Concorso di persone nel reato: quando il ricorso è solo una ripetizione
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto processuale penale: i requisiti di ammissibilità del ricorso, con un focus specifico sul concorso di persone nel reato. Quando un ricorso si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, il suo destino è segnato: l’inammissibilità. Questo principio emerge con chiarezza in un caso di furto aggravato in abitazione, dove la ricorrente lamentava una sua presunta partecipazione marginale al delitto.
I Fatti di Causa
Una donna veniva condannata per il delitto di furto aggravato in abitazione in concorso con altri. La Corte di Appello, pur riducendo la pena, confermava la sua responsabilità penale. Contro questa decisione, l’imputata proponeva ricorso per Cassazione, basandosi su un unico motivo: la violazione dell’articolo 114 del codice penale. Tale norma prevede una diminuzione di pena qualora il contributo di un concorrente nel reato sia stato di minima importanza. La difesa sosteneva che il ruolo della donna fosse stato, appunto, trascurabile e marginale.
La Decisione sul concorso di persone nel reato
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che il motivo presentato non possedeva i requisiti minimi per essere esaminato nel merito. Invece di formulare una critica argomentata e specifica contro le motivazioni della sentenza d’appello, la ricorrente si era limitata a una “pedissequa reiterazione” delle tesi già presentate e puntualmente respinte nel precedente grado di giudizio. Di conseguenza, oltre a rigettare il ricorso, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione su due pilastri fondamentali. In primo luogo, la non specificità del ricorso. Un ricorso in Cassazione non può essere una semplice ripetizione delle doglianze espresse in appello; deve invece assolvere alla “tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso”. Deve, in altre parole, individuare le presunte falle logiche o giuridiche nel ragionamento del giudice precedente e spiegarne le ragioni.
In secondo luogo, la Corte ha ritenuto il motivo di ricorso “manifestamente infondato”. La sentenza della Corte di Appello, infatti, aveva già spiegato, con una motivazione immune da vizi logici, perché la condotta dell’imputata nel reato non fosse affatto di trascurabile importanza né marginale. La valutazione del giudice di merito era stata chiara e ben argomentata, e il ricorso non offriva elementi concreti per metterla in discussione.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: l’impugnazione deve essere un atto critico e costruttivo, non un tentativo di ottenere un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Per avere successo, un ricorso in Cassazione deve attaccare in modo specifico e pertinente il ragionamento giuridico della sentenza impugnata. Limitarsi a riproporre le medesime difese già valutate e respinte equivale a presentare un ricorso “apparente”, destinato all’inammissibilità e a sanzioni economiche per il ricorrente.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte di Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata. È stato inoltre ritenuto manifestamente infondato.
Cosa significa che la partecipazione al reato non era di ‘trascurabile importanza’?
Significa che, secondo la valutazione dei giudici di merito, la condotta dell’imputata ha avuto un ruolo rilevante nella commissione del furto, non potendo quindi essere considerata marginale o minima ai fini dell’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 114 del codice penale.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, in questo caso fissata in tremila euro, in favore della cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10037 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10037 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
-Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano del 12 luglio 2023, che in parziale riforma della pronunzia del Tribunale cittadino quanto alla riduzione della pena, ha confermato nel resto la condanna per il delitto di furto aggravato in abitazione di cui alli art. 624 bis, 625 cod. pen.
-Ritenuto che il primo e unico motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 114 cod. pen. – è fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso; inoltre, è manifestamente infondato atteso che la sentenza impugnata, con motivazione immune da vizi logici, argomenta come la condotta dell’imputata, nel reato, non sia di trascurabile importanza né marginale (pag. 3 della sentenza impugnata); .
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Ritenuto che, attesa la inammissibilità del ricorso, non può procedersi ai sensi dell’art.619 cod. proc. pen. alla correzione dell’errore materiale, risultando competente il giudice della sentenza impugnata.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 7 febbraio 2024
O 8 MAR 2024