Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35603 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35603 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a FOGGIA il DATA_NASCITA NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 15/01/2025 della CORTE APPELLO di MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME e rigettarsi il ricorso di NOME COGNOME; udito l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
udito l’AVV_NOTAIO, nell’interesse di NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 15/01/2025, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza in data 08/06/2023 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Monza che aveva condannato NOME COGNOME per i reati di cui ai capi C), E), H), L), M) della rubrica, unificati dal vincolo della continuazione esteso anche ai fatti oggetto di precedente sentenza emessa dallo stesso Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Monza in data 25/10/2018 (irrevocabile dal 26/03/2021), alla pena di due anni di reclusione ed euro 2.000,00 di multa, in aumento della pena inflitta con tale ultima sentenza; e che aveva condannato NOME COGNOME per i reati di cui ai capi H), L), M), unificati dal vincolo della continuazione esteso anche ai fatti oggetto di precedente sentenza emessa dallo stesso Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Monza in data 25/10/2018 (irrevocabile dal 26/03/2021), alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione ed euro 1.200,00 di multa, in aumento delle pena inflitta con tale ultima sentenza.
Le condotte contestate consistono nell’esecuzione di furti in danno di filiali di istituti bancari, mediante deflagrazione dello sportello bancomat e asporto del contante così rinvenuto.
Solo il furto eseguito presso la filiale della Monte dei Paschi di Siena di Soncino,
commesso l’11/02/2018 (Capo L), era procedibile, essendo stata avanzata querela; con riguardo a tutti gli episodi ricostruiti dai giudici di merito e oggetto delle contestazioni era stata dichiarata la responsabilità penale degli imputati in ordine alla condotta di detenzione e porto in luogo pubblico di ordigno esplodente artigianale c.d. marmotta, utilizzato per la commissione di tutti i furti, anche di quelli improcedibili per difetto di querela.
NOME e NOME erano stati arrestati (unitamente ad altri) il 23/03/2018 nella flagranza di uno di questi furti, eseguito sempre con la medesima modalità ai danni della filiale UBI Banca di Cologno Monzese, e per questo fatto erano stati giudicati con sentenza definitiva, sulla quale, peraltro, erano stati applicati i rispettivi aumenti di pena in continuazione.
I giudici di merito ritenevano che NOME avesse svolto il ruolo di staffetta e di palo nelle varie azioni unitariamente pianificate dai correi (gli «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE», gruppo che era sopraggiunto in camper a Cologno Monzese appositamente per commettere i furti) e in tal modo quale concorrente doveva considerarsi corresponsabile della detenzione e del porto dell’esplosivo utilizzato.
COGNOME faceva parte del gruppo degli «RAGIONE_SOCIALE», che aveva eseguito le azioni delittuose, reiterando il medesimo modulo operativo.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati.
2.1. NOME COGNOME ha articolato quattro motivi.
2.1.1. Con il primo denuncia violazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per l’erronea applicazione degli artt. 533, 535 e 192 cod. proc. pen.
La Corte territoriale avrebbe violato il principio dell’accertamento oltre ogni ragionevole dubbio, valorizzando eccessivamente l’esito di un controllo sulla circolazione stradale alle ore 03,25 dell’11/02/2018 e il riferimento agli RAGIONE_SOCIALE di Foggia, contenuto nelle intercettazioni.
Non ha poi individuato i contorni del contributo causale che sarebbe stato da egli fornito ai presunti correi.
2.1.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per l’erronea applicazione degli artt. 2,4 l.n. 895/1967 e 678 cod. pen.
Nei materiali utilizzati ai fini dell’esecuzione dei delitti non poteva ravvisarsi la connotazione della micidialità, propria dei materiali esplosivi.
2.1.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen. per l’erronea applicazione degli artt. 133, 62bis , 69, 81 cod. pen., integrato dal diniego delle circostanze attenuanti generiche e dagli eccessivi e immotivati aumenti per la continuazione.
2.1.4. Con il quarto motivo si duole della manifesta illogicità della motivazione con riguardo al trattamento sanzionatorio piø severo rispetto a quello riservato ad altro imputato dalla stessa posizione soggettiva (NOME COGNOME, giudicato separatamente).
2.2. NOME COGNOME ha articolato sette motivi.
2.2.1. Con il primo denuncia violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 624, 625 nn. 2 e 7 cod. pen. e 336, 337, 529 e 531 cod. proc. pen.
Doveva essere dichiarata l’improcedibilità per il furto di cui al capo L), perchØ, a fronte della querela proposta da tale NOME COGNOME che si autoqualificava come direttore della Filiale di Soncino della Banca Monte Paschi di Siena, non era stata prodotta documentazione a sostegno di questa qualifica e della propria legittimazione ad esercitare il potere dell’ente. Tale mancanza di prova non poteva essere surrogata, come sostenuto nella sentenza impugnata, dall’attestazione della qualifica nell’atto formato dalla Polizia
giudiziaria; peraltro, nel verbale di denuncia querela egli Ł indicato come soggetto di professione impiegato privato e non quale direttore della filiale.
In presenza anche solo del dubbio sulla validità della querela ai sensi dell’art. 531, comma 2, cod. proc. pen. deve comunque dichiararsi l’estinzione del reato.
2.2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110, 2 e 4 l. n. 895/67, 530 cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine all’accertamento dell’elemento oggettivo e soggettivo dei reati di cui ai capi C), E), H) e M) contestato, nonchØ omessa valutazione degli elementi emergenti dagli atti processuali.
La Corte territoriale si era limitata ad una motivazione per relationem con richiami alla motivazione del giudice di primo grado e dando valore probatorio ad una condotta analoga commessa il 23/03/2018 e già accertata con sentenza definitiva, e tuttavia successiva a quelle oggetto del presente giudizio.
NOME non era stato mai identificato tra i soggetti che operavano in quelle azioni, a differenza di quanto avvenuto per quella del 23/03/2018; e la motivazione del provvedimento impugnato non indica con precisione da quali atti trae gli elementi per attribuirgli un ruolo quale concorrente nei reati. Anche dalle conversazioni intercettate si potrebbe solo ricavare che NOME conoscesse il metodo seguito dagli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, senza che da ciò si possa trarre prova alcuna che ne fosse partecipe.
2.2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110, 624 e 625 cod. pen., 530 cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine all’accertamento dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui al capo L) contestato, nonchØ omessa valutazione degli elementi emergenti dagli atti processuali.
La dimostrazione della sua responsabilità era stata ricavata dal fatto che egli era stato visto a bordo di una Fiat Punto in prossimità dell’istituto bancario prima e dopo il fatto.
2.2.4. Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 110, 2 e 4 l. n. 895/67, 530 cod. proc. pen. per mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata riqualificazione delle condotte di cui ai capi C), E), H) e M) nel reato di cui all’art. 678 cod. pen., nonchØ omessa valutazione degli elementi emergenti dagli atti processuali.
Il materiale utilizzato era stato qualificato come esplosivo in assenza di un accertamento tecnico sulle reali potenzialità dello stesso.
2.2.5. Con il quinto motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione in relazione al trattamento sanzionatorio, con riguardo agli artt. 110 e 114 cod. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e per contraddittorietà della motivazione.
2.2.6. Con il sesto motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione in relazione al trattamento sanzionatorio, con riguardo agli artt. 62bis e 133 cod. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e per contraddittorietà della motivazione.
2.2.7. Con il settimo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) e lett. e), cod. proc. pen. in relazione in relazione al trattamento sanzionatorio, con riguardo all’art. 81 cod. pen., per inosservanza o erronea applicazione della legge penale e per contraddittorietà della motivazione.
Eccessivi e immotivati erano gli aumenti di pena per ciascun reato satellite, peraltro non calcolati, come necessario, in maniera distinta.
All’esito della discussione orale, il Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso di NOME COGNOME, perchØ meramente reiterativo dei motivi di appello e assertivo nelle prospettazioni, e rigettarsi il ricorso di NOME COGNOME, perchØ i motivi proposti a sostegno sono infondati.
Il difensore di NOME COGNOME ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono complessivamente infondati.
Occorre in via di premessa ricordare che «eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità Ł circoscritto, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., alla sola verifica dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dell’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, della coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile» (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556 – 01; Conf.: Sez. 6, n. 5334 del 1993, Rv. 194203-01)
In questo ambito valutativo, «la cognizione della Corte di cassazione Ł funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, nØ condividerne la giustificazione» (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01).
Ne consegue, altresì, che «sono inammissibili i motivi che riproducono pedissequamente le censure dedotte in appello, al piø con l’aggiunta di espressioni che contestino, in termini meramente assertivi ed apodittici, la correttezza della sentenza impugnata, laddove difettino di una critica puntuale al provvedimento e non prendano in considerazione, per confutarle in fatto e/o in diritto, le argomentazioni in virtø delle quali i motivi di appello non sono stati accolti» (Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
Alla luce di queste premesse i motivi di ricorso proposti da NOME COGNOME non possono trovare accoglimento.
3.1 Con il primo motivo COGNOME deduce del tutto genericamente la violazione del principio processuale del ragionevole dubbio e dei criteri di individuazione del contributo del concorrente nel reato, richiamando orientamenti interpretativi dei giudici di legittimità, ma limitandosi – nell’agganciarli ad una concreta critica diretta alla motivazione della sentenza impugnata – a dissentire dalla valutazione, effettuata dai giudici di merito, dell’esito del controllo avvenuto alle ore 03,25 dell’11/02/2018 mentre era bordo di un camper e dei riferimenti contenuti nelle intercettazioni agli RAGIONE_SOCIALE di Foggia.
Tali doglianze non si confrontano con il complesso ben piø articolato di elementi valutati dai giudici di merito, che hanno preso le mosse dalle intercettazioni delle conversazioni di cui era protagonista NOME COGNOME, che si muoveva con l’autovettura Fiat Punto, ripresa dalle videocamere mentre faceva da staffetta alla Fiat Panda, e sulla quale si erano mossi gli autori dell’esplosione e del successivo furto del bancomat del Credito Valtellinese di Cologno Monzese del 02/02/2018; NOME aveva chiaramente descritto nella progr. 523 del r.i.t. 124/18 le operazioni eseguite da un gruppo di suoi RAGIONE_SOCIALE di Foggia, che periodicamente nei
fine settimana si recavano nel in territorio lombardo per portare a termine i «botti» ai bancomat.
Questo elemento Ł stato utilizzato con percorso logico incensurabile collegandolo con i successivi accertamenti sulle utenze telefoniche attribuite allo stesso NOME e ai componenti del gruppo foggiano, nonchØ ricostruendo attraverso le celle di aggancio tutti i loro coordinati spostamenti, risultati tutti compatibili con i luoghi in cui con le stesse modalità venivano portati a termine i delitti contestati.
Apodittica Ł pertanto la lamentata «sopravvalutazione» del controllo effettuato l’11/02/2018 dagli investigatori che al casello di Piacenza Nord aveva accertato la presenza di COGNOME con NOME COGNOME e NOME COGNOME (concorrenti nei reati le cui posizioni processuali sono oggetto di sentenze irrevocabili) all’interno dello stesso camper che aveva trovato nei giorni precedenti ospitalità all’interno di uno stabile di COGNOME; tanto piø che tale accertamento, nell’ambito della complessiva ricostruzione di un’indagine che ha seguito tutti gli spostamenti dei coimputati, viene valorizzato dal provvedimento impugnato perchØ avviene alcuni giorni dopo una telefonata nella quale NOME aveva preannunciato a NOME il loro arrivo e subito dopo i due ravvicinatissimi assalti al bancomat della filiale della Banca del Territorio Lombardo di Cologno Monzese e a quello della filiale MPS di Soncino, precisando, altresì, che i due colpi erano stati realizzati con la medesima modalità operativa riscontrata nell’esecuzione del furto in danno della filiale Ubi Banca di Cologno Monzese del 24/03/2018, quando COGNOME fu arrestato nella flagranza del reato unitamente a COGNOME.
Il primo motivo di ricorso Ł pertanto inammissibile.
3.2 Il secondo motivo, proposto da COGNOME, lamenta l’erronea applicazione degli artt. 2, 4 l.n. 895/1967 e 678 cod. pen., perchØ nei materiali utilizzati ai fini dell’esecuzione dei delitti, non poteva ravvisarsi la connotazione della micidialità, propria dei materiali esplosivi, in mancanza di uno specifico accertamento tecnico.
La censura Ł infondata.
Al fine di apprezzare la correttezza della qualificazione giuridica delle condotte basterebbe prendere atto della compiuta descrizione degli effetti dell’utilizzo di quei composti chimici sugli sportelli bancomat colpiti, come la si ricava dalle motivazioni in fatto dei provvedimenti impugnati laddove riportano le dichiarazioni dei testimoni (guardie giurate e residenti in appartamenti prossimi ai luoghi dell’esplosione), tutte concordi nel riferire circa la diffusività delle conseguenze delle esplosioni.
Va, peraltro, ricordato che, al fine di inquadrare le c.d. marmotte’ negli artt. 2,4 l.n. 895/1967, si deve tenere conto della potenzialità e della pericolosità del materiale esplosivo, piuttosto che dei concreti effetti prodotti dall’eventuale esplosione verificatasi, e anche delle modalità di preparazione e di concreto uso che se ne Ł fatto.
E infatti, a proposito della fattispecie nella quale la difesa ritiene andassero riqualificate le condotte, la giurisprudenza ha affermato che «in tema di armi e materie esplodenti, l’ambito di applicabilità dell’art.678 cod.pen. Ł limitato – oltre ad alcune ipotesi residuali non ricadenti per mancanza di una espressa previsione sotto l’impero di una normativa speciale alle condotte aventi ad oggetto le materie esplodenti che, in rapporto alle circostanze del caso concreto, non presentino il carattere della “micidialità”; quest’ultimo carattere Ł insito nella sottospecie delle materie esplodenti rappresentata da quei composti chimici, o miscugli di composti chimici, specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti, deflagranti o dirompenti per impiego bellico o civile, indicati comunemente come esplosivi: siffatta situazione può peraltro determinarsi anche quando non si tratti propriamente di esplosivi, vale a dire di materie appositamente studiate e realizzate per
cagionare con il loro uso conseguenze devastanti, bensì di materie che in determinate condizioni ambientali, di cui il detentore sia consapevole, possono acquisire la stessa potenzialità lesiva» (Sez. 1, n. 6959 del 09/04/1997, Rv. 208255 – 01).
L’insegnamento Ł stato ribadito e approfondito da Sez. 1, n. 9719 del 18/06/1999, Rv. 214938 -01, secondo la quale « il carattere della “micidialità” (…) Ł insito nella sottospecie delle materie esplodenti rappresentata da quei composti chimici, o miscugli di composti chimici, specificamente fabbricati e manipolati allo scopo di produrre effetti detonanti, deflagranti o dirompenti per impiego bellico o civile, indicati comunemente come esplosivi: siffatta situazione può peraltro determinarsi anche quando non si tratti propriamente di esplosivi, vale a dire di materie appositamente studiate e realizzate per cagionare con il loro uso conseguenze devastanti, bensì di materie che in determinate condizioni ambientali, di cui il detentore sia consapevole, possono acquisire la stessa potenzialità lesiva».
In ogni caso al fine di distinguere i materiali esplodenti dagli esplosivi in senso proprio la giurisprudenza ha richiesto che, per l’inquadramento dei composti nei chimici, si sarebbero dovuti escludere effetti deflagranti e dirompenti come quelli invece rilevati dagli inquirenti nelle vicende in esame (Cfr. piø di recente Sez. 1, n. 13831 del 07/01/2025, Pg, Rv. 287957 – 01).
Ne consegue che la qualificazione giuridica contenuta nella sentenza impugnata deve considerarsi corretta.
3.3 Infondata Ł anche la censura, articolata nel terzo e nel quarto motivo, che lamenta la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e il diverso e piø severo trattamento sanzionatorio riservato a COGNOME rispetto al coimputato NOME, che ha definito la sua posizione processuale ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Va anzitutto ricordato che il secondo profilo di censura Ł stato già affrontato dalla giurisprudenza di legittimità che ha affermato che «in tema di ricorso per cassazione, non può essere considerato come indice di vizio di motivazione il diverso trattamento sanzionatorio riservato ai coimputati la cui posizione sia stata definita mediante patteggiamento, anche con riferimento al riconoscimento o all’esclusione di circostanze attenuanti o aggravanti» (Sez. 3, n. 51002 del 25/05/2018, R., Rv. 274091 – 01).
Al di là di ogni ovvio richiamo al principio generale dell’autonomia dei giudizi ( ex multis Sez. 2, n. 52589 del 06/07/2018, Bruno, Rv. 275517 – 01), nessuna censura può meritare l’ovvia considerazione della Corte territoriale che sottolinea la strutturale diversità dei parametri processuali e sostanziali che conducono alla determinazione della pena a seguito di patteggiamento rispetto a quelli che presiedono alla commisurazione del trattamento sanzionatorio a seguito di giudizio abbreviato, non potendosi trarre una pretesa di omogeneità dalla sola comune previsione della premialità con la riduzione di un terzo previsto dall’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. e con quella fino ad un terzo di cui all’art. 444, comma 1, cod. proc. pen.
E difatti, oltre alla fisiologica autonomia dei procedimenti come tali intrinsecamente idonei a pervenire a risultati diversi ed individualizzati. Va ricordato che, mentre il patteggiamento non comporta una piena cognizione dei fatti e conduce ad una decisione che si fonda su valutazioni del tutto peculiari, che tengono anche conto del risparmio processuale conseguente alla scelta di una forma di definizione del processo alternativa al dibattimento (Sez. 6, n. 24402 del 12/03/2008, Rv. 240356), invece il giudizio di abbreviato si caratterizza per la cognizione piena sebbene su prova contratta e perciò può consentire di giungere ad un diverso trattamento sanzionatorio, salvo che la differente quantificazione sia frutto di asserzioni immotivate, irragionevoli o paradossali (Sez. 3, n. 27115 del 19/02/2015,
Rv. 264020; Sez. 6, n. 21838 del 23/05/2012, Rv. 252880).
Nel caso di specie parte ricorrente si limita a rivendicare un trattamento analogo a quello del coimputato che ha patteggiato sulla base di un apodittico richiamo ad un’equità astratta e non ad una specifica deduzione di elementi pretermessi dal provvedimento impugnato che impongano un matematico allineamento tra le due posizioni e le rispettive risposte sanzionatorie.
Quanto poi alla lamentata mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, occorre ricordare che «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62bis , disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non Ł piø sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610 – 01).
Oltre alla preclusione che impedisce al giudice di limitarsi a prendere atto dell’incensuratezza per fondare la sua decisione di concedere le circostanze attenuanti generiche, dopo la riforma dell’art. 62bis cod. pen. (che ha superato la presunzione di meritevolezza del beneficio in favore dell’imputato incensurato in assenza di elementi negativi), deve rilevarsi che la disposizione normativa, come riformulata e come costantemente interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, richiede concreti elementi positivi a favore dell’imputato per giustificare la concessione delle circostanze attenuanti generiche, tanto che il giudice, dopo averne constatato l’assenza, non Ł tenuto nemmeno a motivare sulla mancata concessione del beneficio (tra le tante, sez. 4, n. 32872 dell’08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01).
Orbene la Corte territoriale nel presente giudizio non si Ł limitata a constatare l’assenza di elementi favorevoli per l’imputato, ma ha evidenziato i significativi precedenti per reati contro il patrimonio, la particolare gravità della sua condotta, connotata da sistematicità e partecipazione ad un gruppo strutturato e pericoloso, l’assenza di ogni sua iniziativa riparativa o collaborativa.
Apodittica e generica Ł infine la doglianza sulla eccessività degli aumenti che sono stati motivati e quantificati in maniera uniforme dai giudici di merito, con motivazione sintetica ed esaustiva a fronte della quale la censura si risolve in una mera critica pregiudiziale.
Pertanto, anche il terzo e il quarto motivo di ricorso sono infondati.
Anche i motivi di ricorso presentati nell’interesse di NOME COGNOME sono complessivamente infondati.
4.1 La prima censura di violazione di legge e di carenza di motivazione in relazione agli artt. 624, 625 nn. 2 e 7 cod. pen. e 336, 337, 529 e 531 cod. proc. pen. ripropone la richiesta di dichiarare l’improcedibilità per il furto di cui al capo L), perchØ la querela era stata proposta da tale NOME COGNOME, che si autoqualificava come direttore della Filiale di Soncino della Banca Monte Paschi di Siena, ma che non aveva prodotto documentazione a sostegno di questa qualifica e della propria legittimazione ad esercitare il potere dell’ente.
La sentenza aveva ritenuto sufficiente l’attestazione del suo ruolo da parte del denunciante nell’atto formato dalla Polizia giudiziaria e tale argomentazione veniva ritenuta del tutto infondato dal ricorrente che aggiungeva che nel verbale di denuncia querela NOME COGNOME Ł indicato come soggetto di professione impiegato privato e non come direttore della filiale.
La censura Ł infondata.
Sulla querela i giudici di merito hanno correttamente aderito al persuasivo e costante orientamento che considera persona offesa chiunque abbia anche solo in custodia o in affidamento i beni sottratti; e non vi Ł alcuna seria contestazione in fatto che il denunciante fosse, quale responsabile della filiale, l’incaricato della vigilanza sui beni dell’istituto bancario.
La decisione dei giudici di merito dà applicazione al principio fissato dalla piø autorevole giurisprudenza di legittimità, secondo il quale «il bene giuridico protetto dal delitto di furto Ł individuabile non solo nella proprietà o nei diritti reali personali o di godimento, ma anche nel possesso – inteso come relazione di fatto che non richiede la diretta fisica disponibilità – che si configura anche in assenza di un titolo giuridico e persino quando esso si costituisce in modo clandestino o illecito, con la conseguenza che anche al titolare di tale posizione di fatto spetta la qualifica di persona offesa e, di conseguenza, la legittimazione a proporre querela. (In applicazione del principio, la Corte ha riconosciuto al responsabile di un supermercato la legittimazione a proporre querela)» (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255975 – 01).
Analogamente Sez. 5, n. 3736 del 04/12/2018, dep. 2015, Rv. 275342 – 01 ha ritenuto legittimato a proporre querela anche il responsabile della sicurezza dell’esercizio commerciale, sebbene non munito dei poteri di rappresentanza del proprietario, in quanto titolare della detenzione qualificata della cosa in custodia, che Ł compresa nel bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice; e lo stesso si Ł affermato per la cassiera di un supermercato (Sez. 4, n. 7193 del 20/12/2023, dep. 2024, P., Rv. 285824 – 01).
A maggior ragione non può mettersi in discussione la legittimazione a proporre querela del dipendente dell’istituto bancario, che, a prescindere dalla delega e dal ruolo, risulti avere disponibilità e custodia delle somme di denaro sottratte, nella qualità di gestore del servizio bancomat nella filiale, come peraltro gli stessi investigatori pubblici ufficiali che hanno ricevuto l’atto hanno attestato e come non risulta specificamente messo in dubbio da alcun elemento; nØ appare necessario che un dato incontestato sia ulteriormente e specificamente provato.
4.2 Il secondo motivo lamenta che la Corte territoriale ha respinto in poche righe i rilievi proposti dalla difesa alla ricostruzione del giudice di primo grado, richiamando per relationem la motivazione gravata da appello.
La Corte avrebbe omesso di considerare che NOME non era stato mai arrestato nØ fermato dalle forze dell’ordine, avrebbe sovrapposto le condotte descritte nella sentenza avente ad oggetto l’episodio del 23/03/2018 con tutti gli altri fatti oggetto di questo giudizio in maniera acritica e non avrebbe descritto specificamente ruolo e contributo da egli prestato nell’ipotizzato concorso nei reati.
Il ricorrente lamenta ancora che le evidenze processuali sarebbero state travisate dando valenza alle dichiarazioni testimoniali che tuttavia non identificano in maniera precisa l’autovettura riconducibile a COGNOME e non lo indicano come presente sui luoghi.
Travisate sarebbero state anche le intercettazioni, dai cui contenuti non emergerebbe in alcun modo la sua complicità nelle azioni delittuose.
Orbene «in tema di integrazione delle motivazioni tra le sentenze conformi di primo e di secondo grado, il giudice dell’appello può motivare per relazione se l’impugnazione si limita a riproporre questioni di fatto o di diritto già esaminate e correttamente risolte dal primo giudice, oppure prospetta critiche generiche, superflue o palesemente infondate, mentre, qualora siano formulate censure specifiche o introduttive di rilievi non sviluppati nel giudizio
anteriore, Ł affetta da vizio di motivazione la sentenza di appello che si limiti a respingere le deduzioni proposte con formule di stile o in base ad assunti meramente assertivi o distonici rispetto alle risultanze istruttorie» (Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611 – 01).
Conseguentemente «nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non Ł tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicchØ debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata» (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, COGNOME, Rv. 281935 – 01).
La sentenza impugnata, oltre a rinviare alla motivazione della sentenza che ha confermato, ha ampiamente passato in rassegna nella prima parte del provvedimento gli elementi acquisiti nel giudizio e il percorso argomentativo del giudice di primo grado che li ha valutati, evidenziandone i profili di persuasività che l’hanno indotta a condividerli.
Ha poi richiamato i motivi di appello di NOME e li ha confutati in punto di fatto, facendo specifico richiamo alla prima parte della propria decisione, nella quale venivano riportati gli elementi di prova e la loro ragionata lettura.
Ha inoltre ricollegato la sua ricostruzione alle intercettazioni in cui NOME ha spiegato ad un suo interlocutore il modo di operare degli RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che si recavano nel territorio lombardo di tanto in tanto per eseguire furti e ‘botti nei bancomat’, ha valorizzato le risultanze sugli spostamenti e sui contatti dei coimputati che facevano capo a lui in uno con il fatto che con le sue autovetture egli era stato notato mentre faceva da apripista o da affiancamento a quelle nella disponibilità dei coimputati COGNOME quando venivano eseguiti i delitti.
Si tratta di elementi che sono stati dettagliatamente esaminati e poi fatti oggetto di una valutazione di sintesi, sorretta da argomenti persuasivi ed immuni da vizi logici, che il ricorrente attacca solo parcellizzandoli per sostenerne l’equivocità o proponendone, presi uno alla volta, delle letture alternative.
Deve ricordarsi che la Corte di cassazione, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che ‘attaccano’ la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento». Come ribadisce in motivazione Sez. 2, n. 25016 del 30/06/2022, n.m., «al giudice di legittimità Ł preclusa – in sede di controllo della motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di merito perchØ ritenuti maggiormente plausibili o dotati di migliore capacità esplicativa».
Non Ł quindi compito di questa Corte riesaminare le singole prove e i singoli indizi, e valutare se la loro interpretazione alternativa, prospettata dal ricorrente, sia preferibile a quella seguita dal giudice di merito: il provvedimento impugnato contiene una motivazione congrua e completa, avendo il giudice esaminato tali elementi alla luce delle osservazioni e delle contestazioni mosse dalla difesa, ed avendo egli raggiunto, all’esito di tale valutazione, una conclusione non manifestamente illogica quanto alla sussistenza di una prova che impone la condanna dell’imputato «al di là di ogni ragionevole dubbio».
4.3. Le stesse considerazioni valgono per respingere il terzo motivo riguardante l’ipotesi di reato di cui al capo L), in relazione al quale si lamenta che la Corte territoriale avrebbe tratto la partecipazione di NOME alla condotta illecita perchØ la sua presenza fu rilevata a bordo dell’autovettura Fiat Punto degli operanti in servizio di appostamento prima e dopo il furto in luoghi però diversi da quelli in cui fu svolto il fatto.
La motivazione non può considerarsi viziata visto che tali obiettive risultanze si correlano ad una lettura coerente di tutti gli spostamenti precedenti e successivi dei coimputati e della ricostruzione dei legami e dei contatti tra loro intrattenuti, nonchØ del modus operandi illecito, similmente replicato nell’esecuzione di ognuno dei fatti contestati.
4.4. Il quarto motivo del ricorso proposto nell’interesse di NOME Ł del tutto sovrapponibile al secondo motivo del ricorso avanzato da COGNOME, visto che lamenta l’erronea applicazione degli artt. 2, 4 l.n. 895/1967 e 678 cod. pen.
Ai fini di apprezzarne l’infondatezza non può che farsi richiamo al superiore paragrafo 3.2. che ha funditus trattato la questione della micidialità dell’esplosivo utilizzato.
4.5 Con il quinto subordinato motivo si lamenta la mancata applicazione dell’art. 114 cod. pen. in considerazione dell’assai limitato contributo del COGNOME.
Anche questa doglianza Ł infondata.
La condivisione previa della condotta fonda quantomeno un concorso morale che vale ad escludere anche il contributo di minima importanza. Nel caso di specie Ł stata anche ricostruita una condotta di supporto che NOME avrebbe sempre garantito agli «RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE» tutte le volte che intendevano recarsi in territorio lombardo per portare a termine i loro delitti.
«Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, la valutazione, anche implicita, delle condotte concorsuali non si traduce in una vera e propria comparazione fra di esse finalizzata a stabilire quale tra i correi abbia in misura maggiore o minore contribuito alla realizzazione dell’impresa criminosa, risolvendosi bensì in un esame volto ad accertare se il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di efficacia causale così lieve rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale dell'”iter” criminoso» (Sez. 4, n. 35950 del 25/11/2020, Indelicato, Rv. 280081 – 01).
A questo si aggiunge anche il fatto che Ł stato ritenuto dimostrato un ruolo di palo o di staffetta del COGNOME in favore dei correi nelle azioni illecite anche a lui contestate.
E ciò Ł sufficiente a dimostrare la correttezza delle valutazioni della Corte territoriale che non ha considerato il suo contributo di minima importanza. Va infatti evidenziato che, dalla ricostruzione immune da vizi contenuta nella sentenza impugnata, emerge che il supporto così offerto non sarebbe stato agevolmente fungibile e non poteva considerarsi trascurabile.
Peraltro, la giurisprudenza da tempo ha escluso che possa riconoscersi il contributo di minima importanza ai sensi dell’art. 114 cod. pen. in quello offerta da chi abbia accompagnato o fatto da autista al correo (Sez. 2, n. 9743 del 22/11/2012, dep. 2013,
COGNOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO 01).
4.6. Inammissibile Ł il motivo con il quale si lamenta l’omessa motivazione sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Richiamate le considerazioni già svolte per la posizione di COGNOME nel paragrafo 3.3., la Corte rileva che il ricorrente non deduce alcun elemento favorevole, di cui i giudici di merito non abbiano tenuto conto e che invece avrebbe giustificato la concessione del beneficio.
L’assenza di tali elementi Ł stata sottolineata dalla Corte territoriale che con congrua motivazione ha ulteriormente motivato il diniego con riguardo sia ai precedenti penali sia soprattutto alle modalità dei fatti, indicative di elevata propensione e abilità criminale a fronte delle quali nessun segnale di resipiscenza Ł emerso nel comportamento successivo ai fatti dell’imputato.
4.7. Inammissibile per la sua genericità e la prospettazione di mere richieste ripropositive e rivalutative il motivo di censura che si duole della mancata motivazione sulla commisurazione degli aumenti di pena applicati sulla pena base.
Come ha già evidenziato il giudice d’appello la motivazione della sentenza di primo grado contiene già un analitico calcolo degli aumenti e la loro maggiore severità Ł ampiamente giustificata dal fatto che, rispetto al momento era stata commisurata la pena base, solo una condotta era nota e nemmeno noto ero lo scenario di sistematica e strutturata programmazione delittuosa che aveva caratterizzato tutte le azioni illecite, evidenziandone conseguentemente la ben maggiore gravità.
I ricorsi sono, pertanto, complessivamente infondati e vanno respinti con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 21/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME