatto che la funzione di attestazione propria dell’atto di cui si discute, che comprende i necessari presupposti di fatto della realtà documentata, attestando il possesso da parte della COGNOME dei requisiti necessari per il trasporto di persone alla guida di un’imbarcazione, incide sulla concreta offensività della condotta nei confronti del bene della fede pubblica, escludendone l’innocuità (cfr. Sez. 5, n. 48803 del 9.10.2013, Rv. 257552).
Versati in fatto appaiono i rilievi sul mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che il giudice di appello, con particolare riferimento alla posizione dei COGNOME, ha escluso in considerazione di un giudizio di particolare gravità della condotta da loro posta in essere, che si riverbera sulla intensità del dolo, essendo di questi ultimi il principale interesse alla commissione del reato, che ha determinato il motivo a delinquere dei tre concorrenti.
Tale epilogo decisorio appare conforme al consolidato orientamenl:o della giurisprudenza di questa Corte, che giustifica il diniego delle circostanze generiche anche solo sulla base della gravità della condotta (cfr., ex plurimis, Sez. IV, 28/05/2013, n. 24172; Sez. III, 23/04/2013, n. 23055, rv. 256172).
Manifestamente infondato appare il rilievo sul mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 114, c.p.
Come è noto, infatti, da tempo la giurisprudenza di legittimità ha affermato il principio, mantenutosi costante nel corso degli anni, che, in tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione (art. 114, c.p.,), non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo fornito si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell'”iter”
criminoso (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 835 del 18/12/2012, Rv. 254051; Cass., Sez. 4, n. 49364 del 19/07/2018, Rv. 274037).
Nel caso in esame, per le ragioni già espresse, certo il contributo dei COGNOME non può considerarsi trascurabile, rappresentando, come si è detto, la condizione necessaria dell’agire criminoso.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità, segue la condanna dei ricorrenti, ai sensi dell’art. 616, c.p.p.,.al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3000,00 a favore della cassa delle ammende, tenuto conto della circostanza che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere questi ultimi immuni da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma 1’11.1.2024.