Concorso di Persone nel Reato: Quando la Prova non è Diretta
Il concorso di persone nel reato è un principio fondamentale del nostro ordinamento penale, secondo cui non solo chi compie materialmente l’azione illecita, ma anche chi fornisce un contributo consapevole alla sua realizzazione, è considerato responsabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiaro esempio di come la colpevolezza possa essere provata anche in assenza di un possesso diretto del corpo del reato, basandosi su un quadro indiziario solido e coerente.
Il Caso: Detenzione di Arma e Ruolo di “Staffetta”
La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per detenzione illegale di una pistola clandestina, completa di munizionamento da guerra. La particolarità del caso risiedeva nel fatto che l’arma non era stata trovata addosso all’imputato, bensì occultata nel vano portaoggetti dell’automobile di un suo complice.
Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano riconosciuto la responsabilità dell’imputato a titolo di concorso di persone nel reato. La pena, inizialmente fissata a quattro anni di reclusione e 5000 euro di multa, era stata ridotta in appello a due anni, un mese e 2500 euro di multa.
Il Ricorso in Cassazione
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un’erronea applicazione della legge penale. La tesi difensiva si fondava sull’assenza di un contatto fisico e diretto tra l’imputato e l’arma, che si trovava nel veicolo del correo. Tuttavia, la Suprema Corte ha respinto questa argomentazione, dichiarando il ricorso inammissibile.
Concorso di persone nel reato: Le motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile principalmente perché riproponeva le stesse argomentazioni già esaminate e respinte con motivazione logica e giuridicamente ineccepibile dalla Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la decisione dei giudici di merito fosse fondata su un complesso di prove indiziarie gravi, precise e concordanti.
Gli elementi chiave che hanno cementato la condanna sono stati:
* Intercettazioni ambientali: Conversazioni avvenute in carcere tra il complice e i suoi familiari, il cui contenuto è stato riscontrato da altri elementi.
* Dati telefonici: L’analisi delle celle telefoniche agganciate dai cellulari dell’imputato e del suo complice ha dimostrato che i due viaggiavano su auto diverse ma seguendo lo stesso percorso e mantenendosi a breve distanza.
* Contatti telefonici: Numerosi contatti telefonici tra i due durante il viaggio.
Questo quadro probatorio ha permesso ai giudici di ricostruire la dinamica dei fatti in modo coerente: le due automobili viaggiavano in concerto, con il veicolo dell’imputato che fungeva da “staffetta”, ovvero precedeva l’auto con l’arma per segnalare eventuali posti di blocco o pericoli. Tale ruolo, secondo la Corte, costituisce un contributo materiale e psicologico essenziale alla commissione del reato, integrando pienamente la fattispecie del concorso di persone nel reato.
Le Conclusioni: Il Valore della Prova Indiziaria
Questa pronuncia ribadisce un principio cruciale nel processo penale: la prova della colpevolezza non deve necessariamente essere “diretta” o “materiale”. Un insieme di indizi, se valutati nel loro complesso, possono acquisire la dignità di prova piena quando sono gravi (cioè consistenti e resistenti alle obiezioni), precisi (non suscettibili di diverse interpretazioni) e concordanti (convergenti verso la stessa conclusione). Nel caso di specie, la condotta dell’imputato, sebbene non consistesse nella detenzione fisica dell’arma, è stata correttamente interpretata come una partecipazione attiva e consapevole all’illecito, giustificandone la condanna. La decisione sottolinea come, nell’accertamento del concorso di persone nel reato, la logica e la valutazione complessiva degli elementi disponibili siano strumenti indispensabili per giungere a una giusta sentenza.
È possibile essere condannati per detenzione di armi senza avere fisicamente l’arma con sé?
Sì, è possibile essere condannati a titolo di concorso di persone nel reato. Come dimostra questo caso, fornire un contributo consapevole alla commissione del reato, ad esempio fungendo da ‘staffetta’ per il veicolo che trasporta l’arma, è sufficiente per essere ritenuti penalmente responsabili.
Quali prove possono dimostrare il concorso di persone nel reato in un caso come questo?
La prova può derivare da un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti. Nel caso esaminato, sono state decisive le intercettazioni ambientali, l’analisi delle celle telefoniche che dimostravano il viaggio coordinato di due veicoli e i contatti telefonici tra i complici durante il tragitto.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando non presenta vizi di legittimità (come violazioni di legge o difetti logici della motivazione), ma si limita a riproporre le stesse questioni di fatto già valutate nei gradi di merito, senza contestare specificamente e con argomenti nuovi la logicità e la correttezza giuridica della sentenza impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31022 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31022 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CAGLIARI il 21/12/1960
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Cagliari ha riformato limitatamente al trattamento sanzionatorio la condanna resa dal Tribunale di Oristano, in data 12 maggio 2021, nei confronti di NOME COGNOME rideterminando la pena irrogata in quella di anni due, mesi uno di reclusione ed euro 2500 di multa.
Rilevato, altresì, che la sentenza di primo grado che aveva condannato l’imputato alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 5000 di multa per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 23, comma 2, legge n. 110 del 1975, ritenuta la recidiva reiterata specifica, per aver detenuto una pistola clandestina caricata con munizioni da guerra calibro 9 Luger fabbricata nella Repubblica Ceca.
Considerato che il motivo unico proposto dalla difesa, Avv. NOME COGNOME (erronea applicazione di norme penali di cui agli artt. 110 e 23 legge armi in relazione al ritenuto concorso di persona nel reato, visto che la pistola è stata trovata occultata, in un vano portaoggetti nella vettura del concorrente nel reato COGNOME) è inammissibile in quanto riproduttivo del motivo di appello (cfr. p. 12 della sentenza di secondo grado) cui la Corte territoriale ha risposto con ragionamento ineccepibile in diritto e non attaccato da specifici argomenti rispetto alle conclusioni cui sono giunte le sentenze di merito.
Rilevato, infatti, che le argomentazioni relative al ritenuto concorso di persone nel reato contestato sono immuni da vizi logici e valorizzano le intercettazioni ambientali in carcere tra COGNOME e i suoi familiari, nonché elementi di riscontro al contenuto di tali colloqui, con particolare riferimento alla verifica delle ce agganciate dai telefoni di COGNOME e COGNOME, che viaggiavano su auto diverse, e ai diversi contatti telefonici, durante il viaggio, tra i due; tanto a conferma della logic e coerenza della conclusione, cui sono giunti i giudici di secondo grado, secondo la quale le due auto viaggiavano assieme e quella a bordo della quale era il ricorrente, fungeva da staffetta rispetto a quella di Frau, nella quale era custodia l’arma.
Ritenuto, che segue l’inammissibilità del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali, nonché (cfr. Corte Cost. n. 186 del 13 giugno 2000), valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen. l’onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata equitativamente nella misura di cui al dispositivo, considerati i motivi devoluti.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro 3000 alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 giugno 2025
Il Consigliere estensore
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