Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10445 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10445 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a FIORENZUOLA D’ARDA il DATA_NASCITA
COGNOME SHERILING nato a LUCCA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/04/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; che ha concluso chiedendo udito il difensore
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 11.4.2023 la Corte di Appello di Genova ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che aveva dichiarato il primo colpevole dei reati di furto e di furto in abitazione, aggravat seconda del reato di cui agli artt. 2 e 7 L.895/67 – in concorso col convivente COGNOME.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorro per cassazione entrambi gli imputati tramite rispettivi difensori di fiducia
3.Nell’interesse di NOME COGNOME, la difesa deduce due motivi di seguito enunciati limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3.1.Col primo motivo si deduce l’omesso esame del motivo eli gravame concernente l’intervenuta improcedibilità del reato contestato al capo 1 dell’imputazione per mancanz della querela integrativa di cui alla riforma Cartabia,, tenuto peraltro conto che in relazi detto reato, ritenuto avvinto dal vincolo della continuazione, il giudice di primo grado av applicato un erroneo doppio aumento della pena base.
In particolare, si lamenta che, pur avendo la difesa presentato con atto depositato in data Marzo 2023 (e comunicato per conoscenza sia al Procuratore generale sia ai difensori dei computati) due nuovi motivi di appello – con cui si era evidenziata la mancanza originar della querela, in relazione al reato di cui al capo 1 e come contestualmente non risultas che la persona offesa avesse presentato la cosiddetta querela integrativa di cui al combinat disposto degli articoli 2, comma 1 lett. b), e 85 dell decreto legislativo 152/2022 – la di appello abbia omesso di pronunciarsi al riguardo.
3.2.Col secondo motivo si lamenta l’omesso esame del motivo di gravame concernente l’erronea applicazione dì un doppio aumento della pena base per il medesimo reato di cui al capo 1 dell’imputazione, motivo parimenti rappresentato con l’atto depositato in data Marzo 2023.
4.Nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE si deduce, con l’unico motivo articolato, di seg enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma :L, disp. att. cod. proc. pen., motivazione della sentenza impugnata. Si lamenta che la Corte di appello, senza fornire alcuna motivazione al riguardo e omettendo di considerare gli elementi che depongono per l’innocenza dell’imputata, ha confermato la decisione di primo grado richiamandola, laddove la difesa aveva evidenziato come per l’imputata, rispetto alla quale non è emersa neppure la prova certa di una convivenza stabile con COGNOME, effettivo detentore delle armi rinven presso l’abitazione dello stesso, non potesse ritenersi raggiunta la prova del concorso nell
detenzione, non essendo, secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte, ravvisabile tale concorso per il solo fatto della coabitazione; né potrebbe risolversi in un contribut detenzione la mancata denuncia del fatto illecito. Né è stata raggiunta la prova de conoscenza della presenza di tali armi all’interno dell’appartamento condiviso con l’imputa COGNOME. Inoltre, nessuna prova è stata raggiunta in merito alla circostanza per cui la Co fosse a conoscenza di tutti gli specifici luoghi di occultamento, non avendo alcuna relazio autonoma con le stesse o con il munizionamento.
I ricorsi sono stati trattati – ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. n. 137 convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua a applicarsi, in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, c modificato dall’art. 17 d.l. 22 giugno 2023 n. 75, per le impugnazioni proposte sino quindicesimo giorno successivo al 31.12.2023 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il AVV_NOTAIO Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME e rigettarsi quello pro nell’interesse di COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.II ricorso presentato nell’interesse di NOME deve essere rigettato, procedersi alla correzione dell’errore materiale presente nella motivazione della sentenza di primo grado che contiene, come meglio si dirà nel prosieguo, l’erronea indicazione del capo imputazione rispetto al quale si è operato un ulteriore aumento per la continuazione.
1.1.Infondato è innanzitutto il primo motivo, in quanto nella sentenza di primo gr viene evidenziato in modo inequivocabile come la querela sia stata presentata in dat 1.10.2021 anche per il furto commesso in data 27.9.2021, che forma oggetto del capo di imputazione n. 1) (cfr. nota 2 apposta a pag. 7 della sentenza impugnata); in ogni caso si atto che dagli atti risulta l’atto di querela in argomento, presentata nell’immediatez fatto.
Deve inoltre osservarsi che, in tema di reati perseguibili a querela, la sussistenza volontà di punizione da parte della persona offesa non richiecle formule particolar pertanto, può essere riconosciuta dal giudice anche in atti che non contengono la sua esplici manifestazione, i quali, ove emergano situazioni di incertezza, vanno, comunque, interpreta alla luce del “favor querelae” (Sez. 5, n. 2665 del 12/10/2021, dep. 24/01/2022, R 282648).
1.2.Infondato è anche il secondo motivo, in quanto la lettura della sentenza di pr grado – confermata da quella impugnata – nel suo complessivo contenuto motivazionale rende evidente che uno dei due aumenti di pena nella misura di .5 mesi di reclusione ed 100,00 di multa – operato in maniera uguale per tutti i reati posti in continuazion riferibile al reato di cui al capo 4), per il quale viene parimenti affermata ! responsabilità dell’imputato: sarebbe stato infatti completamente insensato non far segui alla dichiarazione di colpevolezza, e al riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati, la mancanza di ogni aumento di pena per il reato di cui al capo 4) e la duplica invece dell’aumento di pena per quello di cui al capo 1. Sicché si versa nell’am dell’evidente errore materiale che può essere rimosso mediante la rettificazione previ dall’art. 130 c.p.p., operabile anche nella presente sede non essendo il ricorso nel complesso inammissibile.
2. Il ricorso nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE.
Esso è inammissibile per manifesta infondatezza, non ravvisandosi alcun vizio nell motivazione della sentenza impugnata, la quale ha affermato la responsabilità della predet a titolo di concorso, ritenendone dimostrati i necessari requisiti oggettivi e soggetti base di un insieme di elementi che vanno ben oltre la circostanza della coabitazione con coimputato COGNOME – coabitazione peraltro non affatto saltuaria come assume la difesa ma stabile secondo la puntuale ricostruzione svolta nella sentenza impugnata anche sul punto. Nella giurisprudenza di questa Corte si registrano svariate pronunce in tema di concorso nel detenzione di armi presenti in un luogo condiviso da più persone che, sia pure sotto i div angoli visuali attraverso cui sono stati affrontati i rispettivi casi concreti, sono nell’affermare che la mera coabitazione non è sufficiente ai fini della configurazion concorso, dovendo essa essere accompagnata da altri elementi significativi (così ad esempio, da una parte, Sez. 1, Sentenza n. 12308 del 14/0212020, Rv. 278698 – 01 che ha affermato che integra un’ipotesi di concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di condotta di chi, consapevole della presenza di esse nell’abitazione che condivide con il l proprietario, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, manifestando, co comportamento finalizzato a protrarne gli effetti, una chiara connivenza con il predet pertanto dimostrando di trovarsi in una situazione di fatto tale da poter, comunque, qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi. Nella fattispecie, questa Corte ha ritenuto da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputata convivente di un soggetto pregiudicato ristretto agli arresti domiciliari, la quale, nel una perquisizione, invitata dagli operanti ad allontanarsi dal divano sul quale s accomodata, aveva cercato di nascondere un’arma clandestina che si trovava occultata sotto il cuscino su cui era seduta. Conf., altresì, n. 12916/80, Rv. 146999-01 e Sez. 6, Sentenza 46303 del 04/11/2014, Rv. 261016 – 01; dall’altra, Sez. 1, Sentenza n. 31171 del
02/04/2021, Rv. 281645 – 01, che ha affermato che in tema di reati concernenti le armi, mera coabitazione con l’illegittimo detentore dell’arma non è sufficiente a configurar concorso nella detenzione abusiva. Fattispecie in cui questa Corte ha escluso la responsabil della moglie per il reato di detenzione abusiva di armi da parte del marito reputando desumibile la condotta di codetenzione dalla semplice conoscenza della presenza dell’arma nell’abitazione. Conf. n. 7101 del 1988, Rv. 178626-01). A ben vedere tali pronunce vanno i ogni caso rapportate ai rispettivi casi concreti, laddove nel caso di specie le evidenze con – ben messe in rilievo nelle conformi pronunce di primo e secondo grado – mostrano come sussistano elementi che vanno al di là della mera coabitazione della ricorrente col princi detentore delle armi.
Deve rilevarsi che in definitiva il ricorso, attraverso i vizi denunciati, abbi sollecitato una rilettura delle prove acquisite nei giudizio di merito, in contras consolidato orientamento interpretativo secondo cui è preclusa alla Corte di Cassazione l possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite da contrapporre a qu effettuata dal giudice di merito attraverso una diversa lettura dei dati processuali diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunq attendibilità delle fonti di prova (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217-01; 4, n. 1219 del 14/09/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271702-01; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, RAGIONE_SOCIALE Gumina, Rv. 269217-01; Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482-01; Sez. 5, n. 15041 del 24/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 27510001).
Nel caso in esame, innanzitutto, non vi è dubbio circa la conoscenza da parte dell’imputa delle armi, alcune delle quali sono state addirittura rinvenute all’interno di un a accanto ad effetti personali della stessa (la contestazione al riguardo è oltre che gen versata in fatto, avendo comunque i giudici di merito evidenziato come le armi si trovass custodite in luoghi dell’abitazione del tutto accessibili); a ciò si aggiunga che oltre venivano rinvenuti nel locale cucina, in bella vista, sul tavolo, sopra i pensili, numerosi oggetto inequivocabilmente provento di furto o comunque utilizzati per l commissioni di reati (di ciò si dà in particolare atto nella sentenza di primo grado costi un unicum argomentativo con la conforme pronuncia di secondo grado ma ciò è richiamato anche in quella di appello che evidenzia come si trattasse, nel loro complesso, di beni, natura e mole, di indubbia valenza sintomatica delle attività delittuose a cui era de COGNOME). Si è poi congruamente posto in evidenza non solo che l’imputata ciò nonostante no avesse mai inteso denunciare la presenza delle armi presenti in casa ma anche come la stessa avesse assunto un comportamento del tutto “difensivo” nei confronti del compagno in sede di perquisizione essendosi rifiutata di collaborare alle indagini non consentendo operanti di accedere al telefono cellulare del COGNOME per il cui sblocco era nece l’impronta facciale Face Id della stessa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Dalle ragioni sin qui esposte deriva che deve essere corretto l’errore materia contenuto nel calcolo della pena della sentenza di primo grado nella parte in cui afferma p la seconda volta l’aumento per la continuazione con il capo 1 che deve intendersi capo 4; e che nel resto il ricorso di NOME deve essere rigettato, con condanna del ricorrent pagamento delle spese processuali.
Deriva altresì la declaratoria di inammissibilità del ricorso di RAGIONE_SOCIALE consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore dell cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dispone la correzione dell’errore materiale contenuto nel calcolo della pena dell sentenza di primo grado nella parte in cui afferma l’aumento per la continuazione con i secondo capo 1 che deve intendersi capo 4. Rigetta il ricorso nel resto di NOME NOME condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dichiara inammissibile il ricors di COGNOME NOME e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6/2/2024.