Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 19634 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 19634 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ANDRIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/01/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, AVV_NOTAIO, sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso riportandosi ai motivi e chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.11 sig. NOME COGNOME ricorre per l’annullamento della sentenza del 19 gennaio 2023 della Corte di appello di COGNOME c:he ha confermato la condanna alla pena di un anno di reclusione e 4.000,00 euro di multa irrogata con sentenza dell’8 gennaio 2019 del Tribunale di Trani per il reato di cui agli artt. 81, cpv., 110 cod. pen., 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, contestato come accertato in Andria il 13/04/2018 con recidiva specifica.
1.1.Con il primo motivo deduce la mancanza, la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla riconducibilità alla sua persona della sostanza sequestrata e al contributo da lui offerto all’attività di spaccio posta in essere dal coimputato COGNOME, reo confesso che aveva fornito una versione dei fatti plausibile e alternativa a quella accusatoria. Questi, infatti, aveva riferito di aver incontrato il ricorrente in pizzeria, di aver cenato con lui, di avergli proposto di fare un giro in auto e consumare insieme sostanza stupefacente, senza nulla aggiungere se non che avrebbe dovuto incontrare alcune persone senza spiegarne il motivo. L’COGNOME – prosegue – si era assunto la paternità del possesso della droga rinvenuta nell’autovettura e della condotta di cessione a favore dei due acquirenti i quali, a loro volta, avevano confermato di aver consegnato il denaro al solo COGNOME e di aver da questi ricevuto la sostanza. Si tratta di elementi del tutto negletti dalla Corte di appello. In ogni caso, conclude sul punto, gli si potrebbe al più addebitare una condotta connivente, non di certo concorsuale.
1.2.Con il secondo motivo deduce il malgoverno dell’art. 131-bis cod. pen. come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 che ne ha esteso l’applicabilità al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
1.3.Con il terzo motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine alla richiesta di esclusione della recidiva.
1.4.Con il quarto motivo deduce l’inosservanza e/o l’erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen., e la mancanza, la contraddittorietà e/o la manifesta illogicità della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche, quantomeno con giudizio di equivalenza, e alla mancata diminuzione della pena irrogata in primo grado.
CONSIDERATO IN ‘DIRITTO
2.11 ricorso è inammissibile.
3.0sserva il Collegio:
3.1.11 ricorrente risponde del reato a lui ascritto perché, in concorso con NOME COGNOME, aveva ceduto a NOME COGNOME e NOME COGNOME una dose ciascuno di sostanza stupefacente del tipo cocaina dietro corrispettivo della somma di euro 20,00 cadauno, nonché per aver detenuto, a fine di cessione a terzi, un involucro preconfezionato di sostanza stupefacente del tipo hashish rinvenuto sulla sua persona, diciotto involucri di sostanza stupefacente del tipo cocaina occultati all’interno della tappezzeria lato passeggeri dell’autovettura Nissan Micra condotta dall’COGNOME, ulteriori gr. 7,6 di sostanza stupefacente del tipo marijuana rinvenuti nel box di pertinenza dell’abitazione dell’COGNOME. Il fatto è contestato come commesso in Andria il 13 aprile 2018 con recidiva specifica per il ricorrente;
3.2.dalla lettura della sentenza impugnata risulta che:
(i) la sera del 12 aprile 2018 i Carabinieri di Andria avevano notato l’autovettura Nissan Micra ferma nei pressi di un negozio di abbigliamento ove era appostato un giovane in attesa;
(il) il conducente aveva fatto salire il gliovane e, dopo il giro dell’isolato, l’aveva fatto scendere nello stesso punto nel quale era stato prelevato;
(iii) dopo essere sceso dall’autovettura i Carabinieri avevano bloccato il giovane, identificato nel COGNOME NOME, che, trovato in possesso di una dose di cocaina, aveva riferito agli operanti di averla acquistata dagli occupanti dell’autovettura che aveva contattato tramite l’utenza n. NUMERO_TELEFONO; costoro gli avevano dato appuntamento nel luogo ove era stato visto dai Carabinieri entrare nell’auto;
(iv) dopo pochi minuti i Carabinieri assistevano ad una seconda cessione posta in essere, questa volta, nei confronti di NOME COGNOME che, fermato ed identificato, aveva riferito di aver acquistato la sostanza dietro corrispettivo di euro 20,00 (stessa somma corrisposta dal COGNOME secondo quanto da questi successivamente riferito alla PG);
(v) gli occupanti dell’auto venivano identificati nell’Inchingclo e nell’odierno ricorrente sulla cui persona venivano rinvenuti, a seguito di perquisizione, 245,00 euro in banconote di piccolo e medio taglio, una dose di hashish (gr. 0,5) e un telefono cellulare avente n. 3922457959;
(vi) la perquisizione personale dell’COGNOME aveva dato esito negativo ma nell’autovettura erano stati rinvenuti 90,00 euro in contanti (custoditi nel posacenere) e diciotto dosi di cocaina; nella sua abitazione una busta contenente 7,6 grammi di marijuana e due nastri adesivi neri identici a quelli utilizzati per confezionare le dosi di cocaina rinvenute nell’auto;
(vii) la perquisizione domiciliare del COGNOME aveva dato esito negativo ma sul suo telefono continuavano a giungere chiamate di persone che intendevano acquistare sostanze stupefacenti;
3.3.sulla base di questi elementi la Corte di appello ha disatteso la tesi difensiva della mera connivenza, osservando come sulla persona del ricorrente fosse stata rinvenuta la somma in contanti di euro 245,00 e come la sua utenza venisse utilizzata per concordare le singole cessioni, sicché egli concordava con i clienti gli appuntamenti ai quali si recava in compagnia dell’COGNOME a bordo dell’autovettura di questi.
4.Tanto premesso, il primo motivo è generico e manifestamente infondato.
4.1.11 ricorrente (che non deduce il travisamento delle altre prove) si concentra, in questa sede, esclusivamente sulle dichiarazioni del correo COGNOME a suo dire ingiustamente neglette.
4.2.Si tratterebbe, dunque, di un travisamento per omissione.
4.3.11 travisamento è configurabile quando si introduce nella motivazione una informazione rilevante che non esiste nel processo o quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronuncia; il relativo vizio ha natura decisiva solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato processuale/probatorio, nel caso di specie, negletto (Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, COGNOME, RV. 258774; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, COGNOME, Rv. 257499). Come ribadito da Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, COGNOME, non mass. sul punto, il travisamento della prova sussiste quando emerge che la sua lettura sia affetta da errore “revocatorio”, per omissione, invenzione o falsificazione. In questo caso, difatti, la difformità cade sul significante (sul documento) e non sul significato (sul documentato).
4.4.In questo casi, però, è onere del ricorrente, in virtù del principio di “autosufficienza del ricorso” suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti medesimi (ovviamente nei limiti di quanto era già stato dedotto in sede di appello), dovendosi ritenere precluso al giudice di legittimità il loro esame diretto, a meno che il “fumus” del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso (Sez. 2, n. 20677 dell’11/04/2017, Schioppo, Rv, 270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. F. n. 37368 del 13/09/2007, Torino, Rv. 237302).
4.5.Non è sufficiente riportare meri stralci di singoli brani di prove dichiarative, estrapolati dal complessivo contenuto dell’atto processuale al fine di trarre rafforzamento dall’indebita frantumazione dei contenuti probatori, o, invece, procedere ad allegare in blocco ed indistintamente le trascrizioni degli
atti processuali, postulandone la integrale lettura da parte della Suprema Corte (Sez. 1, n. 23308 del 18/11/2014, COGNOME, Rv. 263601; Sez. 3, n. 43322 del 02/07/2014, COGNOME, Rv. 260994, secondo cui la condizione della specifica indicazione degli “altri atti del processo”, con riferimento ai quali, l’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen., configura il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità, può essere soddisfatta nei modi più diversi (quali, ad esempio, l’integrale riproduzione dell’atto nel testo del ricorso, l’allegazione in copia, l’individuazione precisa dell’atto nel fascicolo processuale di merito), purché detti modi siano comunque tali da non costringere la Corte di cassazione ad una lettura totale degli atti, dandosi luogo altrimenti ad una causa di inammissibilità del ricorso, in base al combinato disposto degli artt. 581, comma primo, lett. c), e 591 cod. proc. pen.)..
4.6.E’ necessario, pertanto: a) identificare l’atto processuale omesso o travisato; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno dell’impianto argonnentativo del provvedimento impugnato (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035).
4.7.11 ricorrente non ha assolto a nessuno di questi oneri.
4.8.Egli non solo non ha allegato il verbale delle dichiarazioni rese dal correo ma non ha nemmeno spiegato in che modo la prova negletta sarebbe decisiva, in senso a lui favorevole, alla luce delle altre emergenze probatorie tutte convergenti verso la sua chiara responsabilità concorsuale derivante dall’apporto fattivo alla consumazione del reato, emergenze molte delle quali non più contestate in questa sede (dopo che lo erano state in appello).
4.9.Non una sola parola, per esempio, viene spesa sulla disponibilità dell’utenza mobile mediante la quale i clienti lo contattavano per concordare le cessioni e avevano continuato a contattarlo anche quando il telefono era rimasto nella disponibilità dei Carabinieri, sulla disponibilità di denaro contante e di una dose di hashish rinvenuta sulla sua persona. A fronte di queste evidenze, la circostanza che i due acquirenti sentiti a sommarie informazioni avessero pagato nelle mani dell’COGNOME non esclude affatto il materiale concorso del ricorrente nelle attività di cessione e nella detenzione delle altre dosi pure destinate allo spaccio.
4.10.11 concorso di persone nel reato, nelle sue variegate possibilità di manifestazione, non può mai prescindere, afternativamente, cia un preventivo
accordo, dall’istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, dall’agevolazione alla sua preparazione o consumazione, dal rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, dalla mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso, dall’agevolazione della esecuzione del delitto o dalla materiale esecuzione di una sua parte (Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, Andreotti, Rv. 226101 – 01). Come autorevolmente ricordato da questa Corte, nella formula dell’art. 110 cod. pen. sono ricevute e riunite tutte le diverse forme ed i diversi gradi della partecipazione criminosa, indipendentemente dall’importanza di quest’ultima nella determinazione dell’evento; in particolare, vi è compresa la partecipazione morale nelle sue varie forme del mandato, dell’incitamento e del rafforzamento della volontà, e della agevolazione in genere (Sez. U, n. 13 del 1955, Abdullani, Rv. 097518 – 01). La partecipazione nel reato, oltre alle tradizionali forme della determinazione e della istigazione, comprende anche l’accordo criminoso e, comunque, può estrinsecarsi nei modi più vari ed indifferenziati, ribellandosi a qualsiasi catalogazione o tipicizzazione, a cui invece deve uniformarsi la condotta dell’autore dell’illecito e, quindi, del concorrente che esegue l’azione vietata dalla norma (Sez. U, n. 420 del 28/11/1981, Emiliani, Rv. 151619 – 01). Sul piano soggettivo, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro (Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, Sormani, Rv. 218525). La responsabilità di chi coopera ad un fatto criminoso non presuppone la convergenza psicologica sull’evento finale perseguito da altro dei concorrenti, essendo sufficiente che il suo apporto sia stato prestato con consapevole volontà di contribuire, anche solo agevolandola, alla verificazione del fatto criminoso (Sez. 6, n. Sez. 1, n. 15860 del 09/12/2014, COGNOME, Rv. 263089; Sez. 6, n. 46309 del 09/10/2012, COGNOME, Rv. 253984; Sez. 5, n. 25894 del 15/05/2009, COGNOME, Rv. 243901; Sez. 6, n. 1271 del 05/12/2003, COGNOME, Rv. 228424; Sez. 2, n. 18745 del 15/01/2003, COGNOME, Rv. 255260, secondo cui assume carattere decisivo l’unitarietà del “fatto collettivo” realizzato che si verifica quando le condotte dei concorrenti risultino, alla fine, con giudizio di prognosi postumo, integrate in unico obiettivo, perseguito in varia e diversa misura dagli imputati, sicché è sufficiente che ciascun agente abbia conoscenza, anche unilaterale, del contributo recato alla condotta altrui). In ogni caso, la circostanza che il contributo causale del concorrente morale possa manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa non esime il giudice di merito dall’obbligo di motivare Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (Sez. U, Andreotti, cit.).
4.11.Applicando questi principi alla materia delle sostanze stupefacenti, questa Corte ha costantemente affermato che la distinzione tra l’ipotesi della connivenza non punibile e il concorso nel delitto va ravvisata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone è invece richiesto un consapevole contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino il proposito criminoso del concorrente, garantendogli una certa sicurezza o, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale poter contare (Sez. 4, n. 34754 del 20/11/2020, Rv. 280244 – 02; Sez. 3, n. 41055 del 22/09/2015, Rv. 265167 – 01; Sez. 3, n. 34985 del 16/07/2015, Rv. 264454 – 01; Sez. 4, n. 4055 del 12/12/2013, dep. 2014, Rv. 258186 – 01; Sez. 6, n. 14606 del 18/02/2010, Rv. 247127 – 01; Sez. 6, n. 1108 del 04/12/1996, dep. 1997, Rv. 206786 – 01).
4.12.Nel caso di specie non vi è connivenza essendo evidente il contributo materiale alla condotta di cessione posto in essere dal ricorrenl:e che raccoglieva gli ordini per telefono indirizzando il correo verso la clientela e il perfezionamento della cessione delle dosi già confezionate nell’abitazione del complice.
4.13.Manca, dunque, anche nella proposizione, in questa sede, di una lettura alternativa dei fatti, una compiuta correlazione tra i vizi denunciati e le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento dell’atto impugnato.
4.14.Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Cass., Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 Rv. 255568); cosicché è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto d’impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (cfr., ex plurimis, Cass., Sez. 2, n. 19951 del 15/05/2008 Rv. 240109). Ai fini della validità del ricorso per cassazione non è, perciò, sufficiente che il ricorso consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate e i limiti dell’impugnazione, ma è altresì necessario che le ragioni sulle quali esso si fonda siano esposte con sufficiente grado di specificità e che siano correlate con la motivazione della sentenza impugnata; con la conseguenza che se, da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale ed assoluta,
dall’altro, esso esige pur sempre – a pena di inammissibilità d& ricorso – che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle del ricorrente, volte ad incrinare il fondamento logico-giuridico delle prime. È quindi onere del ricorrente, nel chiedere l’annullamento del provvedimento impugnato, prendere in considerazione gli argomenti svolti dal giudice di merito e sottoporli a critica, nei limiti – s’intende – delle censure di legittimità (così, motivazione, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014).
5.11 secondo motivo è inammissibile perché deduce una violazione di legge non devoluta in appello.
5.1.11 ricorrente non ha mai chiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, pur avendo il Tribunale qualificato il fatto come di lieve entità ai sensi del quinto comma dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990.
5.2.Trattasi infatti di reato per il quale è, ancor oggi, prevista una pena detentiva non superiore a cinque anni e che rientrava, quindi, nell’ambito applicativo dell’art. 131-bis cod. pen., ancor prima delle profonde modifiche operate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 3), d.lgs. n. 150 del 2022, che, nell’escludere l’applicazione della norma ai delitti di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 ha fatto salvo il delitto di cui al comma 5 del medesimo articolo, punito con pena comunque inferiore, nel minimo, a due anni di reclusione.
6.11 terzo motivo è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha espressamente esaminato la richiesta di disapplicazione della recidiva e l’ha disattesa con argomenti del tutto ignorati dal ricorrente che si duole, in questa sede, esclusivamente della mancanza di motivazione sul punto.
7.Anche il quarto motivo è manifestamente infondato, oltre che generico.
7.1.La Corte di appello, con motivazione insindacabile in questa sede, ha ritenuto l’imputato non meritevole delle circostanze attenuanti generiche sia per l’assenza di specifici elementi positivi di valutazione (effettivamente nemmeno prospettati in appello), sia per le specifiche modalità di consumazione del reato, ed ha ritenuto la pena irrogata del tutto adeguata alla gravità del fatto ed alla personalità del suo autore.
7.2.E’ stato precisato che nel caso in cui, come quello in esame, venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è nemmeno necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME,
Rv. 271243; Sez. 5, n. 46412 del 05/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197; Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, COGNOME, Rv. 245596).
7.3.In sede di appello è inoltre necessario che il giudice si confronti anche con gli argomenti devoluti a sostegno del più mite trattamento sanzionatorio rivendicato dall’imputato purché tali argomenti siano connotati dal requisito della specificità (Sez. 1, n. 707 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209443; Sez. 1, n. 8677 del 06/12/2000, COGNOME, Rv. 218140; Sez. 4, n. 110 del 05/12/1989, COGNOME, Rv. 182965).
7.4.Nel caso di specie, la Corte di appello ha valutato gli argomenti difensivi e, muovendosi sullo stesso solco proposto dall’imputato (le particolati modalità di svolgimento del fatto), li ha ritenuti inadatti ad una ulteriore diminuzione della pena già ben al di sotto del medio edittale e fissata, nonostante l’applicazione della recidiva, in prossimità del minimo.
7.5.Quanto alle circostanze attenuanti generiche, la Corte di appello ha fatto buon governo del principio reiteratamente affermato dalla Corte di cassazione secondo il quale il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la modifica dell’art. 62 bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente non è più sufficiente lo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/2013, Stelitano, I2v. 195339). La presunzione di non meritevolezza, in ultima analisi, non impone al giudice di spiegare le ragioni della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche in mancanza di richiesta dell’imputato o in caso di richiesta generica (Sez. 3, n. 54179 del 17/07/2018, Rv. 275440; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, Rv. 266460).
7.6.In ogni caso, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244; Sez. 2, n. 2285 del 11/1.0/2004, Alba, Rv. 230691; Sez. 1, n. 12496 del 21/09/1999, COGNOME, Rv. 214570). Si tratta di un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati
nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269).
8.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 01/02/2024.