Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12380 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12380 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PIETRAPERZIA il 06/09/1965 avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del Tribunale di Caltanissetta udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Udito il PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso. Udito il difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 ottobre 2024 il Tribunale del riesame di Caltanissetta ha confermato l’ordinanza cautelare di applicazione della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta il 24 agosto 2024, in relazione ai reati di detenzione di armi comuni da sparo, armi da guerra, armi clandestine (capi 2, 5 e 6), e ricettazione di armi comuni da sparo ed armi clandestine (capo 10), tutti commessi in concorso con il marito NOME COGNOME, reati aggravati ai sensi dell’art. 416- bis.1 cod. pen.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’indagata, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi, di seguito esposti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Con il primo motivo deduce violazione di legge perchØ la misura Ł stata applicata in modo generico per tutti i reati contestati, tra i quali figurano anche due contravvenzioni di cui all’art. 697 cod. pen. (capi 3 e 4), che non consentono l’applicazione della misura.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza del reato di ricettazione (capo 10), in quanto manca la motivazione su tale reato; inoltre, a carico della ricorrente Ł stato provato soltanto che le armi descritte nel capo di imputazione per ricettazione sono state detenute tra la fine di ottobre del 2023 fino al 25 gennaio 2024, ma non vi Ł prova che le stesse fossero detenute già dal marzo 2019, nØ che le stesse fossero di pertinenza della famiglia mafiosa; peraltro, non si comprende neanche quale sia la condotta concorsuale tenuta dalla ricorrente, posto che il reato di ricettazione Ł istantaneo e può essere stato commesso dal solo marito; la circostanza che sia stata esclusa la gravità indiziaria a
carico della ricorrente per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso non può non rifluire in senso positivo sulla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza della ricettazione.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza dei reati di detenzione di armi (capi 2, 5 e 6), in quanto la condotta materiale di detenzione Ł stata effettuata dal marito NOME COGNOME le condotte poste dalla ricorrente dovevano essere considerate un mero aiuto al marito finalizzato ad eludere le investigazioni dell’autorità per il reato di ricettazione che questi aveva commesso, ed, in quanto tali, andavano sussunte sotto la norma incriminatrice dell’art. 378 cod. pen., e scriminate ex art. 384 cod. pen., in quanto l’aiuto era stato fornito ad un proprio familiare.
Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta esistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., che Ł stata ricavata nell’ordinanza impugnata soltanto dalla consapevolezza della ricorrente di detenere le armi per conto di terzi, ma l’ordinanza omette di valutare che l’accertata assenza di contatti tra il marito della ricorrente con soggetti estranei all’ambito familiare eventualmente collocabili nella organizzazione mafiosa esclude che la ricorrente possa aver tratto implicita conferma che la detenzione delle armi fosse funzionale al raggiungimento degli scopi associativi, nŁ tale consapevolezza può essere ricavata dalla circostanza che il marito fosse stato condannato in passato per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa.
Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione delle esigenze cautelari, in quanto l’avvenuto arresto del marito fa cessare l’attualità delle esigenze cautelari, atteso che nella stessa ipotesi accusatoria la ricorrente ha solo il ruolo di aver contribuito all’attività illecita del marito, ruolo che pertanto Ł venuto meno nel momento in cui il marito Ł stato arrestato.
3. La difesa dell’indagata ha chiesto la discussione orale.
Con requisitoria orale il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato con riferimento al reato di ricettazione, infondato per il resto.
1. Il primo motivo Ł inammissibile.
L’ordinanza del Tribunale di riesame, in realtà, non cita in alcun modo i reati dei capi nn. 3 e 4. Non li cita nell’intestazione, non ne parla in alcun modo nella motivazione, non dedica ad essi alcun capo del dispositivo.
Ne consegue che, con riferimento ai reati contravvenzionali di cui all’art. 697 cod. pen., il motivo di ricorso presentato Ł inammissibile, in quanto inconferente con il contenuto del provvedimento impugnato.
2. Il secondo motivo Ł fondato.
Nell’ordinanza impugnata non c’Ł nessuna motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato di ricettazione.
Il Tribunale del riesame riporta nella intestazione dell’ordinanza il riferimento al reato di ricettazione come uno di quelli per cui Ł stata applicata la misura, descrive poi nella prima parte dell’ordinanza il percorso argomentativo dell’ordinanza genetica ed indica i motivi per i quali il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza anche per il reato di ricettazione.
Però, nella parte successiva dell’ordinanza, quella dedicata alle valutazioni del Tribunale del riesame sui reati per cui Ł stata inflitta misura e sui motivi di riesame, manca del tutto una rivalutazione del Tribunale sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza per tale reato.
In tale parte l’ordinanza, infatti, affronta prima la sussistenza dei gravi indizi per i reati di detenzione di armi (capi 2, 5 e 6), poi si dedica alla contestazione di partecipazione ad associazione a delinquere di tipo mafioso (capo 1), e poi passa a trattare delle aggravanti, ed infine delle esigenze cautelari. In essa non si rinviene, pertanto, alcun argomento a sostegno della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza della ricettazione nei confronti dell’indagata, neanche per relationem alla motivazione dell’ordinanza genetica (nei limiti in cui tale tecnica redazionale Ł ammessa per i provvedimenti del Tribunale del riesame, v. sul punto Sez. 6, n. 566 del 29/10/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265765 – 01).
Ne consegue che su tale reato la motivazione deve ritenersi assente (Sez. 1, n. 8518 del 10/09/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280603 – 01), e che l’ordinanza impugnata deve essere su tale punto annullata con rinvio per nuovo giudizio.
Il terzo motivo, dedicato alla parte dell’ordinanza che ricostruisce l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i reati in materia di detenzione di armi, Ł infondato.
Il ricorso deduce, in particolare, che la condotta tenuta dalla ricorrente si sarebbe risolta in un mero concorso morale.
L’argomento Ł inammissibile per mancanza di specificità (Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 0 8 / 0 1 / 2 0 1 9 , Del l e COGNOME, Rv. 2 7 6 9 1 6 , n o n c h Ø , i n moti v a z i o n e , Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823), perchØ non si confronta con il percorso logico dell’ordinanza impugnata che attribuisce alla ricorrente non un concorso morale, ma concreti comportamenti materiali di individuazione dei luoghi in cui occultare le armi, sorveglianza degli stessi, pianificazioni dei comportamenti da tenere per evitare che esse fossero trovate.
Il ricorso deduce che le condotte poste dalla ricorrente avrebbero dovuto essere considerate un mero aiuto al marito finalizzato ad eludere le investigazioni dell’autorità, sussumibile sotto gli schemi del favoreggiamento, e scriminato ex art. 384 cod. pen., ma l’argomento Ł infondato, perchØ la norma penale sul favoreggiamento personale di cui all’art. 378 cod. pen. contiene al suo interno una clausola di riserva (‘fuori dai casi di concorso nel reato’) che ne esclude l’applicazione quando, come nel caso in esame, Ł ritenuta la sussistenza del concorso nel reato presupposto.
Ed il concorso della ricorrente nel reato presupposto di detenzione (contestato a vario titolo nei capi n. 2, 6, 10) Ł stato ritenuto nella ordinanza impugnata in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, che afferma che ‘la mera coabitazione con l’illegittimo detentore dell’arma non Ł sufficiente a configurare un concorso nella detenzione abusiva. Fattispecie in cui la Corte ha escluso la responsabilità della moglie per il reato di detenzione abusiva di armi da parte del marito reputando non desumibile la condotta di codetenzione dalla semplice conoscenza della presenza dell’arma nell’abitazione)’ (Sez. 1, Sentenza n. 31171 del 02/04/2021, COGNOME, Rv. 281645), ma che, però, ritiene che ‘integra un’ipotesi di concorso di persone nel delitto di illecita detenzione di armi la condotta di chi, consapevole della presenza di esse nell’abitazione che condivide con il loro proprietario, nulla faccia per rimuovere tale situazione antigiuridica, manifestando, con un comportamento finalizzato a protrarne gli effetti, una chiara connivenza con il predetto e pertanto dimostrando di trovarsi in una situazione di fatto tale da poter, comunque, in qualsiasi momento, disporre anche autonomamente delle armi. Nella fattispecie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputata, convivente di un soggetto pregiudicato ristretto agli arresti domiciliari, la quale, nel corso di una perquisizione, invitata dagli
operanti ad allontanarsi dal divano sul quale si era accomodata, aveva cercato di nascondere un’arma clandestina che si trovava occultata sotto il cuscino su cui era seduta) (Sez. 1, Sentenza n. 12308 del 14/02/2020, Surace, Rv. 278698).
Nel caso in esame, vi Ł molto di piø dei comportamenti che pure sono stati ritenuti concorso in detenzione dalla sentenza COGNOME, perchØ la ricorrente non solo non ha rimosso la situazione antigiuridica, ma, come detto, ha aiutato il coniuge nell’individuazione dei luoghi ove occultare le armi, ha vigilato sulla presenza di estranei nei pressi dell’abitazione, ha partecipato ai processi decisionali relativi alla custodia delle armi.
Ne consegue che sul punto il ricorso Ł infondato.
Il quarto motivo, dedicato all’aggravante dell’agevolazione mafiosa, Ł infondato.
L’ordinanza impugnata ricostruisce la sussistenza dell’aggravante dell’art. 416-bis.1 cod. pen. sulla base di due argomenti tra di loro concatenati sul piano logico, la consapevolezza da parte della ricorrente della detenzione di armi nell’interesse di terzi (‘chilli’) e la consapevolezza da parte della ricorrente dell’inserimento del marito all’interno della struttura criminale organizzata.
Il ricorso deduce che questo secondo passaggio sarebbe illogico, perchØ tale consapevolezza non può essere ricavata soltanto dalla circostanza che il marito fosse stato condannato in passato per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa, nØ risulta che la ricorrente avesse conoscenza di contatti attuali tra il marito e l’organizzazione criminale.
L’argomento Ł infondato. La tipologia (anche armi da guerra) e quantità (un arsenale) di armi detenute dalla ricorrente e dal marito Ł tale da rendere logicamente sostenibile, anche in assenza di ulteriori elementi di prova diretta a sostegno, la destinazione delle stesse alle esigenze della criminalità organizzata insediata nel territorio.
Nei limiti della valutazione cautelare, pertanto, la deduzione formulata dal Tribunale del riesame ha una solidità in termini di costruzione logica che Ł scevra da tratti di manifesta illogicità.
Il quinto motivo, dedicato alle esigenze cautelari, Ł inammissibile per difetto di specificità.
Il ricorso, infatti, limitandosi a dedurre che le esigenze cautelari sono cessate con l’arresto del marito, non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata, che, in realtà, evidenzia che la ricorrente ha un profilo di pericolosità personale che non dipende dal marito, e che consegue ad una precedente condanna, pur se risalente, per fatti analoghi, passaggio della motivazione dell’ordinanza su cui il ricorso non prende posizione.
Peraltro, l’argomento speso in ricorso Ł anche in contrasto con la giurisprudenza consolidata di legittimità che ritiene che la contemporanea esistenza di altro vincolo cautelare su un correo non consenta di far venire meno il giudizio di pericolosità di un indagato, perchŁ ‘nel vigente ordinamento penitenziario non vi sono titoli o condizioni detentive assolutamente ostativi alla possibilità di riacquistare, anche per brevi periodi, la condizione di libertà’ (Sez. 4, Sentenza n. 484 d e l 1 2 / 1 1 / 2 0 2 1 , d e p . 2 0 2 2 , PM in p r o c . COGNOME, Rv. 2 8 2 4 1 6 ; Sez. 1, Sentenza n. 3762 del 04/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278498).
In definitiva, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio limitatamente al delitto di ricettazione; il ricorso Ł infondato per il resto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al delitto di ricettazione e rinvia per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Caltanissetta, competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p. Rigetta nel resto il ricorso. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così Ł deciso, 11/02/2025
Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME