Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 5007 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 5007 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RAGUSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/04/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.ssa NOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il Difensore: è presente l’AVV_NOTAIO, del Foro di RAGUSA, in difesa di COGNOME NOME, che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catania il 22 febbraio 2024 ha integralmente confermato la sentenza, appellata sia dall’imputato che dalle parti civili, con la quale il Tribunale di Ragusa il 24 novembre 2021, all’esito del dibattimento, ha riconosciuto NOME COGNOME responsabile del reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina sulla circolazione stradale, in conseguenza condannandolo, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’aggravante, alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa, oltre al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio civile, alle parti civili.
I fatti, in estrema sintesi, come concordemente ricostruiti dai giudici di merito.
Il 14 dicembre 2014 si è verificato un incidente stradale mortale lungo una strada provinciale in un tratto extraurbano a doppio senso di marcia. In particolare, il conducente di un’auto Alfa Romeo 147, NOME COGNOMECOGNOME che marciava ad una velocità di gran lunga superiore al consentito (circa 150 km orari, vigendo in quel tratto il limite massimo di 50 km all’ora), all’uscita di u curva volgente a sinistra, ha trovato irregolarmente parcheggiato contromano sul margine destro della propria carreggiata un trattore, che ostruiva una parte, fino quasi a metà, della corsia di marcia di pertinenza dell’altro veicolo, ed è andato ad urtare contro l’ingombrante mezzo con la fiancata destra. In conseguenzax del violento impatto, che ha determinato lo spostamento del trattore indietro di due metri, l’automobile ha ruotato su sé stessa e, quindi, ha urtato contro un’altra vettura proveniente dall’opposto senso di marcia, un’Alfa Romeo 156, guidata da NOME COGNOME: NOME COGNOME ha riportato gravissime lesioni, che lo hanno condotto a morte in pochi minuti.
I giudici di merito hanno ritenuto concausativo dell’incidente, in uno con la grave imprudenza della vittima, che, come si è visto, viaggiava a velocità sconsiderata, l’irregolare parcheggio, in violazione dell’art. 157 del codice della strada, del trattore da parte di NOME COGNOME, sia pure in condizione di “fermata” e non di “sosta”, ostruendo una significativa parte della corsia, in un punto non bene visibile, con un trattoref trattore che, peraltro, non avrebbe potuto viaggiare, poiché montava in maniera irregolare una benna le cui “braccia” diminuivano la visibilità in concreto delle luci gialle lampeggianti.
3.Ciò posto, ricorre per la cassazione della sentenza l’imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a tre motivi con i quali denunzia violazione di legge (tutti i motivi) e vizio di motivazione (il primo motivo).
3.1. Con il primo motivo lamenta contraddittorietà e/o illogicità della motivazione ed erronea applicazione degli artt. 40, 43 e 589 cod. pen., per non avere adeguatamente preso in considerazione il comportamento dell’automobilista deceduto, concentrandosi sull’agire di COGNOME, «reo solamente di aver posto il proprio mezzo affiancato alla carreggiata proprio nei modi e nelle forme individuate dalla stessa Corte di Appello (“…va evidenziato che l’art 157 D. Lgs. 285/1992 prescrive, in caso di fermata per esigenze di brevissima durata, di collocare il mezzo più vicino possibile al margine destro della carreggiata parallelamente ad esso…”[)]. Se invece si fosse valutata tutta la dinamica del sinistro per quella che è stata, in maniera scevra da coinvolgimenti e sicuramente “neutrale” e non tesa alla ricerca della colpevolizzazione del non colpevole, ci sarebbe sin da subito interrogati su una questione fondamentale: che margine di responsabilità può riscontrarsi nel comportamento del conducente dell’autovettura? EH soprattutto, il nesso di causalità che intercorre tra l’azione/omissione commessa dal conducente dell’autovettura e quanto posto in essere […] dal COGNOME NOME, può dirsi interrotto ? […] Il nesso d causalità ascrivibile alla condotta del COGNOME è ragionevolmente stato interrotto proprio (,9311’azione del conducent ‘ autovettura, il quale, appunto, viaggiava ad una velocità pari al triplo di quella consentita, situazione che gli ha impedito [di] fronteggiare adeguatamente qualsivoglia situazione di pericolo» (così alla p. 5 del ricorso).
La Corte di appello non avrebbe fatto applicazione degli insegnamenti della Dottrina e della S.C. con riferimento ai temi della responsabilità, del nesso di causalità ed alla interruzione dello stesso. L’evento dannoso deve essere espressione proprio di quel rischio o pericolo che l’agente avrebbe dovuto e potuto evitare o ridurre, adottando le cautele doverose ed omesse. Il nesso di rischio ha più implicazioni: da un lato, l’evento cagionato deve appartenere a quel tipo di eventi cheo – rma cautelare mirava ex ante a evitare o a ridurre; dall’altro, poi, il nesso tra la condotta ed evento impone di chiedersi cosa sarebbe accaduto se l’agente avesse adottato le cautele che la norma imponeva di adottare; in altri termini, rammenta il ricorrente che ci si deve domandare se il cosiddetto comportamento alternativo lecito imposto ex ante dalla regola cautelare sarebbe stato davvero idoneo a scongiurare l’evento, tenendo conto ex post di tutte le circostanze del caso concreto. Ebbene, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente valutato la condotta del conducente dell’autovettura così come accertata, avendo la vittima condotto a velocità elevatissima il mezzo, velocità pari al triplo di quello consentito, trovandosi lo stesso sicuramente nella condizione psicologica del dolo eventuale ovvero almeno in colpa cosciente; ed anche ammettendo – prosegue il ricorso – che il comportamento del conducente
dell’auto, poi deceduto, non sia stato volontario, il necessario rispetto del principio di colpevolezza comporta anche la necessità di accertare la prevedibilità dell’evento, la sua correlazione con l’area di rischio che lì4 normf4 inosservata mirava a prevenire (la cosiddetta concretizzazione del rischio) e la verifica dell’efficacia a impeditiva del comportamento alternativo lecito, richiamandosi più precedenti di legittimità stimati pertinenti. Nel caso de quo, la causazione di un evento nefasto era altamente prevedibile, non essendovi, nelle concrete condizioni in cui si è verificato, margine alcuno per poter supporre esiti different da quelli che poi si sono verificati. Nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, potrebbe essere mosso a carico di COGNOME, che – si ribadisce nel ricorso – non ha avuto alcun tipo di responsabilità, neppure marginale o frazionata, nella causazione dell’evento-morte, ascrivibile solo alla scellerata condotta del conducente dell’autovettura.
Il ragionamento della Corte di appello, dunque, sarebbe illogico e contraddittorio.
3.2. Con il secondo motivo NOME COGNOME si duole della violazione degli artt. 157 e 589, commi 1 e 2, cod. pen., nella formulazione anteriore alla legge 23 marzo 2016, n. 41, non avendo i giudici di merito calcolato correttamente la prescrizione, che sarebbe, in realtà, maturata. Infatti, essendo l’esito concreto del giudizio di bilanciamento quello di equivalenza, l’aggravante di cui al comma 2 dell’art. 589 cod. pen. si sarebbe – si ritiene – “annullata” e si sarebbe così tornati alla pena edittale massima di cinque anni di reclusione, con conseguente prescrizione pari a sette anni e sei mesi dal fatto.
3.3. Tramite l’ultimo motivo censura la violazione degli artt. 69 e 589, commi 1 e 2, cod. pen., nella versione anteriore alla legge anteriore alla legge n. 41 del 2016, con riferimento alla dosimetria della pena irrogata, che sarebbe dovuta essere – stima il ricorrente – pari a due anni, ove si fosse fatta applicazione dell’art. 589, comma 2, cod. pen. ovvero ben al di sotto di quella in effetti applicata, se invece si fosse ritenuto di dover fare applicazione del comma 7 dell’art. 589-bis cod. pen., evenienza tuttavia esclusa da entrambi i giudicanti.
Si chiede, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata.
La Difesa il 10 dicembre 2024 ha chiesto la discussione del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.
2.Con il primo motivo – sull’an della responsabilità – l’impugnazione mira ad addebitare l’evento mortale alla esclusiva responsabilità della vittima, che, come è stato accertato dai giudici di merito, guidava a velocità sconsiderata, e a tal fine richiama principi astratti, che però non cala adeguatamente nel caso concreto. Ad esempio, assume che sarebbe stata di dolo eventuale o di colpa cosciente la condizione psicologica della vittima, che tuttavia è indifferente al fine in esame; ed insiste sulla pretesa irrilevanza quanto all’accertamento in concreto del nesso di causalità della condotta dell’imputato, che risulta avere parcheggiato il trattore in un tratto curvilineo della strada e con ridotta visibilità ostruendo parte, fino quasi a metà, della corsia di marcia di pertinenza dell’altro veicolo.
Alle questioni poste dalla Difesa, comunque, hanno già adeguatamente tirisposto sia Tribunale, più diffusamente (pp. 4-6), che Corte di appello, più stringatamente (pp. 4-5), dando atto che la maggiore responsabilità è certamente in capo alla vittima ma ritenendo anche, con motivazione non incongrua e non illogica, che, se il conducente dell’ingombrante mezzo non lo avesse lasciato fermo per un tempo apprezzabile, di almeno circa 14-15 minuti (p. 5 della sentenza di primo grado), in un punto scarsamente visibile, ingombrando ampia parte della corsia di marcia dell’auto, l’incidente non si sarebbe verificato.
3.Con il secondo motivo la Difesa / in sostanza ragiona richiamando l’effetto sul calcolo della prescrizione dell’esito del giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee che era proprio del sistema codicistico precedente l’entrata in vigore (avvenuta 1’8 dicembre 2005) della legge 5 dicembre 2005, n. 251, meccanismo ormai superato per ben precisa scelta legislativa.
Al riguardo, è appena il caso di rammentare il principio di diritto puntualizzato, da ultimo, da Sez. 4, n. 38618 del 05/10/2021, Ferrara, Rv. 282057, secondo cui «Ai fini della prescrizione del reato occorre tenere conto delle circostanze aggravanti ad effetto speciale, anche ove le stesse siano considerate sub valenti nel giudizio di bilanciamento con le concorrenti circostanze attenuanti, perché l’art. 157, comma 3, cod. pen. esclude espressamente che il giudizio di cui all’art. 69 cod. pen. abbia incidenza sulla determinazione della pena massima del reato» (nello stesso senso v. già, tra le altre, Sez. 1, n. 36258 del 07/10/2020, COGNOME, Rv. 280059; e Sez. 6, n. 50995 del 09/07/2019, Pastore, Rv. 278058).
4.11 terzo motivo – sulla dosimetria della pena, a seguito del concreto giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee – opera un non chiaro discorso sul calcolo della pena, che è stata determinata, all’interno della forbice
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di cui al comma 1 dell’art. 589 cod. pen. previgente, norma in concreto ritenuta più favorevole (p. 4 della sentenza di primo grado), in misura compresa tra il minimo ed il medio (p. 7 della sentenza del Tribunale); risulta, comunque, tranciante il rilievo che l’appello non verteva in tema di trattamento sanzionatorio.
Consegue la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/01/2025.