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Concorso di persone nel reato: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un indagato contro una misura cautelare per tentata estorsione. Il caso riguarda minacce a un imprenditore per impedirgli di organizzare eventi in una struttura ricettiva, favorendo così le attività di una famiglia. La Corte ha rigettato il ricorso, affermando che per il concorso di persone nel reato è sufficiente qualsiasi contributo, anche solo di supporto psicologico, che rafforzi il proposito criminoso o agevoli l’esecuzione, a prescindere da un interesse economico diretto del singolo partecipe. La sentenza conferma quindi un’interpretazione ampia del concorso di persone.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso di persone nel reato: basta il supporto psicologico?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione torna a definire i confini del concorso di persone nel reato, stabilendo principi chiari sulla partecipazione criminosa. La decisione analizza il caso di una tentata estorsione ai danni di un imprenditore, chiarendo che per essere considerati concorrenti in un reato non è necessario avere un ruolo da protagonista né un interesse economico diretto, essendo sufficiente anche un contributo meramente psicologico, come dare “manforte” agli altri autori.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una serie di minacce estorsive subite dall’amministratore di una società di organizzazione eventi. Diversi membri di una stessa famiglia lo avevano reiteratamente minacciato per costringerlo a non organizzare più eventi presso una nota struttura ricettiva. L’obiettivo era quello di consentire alle società riconducibili alla famiglia di operare in esclusiva, come avevano fatto in passato.

L’imputato, ricorrente in Cassazione, era stato coinvolto in uno di questi episodi minatori, accusato di aver dato “manforte” a un altro membro della famiglia, rafforzando le minacce di morte rivolte all’imprenditore affinché abbandonasse la gestione degli eventi. A seguito di ciò, il Tribunale del Riesame aveva confermato nei suoi confronti una misura cautelare del divieto di dimora, ravvisando il pericolo di reiterazione del reato. L’indagato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la mancanza di un suo interesse economico diretto e la non configurabilità del reato di estorsione.

La Decisione della Corte di Cassazione sul concorso di persone nel reato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la validità della misura cautelare. I giudici hanno ribadito la cosiddetta “concezione unitaria del fatto collettivo” che caratterizza il concorso di persone nel reato ai sensi dell’art. 110 del codice penale.

Secondo la Corte, l’attività che costituisce partecipazione a un reato può consistere in qualsiasi tipo di contributo, sia materiale che psicologico. Ciò che conta è che tale contributo sia idoneo a rafforzare il proposito criminoso degli altri o ad agevolare l’esecuzione del reato. Non è quindi necessario che il singolo concorrente abbia un ruolo esecutivo o un interesse diretto e personale nel profitto finale del crimine.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che, nel caso specifico, la presenza attiva del ricorrente durante l’episodio minatorio e le sue stesse intimazioni hanno oggettivamente rafforzato la minaccia principale, contribuendo causalmente al tentativo di estorsione. Questo contributo è stato ritenuto sufficiente a integrare la sua partecipazione al reato, indipendentemente dal fatto che le società che avrebbero beneficiato dell’allontanamento della vittima fossero o meno a lui direttamente riferibili.

La motivazione della sentenza si sofferma sul concetto di “fatto collettivo”, inteso come un obiettivo unico perseguito, in varia misura, dai diversi agenti. Per la configurabilità del concorso, è sufficiente che il partecipe ponga in essere un comportamento esteriore che aumenti, anche di poco, la probabilità di produzione del reato.

Inoltre, la Corte ha ritenuto manifestamente infondate le censure relative alle esigenze cautelari. Il pericolo di reiterazione del reato è stato considerato concreto e attuale, dato che gli episodi minacciosi si erano verificati ripetutamente proprio nel luogo di lavoro della persona offesa. La misura del divieto di dimora è stata quindi giudicata adeguata a interrompere questa catena di possibilità, impedendo al ricorrente di tornare in quei luoghi e di commettere ulteriori reati.

Le Conclusioni

Questa pronuncia consolida un principio fondamentale in materia di concorso di persone nel reato: la responsabilità penale non è frazionabile in base all’entità del profitto o al ruolo specifico di ciascuno. Chiunque fornisca un contributo apprezzabile alla realizzazione di un piano criminoso condiviso ne risponde a pieno titolo. La sentenza serve da monito: anche un’azione di mero supporto o rafforzamento psicologico, come la semplice presenza intimidatoria durante una minaccia, può essere sufficiente per essere considerati pienamente partecipi al reato e subire le relative conseguenze penali e cautelari.

Cosa si intende per concorso di persone nel reato secondo questa sentenza?
Per concorso di persone nel reato si intende qualsiasi contributo, materiale o anche solo psicologico, che un individuo fornisce alla commissione di un reato. È sufficiente che la sua condotta rafforzi il proposito criminoso degli altri o ne faciliti l’esecuzione, aumentando le possibilità che il reato venga commesso.

Per essere accusati di concorso in estorsione, è necessario avere un interesse economico diretto?
No, la sentenza chiarisce che non è necessario avere un interesse economico diretto e personale. Ciò che rileva è il contributo causale fornito al piano criminoso complessivo, indipendentemente dal fatto che il profitto del reato vada a beneficio diretto del partecipe o di altri.

Perché è stata confermata la misura cautelare del divieto di dimora?
La misura cautelare è stata confermata perché i giudici hanno ritenuto esistente un pericolo concreto e attuale che l’indagato potesse commettere nuovamente lo stesso reato. Tale pericolo era desumibile dalla ripetizione degli episodi minacciosi, avvenuti proprio nel luogo dove la vittima svolgeva la sua attività lavorativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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