Concorso coltivazione stupefacenti: Quando il ricorso è troppo generico
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un caso di concorso coltivazione stupefacenti, ribadendo un principio fondamentale del processo penale: un ricorso, per essere esaminato nel merito, non può essere generico. Deve confrontarsi specificamente con le prove e le argomentazioni che hanno portato alla condanna. In caso contrario, la sua sorte è segnata: l’inammissibilità.
Questo provvedimento offre spunti importanti sulla prova del dolo nel concorso di persone e sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in Cassazione.
La Vicenda Giudiziaria
Un soggetto veniva condannato nei gradi di merito per aver partecipato, in concorso con un’altra persona, a una vasta attività illecita. Questa includeva non solo la detenzione di sostanze stupefacenti rinvenute nei suoi immobili e nella sua auto, ma soprattutto la partecipazione alla coltivazione di migliaia di piante di marijuana.
L’attività criminale era ben organizzata: il coimputato importava semi di cannabis dalla Spagna e gestiva un commercio di sementi. In un fondo, venivano coltivate piante di canapa legalmente acquistate, tra le quali erano abilmente occultate le piante di cannabis illegale. L’imputato ricorrente aveva il compito specifico di curare e mantenere questa estesa coltivazione.
Il Ricorso e la contestazione del concorso coltivazione stupefacenti
Di fronte alla Corte di Cassazione, la difesa dell’imputato ha presentato un unico motivo di ricorso, lamentando la violazione delle norme sul concorso di persone nel reato (art. 110 c.p.) e un vizio di motivazione. La tesi difensiva si basava sulla presunta assenza di dolo, ovvero della consapevolezza e volontà di partecipare all’attività illecita. In sostanza, si sosteneva che l’imputato non fosse cosciente del carattere illegale della coltivazione di cui si occupava.
Tuttavia, la Suprema Corte ha immediatamente qualificato il ricorso come ‘generico’. L’imputato, infatti, si era limitato a enunciare il principio di diritto violato, senza però calarsi nella realtà processuale e senza contestare le specifiche ragioni di fatto e di diritto che avevano fondato la sua condanna.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, spiegando in modo chiaro perché le argomentazioni difensive non potessero trovare accoglimento. I giudici di legittimità hanno evidenziato come la sentenza impugnata avesse basato la condanna su elementi probatori solidi e convergenti, che il ricorrente non aveva nemmeno tentato di smontare.
In particolare, le prove a carico erano schiaccianti:
1. Videosorveglianza: I fotogrammi delle telecamere di sorveglianza mostravano inequivocabilmente la presenza dell’imputato sul terreno, intento a prendersi cura proprio delle piante di cannabis illegali in diverse occasioni.
2. Intercettazioni: Conversazioni tra il coimputato e suo padre rivelavano che l’imputato (indicato con un soprannome) era considerato un complice a tutti gli effetti, interessato al mantenimento e alla cura della piantagione.
3. Prova logica: Il giudice ha ritenuto non credibile la tesi dell’ignoranza. Le piante illegali, infatti, si distinguevano ‘visibilmente’ da quelle lecite per altezza e colore. Era impossibile che una persona incaricata della loro cura specifica non si fosse accorta di queste differenze sostanziali.
Dato che il ricorso non ha mosso alcuna critica specifica a questo impianto probatorio, limitandosi a una generica negazione del dolo, la Corte non ha potuto fare altro che dichiararne l’inammissibilità.
Conclusioni Pratiche
La decisione riafferma un principio cruciale: non basta lamentare una violazione di legge per ottenere una revisione della sentenza in Cassazione. È indispensabile che il ricorso articoli critiche specifiche, pertinenti e argomentate, in grado di incrinare la logicità e la coerenza della motivazione della sentenza impugnata. Un ricorso che ignora le prove e si limita a riproporre una tesi difensiva già respinta senza nuovi argomenti è destinato a essere dichiarato inammissibile. Per i reati di concorso coltivazione stupefacenti, la prova della consapevolezza può legittimamente essere desunta da elementi indiretti e logici, come la palese differenza tra le colture e la cura dedicata specificamente a quelle illegali.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto ‘generico’ perché si limitava a negare l’intenzione di commettere il reato (dolo), senza contestare in modo specifico le prove concrete su cui si basava la condanna, come i filmati della videosorveglianza e le intercettazioni.
Quali prove sono state considerate decisive per dimostrare il concorso nella coltivazione di stupefacenti?
Le prove decisive sono state i fotogrammi di videosorveglianza che mostravano l’imputato mentre si prendeva cura delle piante illegali e le intercettazioni in cui il coimputato si riferiva a lui come complice attivo nella manutenzione della coltivazione.
È credibile sostenere di non aver riconosciuto le piante illegali?
La Corte ha ritenuto non credibile questa difesa. La sentenza sottolinea che le piante di canapa illegale si distinguevano ‘visibilmente’ da quelle lecitamente coltivate per altezza e colore, rendendo inverosimile che chi se ne prendeva cura non ne notasse la differenza.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4407 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4407 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a SALERNO il 26/04/1972
avverso la sentenza del 15/03/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME NOME ricorre per cassazione avverso sentenza di condanna per i reati di cui agli artt. 73 commi 1, 2 e 4, 80 comma 2 ,d.P.R.309/1990, lamentando, con unico motivo, vizio della motivazione e violazione dell’art. 110 cod. pen., essendo carente il dolo di partecipazio all’attività illecita svolta dal coimputato Inglese, quest’ultimo destinatario di una spedizione proveniente dalla Spagna di sei bustine di cannabis e di una successiva spedizione di 750 semi di cannabis, e che svolgeva attività di commercio di sementi e si occupava della coltivazione di un fondo.
Il ricorso è generico, posto che il ricorrente si limita a dedurre la violazione delle norme concorso di persone nel reato, senza indicare le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamen della sua doglianza. Il giudice ha evidenziato che al ricorrente è contestata sia la detenzione 144, sostanza stupefacente rinvenuta negli immobili di suo esclusivo (appartamento, garage) nonché nell’auto a lui intestata, che la partecipazione alla coltivazione di migliaia di piante di mari effettuata in concorso con il coimputato Inglese. Al riguardo, sono richiamati non solo fotogrammi tratti dalle telecamere di videosorveglianza, che hanno constatato la presenza del ricorrente sul terreno, proprio in corrispondenza delle piante di cannabis illegali di cui e prendeva cura in diverse occasioni, ma anche le intercettazioni tra presenti da cui emerge che l’Inglese, nel colloquiare con suo padre, si riferiva a tale COGNOME (soprannome assegnato al ricorrente) quale complice ed interessato al mantenimento e alla cura della estesa coltivazione di piante del tipo cannabis lecitamente acquistate, tra le quali venivano occultate piantine canapa illegale. Il giudice a quo, ha quindi, ritenuto non credibile che il ricorrente non fos grado di notare le caratteristiche distintive di queste piante la cui coltivazione è illecita aveva destinato particolare cura, che invece, per altezza e colore si distinguono visibilmente d quelle lecitamente coltivate.
Rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 06/12/2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente