Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2880 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2880 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CINQUEFRONDI il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 09/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO NOME COGNOME per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, Sezione per il riesame, con ordinanza del 9/8/2023, depositata il 21/9/2023, ha rigettato la richiesta di riesame e per l’effetto ha confermato l’ordinanza con la quale in data 19/7/2023 il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Monza ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME in relazione ai reati di cui agli artt. 56 e 575 cod. pen., art. 23 L. 110/1975 e art. 648 cod. pen.
COGNOME‘ordinanza impugnata risulta che la mattina dell’il. luglio 2023 NOME COGNOME, insieme al fratello NOME COGNOME, viaggiava all’interno di una Fiat Punto condotta dal padre NOME COGNOME e che quest’ultimo è stato attinto da due colpi di pistola nel corso di un conflitto a fuoco intercorso con le persone che erano abbordo di un veicolo Fiat Iveco.
Sentendo le persone informate e vedendo le videoriprese, la polizia giudiziaria ha accertato che gli occupanti dei due veicoli si sono fronteggiati e
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che dall’interno di quello condotto da NOME COGNOME sono stati inizialmente esplosi dei colpi di arma da fuoco ai quali poi hanno risposto gli occupanti dell’altro automezzo, ferendo l’indagato.
COGNOMEe ulteriori attività di indagine, costituite anche da intercettazioni di conversazioni, è emerso che a sparare dall’interno della macchina era stato NOME COGNOME che aveva così cercato di colpire NOME COGNOME e NOME COGNOME, che erano dell’autocarro Iveco.
Alla luce degli elementi emersi il pubblico ministero ha chiesto l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, che il giudice per le indagini preliminari ha disposto nei confronti del ricorrente, del padre e del fratello per tutti i reati contestati, il concorso nel tentato omicidio di NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella detenzione e nel porto dell’arma, nonché nella ricettazione della stessa.
Nel corso dell’interrogatorio di garanzia NOME COGNOME si è assunto la piena ed esclusiva responsabilità di quanto accaduto.
Avverso l’ordinanza genetica ha proposto istanza di riesame l’indagato rilevando che gli elementi acquisiti non sarebbero tali da ritenere che sussistano gravi indizi di colpevolezza quanto a una qualsivoglia condotta a titolo di concorso e, in subordine, l’insussistenza ovvero inconsistenza delle esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che la condotta posta in essere dall’indagato, consistita nel non avere invitato il fratello a desistere dalla condotta, sia idonea a fondare il giudizio nei termini di cui all’art. 273 cod. proc. pen. e, considerata pure la sussistenza delle esigenze cautelari, ha respinto il riesame e confermato il provvedimento impugnato.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’indagato che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine a tutti i reati contestati. Nel primo motivo la difesa evidenzia che la condotta posta in essere dal ricorrente non sarebbe idonea a qualificare il contributo nei termini del concorso nei reati. La condotta che i giudici di merito indicano come significativa del concorso morale -il fatto che in atti non vi sarebbe “alcun elemento dal quale inferire che l’odierno indagato avrebbe invitato il fratello a cessare la condotta, ben potendo tale inerzia qualificata costituire indirettamente motivo di rafforzamento del proposito criminoso in capo all’autore materiale dei colpi”sarebbe, infatti, del tutto priva di consistenza, ciò anche considerato che NOME COGNOME si è
assunto la piena e assoluta responsabilità di quanto accaduto scagionando espressamente il fratello.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza e consistenza delle esigenze cautelari (pericolo di reiterazione dei reati e di inquinamento probatorio) poste a fondamento della misura cautelare disposta.
In data 20 dicembre 2023 è pervenuta in cancelleria una memoria nella quale il AVV_NOTAIO NOME COGNOME chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini che seguono.
Nel primo motivo di ricorso la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento all’art. 110 cod. pen. quanto al contributo che il ricorrente avrebbe fornito nella commissione dei reati contestati.
La doglianza è fondata.
2.1. L’art. 110 cod. pen. stabilisce che ciascuna delle persone che concorre nella commissione di un reato soggiace alla pena per questo stabilita.
Il legislatore, con il termine concorrere, ha inteso fare riferimento a qualsiasi contributo, morale o materiale, che, inserendosi anche solo in un segmento nell’azione complessiva, pure in una fase preparatoria, sia idoneo a causare o agevolare il risultato ovvero a determinare o rafforzare, in qualunque modo, la volontà collettiva di raggiungerlo.
Tale tipo di azioni, infatti, può essere caratterizzata tanto da una convergenza di attività materiali che da un fenomeno di reciproco rafforzamento psichico che si realizza tra i soggetti coinvolti sia con la predisposizione di un programma comune che partecipando a singole frazioni esecutive della deliberazione che vanno al di là del tradizionale rapporto di ‘dipendenza psichica’ inquadrabile nella – sola – relazione che intercorre tra il ‘mandante’ e l’esecutore materiale (Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, COGNOME‘COGNOME, Rv. 282620 01).
In una corretta prospettiva interpretativa si deve ritenere che il contributo psichico, al di là delle tradizionali ipotesi dell’istigatore o del mandante, per essere punibile ai sensi dell’art. 110 cod. pen., deve comunque essere espressivo di condivisione rispetto all’evento preso di mira e deve – in qualsiasi modo risultare idoneo a realizzare una semplificazione o una agevolazione, in sede progettuale o esecutiva, dell’azione collettiva, pure potendo essere le forme
espressive della agevolazione sia meramente verbali che accompagnarsi a manifestazioni esteriori di condotte, evidentemente diverse da quella tipica (ancora da ultimo Sez. 1, n. 6237 del 15/09/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282620 – 01; cfr. anche Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, dep. 2001, Sormani, Rv. 218525 – 01 per le quali: «In tema di concorso di persone nel reato, la volontà di concorrere non presuppone necessariamente un previo accordo o, comunque, la reciproca consapevolezza del concorso altrui, essendo sufficiente che la coscienza del contributo fornito all’altrui condotta esista unilateralmente, con la conseguenza che essa può indifferentemente manifestarsi o come previo concerto o come intesa istantanea ovvero come semplice adesione all’opera di un altro che rimane ignaro»).
In tema di concorso, d’altro canto, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel delitto, va individuata nel fatto che la prima, che è la scienza che altri sta per commettere o commetta un reato, come tale, postulando che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, non basta a dar vita a una forma di concorso, laddove la condotta di partecipazione si manifesta, invece, in un comportamento che fornisce un contributo alla realizzazione del delitto, sia pure mediante il rafforzamento del proposito criminoso degli altri compartecipi o l’agevolazione dell’opera degli altri concorrenti o che l’agente, per effetto della sua condotta idonea a facilitarne l’esecuzione, abbia aumentato la possibilità della sua produzione (Sez. 1, n. 16310 del 16/12&2021, dep. 2022, COGNOME, n.m. Sez. 1, n. 40248 del 26/09/2012, COGNOME, Rv. 254735 – 01; Sez. 1, n. 8193 del 06/07/1987, dep. 1988, COGNOME, Rv. 178884 – 01).
2.2. A fronte della circostanza che il contributo causale del concorrente morale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa, inoltre, si deve ribadire che il giudice di merito è tenuto a motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare in termini specifici e adeguati sotto quale forma essa si sia manifestata e quale sia il rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi evidentemente confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 cod. pen., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà (così pressoché testualmente Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, COGNOME, Rv. 226101 – 01).
2.3. Nel caso di specie la motivazione resa dal Tribunale del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, pure a fronte di una specifica deduzione della difesa sul punto, è carente.
Gli argomenti evidenziati a sostegno della conclusione in merito al contributo concorsuale che avrebbe fornito il ricorrente, infatti, tenuto anche conto che
nelle parti del provvedimento originario riportate vi è sempre un generico riferimento “ai NOME” e alla condotta “dei NOME“, sono inconsistenti.
2.3.1. La ritenuta sussistenza del contributo concorsuale, “almeno di natura morale”, si fonda esclusivamente sul fatto che “allo stato non emerge dalle indagini alcun elemento dal quale inferire che l’odierno ricorrente avrebbe invitato il fratello a cessare la condotta” e che questo integrerebbe una “inerzia qualificata” che ben potrebbe “costituire indirettamente” motivo di rafforzamento del proposito criminoso dell’autore materiale.
L’argomento, che prende le mosse da un dato che non esiste in atti, né in positivo né in negativo, ed evidenzia come a tutto concedere l’efficacia del contributo (“l’inerzia qualificata”) sarebbe comunque indiretta, non è sufficiente a ritenere che la motivazione sul punto sia adeguata e ciò anche volendo considerare il riferimento al tenore della conversazione intercettata riportato tra parentesi nel provvedimento impugnato. Lo stralcio del dialogo in cui un soggetto non ancora identificato si limita ad affermare che il ricorrente, se fosse stato armato, sarebbe anche lui intervenuto “anticipando” gli COGNOME, non è, infatti, diversamente da quanto sostenuto, da solo significativo a fondare la conclusione che NOME COGNOME abbia fornito in concreto un contributo causale, morale o materiale, alla commissione del reato.
2.3.3. Del tutto inconferenti e privi di rilievo, infine, risultano gli ulterio passaggi nei quali si fa generico riferimento a una condotta che avrebbero tenuto i non meglio specificati e singolarmente individuati “NOME“, senza che sia attribuito, come necessaria, alcuna specifica condotta, o segmento della stessa, all’odierno ricorrente.
2.4. Le considerazioni esposte impongono di annullare con rinvio l’impugnata ordinanza affinché il Tribunale del riesame di Milano, tenuto conto dei principi e dei rilievi in precedenza indicati, proceda a un nuovo giudizio circa la sussistenza allo stato dei gravi indizi di colpevolezza per i reati contestati a carico dell’indagato.
Il secondo motivo di ricorso è assorbito.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Milano competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 10 gennaio 2024.