Concorso di Persone nel Reato: Basta l’Intesa Spontanea, Non Serve un Patto
Il concetto di concorso di persone nel reato è uno dei pilastri del diritto penale e spesso oggetto di interpretazioni complesse. Quando si può dire che una persona ha contribuito a un crimine commesso da altri? È necessario un piano dettagliato e concordato in anticipo? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questi interrogativi, stabilendo che per la complicità è sufficiente un’intesa estemporanea, purché il contributo sia efficace.
I Fatti del Caso
La vicenda giudiziaria riguarda un individuo condannato per concorso in rapina aggravata. Secondo l’accusa, egli aveva partecipato al delitto fornendo un contributo essenziale. L’imputato, tuttavia, ha sempre contestato tale ricostruzione, sostenendo che il suo coinvolgimento fosse stato del tutto marginale e non frutto di un accordo preventivo con l’autore materiale della rapina. Per questo motivo, ha presentato ricorso in Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua responsabilità.
I Motivi del Ricorso e il Concorso di Persone nel Reato
Il ricorrente basava la sua difesa su due argomenti principali:
1. Errata affermazione di responsabilità: Sosteneva che non vi fossero prove di un suo contributo consapevole e volontario al reato di rapina, e che la sua condotta dovesse, al più, essere inquadrata in una fattispecie diversa e meno grave, come il favoreggiamento personale.
2. Mancata applicazione dell’attenuante: Chiedeva il riconoscimento della circostanza attenuante prevista per chi ha dato un contributo di minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato.
Il fulcro della questione ruotava attorno alla definizione del concorso di persone nel reato. La difesa insisteva sull’assenza di un patto criminoso stretto prima dell’azione, elemento ritenuto indispensabile per configurare la complicità.
L’Analisi della Corte di Cassazione
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi presentati come mere ripetizioni di argomentazioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno sottolineato che il ricorso non conteneva una critica concreta e argomentata contro le motivazioni della sentenza d’appello, limitandosi a riproporre una diversa lettura dei fatti.
Le Motivazioni della Decisione
Nel merito, la Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Ai fini della configurabilità del concorso di persone nel reato, non è necessario un previo accordo. Ciò che conta è che vi sia un’intesa, anche spontanea e sorta durante l’esecuzione del crimine, che si traduca in un supporto causalmente efficiente alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso.
Nel caso specifico, era emerso che il ricorrente aveva agito da “palo”, ovvero da vedetta, per poi cooperare con il complice al fine di rendere più difficile l’identificazione di quest’ultimo. Tale condotta, secondo la Corte, rappresenta un contributo sia materiale che morale alla riuscita della rapina, ben lontano da un ruolo meramente marginale. Questo contributo, sebbene estemporaneo, è stato ritenuto decisivo e pienamente sufficiente a integrare la fattispecie del concorso.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la linea di demarcazione tra la complicità in un reato e una condotta penalmente irrilevante (o meno grave) può essere molto sottile. La decisione della Cassazione chiarisce che l’assenza di un piano prestabilito non esclude la responsabilità a titolo di concorso. Anche un aiuto improvvisato, se funzionale alla commissione del delitto, è sufficiente per essere considerati complici. Questa interpretazione ha importanti implicazioni pratiche, poiché estende la responsabilità penale a tutti coloro che, con il loro comportamento, facilitano consapevolmente la realizzazione di un’attività illecita, indipendentemente dall’esistenza di un patto formale.
Per essere considerati complici in un reato è necessario un accordo preventivo?
No, secondo la Corte non è necessario un accordo preventivo. È sufficiente un’intesa spontanea che intervenga anche durante l’azione criminosa, purché si traduca in un supporto causalmente efficiente alla realizzazione del reato.
Il ruolo di ‘palo’ in una rapina costituisce un contributo marginale?
No. La Corte, confermando la decisione precedente, ha ritenuto che il ruolo di ‘palo’, seguito dalla cooperazione per rendere più difficile il riconoscimento dell’aggressore, costituisce un contributo concorsuale sia materiale che morale, e non meramente marginale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano considerati mere doglianze di fatto, una ripetizione di argomentazioni già respinte in appello, e non contenevano una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, mancando dei requisiti richiesti dal codice di procedura penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9706 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9706 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 01/01/1988
avverso la sentenza del 19/03/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che i due motivi di cui si compone il ricorso, con i quali si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità dell’odierno ricorrente per il concorso nel reato di rapina aggravata (il primo) e vizio di motivazione in relazione all’omessa applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. (il secondo), non risultano connotati dai requisiti, richiesti a pena di inammissibilità del ricorso, dall’ art. comma 1, lett. c), cod. proc. pen., poiché, prospettando mere doglianze in punto di fatto, riproducono profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quel già dedotti in appello ed adeguatamente vagliati e disattesi dalla Corte territoriale (si vedano in particolare le pagg. 6-8 della impugnata sentenza), con congrui e logici argomenti giuridici, dovendosi gli stessi considerare non caratterizzati da un effettivo confronto con la complessità delle ragioni poste a base del decisum e dunque non specifici, ma soltanto apparenti, omettendo di assolvere la tipica funzione di una concreta critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
che nel caso in esame i giudici di merito, con una motivazione adeguata ed esente dai vizi contestati, dando conto di come i plurimi elementi probatori a carico del ricorrente non siano stati scalfiti dagli assunti difensivi, e facendo corret applicazione dei principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, hanno congruamente esplicato le ragioni di fatto e di diritto per cui deve ritenersi, da u lato, come il COGNOME con il suo contegno abbia intenzionalmente fornito un contributo concorsuale tanto materiale quanto morale alla realizzazione del delitto di rapina (si vedano in particolare le pagg. 6 – 7 dell’impugnata sentenza), e dall’altro lato, che non sussistono i presupposti per cui possa ravvisarsi un ruolo meramente marginale dello stesso nella vicenda criminosa de qua (si vedano in particolare le pagg. 7 e 8 dell’impugnata sentenza, ove si sottolinea come il ricorrente avesse prima agito da “palo” e poi successivamente cooperato con l’altro concorrente al fine di rendere più difficile il riconoscimento dell’aggressore);
che, tra l’altro, con specifico riguardo alla deduzione difensiva secondo cui la condotta tenuta dal ricorrente nell’episodio criminoso qui in esame si sarebbe dovuta più correttamente sussumere nella fattispecie di cui all’art. 378 cod. pen. non essendoci prova di alcun preventivo accordo tra il COGNOME e il correo affinché il primo prestasse aiuto al secondo nella commissione del reato, deve essere evidenziato che, come più volte ribadito da questa Corte: «Ai fini della configurabilità di un’ipotesi di concorso di persone nel reato, non è necessario il previo accordo, essendo sufficiente un’intesa spontanea intervenuta nel corso
dell’azione criminosa che si traduca in un supporto, pur estemporaneo, ma causalmente efficiente alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso» (Sez. 1 – , n. 28794 del 15/02/2019, COGNOME, Rv. 276820 – 0;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17/12/2024.