Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35888 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35888 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 03/10/2025 R.G.N. 20528/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
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NOME, nato a NOMEXXXXXXXXX
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avverso la sentenza del 06/12/2024 della Corte di appello de L’Aquila
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
Uditi i difensori:
AVV_NOTAIO, per NOMEX e COGNOMEX, ha insistito
per l’accoglimento dei motivi di ricorso ai quali si à riportato;
AVV_NOTAIO, per NOMEX, si Ł associato alle richieste del co- difensore;
AVV_NOTAIO, per NOME, ha concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso ai quali si Ł riportato.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Pescara, con sentenza resa il 20 settembre 2021, aveva giudicato
NOMEX, NOME e COGNOMEX imputati, in concorso tra loro
e con COGNOME(minorenne), del reato di duplice tentato omicidio aggravato e
continuato in danno rispettivo di COGNOME e di COGNOMEX, con la recidiva per
COGNOMEX (capo A), e del reato di porto ingiustificato aggravato di piø coltelli (capo
B), fatti commessi in Pescara, il 4 gennaio 2018.
Con la suddetta sentenza, il Tribunale aveva così deciso:
aveva assolto NOME dal reato sub A), con riferimento alla condotta ai danni di NOME, per non aver commesso il fatto, nonchØ aveva assolto NOME dal reato sub A), con riferimento alla condotta ai danni di COGNOME, per non aver commesso il fatto;
– aveva dichiarato NOME colpevole del reato sub A), con riferimento alla condotta messa in atto ai danni di NOME, escluse le aggravanti contestate, e del
reato sub B), posti in continuazione, e lo aveva condannato alla pena di anni sette, mesi sei di reclusione, oltre alle corrispondenti pene accessorie;
aveva dichiarato NOME colpevole del reato sub A), con riferimento alla condotta ai danni di NOME, escluse le aggravanti contestate, e del reato sub B), posti in continuazione, e lo aveva condannato alla pena di anni sette, mesi sei di reclusione, oltre alle corrispondenti pene accessorie;
aveva dichiarato COGNOMEX colpevole del complessivo reato sub A), escluse le aggravanti contestate, ma ritenuta la recidiva, e del reato sub B), avvinti in continuazione, e lo aveva condannato alla pena di anni tredici di reclusione, oltre alle corrispondenti pene accessorie.
Impugnata questa decisione dai difensori degli imputati, la Corte di appello de L’Aquila, con la sentenza in epigrafe, resa il 16 dicembre 2024, ha parzialmente riformato la pronuncia di primo grado, dichiarando non doversi procedere nei confronti dei medesimi, in ordine al reato di cui al capo B), perchØ estinto per prescrizione, e, riconosciute a tutti gli imputati le circostanze attenuanti generiche, in regime di equivalenza con la recidiva per
NOME, ha rideterminato la pena inflitta a NOME in anni nove di reclusione, nonchØ ha rideterminato la pena inflitta a NOMEX e
NOME in anni cinque di reclusione ciascuno, con conferma nel resto della prima sentenza.
2.1. L’approdo raggiunto da entrambe le decisioni di merito ha affermato la sussistenza della responsabilità degli imputati, secondo l’articolazione desumibile dalle richiamate statuizioni: annessa rilevanza primaria alle dichiarazioni delle persone offese e di alcuni testimoni, quali NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA, i giudici del merito hanno ritenuto accertato che, nella vicenda in esame, si era verificato un litigio culminato nell’aggressione collettiva variamente dipanatasi in danno delle due vittime COGNOME e COGNOMEX, con la specificazione dell’accertamento dell’articolata partecipazione dei singoli imputati al tentato omicidio perpetrato avverso ognuna di tali persone offese.
L’esito Ł stato costituito dall’individuazione della responsabilità per entrambi i fatti di colui che Ł risultato certamente autore dell’azione tipica degli accoltellamenti, ossia
COGNOMEX, mentre per gli altri due imputati la prova piena del concorso partecipativo Ł stata ritenuta sussistente per uno soltanto dei tentati omicidi: NOMEX Ł stato considerato concorrente nel reato commesso ai danni di COGNOME, mentre
NOME Ł stato ritenuto concorrente nel reato commesso ai danni di
COGNOMEX.
2.2. I giudici di appello hanno reputato doversi riconoscere le circostanze attenuanti generiche a tutti gli imputati, mentre non hanno stimato sussistenti le condizioni per il riconoscimento di altre attenuanti, con particolare riferimento a quella di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen. invocata con gli atti di appello.
L’effetto del riconoscimento delle attenuanti generiche Ł stato alla base della determinazione in melius del trattamento sanzionatorio, nei termini già richiamati.
Avverso la sentenza di secondo grado hanno proposto impugnazione, con atto unitario, i difensori di NOMEX e di COGNOMEX chiedendone l’annullamento sulla scorta di due motivi.
3.1. Con il primo motivo, relativo alla posizione di NOMEX, si denunciano la violazione di legge e l’insufficienza, la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione relativamente alla sussistenza del contestato reato di tentato omicidio in danno di
COGNOME.
3.1.1. In primo luogo, la difesa lamenta l’erroneità della ricostruzione della dinamica del fatto compiuta dai giudici del merito, denunciandole come viziata dall’omessa considerazione di particolari decisivi.
In tal senso, si richiamano anzitutto le dichiarazioni della persona offesa, la quale aveva riferito che l’accoltellamento era avvenuto da parte di COGNOMEX, in modo inaspettato, mentre NOME NOME la moglie si trovavano di fronte e stavano discutendo con lui, sicchØ avrebbe dovuto dedursi che l’imputato non aveva tenuto alcun comportamento idoneo a incidere sulla dinamica dell’illecito, ma si era limitato a una inerte assistenza, come tale inidonea a giustificare l’affermazione della sua partecipazione concorsuale.
Quanto, poi, alla valorizzazione delle dichiarazioni di
NOMECOGNOME e di NOMEXX, peraltro lontani dalla scena del crimine, essa viene considerata dal ricorrente come l’esito di una evidente contraddizione interna alla motivazione, dal momento che il primo giudice aveva considerato le loro deposizioni in contrasto con quelle rese dalle persone offese, al pari della Corte territoriale, la quale aveva ascritto al solo COGNOMEX l’inflizione delle pugnalate: di conseguenza, la valutazione di queste dichiarazioni viene stigmatizzata come l’effetto del corrispondente travisamento probatorio.
3.1.2. In via subordinata, la difesa di NOMEX ha prospettato la carenza della motivazione in punto di mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen.
L’aver considerato l’importo risarcitorio di euro 10.000,00 destinato a ciascuna delle persone offese esiguo rispetto ai danni, di natura biologica e morale, patiti da ciascuna vittima costituisce l’esito di un’argomentazione resa, secondo il ricorrente, in modo incongruo, dal momento che Ł mancato qualsiasi riferimento al tipo di lesione, alla durata della malattia e alla presenza di eventuali postumi per ognuno dei danneggiati, laddove, pur tenendo conto del titolo del reato, quel che avrebbe dovuto rilevare per la quantificazione di quei danni era la valutazione concreta del pregiudizio subito.
3.2. Con il secondo motivo, afferente alla posizione di COGNOMEX, Ł stata dedotta l’insufficienza della motivazione per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen.
La difesa di questo ricorrente ha speso, al riguardo, considerazioni sovrapponibili a quelle, sopra richiamate, svolte con riferimento alla posizione di NUMERO_CARTA.
Il difensore di NOME ha proposto ricorso con cui ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata affidando l’impugnazione a due motivi, unitariamente trattati.
4.1. Con il primo motivo si Ł lamentata la violazione degli artt. 110, 56, 575 cod. pen., 125 e 546 cod. proc. pen., in relazione all’affermazione di responsabilità dell’imputato per il tentato omicidio di COGNOMEX, pur nella sua concomitante assoluzione dal tentato omicidio in danno di COGNOME.
4.2. Con il secondo motivo si Ł prospettato il vizio della motivazione in ordine alla medesima statuizione censurata con la doglianza precedente.
Sulla premessa che l’imputato era stato accusato del duplice tentato omicidio in concorso con i fratelli COGNOME e COGNOME NOME e con il padre NOME, ma era stato assolto dal reato contestato come commesso in danno di COGNOME e condannato per l’altro reato, sulla scorta dell’affermata responsabilità concorsuale dipesa dalla sua partecipazione attiva, sia pure non sfociata nella condotta tipica
dell’accoltellamento, la difesa considera il corrispondente sillogismo giudiziale ineluttabilmente viziato.
Al riguardo, si sottolinea che nello stesso tempo i giudici del merito sono approdati, sulla base del medesimo principio, ad affermare l’assenza di responsabilità per un tentato omicidio e la sussistenza della responsabilità per l’altro tentato omicidio.
In questa situazione e in disparte di rilievo che non Ł stato contestato il reato di rissa, va censurata, ad avviso del ricorrente, la frammentazione delle condotte così attuata, in guisa da considerare in modo autonomo l’una rispetto all’altra: questo esito Ł, per la difesa, contrastato dalla contestualità temporale e spaziale degli accadimenti, così da rendere un unicum indistinguibile i nuclei confliggenti, per cui tutte le condotte avrebbero dovuto essere valutate in un medesimo contesto, senza la possibilità di un’opportunistica frammentazione.
Pertanto, considerando anche la concezione della struttura unitaria del reato concorsuale, la difesa reputa insanabile la contraddizione determinata dall’avere i giudici del merito raggiunto due conclusioni opposte per due fatti dipanatisi in un contesto unitario, insuscettibili di essere valutati in modo parcellizzato.
Il Procuratore generale, con la requisitoria svolta nella discussione orale, ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi, reputati privi di fondamento, sottolineando – con particolare riguardo all’impugnazione proposto nell’interesse di NOME – che l’avere il primo giudice, pur in un contesto unitario, assolto l’imputato per uno dei tentati omicidi a lui imputati, senza alcuna impugnazione da parte del Pubblico ministero, non aveva esonerato la Corte di appello dalla valutazione della condotta del ricorrente con riferimento all’unico reato a lui ancora ascritto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati, oltre a presentare, sia pure soltanto per qualche aspetto, limiti di ammissibilità.
Il ricorrente NOMEX, nel prima parte del motivo articolato dalla difesa nel suo interesse, ha denunciato l’erronea applicazione della legge sostanziale e il vizio della motivazione per avere la Corte di appello confermato la sua penale responsabilità in merito al tentato omicidio di NOME.
2.1. Al riguardo, i giudici di secondo grado hanno evidenziato che l’istruttoria svolta dal Tribunale aveva reso chiaro che tutti gli imputati avevano partecipato all’aggressione messa in essere contro le persone offese, anche se a vibrare le pugnalate era stato certamente
COGNOMEX.
Con particolare riferimento alla posizione di COGNOME, questi – ha sottolineato la Corte territoriale – aveva dichiarato che la lite si era innescata proprio con
NOME, con la pronuncia di offese reciproche e che, quando erano arrivati alle mani, gli era stato dato uno schiaffo, poi NOME lo aveva attinto al fianco con il coltello e, ancora, gli erano arrivati calci e pugni a causa dell’attacco di tutti gli aggressori alla sua persona; in particolare, era stato confermato anche che NOME era vicino alla vittima nel corso dell’aggressione.
I giudici di appello hanno coniugato a tali elementi l’esito della testimonianza resa da
NOME, cognato di NOME, il quale – collocato alla finestra della casa di quest’ultimo – aveva osservato la fase cruenta e aveva affermato che
sia NOMEX, sia COGNOMEX avevano aggredito COGNOME e aveva aggiunto che ciò aveva fatto con il coltello anche NOMEX.
A tale dichiarazione i giudici di secondo grado hanno annesso attendibilità anche per la posizione privilegiata che il testimone si era trovato ad assumere in quel frangente.
Al contrario, la testimonianza di NUMERO_CARTA Ł stata considerata confusa e insufficiente, in quanto questi, guardando dalla sua abitazione, aveva visto un coltello, ma non era stato in grado di riferire quale soggetto lo impugnasse; essa Ł stata, quindi, reputata non tale da inficiare la ricostruzione effettuata sulla scorta del complessivo narrato derivato dalle altre dichiarazioni.
La loro disamina incrociata ha condotto la Corte territoriale a ritenere
NOME concorrente nell’aggressione perpetrata ai danni di NOME, giacchØ, contrariamente alla sua protesta di estraneità a essa, Ł risultato acclarato che egli aveva partecipato attivamente all’attacco fisico in danno di quella persona offesa, anche a voler ritenere pienamente provato che soltanto il figlio NOME aveva colpito la vittima con il coltello.
La doglianza articolata con il ricorso in esame non riesce a contrastare l’analisi e la conclusione testØ riportate, ove si consideri che, ai fini della sussistenza del concorso di persone nel reato, non occorre un previo concerto, potendo sorgere una volontà che accomuni la condotta dei partecipanti anche nel repentino svolgersi di un fatto improvviso, mentre l’ascrivibilità del reato a titolo di concorso morale prescinde dalla materiale partecipazione al fatto, quante volte sussista la prova del consapevole e volontario contributo causale del concorrente alla commissione del reato.
Si Ł, sull’argomento, condivisibilmente precisato che, ai fini della configurabilità di un’ipotesi di concorso di persone nel reato, non Ł necessario il previo accordo, essendo sufficiente un’intesa spontanea intervenuta nel corso dell’azione criminosa che si traduca in un supporto, pur estemporaneo, ma causalmente efficiente alla realizzazione dell’altrui proposito criminoso (Sez. 1, n. 28794 del 15/02/2019, Peveri, Rv. 276820 – 01). In tal senso, deve considerarsi che anche la presenza sul luogo dell’esecuzione del reato può risultare sufficiente a integrare gli estremi di una forma di compartecipazione criminosa ideale, allorchØ essa palesi chiara adesione e incitamento ulteriore alla condotta dell’esecutore materiale, fornendogli stimolo all’azione e maggior senso di impunità e sicurezza (Sez. 1, n. 24501 del 09/04/2025, F., Rv. 288221 – 01).
Queste condizioni sono state senz’altro riscontrate nel caso in esame, avendo già il Tribunale posto a base del ritenuto concorso, oltre all’unicità del movente, la comune volontà di prepotenza e iattanza messa in atto dai partecipi all’aggressione, il simultaneo accerchiamento della vittima e il ridottissimo lasso temporale che aveva contraddistinto l’azione violenta.
2.2. La valutazione di attendibilità dei singoli dichiaranti Ł stata effettuata in modo congruo e non illogico dai giudici del merito, anche con riferimento alle indicazioni fornite da
COGNOME. Si ricorda, a quest’ultimo riguardo, che le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere piø penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, con la specificazione che, nel caso in cui la persona offesa si sia costituita parte civile, può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri elementi (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE‘COGNOME, Rv. 253214 – 01; Sez. 5, n. 21135 del 26/03/2019, S., Rv. 275312 – 01).
In ordine all’aggressione patita dal suddetto soggetto, il contributo della persona offesa Ł stato analizzato nel contesto di prove dichiarative suindicato e il complessivo quadro
omicidio di COGNOME.
Deve ribadirsi che l’aggressione fisica collettiva, caratterizzata dalla reciproca consapevolezza della convergente condotta dei correi, comporta che ciascuno degli aggressori risponde del complesso delle lesioni riportate dalla vittima e, dunque, anche di quelle non causate in via diretta dall’azione materialmente posta in essere dal singolo (Sez. 5, n. 35274 del 14/07/2022, COGNOME, Rv. 283648 – 01).
Nel caso di specie, si Ł registrata la contestuale aggressione fisica del ricorrente con gli altri concorrenti, in particolare, per quanto qui rileva, con COGNOMEX, sicchØ Ł stato correttamente valutato il contributo causale da lui fornito volontariamente all’indebolimento delle difesa dell’aggredito, anche in rapporto agli effetti dei fendenti vibrati con il coltello ai suoi danni, non essendo inutile ricordare che la vittima, oltre alla ferita penetrante nell’addome, presentava ferite da arma da taglio da difesa sugli avambracci.
2.3. Per altro verso, non può accedersi alla prospettata rilettura di diverse delle testimonianze – in particolare di quelle di COGNOME, di NOME,
di NOME e di NOME – sollecitata dalla difesa di NOME sulla scorta di un’allegazione parziale e selezionata del contenuto del rispettivo narrato (sono stati infatti acclusi al ricorso, nell’ordine, i foll. 33, 21, 26, 43, 43 della trascrizione del verbale di udienza del 18.06.2019 e i foll. 7, 15, 11e 17 della trascrizione del verbale di udienza del 10.05.2021): la stessa deduzione del travisamento delle rispettive prove dichiarative non potrebbe essere sorretta da una siffatta allegazione selettiva dei brani delle rispettive testimonianze.
¨ da ribadirsi, al riguardo, che sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza e per genericità, quei motivi che – deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, e, pur richiamando atti specificamente indicati – non contengano la loro integrale trascrizione o allegazione (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 270071 – 01; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053 – 01).
2.4. La doglianza esaminata, quindi, deve essere disattesa in toto .
In ordine alla questione posta dalla comune difesa per NOMEX con la seconda parte del primo motivo e per NOME con il secondo motivo, afferente alla critica avverso la sentenza impugnata per aver confermato il diniego della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., si osserva che nemmeno tale censura appare idonea a contrastare efficacemente il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale.
3.1. Si deve, infatti, constatare che i giudici di appello hanno dato atto che la
documentazione prodotta in giudizio e le dichiarazioni rese dai testimoni, in particolare da
COGNOME, avevano dimostrato che gli imputati avevano versato l’importo di euro 10.000,00 a ciascuna delle persone offese.
Secondo l’avviso espresso nella motivazione, si era trattato del versamento di una somma di denaro esigua rispetto all’entità delle – oggettivamente rilevanti – lesioni cagionate alle due persone offese, con riferimento sia al danno biologico, sia al danno morale patiti da ciascuno dei soggetti gravemente feriti.
SicchØ, pur essendo – tale condotta risarcitoria – positivamente apprezzabile e concretamente apprezzata al diverso fine del riconoscimento a tutti gli imputati delle circostanze attenuanti generiche, essa non Ł stata considerata dalla Corte di appello tale da sorreggere l’istanza di riconoscimento dell’ulteriore attenuante prevista dall’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen.: in considerazione della pochezza della somma versata alle vittime,
in relazione all’entità dei suddetti danni dalle medesime subìti e in concomitante considerazione del mancato apporto di conoscenza in ordine al momento in cui la somma era stata versata, il corrispondente motivo di appello sviluppato nell’interesse dei due imputati Ł stato disatteso, in modo argomentato, dalla sentenza oggetto di impugnazione.
3.2. La censura riproposta in questo grado non tiene adeguato conto dei rilievi dirimenti svolti dai giudici di appello per escludere l’applicazione della norma invocata.
L’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., con riferimento al tempo della commissione del reato (4 gennaio 2018), contempla come circostanza attenuante l’avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l’essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell’ultimo capoverso dell’art. 56 cod. pen., adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato (in tempo successivo, per l’integrazione dell’attenuante oggetto di esame Ł stata aggiunta l’ipotesi costituita dall’avere partecipato a un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con un esito riparativo, con la specificazione che, qualora l’esito riparativo comporti l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la circostanza Ł valutata solo quando gli impegni sono stati rispettati: ipotesi che pacificamente non ricorre nel caso al vaglio).
Orbene, si rilevano con nettezza fra le condizioni legittimanti l’applicazione della citata norma quelle relative: 1) al fatto che il risarcimento inerisca all’intera riparazione del danno; 2) al fatto che esso sia effettuato prima del giudizio.
In tal senso si riafferma il principio di diritto secondo cui la circostanza attenuante in esame, per la parte che qui interessa, esige che la riparazione del danno – mediante le restituzioni o il risarcimento – sia integrale e avvenga prima del giudizio (non richiedendosi, invece, che l’attività del reo sia anche spontanea, come nell’ipotesi successiva disciplinata dalla stessa norma, giacchØ per la prima ipotesi Ł condizione necessaria e sufficiente che si tratti di attività volontaria: Sez. 2, n. 46758 del 24/11/2021, S., Rv. 282321 – 01).
Queste due condizioni sono state esplicitamente considerate non integrate dalla Corte di appello, in ragione dell’esiguità del ristoro assegnato dagli imputati alle due vittime e della mancata prova del momento in cui – rispetto al limite posto dalla legge – questo ristoro era stato effettuato.
3.3. A fronte dell’adeguata motivazione fornita dalla Corte territoriale la doglianza articolata dai ricorrenti ha obiettato il carattere satisfattivo dell’intero danno dell’importo versato, ma l’obiezione difensiva si Ł scontrata, senza prevalere per argomenti e deduzioni logico-giuridiche, con il diverso e argomentato ragionamento giudiziale.
Sul tema della ritenuta insufficienza dell’importo versato, le deduzioni difensive circa gli indicatori non valorizzati dai giudici di appello finiscono per negare incongruamente valore alle osservazione estimative espresse nella motivazione e non considerano che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62, primo comma, n. 6, cod. pen., il risarcimento del danno deve essere integrale – ossia comprensivo della totale riparazione di ogni effetto dannoso – e la valutazione in merito alla corrispondenza fra l’importo accettato, anche in via transattiva, e il danno spetta al giudice, che può anche disattendere, con adeguata motivazione, la dichiarazione satisfattiva della stessa parte danneggiata (Sez. 2, n. 51192 del 13/11/2019, C., Rv. 278368 – 02).
Sul punto relativo al tempo dell’avvenuto versamento dei suddetti importi – e l’argomento appare in ogni caso dirimente – la difesa dei due imputati non ha contrapposto alcun argomento al concorrente rilievo ostativo svolto dalla Corte di appello circa la mancata prova del momento in cui il, pur inadeguato, ristoro monetario era stato versato ai due
danneggiati, sicchØ non Ł stato possibile accertare se esso fosse stato garantito alle persone offese prima del giudizio, come sarebbe stato necessario al fine del riconoscimento dell’attenuante.
3.4. Queste osservazioni impongono, pertanto, di disattendere in ogni caso la complessiva doglianza ora esaminata.
Trascorrendo all’esame dell’impugnazione proposta nell’interesse di
NOME, le due doglianze che la compongono, attaccando sotto diversi profili, ossia per la violazione della norma incriminatrice, da un lato, e per la dedotta carenza motivazionale, dall’altro, la medesima statuizione, costituita dall’accertamento della responsabilità del suddetto imputato per il tentato omicidio ai danni di NOME, risultano intimamente connesse e vanno, pertanto, delibate in modo congiunto, così come in modo congiunto sono state sviluppate nel ricorso.
Esse non meritano di essere accolte.
4.1. La Corte di appello ha valutato le prove dichiarative suindicate, confermando la valutazione compiuta, per la posizione del suddetto imputato, dal Tribunale, che aveva tenuto in particolare conto la testimonianza di NOME, fratello della persona offesa, il quale aveva espressamente dato atto che anche NOME aveva colpito il fratello.
A tale dato sono stati coniugati ulteriori, convergenti elementi di prova, come, in particolare, il contributo narrativo di NOME, il quale aveva riferito che, quando aveva inferto le coltellate in danno di NOME, NOME aveva vicino a lui
NOME e COGNOME NOME, i tre fratelli avendo insieme bloccato la vittima: e, mentre il primo l’aveva pugnalata, gli altri due – fra cui il ricorrente – lo avevano colpito con le mani; fatto quest’ultimo confermato da NOME lì dove aveva detto che NOME e COGNOME NOME avevano anch’essi colpito suo cugino COGNOMEX; del pari, NOME COGNOME aveva confermato che due dei tre fratelli NOME avevano colpito la suddetta persona offesa.
Dall’insieme dei dati acquisiti Ł stato, pertanto, ritenuto indubitabile l’attivo contributo causale volontariamente e direttamente apportato da NOME nell’azione lesiva perpetrata ai danni di NOME.
4.2. Assodato quanto precede e richiamate le, già svolte, considerazioni di carattere giuridico sugli elementi caratterizzanti il concorso di persone nel reato, l’approdo raggiunto dalla Corte territoriale non si rivela utilmente confutato dalle argomentazioni svolte dalla difesa di NOME, specialmente nello snodo in cui essa ha sostenuto la contraddittorietà delle conclusioni raggiunte dai giudici del merito, che avevano assolto l’imputato dal tentato omicidio in danno di NOME, nonostante il carattere unitario dell’aggressione portata dai COGNOME nei confronti del gruppo familiare a cui appartenevano entrambe le vittime e ad onta della mancata contestazione del reato di rissa.
Quanto a quest’ultimo rilievo, la natura chiaramente rivalutativa del complessivo episodio criminoso, dallo stesso sottesa, esclude che la corrispondente prospettiva, peraltro segnalata in via puramente incidentale dal ricorrente, possa essere coltivata in sede di legittimità.
In ordine all’avvenuta assoluzione di NOME dall’accusa di tentato omicidio ai danni di NOME, essa ha formato oggetto di statuizione resa dal Tribunale avverso la quale non Ł stato proposto gravame da alcuno, in particolare dal Pubblico ministero: da quell’imputazione NOME Ł stato, quindi, definitivamente liberato.
Ciò, tuttavia, come ha puntualmente notato l’Autorità requirente, non imponeva certo alla Corte territoriale, al di là di ogni considerazione relativa alle ragioni che avevano determinato il primo giudice a pronunciare l’assoluzione succitata, di raggiungere, con
riguardo al diverso fatto costituito dal tentato omicidio ai danni di NOME, un eguale epilogo assolutorio, per malintese esigenze di simmetria logica, indirizzando meccanicisticamente l’analisi del quadro probatorio – peraltro in parte diverso da quello inerente all’episodio aggressivo in danno dell’altra persona offesa – in modo da escludere la corresponsabilità di NOME.
In tale direzione, per seguire la via invocata dal ricorrente, la Corte di appello avrebbe dovuto, di conseguenza, obliterare i convergenti elementi emersi a carico di questo imputato: elementi, invece, analizzati e, con argomentazioni non superate dalla difesa, posti dai giudici di secondo alla base della conferma dell’accertamento di responsabilità di NOME nei sensi già chiariti.
4.3. Pertanto, il ragionamento esposto nella sentenza impugnata non ha violato la disciplina sostanziale incriminatrice della condotta di quest’ultimo ricorrente e nemmeno Ł incorso nel vizio motivazionale dallo stesso lamentato, con l’effetto che la complessiva impugnazione da lui proposta si rivela priva di giuridico fondamento.
Alla stregua delle svolte considerazioni, tutti i ricorsi vanno, nel loro complesso, rigettati.
Al rigetto degli stessi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
Si deve disporre, infine, per i riferimenti alle condizioni personali delle persone offese in dipendenza dell’aggressione perpetrata nei loro rispettivi confronti, che, in caso di diffusione del presente provvedimento, vengano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 03/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME
IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.