Concorso di Persone: Quando Fare il “Palo” Diventa Reato
L’ordinanza n. 26349/2024 della Corte di Cassazione torna a chiarire un punto fondamentale del diritto penale: la linea di demarcazione tra la semplice (e non punibile) connivenza e il concorso di persone in un reato. Il caso specifico riguarda una donna condannata per furto aggravato per aver svolto il ruolo di “palo”, e la sua vicenda offre lo spunto per comprendere perché tale condotta sia considerata una partecipazione attiva al crimine.
Il Caso: Dal Furto Aggravato al Ricorso in Cassazione
Una donna veniva condannata in primo grado e in appello per aver partecipato a un furto aggravato, commesso a Brescia nell’aprile del 2018. Il suo ruolo, secondo la ricostruzione dei giudici di merito, era stato quello di “palo”, ovvero di sorvegliare l’area circostante mentre un complice commetteva materialmente il furto.
La difesa della donna ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che tale comportamento non costituisse un contributo punibile alla realizzazione del reato. L’argomento difensivo si basava sulla presunta assenza di un apporto materiale o morale effettivo, tentando di inquadrare la condotta come mera connivenza passiva.
La Decisione della Corte: Il Ruolo del “Palo” e il Concorso di Persone
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno confermato l’orientamento consolidato secondo cui il ruolo di “palo” integra pienamente la fattispecie del concorso di persone nel reato, delineata dall’art. 110 del codice penale.
La Differenza Cruciale tra Connivenza e Partecipazione Attiva
Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra connivenza e concorso. La connivenza si ha quando un soggetto assiste passivamente alla commissione di un reato, senza fornire alcun tipo di aiuto o incoraggiamento. Questo comportamento, sebbene moralmente riprovevole, non è penalmente rilevante.
Il concorso, invece, richiede un contributo partecipativo positivo, che può essere sia materiale (ad esempio, fornire gli strumenti per lo scasso) sia morale. È proprio in quest’ultima categoria che rientra la condotta del “palo”.
Il Valore del Contributo nel Concorso di Persone
Svolgere il ruolo di “palo” non è un’azione passiva. Al contrario, è una condotta attiva che produce due effetti cruciali:
1. Facilita l’esecuzione del reato: La sorveglianza garantisce che l’esecutore materiale possa agire con maggiore tranquillità e per un tempo più lungo, aumentando le probabilità di successo dell’azione criminosa.
2. Rafforza il proposito criminoso: La presenza di un complice che vigila offre all’autore del reato un maggior senso di sicurezza e di impunità, rafforzandone la determinazione a delinquere.
Questo contributo, anche se solo morale, è sufficiente a rendere palese un’adesione alla condotta delittuosa e a configurare il concorso di persone.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando principi di diritto ormai pacifici e consolidati nella giurisprudenza di legittimità. I giudici hanno sottolineato come i tribunali di merito avessero correttamente delineato il ruolo della ricorrente, evidenziando come la sua azione avesse facilitato l’attività criminosa, rafforzato l’efficienza dell’opera dell’esecutore materiale e garantito a quest’ultimo l’impunità. La Corte ha inoltre specificato che le argomentazioni della difesa rappresentavano un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità, specialmente in presenza di una “doppio conforme”, ovvero di due sentenze di merito che avevano già accertato i fatti nello stesso modo.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio di fondamentale importanza pratica: nel diritto penale, anche un’azione che apparentemente non è esecutiva del reato principale può essere considerata una forma di partecipazione punibile. Chi accetta di fare da “palo” non è un semplice spettatore, ma un concorrente a tutti gli effetti, poiché la sua presenza e la sua vigilanza costituiscono un apporto causale, seppur a livello morale, alla riuscita del piano criminoso. Questa decisione serve da monito: la partecipazione a un reato può assumere molteplici forme e la responsabilità penale si estende a tutti coloro che, con la propria condotta, contribuiscono attivamente alla sua realizzazione.
Qual è la differenza tra connivenza non punibile e concorso di persone nel reato?
La connivenza è un comportamento meramente passivo di chi assiste a un reato senza fornire alcun contributo, e non è punibile. Il concorso di persone, invece, richiede un contributo partecipativo positivo, morale o materiale, all’altrui condotta criminosa, che ne faciliti o ne renda possibile l’esecuzione.
Perché il ruolo di “palo” è considerato un contributo attivo al reato e non semplice connivenza?
Il ruolo di “palo” è considerato un contributo attivo perché facilita la realizzazione del reato, rafforza l’efficienza dell’esecutore materiale e gli garantisce un maggior senso di sicurezza e impunità. Questa condotta manifesta una chiara adesione al piano criminoso e costituisce un contributo morale punibile ai sensi del concorso di persone.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione si basa su una rivalutazione dei fatti già accertati da due precedenti sentenze conformi?
Quando un ricorso in Cassazione tenta di ottenere una rivalutazione delle prove e dei fatti, anziché denunciare una violazione di legge, viene considerato inammissibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito, e non può riesaminare le prove, soprattutto quando i giudici di primo e secondo grado hanno già raggiunto la stessa conclusione (cosiddetto “doppio conforme”).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26349 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26349 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a BRESCIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
– che COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia in data 12 settembre 2023, che, in parziale riforma della condanna inflit per plurimi delitti di furto aggravato e di ricettazione, ha rideterminato la pena per il d cui agli artt. 110, 99, comma 4, 624 e 625 nn. 2 e 5 cod. pen. (capo 4, fatto commesso i Brescia il 28 aprile 2018), in relazione al quale soltanto ha confermato il giudizio di responsa a suo carico formulato dal primo giudice;
che l’impugnativa a firma del difensore consta di un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il proposto motivo, che denuncia violazione degli artt. 110 cod. pen. e 125 e 533 cod proc. pen. e vizio di motivazione in riferimento alla sussistenza, nella fattispecie con enunciata al capo 4) d’imputazione, di un contributo punibile della ricorrente in relazione realizzazione del contestato reato di furto, è manifestamente infondato, posto che la Cor territoriale nel delineare il ruolo avuto dalla ricorrente in occasione del delitto alla str cd. ‘palo’ (vedasi pagg. 7 e 8 della sentenza impugnata), avendo ella agito facilitando la realizzazione dell’attività criminosa, rafforzando l’efficienza dell’opera dell’esecutore materiale della condotta criminosa e garantendogli l’impunità, si è attenuta al pacifico principio di secondo cui, in tema di concorso di persone, la distinzione tra connivenza non punibile e concors nel reato commesso da altro soggetto va individuata nel fatto che la prima postula che l’agent mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo – mor o materiale – all’altrui condotta criminosa, che si realizza anche solo assicurando all’altro concorrente lo stimolo all’azione criminosa o un maggiore senso di sicurezza, rendendo in ta modo palese una chiara adesione alla condotta delittuosa (Sez. 5, n. 2805 del 22/03/2013, Rv. 258953; Sez. 1, n. 15023 del 14/02/2006, Rv. 234128); risultando, oltretutto, le ulter deduzioni a sostegno non consentite in questa sede, in quanto interamente versate in fatto e protese a suggerire una rivalutazione delle prove, pur a fronte di un doppio conform accertamento di merito sul punto;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 giugno 2024
Il consigliere estensore
Il Presidente