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Concorso detenzione stupefacenti: la custodia basta

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto indagato per concorso in detenzione di stupefacenti. L’uomo era stato trovato a custodire 25 kg di hashish in un’auto per conto di terzi in cambio di 400 euro. La Corte ha confermato che tale condotta, unita alle dichiarazioni dell’indagato, costituisce un grave quadro indiziario e giustifica la misura cautelare in carcere, anche in virtù del pericolo di recidiva dimostrato da precedenti false dichiarazioni sull’identità.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso in Detenzione di Stupefacenti: Anche la Sola Custodia è Reato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reati legati agli stupefacenti: chiunque fornisca un contributo, anche minimo, alla detenzione di droga risponde del reato. L’analisi del caso in esame chiarisce come la semplice attività di custodia di una sostanza illecita per conto di terzi sia sufficiente a configurare il concorso in detenzione di stupefacenti, giustificando l’applicazione di misure cautelari severe come la custodia in carcere.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dal ritrovamento, da parte delle forze dell’ordine, di un ingente quantitativo di droga. All’interno del bagagliaio di un’autovettura erano nascosti 25 kg di hashish, suddivisi in 24 involucri. Durante l’operazione, all’interno del veicolo veniva trovato un uomo, che successivamente ammetteva di essere stato incaricato da un altro soggetto di custodire lo stupefacente in cambio di un compenso di 400 euro. A suo carico emergeva anche un precedente per aver fornito false generalità alle autorità in altre occasioni.

Il Tribunale del riesame, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, applicava all’indagato la misura della custodia cautelare in carcere, ravvisando sia i gravi indizi di colpevolezza per il reato di detenzione di stupefacenti in concorso, sia il pericolo concreto di recidiva.

L’Analisi della Corte sul Concorso in Detenzione di Stupefacenti

L’indagato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la sua mera presenza e la custodia temporanea non potessero integrare i gravi indizi di colpevolezza. La Suprema Corte ha rigettato tale tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che, ai fini del concorso in detenzione di stupefacenti, non è necessario essere proprietari della sostanza o organizzatori del traffico. È sufficiente fornire un contributo consapevole e volontario alla condotta illecita altrui.

Nel caso specifico, gli elementi a carico dell’indagato erano solidi:
1. Presenza sul luogo del reato: L’uomo è stato sorpreso all’interno del veicolo che trasportava la droga.
2. Tracce di stupefacente: Vicino al sedile dove si trovava, è stato rinvenuto un involucro con tracce di hashish.
3. Ammissione spontanea: L’indagato ha dichiarato di essere stato retribuito per custodire la merce illecita.

Questi elementi, valutati nel loro complesso, formano un quadro indiziario grave e concordante che dimostra, con elevata probabilità, la sua partecipazione attiva alla detenzione della droga.

Il Pericolo di Recidiva e le False Generalità

Oltre al reato legato alla droga, all’indagato era contestato quello previsto dall’art. 495 c.p. per aver fornito false dichiarazioni sulla propria identità. La Corte ha valorizzato questo aspetto per confermare la sussistenza delle esigenze cautelari. La tendenza a mentire sulla propria identità, manifestata in più occasioni, è stata interpretata come un indicatore di una personalità incline a delinquere e a sottrarsi ai controlli della giustizia. Questo comportamento reitera un concreto rischio che l’indagato possa commettere altri reati, giustificando pienamente la misura della custodia in carcere per prevenire tale pericolo.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso perché, di fatto, l’indagato non lamentava una violazione di legge, ma chiedeva una nuova e diversa valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità. Secondo la Corte, il Tribunale del riesame aveva motivato in modo logico e coerente, spiegando perché la condotta di custodire un ingente quantitativo di stupefacente, anche per un tempo limitato e per conto altrui, rappresenta un contributo causale indiscutibile alla realizzazione del reato. La decisione del Tribunale era fondata su elementi oggettivi e non su mere congetture, rendendola immune da censure.

Conclusioni

La sentenza in commento offre un importante monito: nel contrasto al traffico di stupefacenti, la legge non fa sconti a nessuno dei soggetti coinvolti nella filiera criminale. Anche chi ricopre un ruolo apparentemente marginale, come quello del ‘custode’ o del ‘vigilante’, è considerato a tutti gli effetti un concorrente nel reato. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, evidenziando come qualsiasi contributo che agevoli la detenzione e la circolazione di sostanze illecite sia penalmente rilevante e possa condurre a gravi conseguenze, inclusa la restrizione della libertà personale in attesa del processo.

Custodire una sostanza stupefacente per conto di un’altra persona in cambio di denaro è considerato reato?
Sì, la sentenza conferma che anche la sola custodia di sostanze stupefacenti per conto di terzi, dietro compenso, integra il reato di concorso in detenzione di stupefacenti, costituendo un contributo causale alla realizzazione del delitto.

Quali elementi sono sufficienti per dimostrare i ‘gravi indizi di colpevolezza’ in un caso di droga?
Secondo la decisione, il ritrovamento dell’indagato all’interno dell’auto contenente la droga, unito alle sue stesse dichiarazioni spontanee di essere stato pagato per custodirla, costituisce un quadro indiziario grave sufficiente per applicare una misura cautelare.

Fornire ripetutamente false generalità alle forze dell’ordine può influenzare la decisione su una misura cautelare?
Sì, la sentenza evidenzia come le plurime condotte di false indicazioni sulla propria identità sono state considerate un elemento concreto per ritenere sussistente il pericolo di recidiva, giustificando così le esigenze cautelari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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