Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20579 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20579 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAZIENZA VITTORIO
Data Udienza: 03/04/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Oggi.
24 MAG. 2024
IL
i
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 31/05/2023 dalla Corte d’Appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione del AVV_NOTAIO COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha concluso insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 31/05/2023, la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa in data 06/12/2021 dal Tribunale di Marsala, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di giustizia in relazione al delitto di illecita detenzione di cocaina, a lui ascritto in concorso con COGNOME NOME (nei cui confronti si è proceduto separatamente).
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di una responsabilità del COGNOME in concorso con il COGNOME (pienamente confesso). Si deduce che nessun elemento consentiva di ritenere che il ricorrente fosse consapevole della presenza della cocaina nel vano portaoggetti dell’auto a noleggio che il COGNOME aveva utilizzato per dare un passaggio al COGNOME, privo di patente; la stessa mancata reazione del ricorrente, al momento del controllo, doveva ritenersi un dato neutro. Si lamenta altresì la mancata valorizzazione delle dichiarazioni del COGNOME, che aveva scagionato il COGNOME assumendosi tutta la responsabilità.
2.2. Violazione dell’art. 533 cod. proc. pen., non potendosi ritenere sufficiente la mera presenza del ricorrente sull’auto. Si deduce che “se davvero il COGNOME fosse stato a conoscenza della sostanza l’avrebbe sicuramente occultata in altri spazi”.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata applicazione dell’ipotesi lieve di cui al comma 5 dell’art. 73.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Per ciò che riguarda i primi due ordini di censure, che possono essere in questa sede trattati congiuntamente, è opportuno prendere le mosse dal consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte, secondo cui «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, de credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento» (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 – 01).
In tale prospettiva ermeneutica, che si condivide e qui si intende ribadire, le doglianze difensive non superano lo scrutinio di ammissibilità, risolvendosi nella censura del merito delle valutazioni operate dalla Corte d’Appello (in piena sintonia con il primo giudice), e nella reiterata prospettazione di una diversa e più
favorevole lettura delle risultanze acquisite, il cui apprezzamento in questa sede è evidentemente precluso.
D’altra parte, la Corte d’Appello ha diffusamente esposto le ragioni poste a base della conferma della condanna del COGNOME, escludendo la plausibilità della prospettazione difensiva secondo cui questi si era limitato a dare un passaggio al COGNOME (pienamente confesso), senza accorgersi che egli aveva collocato lo stupefacente nel vano portaoggetti dell’autovettura. A sostegno di tali conclusioni, la Corte territoriale ha valorizzato: l’intrinseca inverosimiglianza dell’ipote secondo cui il COGNOME sarebbe riuscito ad occultare la droga all’insaputa del COGNOME, dato che l’involucro era di apprezzabili dimensioni (contenendo 180 grammi lordi di cocaina) e il vano cadeva sotto il diretto controllo del ricorrente la necessità per il COGNOME di camminare con le stampelle, circostanza che rendeva ancor meno plausibile l’ipotesi per cui egli avrebbe detenuto il pacco, fino ad occultarlo, “senza farsi notare, se non anche aiutare dal COGNOME“; l’atteggiamento guardingo di entrambi dopo essere scesi dalla vettura, che aveva insospettito gli operanti; l’assenza di qualsiasi alterazione o manifestazione di stupore da parte del COGNOME, dopo il ritrovamento della droga all’esito della perquisizione (circostanza singolare, dato che il ricorrente – secondo la difesa sarebbe stato coinvolto in un trasporto illecito di cocaina senza saperne alcunchè); l’assenza di spiegazioni alternative da parte dell’imputato, anche quanto alla provenienza dell’autovettura utilizzata insieme al COGNOME (cfr. pagg. 4-5 della sentenza impugnata).
Si tratta di un percorso argomentativo del tutto immune da criticità qui deducibili, che la difesa ricorrente ha inammissibilmente cercato di confutare prospettando diverse valutazioni di merito (il carattere “neutro” della mancata reazione del COGNOME, il carattere liberatorio delle dichiarazioni confessorie del COGNOME, ecc.).
Per ciò che riguarda la residua censura, proposta in presenza di cocaina per complessive 663 dosi medie singole, assume rilievo assorbente la mancata deduzione della corrispondente doglianza in appello.
Le considerazioni fin qui svolte impongono una declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del COGNOME al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 3 ( prile 2023 Il Consigli re estensore