Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46568 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46568 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SAN GAVINO MONREALE il 01/03/1981
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’Appello di Cagliari, con sentenza del 15 febbraio 2024, ha confermato la sentenza del G.U.P. presso il Tribunale di Cagliari di condanna di NOME COGNOMEe di NOME COGNOME in ordine al reato di cui agli artt. 113 e 589 cod. pen., commesso in Guspini in data 8 agosto 2021, in danno di NOME COGNOME con lesioni in danno di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, alla pena anni 1 e mesi 4 di reclusione e alla sanzione amministrativa accessoria della sanzione della patente di guida per la durata di anni tre.
Il processo ha ad oggetto un incidente stradale descritto nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente. NOME COGNOME alla guida dell’autovettura Fiat Doblò, percorrendo la SP 64, giunto alla intersezione con la SS 126, senza arrestarsi al segnale di stop, come imposto dalla segnaletica orizzontale e verticale, aveva iniziato l’attraversamento dell’incrocio ed era stato attinto, nella fiancata destra del veicolo dall’autovettura Opel Corsa condotta da NOME COGNOME il quale stava percorrendo la SS 126 alla velocità stimata dal perito di 90 km/h, a fronte del limite esistente in loco di 50 km/h. A seguito dell’impatto, NOME COGNOME trasportata sull’auto condotta da Tusa era deceduta, mentre NOME COGNOME, NOME COGNOME trasportati sulla stessa auto, e NOME COGNOME trasportata sull’auto condotta da Zedda, avevano riportato lesioni personali.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato NOME COGNOME a mezzo di difensore, formulando quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione per avere la Corte di Appello ritenuto equipollenti le condotte di Zedda e di Tusa. Il difensore rileva che il perito, Ing. COGNOME aveva affermato che il sinistro si era verificat primariamente a causa della condotta del veicolo condotto da Tusa e che, dunque, i giudici di merito, immotivatamente si erano discostati da tale conclusione e avevano ritenuto equipollenti le condotte dei due coimputati. E’ certo, secondo il ricorrente, che se il veicolo condotto da COGNOME si fosse arrestato allo stop l’evento non si sarebbe verificato, mentre non è altrettanto certa la rilevanza causale della condotta di COGNOME. Di tale differente peso delle condotte i giudici avrebbero dovuto tenere conto in punto determinazione pena principale e pena accessoria.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta prevedibilità da parte di COGNOME della condotta tenuta da COGNOME.
Secondo il difensore, COGNOME COGNOME si era avveduto della ridotta velocità dell’auto condotta da COGNOME e del suo lento approssimarsi allo stop, sicché nulla lasciava prevedere che Tusa non si sarebbe ivi arrestato. COGNOME, dunque, aveva maturato un legittimo affidamento a seguito dell’effettiva percezione dei fatti, mentre la condotta di COGNOME si era posta come causa eccezionale ed atipica imprevista ed imprevedibile dell’evento è da sola sufficiente a produrlo.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il ricorrente lamenta che il G.U.P. non avrebbe adeguatamente motivato in ordine alla mancata applicazione della massima riduzione di pena ex art. 589 bis, comma 7 cod. pen, sia in punto pena principale, sia in punto pena accessoria.
2.4. Con il quarto motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in ordine alla determinazione della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida. Il difensore osserva che i giudici di merito, nell’individuare tale durata in anni tre, non avevano considerato i parametri di valutazione di cui al Codice della Strada.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi l’ inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il primo motivo, con cui si censura la ritenuta equipollenza delle condotte dei due coimputati, è inammissibile in quanto generico e reiterativo della stessa doglianza già formulata in sede di impugnazione, in assenza di confronto con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte di Appello ha aderito alla ricostruzione del sinistro effettuata dal perito, Ing NOME COGNOME nominato dal G.U.P. in sede di giudizio abbreviato. Questi, confrontandosi con i dati istruttori e con le conclusioni del consulenti di parte (Ing. NOME COGNOME nominata dal Pubblico Ministero, p.i. NOME COGNOME nominato dalla difesa di COGNOME, ing. NOME COGNOME nominato dalla difesa di COGNOME), aveva calcolato la velocità antecedente all’urto dell’auto Fiat Doblò condotta da COGNOME in 30 km/h e dell’auto Opel Corsa condotta da Zedda in 90 km/h e, anche in ragione del calcolo, aveva escluso che COGNOME avesse arrestato il veicolo in corrispondenza della Stop. Indi ha ritenuto sussistente il nesso di concausalità tra la condotta
colposa di COGNOME e l’evento letale, GLYPH essendo stato accertato che questi, nell’approssimarsi all’incrocio, stava viaggiando alla velocità di 90 km/h e che la condotta alternativa lecita (ovvero il rispetto del limite di velocità) avrebbe avuto efficacia salvifica, in quanto avrebbe consentito di evitare l’impatto con il mezzo condotto da COGNOME: in coerenza con la sentenza di primo grado, i giudici hanno GLYPH ritenuto che entrambe le condotte dei coimputati fossero state caratterizzate da un rilevante grado di colpa e che GLYPH l’affermazione del perito contenuta nella relazione secondo cui l’incidente sarebbe stato provocato primariamente dalla condotta di COGNOME era sfornita di qualsiasi argomentazione logica, posto che se i conducenti avessero posto in essere, l’uno o l’altro, la condotta alternativa l’incidente mortale non si sarebbe verificato.
A fronte di tale motivazione, coerente e logica, nell’individuare come causali rispetto all’evento entrambe le azioni colpose indipendente dei due conducenti delle autovetture, su cui viaggiavano le persone offese, il motivo di ricorso si limita a contestare in maniera generica e apodittica la ritenuta sussistenza della concausalità, sembrerebbe per invocarne conseguenze, peraltro non meglio specificate, in punto trattamento sanzionatorio.
3.11 secondo motivo, con cui si è censurata la mancata considerazione della condotta colposa di COGNOME, come idonea a interrompere il nesso causale, è manifestamente infondato. La Corte ha osservato che, come ammesso nello stesso atto di impugnazione, dagli atti processuali era emerso che COGNOME aveva avvisato il mezzo Fiat Doblò condotto da Tusa nel mentre si approssimava allo stop a bassa velocità e che l’unico testimone estraneo ai fatti, il conducente di un’auto che procedeva dietro la Fiat Doblò, aveva dichiarato di aver visto il veicolo rallentatore e non anche fermarsi all’intersezione. L’imputato, dunque, aveva avuto la chiara percezione che il veicolo condotto da COGNOME si stava approssimando allo stop, ma non si era ancora fermato, sicché era prevedibile che potesse non arrestarsi per qualsiasi causa. Del resto il limite di velocità posto in prossimità dell’intersezione tra la strada provinciale la strada statale aveva l’evidente funzione di prevenire eventi del tipo di quello verificatosi.
La motivazione della sentenza impugnata, coerente con i dati di fatto esposti, è, altresì, rispettosa della elaborazione della giurisprudenza di legittimità in tema di circolazione stradale, per cui il principio dell’affidamento nell’altrui corretto agire trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché questo rientri nel limite della prevedibilità in base alle circostanze del caso concreto ( Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, COGNOME, Rv. 265981; Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, COGNOME, Rv. 269997; Sez. 4, n. 46818 del
25/6/2014, COGNOME, Rv. 261369). La Corte di Appello, nel sottolineare come le circostanze del caso concreto deponessero per la prevedibilità della condotta colposa di Tusa, ha fatto applicazione, proprio di tale principio.
3.11 GLYPH terzo motivo, incentrato sul trattamento sanzionatorio, GLYPH è inammissibile per difetto di specificità.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. o richiama alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197).
In tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini dell concessione o dell’esclusione. Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli riten decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, 3ebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691). Peraltro il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01).
La Corte di Appello ha ribadito la valutazione del giudice di primo grado in ordine alla insussistenza di elementi da valorizzare ai fini della mitigazione del trattamento sanzionatorio; ha ritenuto che irrilevante in tal senso doveva ritenersi il fatto che COGNOME svolgesse l’attività di autista, giacchè tale ultima circostanza lo avrebbe dovuto indurre a valutare in rischi collegati alla guida; ha confermato il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 589 bis, comma 7, cod. pen. e la relativa diminuzione di un terzo. A fronte di tale percorso argomentativo, il ricorrente si è limitato a invocare l’applicazione delle
circostanze attenuanti generiche e la diminuzione della pena, ex art. 589 bis comma 7 cod. pen. nella massima estensione, senza indicare alcun elemento a sostegno della richiesta.
4.11 quarto motivo, con cui si censura la determinazione della durata della sanzione amministrativa accessoria, è inammissibile per difetto di specificità e comunque, manifestamente infondato. Il motivo, nell’affermare che la durata della sospensione non sarebbe stata ancorata ai parametri individuati dal Codice della Strada, è generico e non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata in cui si è spiegato che la sanzione comminata era congrua in relazione alla gravità della condotta ed al rilevante grado della colpa. Si tratta di motivazione sufficiente e coerente con il principio per cui il giudice, nella individuazione della durata della sanzione, deve dare conto di aver impiegato i criteri di cui all’art. 218 comma 2 cod. strada., ovvero deve compiere una valutazione “in relazione all’entità del danno apportato, alla gravità della violazione commessa, nonché al pericolo che l’ulteriore circolazione potrebbe cagionare».
5.Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende, non sussistendo ragioni di esonero.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Deciso in Roma il 12 novembre 2024
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NOME COGNOME