Concorso di Persone nel Reato: Anche il Passeggero è Responsabile?
Il principio del concorso di persone nel reato stabilisce che chiunque contribuisca alla commissione di un illecito ne risponde penalmente. Ma cosa succede quando il contributo non è materiale, come nel caso di un passeggero a bordo di un’auto utilizzata per commettere crimini? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità penale, affermando che anche un contributo puramente morale, se consapevole, è sufficiente per fondare una condanna.
I Fatti del Caso: Più di un Semplice Passeggero
Il caso analizzato riguarda un individuo condannato in appello per i reati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni personali e danneggiamento. I reati erano stati commessi utilizzando un’autovettura. L’imputato, tuttavia, non era alla guida del veicolo, ma si trovava a bordo come passeggero. Sulla base di questa circostanza, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di non aver partecipato attivamente ai reati.
L’Appello e i Motivi del Ricorso
La difesa ha basato il ricorso su tre punti principali:
1. Errata applicazione del concorso di persone nel reato: Si contestava la complicità dell’imputato, dato che non era il conducente.
2. Eccessività della pena: La sanzione inflitta era ritenuta sproporzionata.
3. Mancata motivazione sulle sanzioni sostitutive: Si lamentava che i giudici non avessero spiegato perché non erano state applicate pene alternative al carcere.
La Decisione della Cassazione: Il Concorso di Persone nel Reato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive, offrendo importanti chiarimenti sul concorso di persone nel reato.
Il Contributo Morale e la Consapevolezza
Il punto cruciale della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. La Cassazione ha stabilito che la piena e consapevole adesione dell’imputato alla condotta criminale altrui e il suo contributo morale erano stati correttamente dedotti da una serie di elementi fattuali incontestabili. Tra questi:
* La pianificazione dell’attività: Il veicolo era intestato alla sorella dell’imputato, erano stati adottati accorgimenti per nascondere targa e colore e, soprattutto, all’interno del mezzo erano stati trovati arnesi atti allo scasso.
* La reiterazione dell’azione: La condotta lesiva si era manifestata in due momenti distinti, dimostrando una partecipazione non estemporanea.
Questi indici, secondo la Corte, rivelavano chiaramente un’azione delittuosa programmata a cui l’imputato aveva partecipato, rendendo irrilevante il suo ruolo passivo di passeggero. Il suo contributo, sebbene non materiale, ha rafforzato il proposito criminoso del conducente.
Le Altre Censure: Sanzione e Pene Sostitutive
Anche gli altri due motivi sono stati respinti. La Corte ha ritenuto che la pena, sebbene superiore al minimo legale, fosse stata adeguatamente motivata dai giudici di merito. Riguardo alle sanzioni sostitutive, la richiesta era stata condizionata all’irrogazione di una pena inferiore a un anno. Essendo la condanna superiore a tale limite, non vi era alcun obbligo per la Corte d’Appello di motivare il diniego.
Le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ragionamento della sentenza impugnata ‘perfettamente lineare sul piano logico’ e non contraddetto da prove contrarie. L’analisi dei giudici di merito ha correttamente valorizzato una serie di circostanze indiziarie che, lette nel loro insieme, dimostravano senza ombra di dubbio la partecipazione consapevole dell’imputato al piano criminale. La presenza di attrezzi da scasso e le manovre per rendere il veicolo non riconoscibile non erano semplici coincidenze, ma elementi di un disegno criminoso condiviso. Pertanto, la condanna per concorso era pienamente giustificata.
Le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: nel concorso di persone nel reato, non è necessario compiere materialmente l’azione criminosa per essere considerati responsabili. È sufficiente un contributo morale, come la semplice presenza consapevole che rafforza l’intento dell’esecutore materiale, specialmente quando questa si inserisce in un contesto criminale chiaramente pianificato. La decisione serve da monito: la responsabilità penale può estendersi a tutti i partecipanti di un’azione illecita, indipendentemente dal ruolo specifico ricoperto.
Quando un passeggero in un’auto può essere considerato complice dei reati commessi dal conducente?
Un passeggero è considerato complice quando aderisce consapevolmente alla condotta offensiva e fornisce un contributo morale alla stessa. Nel caso specifico, la sua complicità è stata dedotta da una serie di circostanze indiziarie, come la pianificazione dell’azione (auto intestata a un parente, occultamento di targa e colore, presenza di attrezzi da scasso).
Perché la Corte non ha motivato il diniego delle sanzioni sostitutive?
La richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive era stata avanzata in appello per l’ipotesi in cui la pena fosse stata contenuta entro un anno di reclusione. Poiché la Corte d’Appello ha irrogato una pena superiore, non era più necessario motivare la mancata applicazione di tali sanzioni, in quanto la condizione posta dalla difesa non si era verificata.
Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile per manifesta infondatezza’?
Significa che i motivi presentati nell’appello sono così chiaramente e palesemente privi di fondamento giuridico da non richiedere un esame approfondito nel merito da parte della Corte. La conseguenza diretta è la conferma della decisione impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29797 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29797 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CHIVASSO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per i delitti di cui agli artt. 337, 582, 585 e 635, cod. pen..
Il ricorso denuncia violazione di legge e vizi cumulativi di motivazione in punto di: 1) ritenuto concorso dell’imputato nei reati, essendo egli a bordo ma non alla guida dell’autovettura con cui quelli sono stati commessi; 2) eccessività del trattamento sanzionatorio; 3) omessa motivazione sulla richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive.
La sua difesa ha ribadito tali doglianze con memoria scritta, depositata a seguito di ricezione dell’avviso di cui all’art. 610, comma 1, cod. proc. pen..
Il ricorso è inammissibile, per la manifesta infondatezza dei motivi.
2.1. La sentenza ha dedotto l’adesione pienamente consapevole dell’imputato all’altrui condotta offensiva ed il suo contributo morale alla medesima da una serie di circostanze di fatto indiscusse: azione lesiva reiterata in due distinti momenti; presenza di indici chiaramente rivelatori di una più ampia azione delittuosa programmata anche da lui (veicolo intestato a sua sorella, accorgimenti per occultarne targa e colore, presenza di arnesi atti allo scasso). Tale ragionamento è perfettamente lineare sul piano logico, non è contraddetto da risultanze probatorie con esso inconciliabili e, quindi, non può essere qui censurato
2.2. Eguali limiti presenta il secondo motivo, avendo la sentenza persuasivamente spiegato le ragioni di un trattamento sanzionatorio superiore al minimo legale (pag. 9).
2.3. La richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive era stata avanzata in appello per l’ipotesi che la pena fosse stata contenuta in un anno di reclusione (vds. verbale d’udienza). Essendo stata irrogata una pena superiore, non era dunque necessario che la mancata sostituzione fosse motivata.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a. pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 giugno 2024.