Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29439 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29439 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a CANICATTI’ il 11/04/1973
avverso la sentenza del 04/10/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
è presente l’avv. NOME COGNOME del foro di AGRIGENTO in difesa di NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e –NOME COGNOME il quale chiede il rigetto del ricorso proposto dall’imputato, deposita conclusioni scritte e nota spese.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Palermo, in data 4 ottobre 2024, ha confermato la sentenza del Tribunale di Agrigento con la quale NOME COGNOME è stato condannato per il reato di cui all’art. 589 cod. pen. perché, per colpa, mentre percorreva alla guida di un rimorchio agricolo ricolmo d’uva, alla velocità di 20 km/h, la S.S. 123, con direzione di marcia Canicattì – Campobello di Licata, non assicurando l’accensione delle luci posteriori del rimorchio e non dotando il rimorchio stesso di strisce posteriori e laterali retroriflettenti, in violazione dell’ 72, co. 2 bis, cod. strada, entrava in collisione con l’autovettura Fiat Doblò, condotta da NOME COGNOME che sopraggiungeva lungo la stessa direzione di marcia, alla velocità di 128 km/h, superiore al limite di velocità previsto per quel tratto di strada, pari a 90 km/h, così concorrendo a cagionare la morte del COGNOME. In Canicattì 1’8 novembre 2015.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse del Sala affidandolo a due motivi.
2.1 Con il primo si deduce violazione di legge e illogicità della motivazione in relazione agli artt. 40 e 589 cod. pen. e all’art. 603 cod. proc. pen.
Premette il ricorrente che per ben tre volte era stata richiesta l’archiviazione del procedimento in parola e che in tutte e tre le occasioni era stata proposta opposizione, indicando nuovi testi. Era stato evidenziato che nessun dei testimoni aveva assistito al sinistro ad eccezione di NOME COGNOME che è stato il primo a giungere sul luogo del sinistro e, dunque, a prestare i primi soccorsi.
Era stato dedotto che l’elevata velocità a cui COGNOME era sopraggiunto a bordo della propria autovettura, avuto riguardo allo spazio visivo dei fari della sua autovettura, pari a 50 metri, non gli aveva consentito di effettuare alcuna manovra atta ad evitare l’impatto con il mezzo condotto dal COGNOME. Conseguentemente, secondo la difesa, era stato interrotto il nesso di causa o quantomeno doveva essere ridotta la percentuale di responsabilità del ricorrente, il che determinava inevitabili conseguenze sul piano risarcitorio. Era stata, inoltre, richiesta, ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen. la rinnovazione dell’istruttoria al fine di acquisire la scheda tecnica del trattore al fine di dimostrare la non rispondenza al vero di quanto riferito dai testi asseritamente compiacenti, circa le dimensioni del trattore e la mancanza di catarifrangenti.
La Corte ha respinto le censure difensive in maniera lacunosa e “irrazionale”. Si è sostenuto che il rimorchio trainato dal trattore non fosse adeguatamente illuminato e, dunque, visibile agli utenti che sopraggiungevano nella medesima direzione di marcia e che i dispositivi luminosi del trattore, pur essendo
perfettamente funzionanti, non fossero visibili in quanto occultati dall’ingombro del cassone e che il faro posto sul lato sinistro del mezzo fosse già danneggiato prima ancora dell’incidente.
La difesa ha, dunque, passato in rassegna le dichiarazioni rese dai testimoni ponendole a raffronto con quelle dal teste COGNOME il quale ha riferito che al suo arrivo era buio e il trattore aveva tutte le luci accese compreso il lampeggiante posto sul tetto ma di non essere in grado di riferire se fossero accese anche le luci del rimorchio. La difesa contesta le conclusioni della Corte secondo cui l’ingombro del cassone impediva di vedere le luci del trattore rilevando che lo stesso è alto 150 cm rispetto all’altezza del trattore che raggiungeva l’altezza di cm. 410 e il cassone era meno ingombrante del trattore stesso.
Rileva ancora la difesa che il mancato uso da parte della vittima della cintura di sicurezza ha inevitabili riflessi non solo sulla quantificazione della pena ma anche sull’ammontare del risarcimento del danno.
2.2. Con il secondo motivo la difesa deduce la violazione dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 589 cod. pen, nonché degli artt. 2, 157, 158, 159, 160 e 344 bis. cod. proc. pen. Si assume che dalla data del commesso reato al deposito della sentenza di secondo grado sono trascorsi nove anni laddove la prescrizione era pari ad anni sette e mesi sei. Ne conseguirebbe che i termini di prescrizione sarebbero abbondantemente prescritti non trovando applicazione, nel caso di specie la c.d. riforma Orlando, né la I. n. 3 del 2019 né, infine, la I. n. 134/2021 che ha introdotto l’art. 344 cod. proc. pen.
All’udienza, dato atto che in data 27 maggio 2025, era stata comunicata con esito positivo ai difensori dell’imputato e del responsabile civile la richiesta di trattazione orale avanzata dal difensore delle parti civili, il P.G. e il difensore delle parti civili hanno concluso come in epigrafe. Il difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire conclusioni scritte con le quali ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Quanto al primo motivo, la difesa censura la valutazione del compendio probatorio operata in maniera conforme dai giudici del doppio grado, proponendo una diversa, quanto inammissibile, lettura alternativa, ritenuta più corretta, senza evidenziare, ad avviso di questo Collegio, contraddizioni del ragionamento
esplicativo o illogicità manifeste che siano tali da viziarlo nei termini di cui all’a 606, lett. e), cod. proc. pen.
E’ principio consolidato quello secondo cui «sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito» (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, COGNOME, Rv. 265482; Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 – 01; Sez. 2 n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747 -01).
Ancora più recentemente è stato ribadito che «eccede dai limiti di cognizione della Corte di cassazione ogni potere di revisione degli elementi materiali e fattuali, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice di merito, posto che il controllo sulla motivazione rimesso al giudice di legittimità è circoscritto, ex art. 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen. alla sola verif dell’esposizione delle ragioni giuridicamente apprezzabili che l’hanno determinata, dall’assenza di manifesta illogicità dell’esposizione e, quindi, dalla coerenza delle argomentazioni rispetto al fine che ne ha giustificato l’utilizzo e della non emersione di alcuni dei predetti vizi dal testo impugnato o da altri atti del processo, ove specificamente indicati nei motivi di gravame, requisiti la cui sussistenza rende la decisione insindacabile (Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Rv. 284556 -01).
La Corte territoriale investita della richiesta di assoluzione dell’imputato, sul presupposto della inattendibilità dei testi escussi in merito alla circostanza che il trattore di Saia fosse sprovvisto di adeguata illuminazione, ha passato in rassegna le dichiarazioni rese dai testi, pervenendo alla conclusione che le deposizioni sono apparse scevre da qualsivoglia tentativo di asseverare fatti sfavorevoli all’imputato essendosi, piuttosto, i testimoni limitati a riferire ciò che avevano osservato, rilevando come, a ben vedere, non vi sarebbero ragioni di contrasto tali da ravvisare un intento calunnioso in termini di correità del Sala.
Dalla disamina degli elementi acquisiti la Corte territoriale, alla stregua di quanto aveva fatto il primo giudice, è pervenuta alla conclusione che al momento dell’occorso il rimorchio trainato dal trattore non fosse adeguatamente illuminato e visibile senza difficoltà per gli utenti della strada che sopraggiungevano dalla stessa direzione di marcia.
A tale conclusione le sentenze conformi sono giunte osservando che i dispositivi luminosi della trattrice, pur essendo perfettamente funzionanti non erano visibili posteriormente proprio in quanto occultati, sostanzialmente per tutto l’ingombro del cassone, dal rimorchio e che il faro posto sul lato sinistro del trattore era stato valutato dagli inquirenti come distrutto già prima dell’impatto. Ciò, non
solo perché il faro era sporco ma perché non era rimasto coinvolto nell’impatto con l’autovettura condotta dalla vittima.
La Corte di appello, con argomenti non manifestamente illogici e coerenti con le emergenze acquisite, ha posto l’accento sulla circostanza che mancavano del tutto i catarifrangenti sul retro del carrello agganciato al trattore, dal che ha desunto che se anche le luci del trattore fossero state tutte funzionanti e il lampeggiante centrale fosse stato attivo (circostanza questa smentita dalla anomalia rilevata a pag. 12 della sentenza di primo grado, laddove si dà atto che detto elemento era stato attivato solo in sede di operazioni peritali e grazie all’intervento dell’elettrauto), non sarebbe stato, comunque, possibile individuare l’ingombro proprio per l’assenza dei catadiottri laterali e posteriori imposti, per tale tipo di veicolo, dall’art. 72, co. 2 bis, cod. strada. In altri termini, secondo la Cor territoriale, ciò che rileva ai fini del concorso di colpa del Saia è stato proprio porre sulla strada, come rilevato a pag. 4 della sentenza di primo grado, un rimorchio costruito artigianalmente, non omologato, sprovvisto di carta di circolazione e poco o affatto illuminato di peso, a pieno carico di oltre 15 quintali.
3. La Corte territoriale, richiamando la perizia dell’ing. COGNOME ha respinto gli argomenti spesi con l’atto di appello e oggi reiterati, in punto di interruzione del nesso causale. Si è in particolare osservato che se COGNOME avesse tenuto il comportamento diligente richiesto dalla norma violata, l’incidente avrebbe avuto conseguenze meno gravi per il COGNOME. La presenza di un corretto dispositivo di illuminazione del rimorchio e l’attivazione del lampeggiante posto sul trattore avrebbe ridotto gli esiti letali del sinistro consentendo alla vittima di pervenire all’impatto con il mezzo che lo precedeva a velocità decisamente inferiore.
A detta conclusione la Corte di appello è pervenuta mediante l’apporto scientifico dato dalla perizia secondo cui, stante la velocità di marcia del Lo Curto (128 km/h), certamente eccessiva, lo spazio necessario al completamento dell’arresto sarebbe stato pari a 130/140 km/h, distanza sicuramente superiore ai 50 metri che il fascio luminoso dei proiettori in dotazione alla Doblò avrebbe potuto rischiarare. E’ stato, però, evidenziato che sovrapponendo i due campi di illuminazione (quello dell’autovettura e quello del rimorchio, ove ne fosse stato provvisto) la vittima avrebbe potuto scorgere la sagoma dell’ingombro già ad una distanza di 90 metri, il che avrebbe consentito al COGNOME di porre in essere una manovra di decelerazione che avrebbe certamente limitato gli effetti negativi dell’impatto. Con tale argomento, a ben vedere, il ricorso non si confronta.
A tale proposito va riaffermato il principio in forza del quale «il rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilità logica, sicché esso è configurabile solo se si accerti che,
ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento, con elevato grado di credibilità razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva» (Sez. 4, n. 9170 del 14/02/2013, Rv. 255397 -01; Sez. 4, n. 35016 del 17/06/2024, Rv. 286987 -03; Sez. 5, n. 785 del 27/09/2023, dep. 2024, Rv. 285877 – 02).
Nel solco dei principi sopra richiamati si sono poste le sentenze conformi senza che gli argomenti spesi con il ricorso, connotati da patente genericità e versati in fatto, intacchino il costrutto motivazionale logico giuridico posto a fondamento del giudizio di responsabilità, in termini concorsuali, espresso.
Privi di pregio si rivelano gli argomenti spesi dalla difesa in punto di percentuale di concorso della vittima, nella verificazione del sinistro, fissata già dal primo giudice in misura pari al 60%.
E’ stato in proposito sottolineato non solo il fatto che COGNOME non indossasse le cinture di sicurezza ma che, vieppiù, procedesse ad una velocità non consentita il che, tuttavia, è stato ritenuto fattore incidente sulla causazione del sinistro ma non fattore causale sopravvenuto eccezionale tale da interrompere la catena causale instaurata dalla violazione degli obblighi imposti all’imputato. Proprio per questo le sentenze di merito hanno proceduto ad una quantificazione del concorso di colpa in misura prevalente, senza con ciò escludere la rilevanza della condotta colposa dell’imputato.
Sul punto va evidenziato che questa Corte di legittimità ha più volte precisato che «in tema di omicidio e lesioni per colpa cosiddetta stradale, il giudice di merito, riconosciuto il concorso di colpa della persona offesa, adempie il dovere di motivazione in ordine alla graduazione delle colpe concorrenti di cui è impossibile determinare con certezza le diverse percentuali dando atto di aver preso in considerazione le modalità del sinistro e di aver raffrontato le condotte dei soggetti coinvolti» . Sez. 4 n. 32222 del 05/06/2009, Rv. 244431; Sez. 4 n. 31346 del 18/06/2014, Rv. 256287 – 01).
Lamenta ancora la difesa che la Corte territoriale non ha adeguatamente letto i motivi di impugnazione né la legittima richiesta ex art. 603 cod. proc. pen. di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale mediante la produzione della scheda tecnica della trattrice rilevando che proprio la descrizione delle dimensioni della stessa e la posizione delle luci, avrebbero evitato gli errori fattuali e di dirit commessi dalla Corte di merito, in relazione al sussistenza del nesso causale. L’argomento speso non si confronta, innanzitutto con quanto evidenziato dalla Corte territoriale alle pagg. 4 e ss. laddove si dà atto che i dispositivi posterior
della trattrice i pur essendo perfettamente funzionanti, non erano visibili perché occultati dall’ingombro del cassone; che quello posto sulla parte superiore non era funzionante e che in ogni caso mancavano le stringhe catarifrangenti sul rimorchio.
La Corte territoriale ha rigettato la richiesta formulata dalla difesa ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen., ritenendola priva di rilevanza giuridica.
A tale proposito va rammentato che questa Corte ha, da tempo, sottolineato che la rinnovazione di cui all’art. 603 cod. proc. pen. è subordinata a specifiche condizioni e rappresenta un passaggio meramente eventuale e straordinario nello svolgimento del giudizio di appello. Più in particolare la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista da detta norma, è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale svolta in primo grado e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti, accertamento che è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 7, n. 36410 del 10/09/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 31188 del 4/07/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, COGNOME, Rv. 274996 – 02, Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620 -01; Sez. 2, n. 34900 del 07/05/2013, S., Rv. 257086 – 01).
Del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso con cui si eccepisce la intervenuta prescrizione. Sul punto va ricordato che in tema di prescrizione la I. n. 251/2005 (c.d. ex Cirielli) ha riscritto l’art. 157 cod. pen. introducendo la regola per la quale la prescrizione estingue il reato, decorso il tempo corrispondente 021 al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e, comunque, in un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto. La normativa ha inoltre inserito, per prima volta, la regola del raddoppio dei termini per alcuni reati fra i quali quello di cui all’art. 589 co. 2 e 3 cod. pen. Il reato di omicidio aggravato dalla violazione di norme sulla circolazione stradale, quale quello in esame, commesso dopo l’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 157 cod. pen. e dopo la modifica dell’art. 589, secondo comma, cod. pen. ad opera del d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, era punito con pena massima di 7 anni di reclusione e soggetto al termine ordinario di prescrizione di 14 anni e al termine massimo di 17 anni e 6 mesi.
Il reato, dunque, contrariamente a quanto si assume con il ricorso, non è prescritto.
Essendo il ricorso inammissibile e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000) segue oltre la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento quella al pagamento della sanzione pecuniaria di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende oltre che alla rifusione delle spese di rappresentanza in giudizio delle parti civili, liquidate come da dispositivo.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196/03 in quanto impost dalla legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale sui figli minori NOME COGNOME e NOME COGNOME, liquidate in complessivi euro 8.400,00 oltre accessori come per legge.
Deciso in data 11 giugno 2025