Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31188 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31188 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Giarre il DATA_NASCITA, avverso la sentenza in data 06/03/2024 della Corte di appello di Messina; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso;
sentito il difensore delle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che, in conformità alla memoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o sia rigettato e che gli siano liquidate le spese, come da nota depositata;
sentito il difensore delle parti civili COGNOME NOME ed COGNOME NOME, AVV_NOTAIO, che, in conformità alla memoria scritta, ha chiesto che il ricorso sia rigettato e che le siano liquidate le spese, come da nota depositata;
sentito il difensore del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE, AVV_NOTAIO, che, in conformità alla memoria scritta, ha chiesto l’esclusione dal giudizio dello stesso;
sentito il difensore dell’imputato, AVV_NOTAIO, che ha chiesto, in accoglimento del ricorso, l’annullamento dell’impugnata sentenza.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 06/03/2024, la Corte di appello di Messina ha confermato la sentenza con la quale, il precedente 19/05/2023, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Messina, in esito a giudizio abbreviato, aveva affermato la penale responsabilità di COGNOME NOME in ordine al delitto di omicidio stradale pluriaggravato e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del COGNOME, AVV_NOTAIO, che ha articolato tre motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza della norma processuale stabilita a pena di nullità di cui all’art. 603 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione p carenza e illogicità in punto di denegata rinnovazione dell’istruttoria.
Sostiene, in specie, che la Corte territoriale, a fronte di una decisione, quale quella assunta in primo grado, in cui non si era dato conto, neanche per confutarle, delle conclusioni cui era pervenuto il consulente tecnico della difesa, con riguardo all’individuazione della causa del sinistro, avrebbe illegittimamente e immotivatamente rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria mediante conferimento di apposita perizia, argomentando la ritenuta irrilevanza di detta prova tecnica col rilievo, in tesi contrario al vero, che il primo giudice, benché non avesse fatto esplicito riferimento alla consulenza difensiva, aveva scrutinato tutte le deduzioni sollevate dalla parte privata, ivi comprese quelle che traevano spunto dal citato elaborato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art 589-bis, comma 7, cod. pen. e di vizio di motivazione per irragionevolezza in punto di mancata concessione dell’attenuante del concorso dell’altrui condotta colposa nella causazione dell’evento.
Assume, al riguardo, che la Corte di appello, nel negare il riconoscimento dell’indicata diminuente, a fronte di un compendio probatorio – costituito dalle consulenze tecniche di parte – alla stregua del quale era emersa una condotta di guida negligente anche della vittima, sarebbe incorsa in un’erronea applicazione del menzionato dato normativo e in evidente vizio argomentativo.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso lamenta infine, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto
previsto dagli artt. 62-bis e 133 cod. pen. e vizio di motivazione per illogicità in punto di denegata concessione della diminuente generica e di concreto esercizio del potere dosimetrico.
Sostiene, in specie, che nella decisione della Corte territoriale la mancata concessione dell’anzidetta diminuente, cui sarebbe conseguito un erroneo esercizio del potere di quantificazione della pena, risulterebbe irragionevolmente argomentata solo con l’elevato grado di colpa caratterizzante la condotta dell’agente, senza alcuna ponderazione degli ulteriori elementi cristallizzati nell’art. 133 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
2*.f4.nfondato è, innanzitutto, il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’inosservanza della norma processuale stabilita a pena di nullità di cui all’art. 603 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per carenza e illogicità in punto di denegata rinnovazione dell’istruttoria, sostenendo che la Corte di appello, a fronte di una decisione – quale quella di primo grado – in cui non s’era dato conto alcuno delle conclusioni cui era pervenuto, con riguardo all’individuazione della causa dell’incidente, il consulente tecnico della difesa, avrebbe rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria mediante conferimento di apposita perizia in maniera illegittima ed immotivata, argomentando la ritenuta irrilevanza della prova tecnica col rilievo che il primo giudice, benché non avesse fatto esplicito riferimento alla consulenza difensiva, aveva scrutinato tutte le deduzioni sollevate dalla parte privata, ivi comprese quelle che traevano spunto dal citato elaborato.
Rde al riguardo il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la decisione oggetto d’impugnativa, nella parte in cui respinge la richiesta di rinnovazione istruttoria mediante effettuazione di perizia funzionale alla ricostruzione cinematica del sinistro, non sia inficiata dall’inosservanza della norma processuale stabilita a pena di nullità di cui all’art. 603 cod. proc. pen.
Ciò perché, secondo il consolidato insegnamento della Suprema Corte, «Nel giudizio di appello, la rinnovazione di una perizia.., può essere disposta solo se il giudice ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, ed il riget della relativa richiesta, se logicamente e congruamente motivato, è incensurabile in sede di legittimità, trattandosi di un giudizio di fatto» (così, Sez. 1, n. 11168
del 18/02/2019, P.G. c/Caratelli, Rv. 274996-02, nonché, in precedenza, Sez. 2, n. 34900 del 07/05/2013, S., Rv. 257086-01).
Nel caso di specie, tuttavia, non ricorre l’indicata condizione, avendo i giudici del merito respinto la richiesta di rinnovazione istruttoria in ragione della ritenuta convergenza degli elementi probatori acquisiti (rilievi effettuati dal personale di polizia operante ed esiti della consulenza tecnica del pubblico ministero) nel senso dell’esclusiva responsabilità dell’imputato nella causazione del sinistro, giudizio, questo, all’evidenza implicante il pregiudiziale positivo apprezzamento della possibilità di pervenire alla decisione allo stato degli atti.
Le argomentazioni spese al riguardo – dettagliatamente esposte a pag. 6 della sentenza impugnata – risultano, d’altro canto, tutt’altro che carenti o manifestamente illogiche, il che rende infondata anche la doglianza incentrata sul supposto vizio motivazionale.
3. Privo di pregio è anche il secondo motivo di ricorso, con cui ci si duole di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 589-bis, comma 7, cod. pen. e di vizio di motivazione per irragionevolezza in punto di mancata concessione dell’attenuante del concorso dell’altrui condotta colposa nella causazione dell’evento, sostenendo che la decisione sul punto della Corte territoriale, assunta a dispetto di un compendio probatorio, costituito dalle consulenze tecniche di parte, alla stregua del quale era emersa una condotta di guida negligente anche della vittima, sarebbe caratterizzata da un’erronea applicazione dell’indicato dato normativo e da un chiaro vizio argomentativo.
Osserva in proposito il Collegio che la Corte di appello, nel confermare la pronunzia del giudice di primo grado, ha puntualmente scrutinato il materiale probatorio riversato in atti, ivi comprese le consulenze tecniche delle parti, analizzando, nello specifico, anche la manovra di immissione nella corsia di sorpasso effettuata dalla persona offesa, che, in conformità alle conclusioni rassegnate nel proprio elaborato dal consulente del pubblico ministero, ha, tuttavia, ritenuto non costituisse condotta idonea ad integrare una concausa dell’evento, in ragione del punto d’urto tra i due veicoli, ubicato in prossimità della linea di mezzeria, nonché dell’elevatissima velocità a cui procedeva l’auto investitrice.
Alla stregua di un impianto argomentativo siffatto, appare di tutta evidenza la manifesta infondatezza della lamentazione fatta valere con il motivo di ricorso di cui trattasi, avendo chiarito la Suprema Corte che «In tema di omicidio stradale, la circostanza attenuante ad effetto speciale di cui all’art. 589-bis, comma settimo, cod. pen., che fa riferimento all’ipotesi in cui l’evento non sia esclusiva conseguenza dell’azione od omissione del colpevole, è configurabile nel
caso in cui sia accertato il concorso di colpa, anche minimo, della vittima» (così, da ultimo, Sez. 4, n. 20091 del 19/01/2021, Brunetti, Rv. 281173-01).
Destituito di fondamento è, infine, il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta violazione di legge in relazione a quanto previsto dagli artt. 62-bis e 133 cod. pen. e vizio di motivazione per illogicità in punto di denegata concessione della diminuente generica e di concreto esercizio del potere dosimetrico, sostenendo che la decisione sul punto della Corte territoriale risulterebbe del tutto irragionevolmente argomentata col solo riferimento all’elevato grado di colpa caratterizzante la condotta dell’agente, senza alcuna ponderazione degli ulteriori parametri indicati dall’evocata disposizione, disciplinante il potere d quantificazione sanzionatoria.
Ritiene in proposito il Collegio, in contrario avviso a quanto sostenuto dal ricorrente, che i giudici del merito abbiano adeguatamente motivato, col rilievo dell’elevato grado di colpa che ha caratterizzato l’agire dell’imputato, il mancato riconoscimento allo stesso delle indicate attenuanti, conformandosi, peraltro, all’ermeneusi che della disposizioneoigigUij – gav .. ..12 offre la giurisprudenza di legittimità, che ha chiarito, da tempo, che «Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare allnuopo sufficiente» (così, da ultimo, Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549-02), nonché, in precedenza, Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269-01, Sez. 2, n. 3896 del 10/01/2016, COGNOME, Rv. 265826-01, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, COGNOME, Rv. 259899-01, Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME e altri, Rv. 249163-01 e Sez. 1, n. 33506, P.G. in proc. Biancofiore, Rv. 24795901). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In accoglimento della richiesta formulata, in sede di conclusioni, dal suo patrocinatore, si dispone l’esclusione dal presente giudizio del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE, cui consegue l’annullamento dell’impugnata sentenza limitatamente alle statuizioni allo stesso relative.
Trova, infatti, applicazione nel caso di specie l’insegnamento della Suprema Corte, secondo cui «La disposta celebrazione del rito abbreviato comporta l’automatica esclusione da esso del responsabile civile, pur laddove il giudice non abbia provveduto all’estromissione di questi, sicché l’eventuale mancata prospettazione della relativa eccezione, non preclusa neppure dalla avvenuta
partecipazione attiva al procedimento, non equivale ad acquiescenza dello stesso responsabile civile» (così: Sez. 3, n. 5860 del 12/10/2011, dep. 15/02/2012, COGNOME e altri, Rv. 252119-01, nonché Sez. 2, n. 44571 del 10/10/2014, COGNOME e altri, Rv. 260863-01 e Sez. 5, n. 37370 del 07/06/2011, COGNOME e altri, Rv. 25048901).
Peraltro, il Collegio reputa pienamente condivisibili, tanto da farle proprie, anche le argomentazioni a fondamento della decisione da cui è stato tratto l’enunciato principio di diritto, essendosi correttamente evidenziato, per un verso, che la conclusione consegue all’esame dei lavori preparatori del codice di rito, da cui emerge che il disposto dell’art. 87 deve essere inteso nel senso che l’esclusione costituisce atto dovuto del giudice, perché finalizzata a non gravare il giudizio stesso – che dovrebbe essere caratterizzato dalla massima celerità dalla presenza, non indispensabile, di soggetti la cui posizione è incisa solo sul piano privatistico dalla decisione penale; per altro verso, che, sul piano letterale, l’espressa previsione di un potere d’ufficio del giudice acquista pieno significato solo ove si ritenga sussistente un necessario collegamento fra l’adozione dell’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato e l’esclusione dallo stesso del responsabile civile, anche in ragione del fatto che nel giudizio abbreviato la posizione di quest’ultimo è, all’evidenza, analoga a quella della parte civile nel patteggiamento; per altro verso ancora, che, sul piano sostanziale della tutela, la mancanza del contraddittorio dibattimentale su elementi indiziari acquisiti unilateralmente, rispetto ai quali il responsabile civile non ha alcuna effettiva possibilità di replicare, è suscettibile di generare una lesione del diritto di difes del predetto, quale conseguenza della scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi in favore della Cassa delle Ammende la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
Il predetto deve essere, inoltre, condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio di legittimità dalle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si liquidano in complessivi euro tremilanovecento, oltre accessori di legge, se dovuti, nonché alla rifusione delle
spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio di legitti dalle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che si liquidano in complessivi euro quattromilaottocento, oltre accessori legge, se dovuti.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizion concernenti il responsabile civile.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende, nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità favore delle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME, liquidate in eu 3.900,00, oltre accessori come per legge, se dovuti; e delle parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, liquidati in euro 4.800,00, oltre accessori come per legge, se dovuti.
Così deciso il 04/07/2024