Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 118 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 118 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 27033/2024
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato a ROMA il 13/11/1991 NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato in Brasile il 24/08/2000
avverso la sentenza del 14/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; lette le conclusioni del difensore di COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, e udito il difensore Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. COGNOME che si Ł riportato ai motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, con sentenza del 14 maggio 2024, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto NOME e COGNOME NOME responsabili dei reati di estorsione aggravata e lesioni ai danni di NOME
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore di Andrade, osservando che la motivazione attribuiva un concorso di persone ad Andrade, in assenza di elementi logici tali da dimostrare la sua oggettiva partecipazione al reato di estorsione; il ricorrente era intervenuto soltanto in difesa di COGNOME e la violenza da lui esercitata non era finalizzata a procacciarsi un profitto ingiusto (la bottiglia di birra che COGNOME non aveva voluto dare a COGNOME se prima non avesse pagato le precedenti consumazioni), ma solo per reagire al rifiuto di consegnare la bottiglia.
1.2 Il difensore deduce la mancata riqualificazione del fatto in quello di violenza privata ex art. 110 cod. pen., vista la mancanza dell’ingiusto profitto.
1.3 Il difensore contesta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen., la mancata esclusione della recidiva reiterata e della concessione delle attenuanti generiche sulle contestate aggravanti ed il mancato contenimento della pena nel minimo edittale.
Propone ricorso il difensore di COGNOME COGNOME COGNOME
2.1 Il difensore rileva che non vi era alcun dato oggettivo ed incontrovertibile dal quale desumere che le modalità violente fossero state attuate dal ricorrente per non pagare le precedenti consumazioni: COGNOME aveva reagito con violenza proprio a seguito del rifiuto di un’altra birra da parte del barista, per cui l’omesso pagamento si poneva unicamente come conseguenza ulteriore e non causalmente orientata rispetto all’uso della violenza (le stesse argomentazioni erano state già poste a fondamento dell’ordinanza di rigetto della richiesta di misura cautelare); nØ poteva avere rilevanza un precedente episodio in cui la persona offesa era stata minacciata da COGNOME per una situazione analoga.
2.2 Il difensore osserva che, con riferimento al reato di lesioni, la condotta di COGNOME si era limitata a sferrare un calcio a Mondal, mentre le lesioni erano scaturite dall’intervento di COGNOME, per cui COGNOME non poteva essere chiamato a rispondere del reato.
2.3 Il difensore rileva che erroneamente non era stata concessa l’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.
2.4 Il difensore contesta la mancata esclusione della recidiva; in subordine, osserva che le attenuanti generiche avrebbero dovuto essere ritenute prevalenti rispetto alla recidiva, per non incorrere nella errata applicazione dei criteri legali di dosimetria della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
1.1 Relativamente ai motivi di ricorso inerenti all’inquadramento della fattispecie nell’ambito del reato di violenza privata, si deve precisare la natura del sindacato di legittimità -principi che questa Corte ha piø volte ribadito- a mente dei quali gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori attengono interamente al merito e non sono censurabili nel giudizio di legittimità, a meno che risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa; ciò conduce alla valutazione di inammissibilità, in sede di legittimità, di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Non va infatti dimenticato che “…sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito” (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
La Corte di appello ha ritenuto, con un giudizio di merito non censurabile nella presente sede, che la reazione di COGNOME, in base a quanto affermato dalla persona offesa, non era stata provocata dal rifiuto di servire una terza birra, ma dalla richiesta di pagare le precedenti consumazioni, considerazioni rispetto alle quali le difese propongono inammissibili ricostruzioni alternative.
1.2 Quanto all’intervento di NOME, anche in questo caso la Corte di appello ha ritenuto che le dichiarazioni della persona offesa e le immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza convergessero verso la conclusione che le finalità dell’azione di NOME erano le stesse del coimputato (pag.4 sentenza impugnata)
1.3 Il secondo motivo di ricorso proposto da COGNOME Ł manifestamente infondato.
A parte che la sentenza impugnata ha dato atto che dalle sommarie informazioni testimoniali
Ł risultato che ‘entrambi i soggetti colpivano il COGNOME con pugni al volto’, si deve ribadire che ‘in tema di concorso di persone nel reato, stante la struttura unitaria del reato concorsuale, allorchØ si realizza la combinazione di diverse volontà finalizzate alla produzione dello stesso evento, ciascun compartecipe Ł chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi, nei limiti della concordata impresa criminosa per cui, quando l’attività del compartecipe si sia estrinsecata e inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell’evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, l’evento verificatosi Ł da considerare come l’effetto dell’azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l’azione tipica del reato’ (Sez.2, n. 51174 del 01/10/2019, Lucà, Rv. 278012); pertanto, correttamente COGNOME Ł stato ritenuto responsabile anche del reato di lesioni.
1.4 La Corte di appello ha motivato in maniera corretta per entrambi gli imputati anche sulla impossibilità di riconoscere l’attenuante di cui all’art. 62 n.4 cod. pen. (pag.5), sulla recidiva e sul giudizio di comparazione tra attenuanti generiche ed aggravanti contestate (pag.6); quanto al primo aspetto, si deve osservare che la giurisprudenza di questa Corte Ł costante nel sostenere che, in tema di recidiva facoltativa, Ł richiesta al giudice una specifica motivazione, sia che egli affermi, sia che escluda la sussistenza della stessa e che tale dovere risulta adempiuto nel caso in cui, anche con argomentazione succinta, si dia conto del fatto che la condotta costituisce significativa prosecuzione di un processo delinquenziale già avviato; quanto al secondo, Ł principio consolidato di questa Corte quello secondo il quale, ‘Le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in cassazione soltanto nelle ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico, essendo sufficiente a giustificare la soluzione della equivalenza aver ritenuto detta soluzione la piø idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto. (Sez.4, sentenza n.25532 del 23/05/2007, Rv. 236992); tali principi sono stati osservati nella motivazione della sentenza impugnata; quanto, infine, alla dosimetria della pena, la stessa Ł stata irrogata nel minimo edittale.
I ricorsi devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 04/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME