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Concorso di persone nel reato: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per violenza privata e lesioni in concorso. La sentenza chiarisce che la partecipazione attiva a un’azione intimidatoria, anche senza compiere materialmente l’atto lesivo finale, integra il concorso di persone nel reato. La Corte ha ritenuto che gli imputati, inseguendo e bloccando la vittima, abbiano fornito un contributo causale e rafforzato il proposito criminoso del co-imputato, accettando il rischio (dolo eventuale) di un’aggressione. La decisione affronta anche l’applicazione della Riforma Cartabia, specificando che le richieste di pene sostitutive per procedimenti già pendenti in Cassazione al momento dell’entrata in vigore della legge devono essere presentate al giudice dell’esecuzione dopo la sentenza definitiva.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso di Persone nel Reato: quando la partecipazione diventa reato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 1499 del 2024, offre un’importante lezione sul concorso di persone nel reato, un concetto fondamentale del diritto penale. Spesso ci si chiede dove finisca la semplice presenza passiva e dove inizi una partecipazione penalmente rilevante. Questo caso, che ha visto due persone condannate per aver partecipato a un’aggressione pur senza sferrare il colpo finale, chiarisce i confini tra mera connivenza e concorso attivo, anche sotto il profilo del dolo eventuale. Analizziamo insieme la vicenda e le decisioni dei giudici.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine da un grave episodio di violenza stradale. Una persona alla guida della propria auto, in compagnia di familiari, viene inseguita da un’altra vettura con a bordo tre individui. Dopo avergli tagliato la strada e averlo costretto a fermarsi, i tre uomini scendono dal veicolo con un atteggiamento aggressivo e minaccioso. Mentre due di loro, i futuri imputati, contribuiscono a creare un clima di intimidazione, il terzo soggetto, rimasto non identificato, colpisce la vittima con un pugno sferrato con un “tirapugni”, causandogli lesioni.
Nei primi due gradi di giudizio, i due uomini identificati vengono ritenuti responsabili in concorso dei reati di violenza privata e lesioni personali, con una condanna a sette e sei mesi di reclusione. Gli imputati decidono di ricorrere in Cassazione, sostenendo di aver avuto un ruolo del tutto marginale e che l’aggressione fisica fosse un atto estemporaneo e imprevedibile del terzo.

Il Concorso di Persone nel Reato e il Dolo Eventuale

Il cuore della difesa degli imputati si basava sulla presunta assenza di un loro contributo causale al reato di lesioni. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi, confermando la valutazione dei giudici di merito. La Corte ha stabilito che non è necessaria una pianificazione preventiva per configurare il concorso di persone nel reato. È sufficiente un contributo che agevoli la condotta illecita, anche se questo si manifesta implicitamente.
Nel caso specifico, la condotta degli imputati non è stata meramente passiva. Essi hanno partecipato attivamente all’inseguimento, hanno contribuito a bloccare la strada alla vittima e sono scesi dall’auto con fare minaccioso. Questo comportamento ha avuto un duplice effetto:
1. Stimolo all’azione: Ha rafforzato il proposito criminoso dell’esecutore materiale.
2. Senso di sicurezza: Ha garantito all’aggressore una maggiore sicurezza nella propria condotta delittuosa.
La Corte ha inoltre sottolineato la sussistenza del dolo eventuale. Pur non avendo materialmente sferrato il pugno, gli imputati, partecipando a una “spedizione punitiva” caratterizzata da un’escalation di violenza, si sono rappresentati e hanno accettato il rischio che la situazione potesse degenerare in un’aggressione fisica. La presenza visibile di armi nella loro auto ha ulteriormente consolidato questa valutazione.

L’Applicazione della Riforma Cartabia nei Processi Pendenti

Un altro aspetto interessante della sentenza riguarda l’applicazione delle nuove norme introdotte dalla Riforma Cartabia (d.lgs. 150/2022), in particolare quelle relative alle pene sostitutive. Uno degli imputati aveva chiesto di poter beneficiare del lavoro di pubblica utilità o della detenzione domiciliare.
La Cassazione ha dichiarato la richiesta inammissibile in quella sede, fornendo una chiara interpretazione delle disposizioni transitorie (art. 95 del d.lgs. 150/2022). La Corte ha spiegato che la possibilità di richiedere le pene sostitutive dipende dalla fase processuale in cui si trovava il procedimento al momento dell’entrata in vigore della riforma (30 dicembre 2022).
Poiché la sentenza d’appello era stata emessa prima di tale data, il procedimento era da considerarsi già “pendente” in Cassazione. In questi casi, la legge non consente alla Corte di Cassazione di decidere sull’applicazione delle pene sostitutive, essendo un giudizio di merito. La richiesta dovrà invece essere presentata al giudice dell’esecuzione entro 30 giorni dal momento in cui la sentenza diventerà irrevocabile.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte Suprema ha dichiarato i ricorsi inammissibili basandosi su argomenti solidi. In primo luogo, ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare i fatti o di fornire una diversa lettura delle prove, ma di verificare la correttezza logica e giuridica della motivazione della sentenza impugnata. Nel caso di specie, la valutazione delle testimonianze e la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello è stata ritenuta immune da vizi logici.
In merito al concorso di persone nel reato, la motivazione si fonda sul principio consolidato che la partecipazione criminosa non richiede necessariamente un accordo preventivo, ma può manifestarsi anche attraverso un contributo che, pur non essendo indispensabile, rafforza il proposito altrui. La condotta degli imputati è stata letta come un’adesione chiara all’azione delittuosa. Il loro comportamento non è stato quello di una mera “connivenza non punibile”, che presuppone una totale passività, ma un contributo attivo e consapevole alla creazione del contesto intimidatorio che ha reso possibile l’aggressione.
Infine, sulla questione procedurale legata alla Riforma Cartabia, la Corte ha fornito un’interpretazione rigorosa delle norme transitorie, stabilendo un chiaro percorso procedurale per i condannati che si trovano in una situazione analoga: la competenza per decidere sulle pene sostitutive, in questi casi, spetta esclusivamente al giudice dell’esecuzione dopo il passaggio in giudicato della sentenza.

Conclusioni

La sentenza analizzata offre due importanti spunti di riflessione. Dal punto di vista sostanziale, rafforza un’interpretazione rigorosa del concorso di persone nel reato, ricordando che anche un comportamento apparentemente secondario può assumere rilevanza penale se fornisce un contributo, anche solo morale, alla commissione del fatto. Dal punto di vista processuale, chiarisce le modalità di applicazione delle pene sostitutive della Riforma Cartabia ai procedimenti in corso, delineando una precisa ripartizione di competenze tra il giudice della cognizione e quello dell’esecuzione.

Quando una presenza passiva diventa un punibile concorso di persone nel reato?
Secondo la Corte, la semplice presenza sul luogo del reato diventa concorso punibile quando non è meramente casuale, ma serve a fornire all’autore materiale del fatto uno stimolo all’azione o un maggior senso di sicurezza, palesando una chiara adesione alla condotta delittuosa. Nel caso di specie, la partecipazione attiva all’inseguimento e all’intimidazione ha integrato tale contributo.

Cosa si intende per ‘dolo eventuale’ nel concorso di persone?
Il dolo eventuale sussiste quando i concorrenti, pur non volendo direttamente l’evento più grave (le lesioni), agiscono in un contesto violento e ne accettano il rischio come possibile conseguenza della loro azione concordata. Gli imputati, partecipando a una ‘spedizione punitiva’, hanno accettato il rischio che la situazione potesse sfociare in un’aggressione fisica.

Come si applicano le pene sostitutive della Riforma Cartabia ai processi già in Cassazione al momento della sua entrata in vigore?
Se la sentenza di appello è stata pronunciata prima del 30 dicembre 2022 (data di entrata in vigore della Riforma), il procedimento si considera già pendente in Cassazione. In questo caso, l’istanza per l’applicazione delle pene sostitutive non può essere decisa dalla Corte di Cassazione, ma deve essere presentata al giudice dell’esecuzione entro 30 giorni dalla data in cui la condanna diventa definitiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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