Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34715 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34715 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a MELICUCCA’ il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME GIOIA TAURO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
Trattazione scritta.
Lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO nell’interesse della parte civil NOME COGNOME;
Lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO nell’interesse di NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 7 novembre 2023 la Corte di appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palmi il 18 aprile 2023, all’esito di giudizio abbreviato, ha ridetermiNOME, nei confronti di NOME COGNOME, la pena pecuniaria in 5.383,33 euro e nei confronti di NOME COGNOME in 4.983,33 euro.
Ha confermato, nel resto, il provvedimento impugNOME e condanNOME gli imputati alla rifusione delle spese in favore delle parti civili.
1.1. Si procede per quanto avvenuto il 10 ottobre 2022 a Taurianova, quando personale in servizio presso il locale Commissariato di Polizia notava che la saracinesca dello studio medico del dott. NOME COGNOME sita in INDIRIZZO presentava segni di colpi di arma da fuoco.
La moglie del danneggiato (stante la temporanea assenza del coniuge) riferiva di avere sentito dei colpi di arma da fuoco la notte precedente dalla propria abitazione attigua allo studio medico, verso le 4.20, ma di avere pensato si trattasse di esplosioni in lontananza.
Le indagini venivano svolte mediante l’acquisizione delle immagini dei sistemi di videosorveglianza presenti nei pressi del luogo ove era avvenuto il fatto e le rilevazioni del sistema GPS presente sul veicolo individuato come quello utilizzato dagli autori del danneggiamento.
Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, l’analisi dei sistemi di videosorveglianza consentiva di individuare l’automobile utilizzata dagli autori dell’esplosione dei colpi, comprendere il tragitto dalla stessa percorso e identificare i suoi occupanti.
A tal fine, erano valorizzate le riprese di più telecamere.
Da quella posta di fronte allo studio medico, era possibile accertare che, intorno alle 4.15, un uomo con il volto travisato, posizioNOMEsi sul lato opposto alla strada ove si trova lo studio medico COGNOME, aveva esploso dei colpi con una pistola munita di silenziatore in direzione della saracinesca dello stesso studio.
Altre videocamere permettevano di risalire all’automobile utilizzata dall’uomo che aveva esploso i colpi.
Il veicolo era stato ripreso mentre giungeva in una vicina strada senza uscita collegata alla via ove si trova lo studio da una scalinata che era stata percorsa da uno dei due occupanti il veicolo.
Rientrato sul mezzo, lo stesso aveva compiuto una manovra di retromarcia in occasione della quale era stato possibile leggere il numero di targa.
Si trattava di automobile noleggiata da NOME COGNOME, munita di GPS, oggetto di controllo di polizia alle precedenti ore 23.54, proprio lungo la via di
Taurianova ove si trovava lo studio medico COGNOME.
Gli occupanti del veicolo erano stati identificati dai Carabinieri proprio nei due imputati.
Dall’analisi dei dati del GPS del veicolo risultava che lo stesso, ancora prima di giungere, la mattina presto, presso il luogo ove era stato compiuto il danneggiamento era passato davanti casa di COGNOME e da tale luogo era nuovamente transitato subito dopo il fatto con una sosta di tre minuti (dalle 4.37 alle 4.40) per fare poi rientro a casa di COGNOME ove era rimasto fermo dalle 5.00 alle 9.49.
La sosta notturna nei pressi dello studio oggetto del danneggiamento era stata dalle 4.16 alle 4.21.
La Corte di appello si è soffermata sulle spiegazioni alternative fornite da COGNOME (sosta del veicolo per soddisfare un bisogno fisiologico e presenza nella zona per motivi di gelosia, ossia per controllare la moglie che lo aveva lasciato e risiedeva nei pressi dello studio medico), così come sulle dichiarazioni rese dal fratello dell’imputato COGNOME ritenuto inattendibile, anche perché aveva riferito circostanze contrastanti con quelle descritte dallo stesso imputato COGNOME ieri.
Con riguardo ai reati di detenzione e porto di arma comune da sparo i giudici di merito hanno evidenziato l’assenza di elementi dai quali desumere che la detenzione dell’arma era iniziata contestualmente al suo porto e, dunque, la configurabilità del concorso tra i due reati che sono stati ritenuti aggravati dal nesso teleologico rispetto al delitto di danneggiamento, dall’essere stati gli autori in numero di almeno due e dall’avere agito gli stessi con volto travisato.
Motivando in ordine ai motivi di impugnazione sollevati dall’imputato COGNOME è stata ritenuta l’aggravante della esecuzione del reato «con violenza sulle cose».
La Corte di appello ha escluso la concedibilità delle attenuanti generiche nei confronti di entrambi gli imputati, tenuto conto della gravità della condotta e della negativa personalità degli stessi.
La recidiva è stata ritenuta configurabile in ragione della biografia penale di entrambi (già recidivi) tenuto conto dei precedenti e della manifestata propensione a delinquere.
Ha proposto ricorso per cassazione NOME AVV_NOTAIO per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando cinque motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito il vizio di motivazione di cui alla lett. e) dell’ar 606 cod. proc. pen. sotto il profilo del travisamento della prova.
Il giudice di primo grado ha, infatti, travisato l’annotazione dell’attività
polizia giudiziaria relativa agli accertamenti compiuti la sera del 30 settembre 204a carico dell’imputato.
Ha evidenziato il compimento di un’attività di mero controllo documentale, mentre dal relativo verbale (prodotto anche in questa sede di legittimità in allegazione al ricorso) risulta un’attività di «ispezione veicolare e personale».
Conseguentemente, l’arma utilizzata per l’esplosione dei colpi e il danneggiamento non si trovava nell’autovettura in uso all’imputato in quanto non rinvenuta in occasione del controllo eseguito dai Carabinieri poche ore prima.
L’argomentazione difensiva sarebbe stata superata dai giudici di appello solo all’esito di un travisamento della prova.
2.2. Con il secondo motivo ha eccepito la mancanza di motivazione in ordine alla eventualità, dedotta sin dalla proposizione dell’atto di appello, nel caso di condanna per il delitto di danneggiamento, di assolvere l’imputato dai delitti in materia di armi di cui ai capi b) e c) per mancanza di prova della disponibilità delle stesse.
Ciò in quanto dalle videoregistrazioni non era stato possibile individuare l’imputato come l’autore materiale dell’esplosione dei colpi.
Nonostante la Corte reggina abbia dato atto della formulazione della richiesta assolutoria specificamente riferita ai reati di cui ai capi b) e c), gli stessi giudic appello hanno omesso ogni motivazione sul punto, con conseguente violazione di legge anche sotto il profilo dell’art. 125 cod. proc. pen.
2.3. Con il terzo motivo ha eccepito violazione di legge con riferimento agli artt. 15 cod. pen., 10 e 12 legge n. 497 del 1974.
Il delitto di detenzione dell’arma avrebbe dovuto essere ritenuto assorbito per continenza in quello di porto.
Da alcun elemento è emersa la disponibilità dell’arma in epoca precedente all’episodio per il quale si procede.
D’altra parte, anche all’esito del controllo di polizia eseguito poche ore prima non era emersa alcuna disponibilità dell’arma.
Il mero recepimento da parte del giudice di appello delle argomentazioni di cui alla sentenza di primo grado integra una motivazione apparente.
2.4. Con il quarto motivo ha eccepito il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
La riduzione a tale titolo è stata negata dai giudici di merito a causa della mancanza di atteggiamento collaborativo o di una forma di pentimento da parte dell’imputato.
Invero, l’imputato aveva mostrato la propria disponibilità a fornire la versione dei fatti, ammettendo la disponibilità del veicolo (pur negando ogni
responsabilità per il danneggiamento) anche con spontanee dichiarazioni nel dibattimento di appello.
A fronte di tali elementi positivi, la Corte di appello ha richiamato la personalità negativa e la gravità del fatto con motivazione, quindi, apparente e contraddittoria.
2.5. Con il quinto motivo ha eccepito la violazione di legge con riferimento alla ritenuta recidiva reiterata e specifica.
Dopo avere richiamato i principali arresti della giurisprudenza di questa Corte di legittimità sul punto, ha evidenziato l’apparenza della motivazione tenuto conto della risalenza nel tempo (oltre quaranta anni) dal precedente reato in materia di armi per il quale l’imputato ha riportato condanna.
Sarebbe mancato, pertanto, un concreto accertamento in fatto della maggiore riprovevolezza della nuova ricaduta nel delitto in ragione delle precedenti condanne riportate dall’imputato
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, per mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando tre motivi.
3.1. Con il primo ha eccepito il vizio di motivazione sia con riguardo ai criteri di valutazione della prova ai sensi dell’art. 192 cod. proc. pen. che dell’applicazione del principio del «ragionevole dubbio» di cui all’art. 533 cod. proc. pen.
Nella ricostruzione complessiva compiuta dai giudici di merito sarebbe mancata l’identificazione del soggetto che aveva materialmente esploso i colpi di arma da fuoco all’indirizzo della serranda di proprietà della persona offesa.
Da ciò sarebbe discesa l’attribuzione della responsabilità a COGNOME senza alcuna motivazione e sulla base di argomentazioni meramente ipotetiche non fondate su un elemento oggettivo, bensì solo sulla circostanza che egli si era trovato a passare a bordo di un’autovettura nelle vicinanze del luogo in cui era stato commesso il reato.
L’adozione di tale ragionamento presuntivo si porrebbe in contrasto con i principi fissati dalle regole processuali asseritamente violate.
Peraltro, l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato sarebbe avvenuta in assenza di elementi dimostrativi della presenza di NOME a bordo dell’automobile condotta da COGNOME al momento del fatto.
Egli, infatti, era stato accompagNOME a casa verso mezzanotte, per come dichiarato dal fratello dell’imputato e confermato dai tracciati del GPS dell’automobile.
Dalle 00.30 alle 3.54 l’automobile era rimasta in sosta presso l’abitazione di COGNOME e, si era poi diretta verso il luogo del reato senza soste intermedie e,
quindi, senza il prelevamento di NOME dalla propria abitazione.
Il canone dell’«oltre ogni ragionevole dubbio» sarebbe stato superato sulla base di argomentazioni congetturali e apodittiche.
3.2. Con il secondo motivo ha eccepito violazione di legge anche con riferimento all’art. 15 cod. pen., per essere stata applicata una pena illegale con riguardo al delitto di danneggiamento ritenuto aggravato dalla «violenza sulle cose» che costituisce elemento essenziale del reato ai sensi dell’art. 635, comma secondo, cod. pen.
3.3. Con il terzo motivo ha eccepito violazione di legge per illegalità della pena per essere stata ritenuta l’aggravante di cui all’art. 61, comma secondo, cod. pen. (nesso teleologico tra danneggiamento e reati in materia di armi) che a COGNOME non era mai stata contestata in fatto.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
Nell’interesse di NOME COGNOME sono state depositate conclusioni scritte. Il difensore delle parti civili ha depositato, anch’egli, conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi devono essere rigettati in quanto infondati.
2. Ricorso COGNOME.
2.1. In ordine al primo motivo di ricorso con il quale è stato denunciato il 3)1/travisa mento della prova, vertendosi in tema/ sentenza di appello che ha confermato quella di primo grado (doppia conforme), deve essere ribadito che «il vizio di travisamento della prova può essere dedotto con il ricorso per cassazione, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, sia nell’ipotesi in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice, sia quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forma di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti» (Sez. 4, n. 35963 del 03/12/2020, Tassoni, Rv. 280155; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, L., Rv. 272018; Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 256837).
Inoltre, il dato asseritamente travisato deve essere connotato dall’ulteriore requisito della decisività.
Infatti, «il ricorso per cassazione, con cui si lamenta il vizio di motivazione per
travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, COGNOME ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugNOME ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugNOME (Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085; Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035).
Va altresì richiamato l’ulteriore principio per cui, nel giudizio di legittimità, fini della deducibilità del vizio di “travisamento della prova”, che si risol nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nella omessa valutazione della prova esistente agli atti, è necessario che il ricorrente prospetti la decisività de travisamento o dell’omissione nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica. (Sez. 6, n. 36512 del 16/10/2020, Villari, Rv. 280117).
Nel caso di specie, per come rilevato dal Procuratore generale nella propria requisitoria scritta, il denunciato travisamento relativamente al fatto che il controllo dei Carabinieri alle ore 23.54 del 30 settembre 2023 non è stato eseguito solo sui documenti ma è stato esteso, tramite una ispezione veicolare e personale, non riguarda una circostanza decisiva.
Il dato informativo, infatti, non è stato utilizzato per dimostrare che i due imputati avessero la disponibilità, all’ora del controllo, di una pistola, bensì pe evidenziare che gli stessi si trovavano insieme ed erano a bordo dell’autovettura utilizzata, poche ore dopo, dagli autori del danneggiamento.
Né appare decisiva la mancata disponibilità dell’arma siccome riferita ad un momento diverso da quello in cui è avvenuta l’esplosione dei colpi, trattandosi di fase avente ad oggetto, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, il solo sopralluogo.
2.2. Il secondo motivo riguarda la prova della condotta concorsuale che, in capo a COGNOME, non sarebbe stata oggetto di analitico accertamento e la mancanza di motivazione circa i reati di detenzione e porto dell’arma utilizzata per il danneggiamento.
Le sentenze dei giudici di merito, da leggersi unitariamente, sono esenti da tali vizi avendo ricostruito la condotta concorsuale in termini completi e
logicamente ineccepibili.
La penale responsabilità degli imputati è stata affermata sulla scorta delle immagini che hanno ripreso la vettura (presa a noleggio proprio da COGNOME) a bordo della quale i due erano stati controllati poco prima, la verifica dei relativ spostamenti anche tramite il GPS installato sul veicolo.
Ciò ha consentito di accertare che i due si sono mossi insieme e che, sin dal giorno prima, sono stati eseguiti sopralluoghi nei pressi dello studio medico COGNOME.
Sul punto, oltre alla sentenza di appello, si richiamano le pagg. 5-10 della sentenza di primo grado e, segnatamente le pagg. 7 e 8 dalle quali risultano le numerose circostanze precedenti e successive all’episodio per il quale si procede in cui i due imputati sono stati controllati insieme.
Inoltre, è stato ricostruito il percorso seguito dall’automobile dalla mattina del 30 settembre 2022 alle 5 del 10 ottobre 2022 caratterizzato da diversi passaggi davanti al luogo in cui è avvenuto il danneggiamento e da altrettante diverse soste davanti all’abitazione di COGNOME.
Ebbene, si tratta di una ricostruzione che ha visto, secondo i giudici di merito, i due imputati agire sistematicamente insieme, compiere i medesimi percorsi, essere coinvolti nella medesima azione delittuosa.
Non rileva il mancato accertamento dell’autore materiale dell’esplosione dei colpi all’indirizzo della saracinesca.
In sostanza, la Corte di appello di Reggio Calabria ha fatto corretta applicazione del principio per cui «in tema di processo indiziario, il giudice può fondare il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche sulla concatenazione logica degli indizi, dalla quale risulti che il loro complesso possiede quella univocità e concordanza atta a convincere della loro confluenza nella certezza in ordine al fatto stesso» (Sez. 2, n. 45851 del 15/09/2023, COGNOME, Rv. 285441 – 02; Sez. 1, n.978 del 12/10/1982, dep. 1983, COGNOME, 1982, Rv. 157266).
Né esiste, data l’unitarietà dell’azione e la natura concorsuale della stessa, la possibilità di frazionare la responsabilità per il delitto di danneggiamento da quella relativa ai reati in materia di armi.
Deve essere ribadito, infatti, che «il concorso di persone nel porto o nella detenzione di una arma non può essere escluso dalla semplice appartenenza dell’arma a uno solo dei concorrenti, se con questo gli altri abbiano programmato dei reati prevedendo la necessità della utilizzazione dell’arma e abbiano poi realizzato questi reati accompagnandosi nel luogo in cui essi dovevano essere consumati» (Sez. 2, n. 46286 del 23/09/2003, Inglese, Rv. 226971).
Si tratta di orientamento costante, anche di recente ribadito con
l’affermazione secondo la quale «concorre nei delitti di illecita detenzione e di illecito porto in luogo pubblico di arma colui che partecipa insieme ad altri all’ideazione e alla preparazione di un reato da commettere con armi, essendo irrilevante il suo mancato intervento materiale durante la fase esecutiva del reato programmato» (Sez. 1, n. 6223 del 05/12/2023, dep. 2024, Buonanno, Rv. 285785).
2.3. Inammissibile il terzo motivo di ricorso in quanto l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per i reati di detenzionètorto di arma da fuoco è stata affermata coerentemente all’orientamento consolidato di questa Corte per cui «in tema di reati concernenti le armi, il delitto di porto illega assorbe per continenza quello di detenzione, escludendone il concorso materiale, solo quando la detenzione dell’arma inizi contestualmente al porto della medesima in luogo pubblico e sussista altresì la prova che l’arma non sia stata in precedenza detenuta. (In motivazione, la Corte ha affermato che, in mancanza di alcuna specificazione da parte dell’imputato circa la contemporaneità delle due condotte, il giudice di merito non è tenuto ad effettuare verifiche, potendo attenersi al criterio logico della normale anteriorità della detenzione rispetto al porto)» (Sez. 1, n. 27343 del 04/03/2021, Amato, Rv. 281668).
Non essendo stata allegata e fornita nelle competenti fasi di merito la prova indicata, il motivo deve ritenersi manifestamente infondato e, dunque, inammissibile.
2.4. Il quarto motivo riferito alle attenuanti generiche è inammissibile in quanto tendente a sollecitare a questa Corte una rivalutazione di profili già ampiamente esplorati da entrambi i giudici di merito.
Le circostanze attenuanti generiche sono state negate in ragione della gravità della condotta e della negativa personalità dell’imputato, tenuto conto dell’allarmante proclività a delinquere, per come desumibile dai plurimi precedenti.
A ciò si aggiunga quanto valorizzato anche dal giudice di primo grado, ossia la mancanza di qualsiasi forma di collaborazione da parte dell’imputato.
Si tratta di motivazioni che, saldandosi reciprocamente, ricostruiscono una giustificazione tutt’altro che «apparente e contraddittoria», come eccepito dal ricorrente.
Va, infatti, ribadito che «al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente» (Sez. 2, n.
23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02).
A ciò si aggiunga che «l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse» (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, COGNOME, Rv. 195339).
Essendosi i giudici di merito attenuti a tali principi e tenuto conto della segnalata natura rivalutativa delle censure formulate dal ricorrente, il motivo in esame è inammissibile.
2.5. Analogo giudizio deve essere formulato con riferimento al quinto motivo riferito alla ritenuta recidiva.
Sul punto i giudici di merito, con valutazione, ancora una volta, concorde hanno ritenuto che la ricaduta nella commissione di un delitto della medesima indole, sebbene a distanza di tempo da quelli precedenti consente di ritenere il fatto connotato da maggiore pericolosità e disvalore.
E’ stato, pertanto, assolto l’onere della motivazione in ossequio al principio consolidato per cui «l’applicazione della recidiva facoltativa contestata richiede uno specifico onere motivazionale da parte del giudice, che, tuttavia, può essere adempiuto anche implicitamente, ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto implicita la motivazione della ritenuta recidiva, desumendola dal richiamo operato nella sentenza alla negativa personalità dell’imputato, quale evincibile dall’altissima pericolosità sociale della condotta da costui posta in essere)» (Sez. 6, Sentenza n. 20271 del 27/04/2016, Duse, Rv. 267130 ed altre conformi).
A fronte della motivazione, priva di evidenti lacune, il ricorrente ne deduce, in termini assertivi, la natura apparente lamentando la mancata indicazione specifica di circostanze tali da giustificare la valutazione che, tuttavia, è stat resa valorizzando circostanze idonee a formulare l’insindacabile valutazione compiuta.
3. Ricorso COGNOME.
3.1. Il primo motivo, con il quale sono stati denunciati più vizi riferiti a motivazione della sentenza impugnata, si confronta solo in parte con la complessiva motivazione del provvedimento oggetto di ricorso.
Invero, a parte quanto già esposto in relazione al primo motivo di ricorso proposto dal coimputato COGNOME con riguardo agli spostamenti dell’automobile presa a noleggio da quest’ultimo e dei diversi passaggi davanti casa di COGNOME
per come ricostruiti nella sentenza di primo grado, assume spiccato rilievo la mancanza di qualsiasi considerazione, da parte del ricorrente, di una circostanza certamente significativa, ossia il passaggio, di ritorno da Taurianova immediatamente dopo il danneggiamento, dava di COGNOME.
Si tratta della sosta dalle ore 4.37 alle ore 4.40 del 1° ottobre 2022 ampiamente descritto a pag. 10 della sentenza di primo grado (pag. 9 della sentenza di appello).
Rispetto a tale circostanza non è stato svolto alcun rilievo, sicché anche il riferimento alle dichiarazioni testimoniali rese dal fratello dell’imputato (NOME COGNOME) non può assumere significato decisivo non potendo giustificare, in nessun modo, l’ulteriore passaggio dell’automobile, immediatamente dopo il fatto, davanti casa del ricorrente.
Piuttosto, la valutazione di inattendibilità del teste COGNOME (sulla quale si è soffermata la Corte reggina a pag. 10 della motivazione) si lega e si presenta in termini di piena coerenza con tale circostanza.
La valutazione di non credibilità del predetto teste, alla luce delle numerose e significative contraddizioni nelle quali è incorso, è stata resa in termini ineccepibili, privi di lacune motivazionali e in alcun modo plausibilmente smentita in sede di ricorso.
Né, alla luce della complessiva ricostruzione operata dai giudici di merito, assume rilievo alcuno il mancato accertamento di un movente a carico di COGNOME (profilo anch’esso rilevato nel motivo di ricorso in esame).
3.2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto riferito ad un punto della decisione di appello che non ha determiNOME alcun concreto pregiudizio per il ricorrente.
Invero, come rilevato nel motivo di ricorso, la Corte di appello, oltre ad avere ravvisato, così come il giudice di primo grado, l’aggravante di cui all’art. 635, comma secondo, n. 1, cod. pen, con riferimento a quella di cui all’art. 625, n. 7, cod. pen. (cose esposte alla pubblica fede – aggravante per la quale non è stato sollevato alcun motivo di censura) ha ravvisato la sussistenza anche di un’aggravante «relativa al danneggiamento eseguito con violenza sulle cose» che, all’evidenza, non è configurabile.
Ciò, tuttavia, non ha prodotto alcuna conseguenza sul trattamento sanzioNOMErio essendo rimasto immutato l’aumento a titolo di continuazione, per il delitto di danneggiamento, quantificato dal giudice di primo grado nella misura di sei mesi di reclusione e 200 euro di multa (pag. 24 sentenza di primo grado).
Da ciò l’inammissibilità del motivo di ricorso per carenza di interesse.
3.3. L’aggravante di cui all’art. 61, n. 2 cod. pen. è stata ritenuta alla luce de fatto che i delitti in materia di armi sono stati giudicati finalisticamente orient
alla commissione del delitto di danneggiamento.
L’aggravante risulta essere stata ritualmente contestata sia attraverso l’indicazione della norma, che con l’elemento descrittivo costituito dalla precisazione che l’arma è stata «utilizzata per commettere il delitto di cui al capo A)».
Conclusivamente, i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute dalla parte civile liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 4.000, oltre accessori di legge.
Così deciso in data 12/06/2024
Il Consigliere e tensore
) Il Presidente