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Concorso associazione mafiosa: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato, confermando la misura di custodia cautelare in carcere per reati associativi. La sentenza stabilisce che il concorso tra associazione mafiosa e associazione finalizzata al narcotraffico è configurabile quando le due organizzazioni, pur collegate, presentano distinte strutture organizzative e soggettive. Viene inoltre chiarito che l’omessa valutazione di una memoria difensiva da parte del Tribunale del riesame non causa nullità automatica, ma un vizio di motivazione da dimostrare in concreto.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Concorso tra associazione mafiosa e narcotraffico: quando due crimini convivono

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31288/2025, offre un importante chiarimento sul concorso tra associazione mafiosa (art. 416-bis c.p.) e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90). La pronuncia conferma che un soggetto può essere accusato di entrambi i reati quando le due organizzazioni criminali, sebbene interconnesse, mantengono strutture e componenti soggettive distinte. Questa decisione consolida un principio cruciale nella lotta alla criminalità organizzata, delineando i confini tra diverse fattispecie associative.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari nei confronti di un individuo, ritenuto gravemente indiziato di essere il promotore di un’associazione di stampo mafioso e, al contempo, di dirigere un distinto sodalizio dedito al narcotraffico. L’indagato proponeva ricorso al Tribunale del riesame, che però confermava la misura restrittiva. Contro tale decisione, la difesa presentava ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi procedurali e di merito.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha articolato il ricorso su tre motivi principali:
1. Omessa valutazione delle prove a discarico: Si contestava la mancata valutazione delle dichiarazioni spontanee rese dall’indagato e di una memoria difensiva prodotta davanti al Tribunale del riesame.
2. Insussistenza del ruolo apicale: Si lamentava la carenza di un grave quadro indiziario riguardo al ruolo di vertice dell’indagato nell’associazione mafiosa, sostenendo che le prove si basassero su una singola conversazione tra terzi, senza adeguati riscontri.
3. Assenza di un’autonoma associazione per il narcotraffico: Il punto centrale del ricorso era la tesi secondo cui il traffico di stupefacenti non costituisse un’associazione a sé stante, ma rientrasse tra i core business del sodalizio mafioso. Pertanto, non vi sarebbe stato un concorso tra associazione mafiosa e quella dedita al narcotraffico, ma un’unica entità criminale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, rigettando tutte le censure difensive con argomentazioni precise.

Sulla mancata valutazione della memoria difensiva

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina automaticamente la nullità del provvedimento. Essa può integrare un vizio di motivazione, ma solo se la difesa dimostra in modo specifico che gli argomenti trascurati erano decisivi e avrebbero potuto condurre a una decisione diversa. Nel caso di specie, il ricorrente si era limitato a una generica lamentela, senza spiegare come le sue deduzioni avrebbero potuto scardinare l’impianto accusatorio.

Sulla questione del ruolo apicale

In merito alla contestazione del ruolo di vertice, la Cassazione ha ritenuto il motivo inammissibile per carenza di interesse. Nella fase delle misure cautelari, la qualificazione della posizione dell’associato (promotore o semplice partecipe) è irrilevante, poiché non incide né sull’applicazione della misura (an) né sulle sue modalità (quomodo). L’interesse a una diversa qualificazione giuridica sussiste solo se da essa derivi un trattamento cautelare più favorevole, circostanza non applicabile in questo caso.

Sul concorso tra associazione mafiosa e narcotraffico

Questo è il cuore della sentenza. La Corte ha affermato con chiarezza la configurabilità del concorso tra i due reati associativi. Richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite (sentenza “Magistris”), i giudici hanno spiegato che l’associazione di stampo mafioso e quella finalizzata al traffico di stupefacenti tutelano beni giuridici parzialmente diversi. Mentre la prima offende principalmente l’ordine pubblico, la seconda mira anche a proteggere la salute individuale e collettiva.

Il concorso è possibile quando, come nel caso esaminato, emerge che l’associazione dedita al narcotraffico possiede un’autonoma struttura organizzativa e si avvale del contributo di sodali diversi da quelli affiliati al clan mafioso. Anche se il sodalizio mafioso trae un interesse o un vantaggio economico dal traffico di droga, la diversità strutturale e soggettiva delle due organizzazioni giustifica la doppia contestazione. Nel caso specifico, il sodalizio mafioso si occupava anche di estorsioni e gioco illegale, mentre il gruppo dedito al narcotraffico aveva una sua specifica composizione e operatività, seppur funzionalmente collegata agli interessi del clan.

Le Conclusioni

La sentenza n. 31288/2025 rafforza un importante strumento di contrasto alla criminalità organizzata. Confermando la possibilità del concorso tra associazione mafiosa e per narcotraffico in presenza di distinte strutture, la Corte di Cassazione permette di colpire in modo più efficace le organizzazioni criminali complesse e polivalenti. La decisione sottolinea che l’analisi deve basarsi su elementi concreti, come la composizione dei gruppi e le loro specifiche attività, per distinguere un singolo sodalizio polifunzionale da una pluralità di associazioni criminali collegate. Per la difesa, ciò significa che non è sufficiente affermare che il narcotraffico è un’attività tipica della mafia, ma è necessario dimostrare l’assenza di una struttura autonoma dedicata a tale scopo.

È possibile essere accusati contemporaneamente di associazione mafiosa e di associazione per il narcotraffico?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che è possibile il concorso tra i due reati. Ciò avviene quando l’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, pur essendo collegata a un clan mafioso e perseguendo anche i suoi interessi, è dotata di una propria e autonoma struttura organizzativa e si avvale di membri che possono essere diversi da quelli affiliati al sodalizio mafioso.

Cosa succede se il giudice del riesame non valuta una memoria difensiva?
Secondo la sentenza, l’omessa valutazione di una memoria difensiva non comporta automaticamente la nullità del provvedimento. Può costituire un vizio di motivazione, ma solo a condizione che l’appellante dimostri in modo specifico e concreto che gli argomenti contenuti nella memoria erano decisivi e avrebbero potuto portare a una decisione differente.

In fase cautelare, è rilevante contestare il proprio ruolo (es. capo o semplice membro) all’interno di un’associazione criminale?
No, la Corte ha stabilito che, nella fase delle misure cautelari, contestare la specifica qualifica all’interno dell’associazione (ad esempio, promotore invece di semplice partecipe) è irrilevante. Questo perché tale distinzione non incide sulla decisione di applicare o meno la misura cautelare, né sulle sue modalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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