Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35812 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35812 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 06/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udita la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME e rigettarsi gli altri ricorsi. udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME del Foro di NAPOLI in difesa di NOME COGNOME e COGNOME NOME, anche quale sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME del Foro di NAPOLI in difesa di NOME COGNOME, che conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso. Gli stessi difensori hanno depositato in udienza rinuncia al ricorso per COGNOME
NOME e COGNOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere del 20/01/2024 emessa – all’esito dello svolgimento dell’udienza di convalida – dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della medesima città, nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, a vario titolo ritenuti gravemente indiziati:
dei delitti di cui agli artt. 23 legge 18 aprile 1975, n. 110, 416-bis.1, 648 c pen. (COGNOME, COGNOME, COGNOME e COGNOME), per aver detenuto una pistola Beretta TARGA_VEICOLO, da considerarsi arma RAGIONE_SOCIALEdestina, in quanto avente matricola abrasa;
dei delitti di cui agli artt. 10 e 14 legge 14 ottobre 1974, n. 497, 416-bis.1, 6 cod. pen. (COGNOME), per aver detenuto una pistola Smith & Wesson, arma comune da sparo, completa di sei proiettili e di provenienza illecita perché provento di furt denunciato il 13/10/2022;
dei delitti di cui agli artt. 56-575, 416-bis.1, 648 e 421-bis cod. pen., 10, 1 14 legge n. 497 del 1974 (COGNOME e COGNOME), per aver compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di NOME COGNOME, esplodendo all’indirizzo dello stesso colpi di arma da fuoco, che lo attingevano alla gamba sinistra mentre si dava alla fuga, nonché per aver poi – esplodendo numerosi altri colpi di pistola all’impazzata, al fine di ulteriormente intimid COGNOME e, comunque, di creare panico neglli altri soggetti presenti, possibil testimoni di quanto accaduto – colpito al gluteo sinistro NOME, la quale camminava sul INDIRIZZO Napoli.
Tali reati sono stati ritenuti tutti aggravati, per esser stati commess avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., stante il metod mafioso adoperato nella perpetrazione delle diverse condotte, poste in essere con modalità evocative della forza intimidatrice tipica dell’agire mafioso, oltre ch realizzate al fine di avvantaggiare l’attività del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riferibile indagati, operante sul territorio napoletano cd. delle Case Nuove, in contrapposizione con il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riferibile ai COGNOME, pure attivo nell medesima zona.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen., per violazione o falsa applicazione degl artt. 23, terzo e quarto comma, legge n. 110 del 1975 e dell’art. 648 cod. pen., in riferimento agli artt. 273 e 292 cod. proc. pen., quanto ai capi A) e C) de provvisorio editto accusatorio, nonché vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per motivazione mancante e/o illogica, con riferiment alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza riguardo ai reati ascritti ai capi e C) della rubrica.
L’assunto dell’accusa si fonda su una presunzione, rappresentata dal fatto che NOME sia proprietario, o che fosse – all’epoca dei fatti – comunque usuario dell’abitazione ubicata in Napoli, alla INDIRIZZO, all’intern della quale sono stati trovati i soggetti seduti intorno a un tavolo, sul quale e riposta una pistola. Occorre richiamare, allora, il concetto giurisprudenziale d concorso di persone, nel delitto di illecita detenzione di armi. Nel caso di specie non ricorre né l’ipotesi del presunto compartecipe che abbia la disponibilità materiale dell’arma, né il caso di colui che – consapevole della presenza dell’arma, in una abitazione che condivide con il proprietario – nulla faccia per rimuovere la situazione di antigiuridicità, derivante dalla presenza dell’arma stessa. Nell concreta vicenda, infatti, la pistola era nel possesso degli altri soggetti present non di NOME COGNOME.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciato vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen., per violazione o falsa applicazion dell’art. 416-bis.1 cod. pen. nonché violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod proc. pen., per motivazione mancante o apparente, con riguardo alla asserita sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Sono state poste a fondamento della ritenuta sussistenza dell’aggravante mafiosa, impropriamente, le dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia che nulla potevano sapere, circa il preteso movente dell’azione. Le propalazioni di NOME COGNOME riguardano fatti temporalmente collocati nell’anno 2017, mentre quelle rese da NOME COGNOME concernono il 2018; tutto il narrato dei dichiaranti inerisce a vicende riferibili alla famiglia COGNOME genericamente inte e, segnatamente, a una azione intimidatoria compiuta, tempo addietro, nei confronti di esponenti del RAGIONE_SOCIALE.
2.3. Con il terzo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen., per violazione e falsa applicazione deg artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen., nonché violazione ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per motivazione mancante, illogica e contraddittoria, co riguardo all’asserita sussistenza delle esigenze cautelari, tanto sotto il profilo de attualità, quanto sul versante della adeguatezza. Mancano indic ioni concrete, a
supporto del ritenuto pericolo di reiterazione, incongruamente ritenuto salvaguardabile solo mediante la custodia carceraria, fondandosi tale decisione su affermazioni apodittiche, ovvero in contrasto con gli elementi emergenti dagli atti.
Ricorrono per cassazione NOME COGNOME e COGNOME NOME, con unico atto di impugnazione congiunto, a firma dell’AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi comuni, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
3.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen., per violazione o falsa applicazione degli 582 e 585 cod. pen., in riferimento al dettato degli artt. 273 e 292 cod. proc. pen. in relazione al capo E) del provvisorio editto accusatorio, nonché vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per motivazione mancante o apparente, con riguardo alla asserita impossibilità di qualificare il fatto sub E) ai sensi degli artt. 582 e 585 cod. pen.
Le emergenze investigative sono solo apparentemente atte a dimostrare la sussistenza dell’animus necandi, o almeno della volontà alternativa di ferire o uccidere. La valutazione in punto di qualificazione giuridica, dunque, è stata condotta secondo un’ottica fortemente atomistica e parcellizzata, tale da omettere la considerazione di alcuni elementi di fondamentale rilievo. La ricostruzione storica, in punto di identificazione degli autori dei delitti contestati, si sull’analisi dei video estrapolati dai sistemi di videosorveglianza e sugli esiti de intercettazioni ambientali. L’azione posta in essere in danno del COGNOME può integrare, al più, il delitto di lesioni volontarie gravi, dato che la vittima non è stata in pericolo di vita e nulla dimostra che il soggetto attivo fosse animato da u reale intento omicida.
Trattasi, in realtà, di una “gambizzazione”, come dimostra il fatto che la persona offesa sia stata attinta esclusivamente agli arti inferiori. Le complessive circostanze del fatto e la distanza minima che separava aggressore e vittima, poi, inducono a ritenere che – se davvero vi fosse stata la contestata volontà omicidiaria – l’esito sarebbe stato ben diverso, ossia sicuramente letale per la vittima.
3.2. Con il secondo motivo, viene denunciato vizio ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen., per violazione o falsa applicazione dell’art. bis.1 cod. pen. nonché violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per motivazione mancante o apparente, con riguardo alla asserita sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Sono state poste a fondamento della ritenuta sussistenza dell’aggravante mafiosa, impropriamente, le dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia che nulla potevano sapere, in ordine al preteso movente dell’azione. Le dichiarazioni del COGNOME riguardano fatti collocati temporalmente nell’anno 2017, mentre quelle rese dal COGNOME concernono il 2018; tutto il propalato inerisce a vicende riferibili alla famiglia COGNOME genericamente intesa e, segnatamente, a una azione intimidatoria compiuta nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
3.3. Con il terzo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. c) cod. proc. pen., per violazione e falsa applicazione degli 273, 274 e 275 cod. proc. pen., nonché vizio rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per motivazione mancante e/o illogica e contraddittoria, con riguardo alla asserita sussistenza delle esigenze di cautela, tanto sotto il profilo della attualità, quanto sul versante della adeguatezza.
Mancano indicazioni concrete, a supporto del ritenuto pericolo di reiterazione, che si è ritenuto di poter salvaguardare solo mediante l’applicazione della custodia carceraria, fondandosi tale decisione su affermazioni in contrasto con gli elementi emergenti dagli atti.
Ricorre per cassazione l’AVV_NOTAIO, con atto unico cumulativamente proposto nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, deducendo sette motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sens dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
4.1. Con il primo motivo viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per mancanza di motivazione quanto agli elementi inerenti alla gravità indiziaria per i reati sub A) e C), come contestati ad NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Quanto al concorso nella detenzione dell’arma, è emerso – a carico di COGNOME e di COGNOME – esclusivamente il dato della loro presenza, presso l’abitazione sita in Napoli alla INDIRIZZO, al cui interno si trovavano – al momento dell’irruzione compiuta dalle forze dell’ordine – sette persone, delle quali alcune sedute intorno a un tavolo, sul quale era appoggiata una pistola; altro elemento è rappresentato dal fatto che i coindagati abbiano adoperato, in data 17/01/2024, il medesimo motoveicolo utilizzato, in diverse occasioni, da COGNOME. Non si può dedurre, quindi, la sussistenza della ritenuta relazione di fatto con la res, da parte dei ricorrenti.
4.2. Con il secondo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., in ragione della erronea applicazione della legge penale sostanziale, con riferimento ai principi posti a sostegno dell’istituto d
concorso di persone, di cui all’art. 110 cod. pen., rilevati i dati fattuali e la condo attribuita a NOME COGNOME e ad COGNOME NOME, quanto alle contestazioni sub A) e C) della rubrica.
Con riferimento a COGNOME, non vi sono elementi gravi, precisi e concordanti, dai quali desumere la sua responsabilità, nella codetenzione della pistola trovata sul tavolo dell’abitazione, laddove erano contemporaneamente presenti altri sette soggetti pregiudicati. L’elemento del ritrovamento dell’arma resta privo di riscontri individualizzanti e, pertanto, non è idoneo a fondare l’emissione di una misura cautelare. Peraltro, nella informativa di polizia versata in atti, si espone come l’arma ritrovata presso l’abitazione di COGNOME sia quella presa da COGNOME dalla finestra di un “basso”, ubicato in Napoli alla INDIRIZZO, laddove risiede NOME COGNOME. Da tale dato, non riportato nell’ordinanza cautelare, si evince come la pistola sia stata condotta nell’abitazione da COGNOME.
A ciò si aggiunga il mancato ritrovamento, sull’arma stessa, di impronte dattiloscopiche riconducibili a COGNOME e a COGNOME. La mera presenza di questi ultimi all’interno dell’abitazione, dunque, non costituisce elemento da cui poter dedurre la sussistenza di una responsabilità concorsuale a loro carico.
4.3. Con il terzo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., deducendosi nullità dell’ordinanza impugnata, per omessa valutazione della memoria difensiva ex art. 121 cod. proc. pen., depositata in favore di NOME COGNOME all’udienza del 06/02/2024.
4.4. Con il quarto motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per manifesta illogicità della motivazione quanto ai reati sub A) e C) dell’imputazione, con riferimento a NOME COGNOME, rilevando il travisamento del dato processuale erroneamente ritenuto gravante sul ricorrente e la conseguente violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., avendo il decidente attribuito a NOME COGNOME, nonché posto a sostegno della ritenuta gravità indiziaria, elementi fattuali errati.
È erroneo ritenere che COGNOME avesse la disponibilità dell’appartamento ubicato in Napoli, alla INDIRIZZO, essendo egli invece residente – con il nucleo familiare – a Napoli, in INDIRIZZO, mentre nel primo appartamento risiede COGNOME. Trattasi di errore nella lettura degli atti processuali, che ha inficiato la complessiva considerazione della gravità indiziaria. I collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME riferiscono circa una presunta attività illecita posta in essere da NOME, unitamente al suocero NOME COGNOME e ai generi NOME, NOME NOME ed NOME COGNOME, in tempi molto risalenti. In realtà, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale del riesame, viene in rilievo – nel caso di specie – una mera connivenza.
4.5. Con il quinto motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. comma 1, lett. e) cod. proc. pen., per motivazione apparente quanto all’art cod. proc. pen., rilevata la assenza di gravi indizi di colpevolezza a ca COGNOME COGNOME COGNOMECOGNOME in riferimento ai reati loro contestati sub A) e C) della ru
Risulta del tutto illogica la ricostruzione operata dalle forze dell’ordine relativamente alle azioni asseritamente compiute dagli indagati, al momento dell’irruzione all’interno dell’appartamento in questione. Soggetti ritenut “pericolosi” avrebbero ben potuto affidare a COGNOME, datosi precedentemente alla fuga, entrambe le pistole presenti e non soltanto una; oppure avrebbero potuto, una volta accortisi in anticipo dell’arrivo degli operanti, occultare la pistola rest nell’appartamento.
4.6. Con il sesto motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., per motivazione apparente in ordine alla gravità indiziaria, relativamente al reato di tentato omicidio, quanto alle posizioni di NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME.
4.7. Con il settimo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale, quanto alla corretta qualificazione giuridica del reato ascritto sub E) della rubrica
Con riferimento al sesto e al settimo motivo, si sottolinea come – in ragione della compatibilità con i bossoli repertati in Napoli, alla INDIRIZZO INDIRIZZO e il COGNOME non siano stati feriti da alcuna delle pisto sequestrate nella notte del 18/01/2024, ossia quella rinvenuta nella disponibilità di COGNOME e quella che si trovava sul tavolo dell’abitazione. Il luogo de ritrovamento dei bossoli, inoltre, è distante da quello del ferimento di NOME COGNOME, per cui i proiettili avrebbero dovuto compiere una traiettoria semicircolare. Né la ricostruzione accusatoria è suffragata dal rinvenimento di tracce di polvere da sparo, sui vestiti indossati da COGNOME e da COGNOME.
Non è da escludere, allora, la possibilità di una ricostruzione fattuale alternativa, ossia che altri soggetti (al momento non identificati) si aggirasser armati nelle vie adiacenti e che essi – e non i ricorrenti ai quali ciò viene contesta – abbiano esploso colpi di arma da fuoco nella zona “Case Nuove”; e tale ricostruzione alternativa, in effetti, è suffragata dal fatto che diversi testi ha riferito di aver udito numerosi altri colpi di arma da fuoco nella medesima zona, tra le ore 18.00 e le ore 18.05 del 17/01/2024 (si vedano, in particolare, le dichiarazioni rese da NOME COGNOME e da NOME COGNOME).
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti
strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
5.1. Con il primo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 273 cod. proc. pen., oltre che per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione sul punto.
L’ordinanza impugnata si limita a riprodurre il contenuto del provvedimento cautelare in esecuzione. Viene valorizzato, dunque, il solo dato della presenza di COGNOME nel luogo del ritrovamento dell’arma, senza che sia stato nemmeno accertato il momento dell’inizio di tale presenza. L’errore commesso dal Tribunale del riesame, in sostanza, si annida nella omessa valutazione, circa il rapporto materiale di minima permanenza tra detentore e oggetto; né viene adeguatamente considerata l’insussistenza di un minimo apprezzabile di disponibilità dell’arma, da parte del COGNOME. Non viene operata, in pratica, una corretta distinzione fra i concetti di connivenza non punibile e di concorso nel reato; non basta il dato della mera conoscenza della presenza dell’arma, laddove non venga esplicitato il contributo causalmente efficiente specificamente ascrivibile al ricorrente.
Rilevano poi le intercettazioni effettuate, in altro procedimento penale, a carico dei fratelli COGNOME; è ben possibile che gli sparatori siano stati altri comunque, l’esplosione di quei colpi di arma da fuoco non è riconducibile a nessuna delle armi rinvenute all’interno dell’abitazione di INDIRIZZO. Comunque, tutte le risultanze investigative si limitano a collocare COGNOME vicino a un tavolo, sul quale era semplicemente appoggiata una pistola.
5.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 416-bis.1 cod. proc. pen., nonché per mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione sul punto.
L’ordinanza cautelare valorizza la modalità esecutiva del fatto, concretizzatosi in una “spedizione punitiva” in pieno centro cittadino, a volto scoperto e con esplosione – attraverso l’utilizzo di diverse armi – di almeno ottanta colpi, al fine di rimarcare la forza RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE. Anche la modalità di condivisione delle armi sarebbe indicativa della sussistenza del metodo mafioso. L’aggravante in parola, però, viene contestata in modo quasi immanente, nel contesto territoriale partenopeo.
Quanto accaduto, in realtà, non è opera degli indagati, come pacificamente evincibile dal fatto che il ferito NOME COGNOME non fosse solo, ma si trovasse quantomeno in compagnia dei fratelli NOME e NOME; gli esiti degli approfondimenti balistici, inoltre, hanno dimostrato l’assenza in loco di COGNOME,
rispetto al quale verrà registrato il transito in zona dell’autovettura solo dop diverse ore. Non sono disponibili immagini di quanto accaduto, stante la ripresa dei transiti dei soli COGNOME e COGNOME.
5.3. Con il terzo motivo, viene denunciato vizio rilevante ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 274 cod. proc. pen., oltre che per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione sul punto.
L’ordinanza impugnata, così come il titolo cautelare in vigore, si limita al richiamo ai precedenti penali del soggetto, desumendone la sussistenza del pericolo di reiterazione. Né la sola gravità del fatto può rappresentare, infine, elemento atto a rendere concreto il requisito della attualità delle esigenze cautelari.
Nel corso dell’odierna udienza, sono state depositate le rinunce alle rispettive impugnazioni, formulate da NOME COGNOME e NOME 3ennssi COGNOME.
Il Procuratore generale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità, quanto ai ricorsi di COGNOME e COGNOME ed ha chiesto il rigetto, con riferimento agli altri ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi di NOME COGNOME e NOME 3ennssi COGNOME sono da dichiarare inammissibili, stante la rinuncia alle impugnazioni formulata da entrambi gli interessati (trattasi dei motivi di ricorso enumerati – in parte narrati – sub 3., 4.6. e 4.7). Tale rinuncia è causa di inammissibilità dei ricorsi introdutt del presente procedimento, ai sensi dell’art. 591, lett. d), cod. proc. pen.; segue ex lege la condanna dei sopra detti ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al pagamento di una sanzione pecuniaria – che si reputa equo quantificare nella somma di euro cinquecento – in favore della Cassa delle ammende.
Le residue impugnazioni devono essere rigettate.
Sotto il profilo storico e oggettivo, giova precisare brevemente che stando alla ricostruzione sussunta nel provvedimento impugnato – COGNOME e COGNOME si rendevano protagonisti, nel pomeriggio del 17 gennaio 2024, dell’esplosione, nella pubblica via, di una grande quantità di colpi di arma da fuoco (risultano esplosi ben ottantuno proiettili); nel corso di tale eclatante azione, indagati attingevano tanto NOME COGNOME, loro avversario in attività di
natura illecita, quanto una ignara signora di nome NOME COGNOME, che semplicemente transitava al momento in zona (in pratica, sparando all’impazzata in tutte le direzioni, gli autori del gesto inevitabilmente colpivano a un gluteo una passante, così realizzando una ipotesi di aberratio ictus plurilesiva).
Da ciò le contestazioni – a carico dei due indagati sopra nominati – per violazione dell’art. 421-bis cod. pen. e per tentato omicidio. COGNOME e COGNOME venivano ripresi dalle videocamere armi in pugno, mentre transitavano – prima e dopo il ferimento – nelle immediate vicinanze del luogo teatro dei fatti. Secondo il provvedimento impugnato e l’ordinanza genetica, inoltre, milita a carico dei due indagati sopra nominati anche il contenuto di alcune captazioni telefoniche; nel corso di tali conversazioni intercettate il COGNOME, sostanzialmente, dichiarerebbe le identità dei feritori, a lui già noti.
Trascorse poche ore dal fatto sopra descritto, nel corso della notte, la polizia faceva irruzione in un appartamento ubicato in Napoli, alla INDIRIZZO, verso il quale si era indirizzata grazie alle rivelazioni di un fonte confidenziale; su un terrazzo attiguo all’appartamento stesso veniva sorpreso COGNOME, intento a dileguarsi, il quale, una volta bloccato, veniva trovato in possesso di una prima pistola. All’interno dell’abitazione, gli operanti rinvenivano altre sette persone, di cui alcune (gli altri odierni ricorrenti) trovavano sedute attorno a un tavolo, sul quale era appoggiata un’altra pistola RAGIONE_SOCIALEdestina con colpo in canna.
Da tali accadimenti originavano le contestazioni per porto e detenzione di arma e per ricettazione, con riferimento alla seconda pistola.
Posta tale base descrittiva e argomentativa del provvedimento impugnato, la disamina delle censure articolate deve essere compiuta seguendo il solco tracciato da diversi principi di diritto, così rapidamente riassumibili:
in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo alla veri della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.), oltre che delle esigenze cautelari (ex art. 274 cod. proc. pen.), deve riscontrare – entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione – la violazione d specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Essa, dunque, non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensì deve dirigersi a controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi
diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze analizzate (si vedano, sull’argomento, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 e le successive, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460).
Quanto ai limiti del sindacato consentito in sede di legittimità, quindi, è possibile richiamare il dictum di Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628, secondo cui: «In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito»;
b) occorre rifarsi, inoltre, alla regola di giudizio secondo la quale: «In tema d procedimento di riesame di misure cautelari personali, sussiste l’obbligo del tribunale di esaminare compiutamente ogni censura difensiva sollevata all’udienza ex art. 309 cod. proc. pen., con la conseguenza che è da ritenersi affetta da vizio di motivazione l’ordinanza che, a fronte di un’eccezione ritualmente proposta, non contenga una compiuta disamina della stessa» (Sez. 4, n. 21374 del 11/06/2020, Davis, Rv. 279297).
Pare utile, allora, precisare quale sia la relazione intercorrente, fra l deduzioni difensive svolte in sede di riesame e la motivazione che il Tribunale è tenuto a fornire in ordine ai temi posti dalla difesa stessa, ribadendosi come l’obbligo di motivazione possa reputarsi adempiuto anche nel caso in cui il provvedimento emesso dal Tribunale del riesame effettui un rinvio per relationem alle argomentazioni contenute nel provvedimento genetico, rinvio che sia incastonato in una più ampia valutazione, atta a contrastare – anche per implicito – le deduzioni difensive. Il tutto postula, però, che le questioni poste dalla difes non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, non potendo, in tal caso, la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate.
All’esito del riesame dell’ordinanza applicativa di una misura cautelare, è legittima la motivazione che richiami (o riproduca) le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, ove siano mancate specifiche deduzioni difensive, formulate con l’istanza originaria o con successiva memoria, ovvero articolate oralmente in udienza, tali da rendere funzionalmente inadeguata la relatio su cui il richiamo si è basato (Sez. 1, n. 8676 del 15/01/2018, Falduto, Rv. 272628; Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265765). In questa prospettiva, si può ritenere senz’altro legittima la riproposizione anchei parti de
provvedimento applicativo nell’ordinanza resa all’esito del riesame; a patto, però, che tale tecnica espositiva sia affiancata dalla dovuta analisi dei contenuti e dall’esplicitazione delle ragioni alla base del convincimento espresso in sede decisoria (Sez. 2, n. 13604 del 28/10/2020, dep. 2021, Torcasio, Rv. 281127).
Vero, in sostanza, che è pienamente consentita la motivazione per relationem, rispetto all’ordinanza impugnata, ma a patto che l’ordinanza del Tribunale del riesame contenga una motivazione che dimostri un vaglio critico e che non si risolva quindi nel mero richiamo alle argomentazioni svolte nel provvedimento restrittivo della libertà personale, omettendo la valutazione delle doglianze contenute nella richiesta di riesame (Sez. 6, n. 9752 del 29/01/2014, Ferrante, Rv. 259111). E nemmeno è consentito – sempre in tema di misure cautelari personali – assolvere all’obbligo di offrire un adeguato e congruo apparato motivazionale (sia dell’ordinanza applicativa di misure coercitive, sia di quella di conferma in sede di riesame), attraverso la mera riedizione del compendio raccolto in sede di indagini preliminari, facendo affidamento sul requisito dell’autoevidenza dello stesso (Sez. 6, n. 27928 del 14/06/2013, Ferrara, Rv. 256262).
Presentano una matrice comune e ben si prestano, quindi, ad una agevole trattazione unitaria:
il primo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME, presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
il primo, il secondo, il quarto e il quinto motivo, tutti formulati nel ricorso, a f dell’AVV_NOTAIO, presentato nell’interesse parimenti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME;
il primo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME, presentato nell’interesse di NOME COGNOME.
Trattasi dei motivi rispettivamente enumerati, in parte narrativa, sub 2.1., 4.1., 4.2., 4.4., 4.5. e 5.1.
La doglianza attiene al tema della riconducibilità soggettiva della detenzione della pistola che – al momento dell’irruzione della Polizia all’interno dell’appartamento sopra già indicato – si trovava collocata sul tavolo, intorno al quale sedevano gli indagati; la ritenuta sussistenza di una ipotesi di concorso di persone nel reato, infatti, viene accanitamente confutata dalle difese di tutti i sopra menzionati ricorrenti, con argomentazioni tra loro praticamente sovrapponibili.
4.1. Va anzitutto evidenziato come le censure difensive si sviluppino sul piano del fatto, essendo esse volte a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugnato provvedi,mento,
più che a rilevare la sussistenza di un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 cod. proc. pen. Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce radicalmente dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità.
Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi dì fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, asseritamente da preferirsi a quelli adottati dal giudice del merito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
Non può avere seguito, quindi, alcuna censura che tenda a proporre uno sviluppo dinamico degli avvenimenti diverso, rispetto alla ricostruzione storica e oggettiva sussunta nell’impugnato provvedimento, con riferimento, in particolare, alle fasi del ritrovamento della pistola, durante l’irruzione degli operanti e al posizionamento degli indagati nell’ambiente. D’altronde, alcun vizio logico argomentativo è ravvisabile nella motivazione sviluppata dal Tribunale del riesame, che si dipana, anzi, in maniera del tutto puntuale e coerente.
4.2. Giova poi ricordare che la nozione di “detenzione” implica una relazione stabile del soggetto con la res e, dunque, la sussistenza di un “minimo apprezzabile” di autonoma disponibilità del bene, da parte dell’agente (Sez. 1, n. 42886 del 20/12/2017, dep. 2018, rv. 274380; Sez. 1, n. 16992 del 12/12/2014, dep. 2015, COGNOME, rv. 263311; Sez. F. n. 33609 del 30/08/2012, COGNOME, rv 253425).
4.2.1. Nel concorso di persone nel reato, però, in vista della possibilità di affermare la penale responsabilità dei singoli concorrenti, i singoli segmenti dell’azione complessiva, a ciascuno di essi riferibili, perdono la loro individualità ontologica, per andarsi a integrare fra loro in un più ampio mosaico, così componendo un fatto storico che – quanto al versante psicologico, nonché con riferimento al profilo fenomenico e strutturale – presenta un connotato di unitarietà ed è, per tale ragione paritariamente ascrivibile a tutti e a ciascuno dei partecipanti.
Ne consegue che – in tema di concorso di persone in materia di armi – la volontà comune degli imputati di detenere e portare la stessa non può essere esclusa tacciando di ambiguità, ovvero di insufficiente attitudine evocativa, elementi al contrario dotati di obiettivo rilievo probatorio e di univoca significazione
(si veda il principio di diritto, risalente ma mai rivisitato, fissato da Sez. 1, n. 254 del 05/11/1985, dep. 1986, Schenone, Rv. 172270 e da Sez. 1, n. 12916 del 01/07/1980, Giudice, rv. 146999; si ricorda poi che – in una fattispecie del tutto sovrapponibile, rispetto a quella ora sottoposta al vaglio di questo Collegio, la giurisprudenza di legittimità ha espresso il seguente orientamento: «La collocazione di un oggetto, e quindi anche di un’arma, all’interno di un’abitazione in una posizione che lo renda percepibile a tutti gli occupanti dell’alloggio, porta necessariamente a concludere che ciascuno di essi ha consapevolezza della presenza dell’oggetto» (Sez. 1, n. 233 del 21/01/1993, Primerano, Rv. 193248); si veda anche, più di recente, il dictum di Sez. 1, n. 12308 del 14/02/2020, Surace, rv. 278698, che ha così statuito: «Integra un’ipotesi di concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di armi la condotta di chi, consapevole della presenza di esse nell’abitazione che condivide con il loro proprietario, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, manifestando, con un comportamento finalizzato a protrarne gli effetti, una chiara connivenza con il predetto e pertanto dimostrando di trovarsi in una situazione di fatto tale da poter, comunque, in qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi»)
4.2.2. E il provvedimento impugnato, rifuggendo dalla visione atomistica e parcellizzata prospettata dalla difesa, valorizza proprio il contesto complessivo, nel quale si collocano gli accadimenti per i quali si procede.
Si sottolinea, infatti, trattarsi di persone tra loro legate da vincoli di affini parentela e frequentazione (anche in campo delinquenziale), che vengono trovate tutte riunite in piena notte, all’interno di un appartamento del quale almeno uno di essi ha la disponibilità; e ciò avviene dopo che alcuni degli indagati avevano posto in essere una clamorosa azione intimidatoria e un tentato omicidio. A fronte dei già manifestati – oltre che chiarissimi e ampiamente prevedibili – propositi di vendetta nutriti dai COGNOME, è allora del tutto coerente ritenere, come concordemente fanno l’ordinanza genetica e il provvedimento impugnato, che la riunione notturna fosse precipuamente volta ad assicurarsi reciproca protezione, in previsione di sicure ritorsioni da parte degli avversari.
4.3. La motivazione adottata dal Tribunale del riesame, in punto di riconducibilità soggettiva della condotta, è dunque completa e puntuale, oltre che priva del pur minimo spunto di contraddittorietà, logica o infratestuale; come tale, essa merita di restare al riparo da qualsivoglia stigma, nella sede di legittimità.
Con il secondo motivo dell’atto di impugnazione a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME, formulato nell’interesse di NOME COGNOME e con il secondo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME, proposto nell’interesse di NOME COGNOME, viene posto il tema inerente alla sussistenza della dontestata
aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen. (motivi rispettivamente enumerati, in parte narrativa, sub 2.2. e 5.2.).
5.1. Circa tale aspetto – di certo deducibile in sede di legittimità, stante la portata degli effetti correlati, anche nel subprocedimento cautelare, al riconoscimento di tale aggravante a effetto speciale – vanno operate talune premesse.
Il particolare incremento sanzionatorio, previsto in relazione a tale forma di manifestazione del reato, pone l’interprete nella necessità di individuare non tanto il fondamento politico-RAGIONE_SOCIALE della scelta legislativa (compito che può definirsi solo di ausilio nell’opera applicativa), quanto la concreta dimensione fenomenica delle condotte descritte nella norma, allo scopo di evitare la maggior punizione di condotte in realtà estranee al modello tipizzato, oppure già altrove incriminate. Sul punto, è ormai pacifica la considerazione della esistenza nell’ambito della disposizione normativa in parola – di una duplice «direzione» dei contenuti precettivi, nel senso che:
da un lato si valorizza – in senso negativo – una particolare modalità commissiva del delitto, rappresentata dall’essersi gli agenti avvalsi delle condizioni di cui all’art. 416-bis cod. pen. Tali condizioni, per dettato normativo, sono rappresentate dalla forza di intimidazione del vincolo associativo e dalla condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva tra i consociati.
Si è ritenuto, sul punto che tale ‘corno’ dell’aggravante incrimini essenzialmente le condotte degli associati, espressive in concreto di una maggior valenza intimidatoria, o anche dei soggetti non associati (o comunque del cui inserimento nel RAGIONE_SOCIALE non vi sia prova, si veda Sez. 1 n. 33245 del 09/05/2013, COGNOME, rv 256990 nonché Sez. 2 n. 38094 del 05/06/2013, COGNOME, rv 257065) laddove venga espressamente evocata – o comunque, sfruttata in modo evidente, quale fattore di semplificazione della condotta illecita (per la correlata riduzione dei poteri di reazione della vittima) – la capacità intimidatoria di un RAGIONE_SOCIALE criminoso. In particolare, si è condivisibilmente affermato che, per ritenere integrata la fattispecie in parola (l’avvalersi delle condizioni) non è sufficiente mero collegamento con contesti di criminalità organizzata, o la mera ‘caratura mafiosa’ degli autori del fatto, occorrendo invece l’effettivo utilizzo del metodo mafioso e, dunque, l’impiego della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo (in tal senso, tra le altre, Sez. 2 n. 28861 del 14/06/2013, COGNOME, rv 256740 e Sez. 6 n. 27666 del 04/07/2011,COGNOME, rv 250357; ritiene tuttavia possibile l’utilizzo implicito della forza di intimidazione Sez. 2 n. 37516 de 11/06/2013, COGNOME, rv 256659);
– dall’altro lato la previsione di legge incrementa la connotazione di gravità della condotta, laddove la stessa sia stata commessa al fine di agevolare l’atti ità
associazioni previste nel medesimo art. 416-bis cod. pen. Si richiede, pertanto, sia una particolare consistenza e direzione dell’elemento volitivo (cosciente e univoca finalizzazione agevolatrice de/sodalizio, come ritenuto da Sez. 6, n. 31437 del 12/07/2012, Messina, rv. 253218) che una concreta strumentalità del reato commesso rispetto alle finalità perseguite dal RAGIONE_SOCIALE criminoso di riferimento (che in tal caso deve essere individuato, secondo quanto precisato da Sez. 2, n. 41003 del 20/09/2013, Bianco, rv 257240). L’aggravante della c.d. modalità mafiosa prescinde dalla consapevolezza o meno di agevolare un’associazione o un RAGIONE_SOCIALE e anzi neanche presuppone che l’associazione in effetti esista (Sez. 2, n. 36431 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277033; Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276109). In questo caso, l’aggravante ha natura oggettiva e sussiste per il solo fatto che l’agente abbia fatto ricorso a modalità riferibili alla criminalit organizzata. Modalità che, anche per il contesto sociale e geografico nel quale si collocano i fatti, occorre che sia significativa di un modo di agire e operare che è tipico delle associazioni mafiose e, per la riferibilità ad affiliati, abbia una for intimidatoria eccezionale, ossia proprio ciò che l’aggravante ha lo scopo di sanzionare.
5.2. Nella concreta fattispecie, l’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen. è contestata secondo la sua duplice declinazione, del metodo e della finalità.
5.2.1. Quanto al primo profilo, colgono nel segno le osservazioni difensive, volte a dimostrare come la modalità di condivisione delle armi non possa essere reputata sintomatica dell’esistenza di un metodo di tipo mafioso.
Non vi è chi non rilevi, del resto, come l’ordinanza impugnata delinei i contorni della modalità mafiosa esclusivamente con riferimento all’azione intimidatoria, condotta attraverso l’esplosione di una grande quantità di colpi di arma da fuoco in strada, oltre che culminata nel tentato omicidio perpetrato in danno di NOME COGNOME. Venendo in rilievo una dinamica attuativa connotata da una ostentata platealità, essa sarebbe atta ad evocare il terrore non solo nelle vittime, ma anche in tutti i presenti e residenti della zona, così da affermare e incrementare la presenza sul territorio del sodalizio di riferimento, secondo logiche e tecniche di insediamento e controllo territoriale tipicamente adoperate dalle organizzazioni di stampo mafioso.
Tali affermazioni, intimamente connesse ai reati ex art. 421 -bis e 56-575 cod. pen., non si sposano – né sotto il profilo concettuale, né quanto alla stretta materialità dei fatti – con le residue contestazioni sub A) e C), attinenti alla detenzione e alla ricettazione della pistola Beretta TARGA_VEICOLO, da considerarsi RAGIONE_SOCIALEdestina perché recante matricola abrasa.
praticamente silente. Del resto, la stessa ordinanza impugnata è, sul punto specifico,
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5.2.2. Correttamente contestata e ritenuta è, al contrario, la circostanza in esame, per quanto attiene alla sussistenza della finalità di avvantaggiare l’associazione camorristica di riferimento; tale versante della sopra detta forma di manifestazione del reato si è concretizzato – stando a quanto ritenuto nell’avversata ordinanza – in ragione del fine di apportare un vantaggio all’attività del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE al quale gli indagati si richiamano, attivo in Napoli nella zona cd. delle Case Nuove, in contrapposizione con il RAGIONE_SOCIALE, operante nel medesimo territorio.
Il Tribunale del riesame, mutuando quanto sussunto nell’ordinanza genetica, ha dunque richiamato le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali hanno delineato la riferibilità alla famiglia COGNOME (ossia al padre NOME, ai fratelli NOME, NOME ed NOME, oltre che al cognato NOME COGNOME) della gestione della piazza di spaccio ubicata nella locale INDIRIZZO Mercato, approvvigionata dal RAGIONE_SOCIALE COGNOME, richiamando, altresì, una azione ritorsiva posta in essere in danno del RAGIONE_SOCIALE. Saldando tali dichiarazioni con il dato oggettivo, rappresentato dalle intervenute condanne – per fatti attinenti alle sostanze stupefacenti – in danno di NOME e NOME COGNOME, il provvedimento impugnato ha ricondotto le vicende per le quali si procede ad una situazione di aspra contesa fra gruppi camorristici, impegnati a contendersi violentemente il controllo del territorio e, correlativamente, la gestione dei traffici di droga ivi radicati.
A fronte di tali argomentazioni, la difesa dipana – quanto alla ritenuta sussistenza dell’aggravante mafiosa, nella sua declinazione soggettiva, ossia quale finalità di avvantaggiare – una critica di natura aspecifica e reiterativa. L deduzione, in sostanza, si arresta allo stadio della enunciazione tautologica, la insussistenza dell’aggravante; l’argomento, infatti, non viene colmato d un apprezzabile substrato contenutistico. Ad ogni modo, la motivazione adottata dal Tribunale del riesame pare – in ordine a tale profilo – lineare e convincente, nel ritenere invece sussistente la contestata aggravante mafiosa.
Dalla motivazione sopra riassunta non emergono, infatti, aspetti di contraddittorietà, apparendo essa priva di fratture narrative o incoerenze e tale, quindi, da resistere a ogni critica formulabile nel corso del giudizio di cassazione.
Possono essere affrontate congiuntamente le tematiche poste dal terzo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME, presentato nell’interesse di NOME COGNOME e dal terzo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO COGNOME, presentato nell’interesse di NOME COGNOME (motivi rispettivamente enumerati, in parte narrativa, sub 2.3. e 5.3.).
(
La doglianza è incentrata sulla contestazione della ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, per essere l’avversato provvedimento – in ipotesi difensiva – pedissequamente ripetitivo dell’ordinanza genetica, oltre che esclusivamente fondato sulla valorizzazione del vissuto RAGIONE_SOCIALE degli indagati e della gravità del fatto. Resterebbe carente, così, l’emersione di elementi genuinamente atti a evidenziare un concreto pericolo di reiterazione di condotte di omogenea natura.
6.1. Giova allora premettere un sintetico richiamo al consolidato insegnamento di questa Corte secondo cui – in tema di misure cautelari personali – il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza delle esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628); in sede di giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione; sicché il controllo di logicità deve rimanere all’interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente i procediment “de libertate”, a una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari (Sez. U, n. 19 del 25/10/1994, COGNOME, Rv. 199391; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244; Sez. 1, n. 1083 del 20/02/1998, COGNOME, Rv. 210019).
In ordine ai profili di attualità e concretezza delle esigenze cautelari, infa deve rilevarsi che, ai fini della valutazione del pericolo che l’imputato commetta ulteriori reati della stessa specie, il requisito della “concretezza”, cui si rich l’art. 274, comma primo, lett. c), cod. proc. pen., riguarda l’indicazione di element non meramente congetturali sulla base dei quali possa affermarsi che l’imputato, verificandosi l’occasione, possa facilmente commettere reati che offendono lo stesso bene giuridico di quello per cui si procede (Sez. 3, n. 49318 del 27/10/2015, COGNOME, Rv. 265623). Con riferimento al requisito dell’attualità, pare sufficiente rifarsi all’orientamento espresso da Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 282891, a mente della quale: «In tema di misure cautelari personali, il requisito dell’attualità del pericolo previsto dall’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. p non è equiparabile all’imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un’analisi accurata de
fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale, la quale deve essere tanto più approfondita quanto maggiore sia la distanza temporale dai fatti, ma non anche la previsione di specifiche occasioni di recidivanza» (cfr. Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282991; Sez. 2, n. 6593 del 25/01/2022, COGNOME, Rv. 282767; Sez. 5, n. 1154 del 11/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282769).
6.2. Tanto chiarito, al fine di delineare il contesto dogmatico entro cui si colloca la dedotta tematica, può precisarsi come la decisione impugnata non meriti – nella sede di legittimità – alcuna censura.
La motivazione adottata dal Tribunale del riesame, infatti, deve essere collegata alla articolata e convincente struttura argomentatíva dell’ordinanza genetica, laddove erano stati adeguatamente analizzati gli aspetti inerenti al pericolo concreto di reiterazione di condotte delinquenziali di analoga natura, nonché i relativi profili dell’attualità e della concretezza. Il provvediment impugnato, muovendosi secondo la medesima linea interpretativa, valorizza la notevole gravità della allarmante condotta serbata dagli indagati, altresì sottolineando l’adesione degli stessi ad un pericoloso contesto RAGIONE_SOCIALE dì stampo camorristico, del quale essi hanno mostrato di accettare e condividere convintamente logiche e modalità operative.
E dunque, il Tribunale del riesame, ribadendo il giudizio dì sussistenza delle già ravvisate esigenze cautelari, ha fatto esplicito riferimento – oltre che all gravità dei fatti sopra sintetizzati, in ordine ai quali i ricorrenti risu gravemente indiziati – anche al complessivo contesto RAGIONE_SOCIALE, all’interno del quale essi risultano inseriti, nonché al loro pregresso coinvolgimento in dinamiche di natura RAGIONE_SOCIALE.
6.3. Si è in presenza, in sostanza, di un apparato argomentativo privo di vizi logici e, pertanto, resistente a qualsiasi censura in questa sede. Per contrastare tale motivazione esaustiva e lineare, del resto, la difesa si limita a spendere argomenti di tipo eminentemente fattuale e contestativo.
Con il terzo motivo del ricorso a firma dell’AVV_NOTAIO, presentato nell’interesse di NOME COGNOME, la difesa si duole del mancato esame della memoria depositata in data 06/02/2024, deducendone la nullità dell’avversato provvedimento (motivo enumerato, in parte narrativa, sub 4.3.).
7.1. Questa Corte ha ripetutamente chiarito, però, come il giudice dell’impugnazione sia in effetti tenuto a dialogare con le deduzioni difensive, nonché a tenerne specificamente conto, nella redazione della motivazione della decisione. Sotto tale profilo, pertanto, è astrattamente esatto affern)are come
l’omessa considerazione degli elementi indicati, nonché degli argomenti contenuti nell’atto di impugnazione, ovvero in una memoria difensiva, determini un vizio di motivazione deducibile in cassazione (fra tante, si veda Sez. 3, n. 36688 del 06/06/2019, COGNOME, Rv. 277667).
Al fine della verifica della concreta sussistenza di tale patologia del provvedimento, nondimeno, si deve fare riferimento al criterio decisorio che è tipico della fase processuale, nonché alla decisività dei temi di valutazione e conoscenza introdotti dalla difesa, che devono appunto essere tali da risultare idonei a destrutturare la conclusione cui il giudice è pervenuto, proprio sulla base del parametro probatorio applicato (Sez. 2, n. 38834 del 07/06/2019, Forzini, Rv. 277220). L’onere che il giudice ha di confrontarsi con gli argomenti della difesa, infatti, non può non risentire della specificità del criterio decisorio, oltre che canoni valutativi ai quali è doveroso attenersi. Ciò anche perché il giudice del controllo non è tenuto a prendere in considerazione ogni argomentazione proposta dalle parti, essendo sufficiente che, in sede di motivazione, indichi le ragioni che sorreggono la decisione adottata, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, tanto che l’ipotizzabilità di una diversa valutazione delle medesime risultanze processuali non costituisce vizio di motivazione, valutabile in sede di legittimità (così Sez. 1, n. 6128 del 07/11/2013, dep. 2014, Mancuso, Rv. 259170 e Sez. 5, n. 7588 del 06/05/1999, Duri, Rv 213630).
7.2. Nel caso di specie, la difesa ha mancato di esplicitare nel ricorso – in modo specifico e puntuale – le ragioni delle critiche mosse alla impugnata ordinanza, nonché gli specifici profili della memoria difensiva ignorata, asseritamente contenenti argomentazioni dirimenti e atte a modificare il convincimento del Tribunale del riesame.
In ipotesi difensiva, infatti, la decisività dell’omesso esame si dovrebbe rinvenire esclusivamente nel non esser stato valutato l’errore, contenuto nel provvedimento restrittivo della libertà personale, inerente alla dichiarazione spontanea resa nel corso dell’udienza di convalida da NOME COGNOME. Questi infatti, sottolinea la difesa, non avrebbe mai riferito che – al momento dell’irruzion delle forze dell’ordine – i presenti stessero giocando a carte, bensì che egli si fosse recato colà “per giocare a carte e mangiare un panino”. Non vi è chi non rilevi come tale deduzione, in realtà, non riesca a oltrepassare la soglia della mera confutazione assertiva e generica, palesemente inadatta a disarticolare la struttura argomentativa, congrua e coerente, dell’ordinanza impugnata.
Alla luce delle considerazioni che precedono, vengono dichiarati inammissibili in ricorsi di NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME (seguono a tale declaratoria i già esplicitati provvedimenti conseguenti), mentre vengono
rigettati i ricorsi di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; segue ex lege la condanna dei tre ricorrenti da ultimo nominati al pagamento delle spese processuali. Non comportando – la presente decisione – la rimessione in libertà dei ricorrenti, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’ar 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME e COGNOME NOME 3ennssi che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro cinquecento in favore della Cassa delle ammende. Rigetta i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 05 giugno 2024.