Concorso di Persone nel Reato: La Cassazione e la Prova del Ruolo Individuale
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di concorso di persone nel reato: non è sempre necessario provare il singolo, specifico contributo di ogni complice per affermarne la responsabilità penale. Questa decisione nasce dal ricorso di tre individui condannati per tentato furto aggravato in un supermercato, i quali sostenevano che, non essendo stato identificato l’autore materiale della sottrazione, non potessero essere tutti condannati.
I Fatti del Caso
Tre individui sono stati accusati e condannati nei primi due gradi di giudizio per aver tentato di rubare merce da un grande supermercato. Secondo la ricostruzione, confermata anche dalle testimonianze del personale di sicurezza, i tre avevano agito in modo coordinato: avevano prelevato dei prodotti dal banco frigo, li avevano occultati all’interno di uno zaino e avevano poi superato le casse senza pagare. Sebbene l’azione fosse stata collettiva, durante il processo non era emerso con certezza chi, tra i tre, avesse materialmente eseguito la sottrazione e l’occultamento della merce.
Il Ricorso in Cassazione e il Principio del Concorso di Persone nel Reato
La Tesi Difensiva
I tre imputati, attraverso il loro difensore, hanno presentato ricorso alla Corte di Cassazione lamentando che la loro condanna fosse ingiusta. Il motivo principale del ricorso si basava proprio sull’incertezza del ruolo di ciascuno. La difesa sosteneva che la semplice presenza contestuale all’interno del supermercato non potesse, di per sé, integrare una condotta penalmente rilevante, specialmente in assenza della prova certa su chi avesse compiuto l’atto illecito.
L’Applicazione del Principio di Concorso
La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. Nel farlo, ha rafforzato un orientamento consolidato sul concorso di persone nel reato. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato come, per affermare la responsabilità di tutti i partecipanti, non fosse necessaria una “dettagliata attribuzione a ciascuno di uno specifico segmento dell’azione”.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso “aspecifico”, ovvero non in grado di confrontarsi criticamente con le solide argomentazioni della Corte d’Appello. La decisione si fonda su un punto cruciale: l’azione coordinata e la condivisione del fine illecito sono sufficienti a dimostrare il concorso.
La Corte ha valorizzato la testimonianza del responsabile della sicurezza, il quale aveva osservato i tre imputati agire “insieme”. Questo agire collettivo, che si è manifestato nella sottrazione, nell’occultamento e nel tentativo di superare le casse senza pagare, ha dimostrato l’esistenza di un proposito criminoso condiviso. Secondo la Cassazione, ciascun individuo ha contribuito alla condotta illecita, se non con un’azione materiale diretta, quantomeno rafforzando il proposito criminoso degli altri e garantendo, con la propria presenza, una maggiore probabilità di successo dell’azione. Questa forma di partecipazione, anche solo “morale”, è pienamente sufficiente a integrare gli estremi del concorso di persone nel reato previsto dall’art. 110 del codice penale.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione conferma che nel concorso di persone nel reato l’elemento chiave è la coscienza e volontà di cooperare all’azione criminosa, anche senza un accordo preventivo esplicito. La prova di questa cooperazione può derivare da elementi fattuali, come il comportamento coordinato tenuto dai soggetti sulla scena del crimine.
In pratica, ciò significa che chi partecipa a un’azione di gruppo con finalità illecita non può sperare di sfuggire alla responsabilità semplicemente perché non è stato l’esecutore materiale. La presenza consapevole e collaborativa sul luogo del reato costituisce di per sé un contributo causale alla sua realizzazione. La decisione comporta la condanna definitiva dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa dell’inammissibilità del loro ricorso.
Se più persone commettono un furto, è necessario dimostrare chi ha materialmente preso la merce per condannarle tutte?
No, secondo questa ordinanza non è necessaria la dettagliata attribuzione a ciascuno di uno specifico segmento dell’azione. Se è provato che tutti hanno agito insieme con un proposito criminoso comune, sono tutti responsabili in concorso, anche se non si individua l’autore materiale di ogni singola azione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché ritenuto ‘aspecifico’. Gli imputati non hanno contestato in modo critico e puntuale le motivazioni della sentenza d’appello, ma si sono limitati a lamentare in modo generico una presunta carenza di motivazione, atteggiamento non sufficiente per un ricorso in Cassazione.
Cosa significa partecipare a un reato secondo questa ordinanza?
Partecipare a un reato non significa solo compiere materialmente l’azione. Anche un contributo morale, come rafforzare il proposito criminoso degli altri con la propria presenza e agendo in modo coordinato, è sufficiente a integrare la responsabilità per concorso di persone nel reato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34569 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34569 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME NOME a BIELLA il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a TORREMAGGIORE il DATA_NASCITA COGNOME NOME NOME a TORREMAGGIORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/05/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha riformato, quanto al trattamento sanzioNOMErio, la sentenza pronunciata dal Tribunale di Bie nei confronti di NOME COGNOME. La sentenza è stata confermata, invece, quanto alle posizioni di NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Tutti gli imputati sono stati ritenuti responsabili del reato di cui agli artt. 11 56, 624 cod. pen. per essersi impossessati di merce sottraendola al banco frigo del supermercato “RAGIONE_SOCIALE” di Biella (fatto del 3 gennaio 2017), NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile, inoltre, dei reati di cui agli artt. 612, comma 2, cod. pen. e 337 cod. pen. contestati rispettivamente ai capi 2) e 3).
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono contro la sentenza, per mezzo del comune difensore, formulando un unico motivo avente ad oggetto il reato di tentato furto in concorso (capo 1). I ricorrenti deducono violazione di legge e vizi di motivazione per essere stata affermata la penale responsabilità ancorché non fosse stato accertato chi avesse prelevato la merce e l’avesse occultata. Si dolgono che la sentenza impugnata non abbia spiegato perché la presenza contestuale nel supermercato integrerebbe una condotta penalmente rilevante esprimendo l’adesione di ciascuno ad una condotta illecita il cui autore non è stato individuato con certezza.
Rilevato che i ricorrenti non si confrontano con la motivazione offerta dalla Corte territoriale (pag. 4), secondo la quale, ai fini dell’affermazione della responsabilità, non è necessaria «la dettagliata attribuzione a ciascuno di uno specifico segmento dell’azione». Rilevato che, secondo quanto riferito dai giudici di merito, il responsabile della sicurezza del supermercato vide i tre imputati agire insieme, sottraendo i beni, occultandoli in uno zaino e oltrepassando insieme le casse senza pagare, sicché ciascuno contribuì alla condotta illecita, se non con una condotta materiale, quanto meno, rafforzando il proposito criminoso degli altri.
Ritenuto che il motivo sia aspecifico – e perciò inammissibile – perché non si confronta criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugNOME, ma si limita a lamentare, in maniera generica, una presunta carenza o illogicità della motivazione (tra le tante: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970; Sez. 3, n. 3953 del 26/10/2021, dep. 2022, Rv. 282949).
Ritenuto che all’inammissibilità consegua la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e che, in ragione della causa di inammissibilit ciascun ricorrente debba essere condanNOME anche al pagamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
2025 Così deciso il 7 ottobre l20241
Il Cons glie estensore
GLYPH